Ouagadougou – 15 novembre 2022. «Siamo tutti responsabili della sofferenza che c’è nel nostro Paese. Se non cambieremo il nostro modo d’essere, non crediate che potremo ancora essere in questa sala climatizzata a discutere. No! No! Non è possibile che alcuni vivano miseramente ed altri in un lusso oltraggioso”. Così, il presidente della transizione in Burkina Faso, il capitano Ibrahim Traoré. Parole dure, pronunciate durante l’incontro dello scorso 11 novembre con i responsabili dei partiti politici e delle organizzazioni della società civile (OSC).
Il presidente, nel suo discorso, ha ammesso le responsabilità dell’esercito: «Bisogna avere il coraggio di dirlo, nell’esercito ci sono stati degli infiltrati. E ciascuno ha agito per interessi politici». Un riferimento questo, nemmeno troppo velato al suo predecessore, Paul-Henri Damiba. Questi, infatti, nel luglio 2022, aveva ospitato a Ouagadougou l’ex-dittatore Blaise Compaore, condannato in contumacia per l’assassinio di Thomas Sankara. La scusante, un vertice tra ex-capi di Stato per un’azione d’unità nazionale contro il terrorismo.
«La gente muore in Burkina, ma a Ouagadougou si va alle feste»
Traoré ha chiesto, tuttavia, un’ammissione di corresponsabilità a tutta la società politica e civile. «Siamo coscienti che il territorio è pressoché tutto perso? Ognuno di noi pensa solo a sé stesso – continua il presidente – La gente muore [in Burkina Faso] ma a Ouagadougou si va alle feste. Non c’è più pietà per gli altri. Ho marciato in queste zone, li ho visti camminare per ore per cercare l’acqua. Non ci sono strade. Un camion, con alimenti per salvare il bestiame, come potrebbe arrivare? E chi si occupa delle loro vite? Che cosa abbiamo fatto per loro, quale progetto di cooperazione abbiamo realizzato? che cosa abbiamo fatto di serio in queste aree? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre. Questo territorio e fuori controllo! La responsabilità è la nostra. Bisogna che ciascuno accetti questa realtà».
Senza peli sulla lingua, il presidente ha evidenziato le responsabilità di una classe dirigente che, nel suo insieme, non conosce più il proprio Paese. Ha inoltre sottolineato con forza, che la guerra al terrorismo non potrà mai essere vinta se non verranno sconfitte le ragioni che lo hanno fatto attecchire.
«Tutti girano in macchina, si vive bene, si mangia la mattina, a pranzo e a cena. Si fa quello che si vuole. Si dice quello che si vuole. È la democrazia, è il diritto, è tutto ciò che noi conosciamo a Ouagadougou – dice ancora il capitano Traoré – Andate però a vedere i bambini che hanno solo la pelle sulle ossa, i vecchi che muoiono di fame. Andate a vedere le donne che non possono più allattare perché non hanno più il latte. Quando vi dico che c’è gente che mangia le foglie, se qualcuno lo nega, l’accompagno domani per farglielo vedere. Tutto ciò continua. Abbiamo potuto rifornire solo alcuni villaggi, altri ancora no. Vediamo solamente le nostre città. Noi saremo responsabili di ciò che accadrà. Noi saremo interamente responsabili di ciò che succederà».
Le reazioni della società burkinabé
Il discorso del presidente ha colpito molto la popolazione burkinabé, in particolare quella cittadina. «È quello che volevamo sentire dal presidente della transizione. Siamo con lui» dicono i commenti prevalenti nei mercati e nei maquis di Ouagadougou.
Non sono i toni, lontani nelle capacità dialettiche, ma le riflessioni sulle cause delle sofferenze del popolo burkinabé che avvicinano il presidente al leader rivoluzionario Thomas Sankara. Adesso, tuttavia, è giunto il tempo dei programmi operativi e soprattutto delle azioni sul campo. Il sentire comune mira a riappropriarsi del proprio Paese, anche territorialmente, e Ibrahim Traoré ha individuato gli interventi di redistribuzione a favore della parte che sta soffrendo la fame, degli sfollati, delle vittime del terrorismo, come prioritari per perseguire l’obiettivo.
Con questi cercherà di ricostruire quello spirito di solidarietà e di pietà verso i più sfortunati che sembra essere scomparso tra i cittadini del “Paese degli uomini integri”, in un periodo forse tra i più difficili della loro storia.
Fonte: “Latitudini” (tamat.org)