di Antonio José Montoro Carmona.
La candidatura di Diomaye Faye, attivata come “piano B” per aggirare l’inabilitazione di quella di Ousmane Sonko, ha ottenuto una vittoria storica il 24 marzo. Oltre al volume di consensi ottenuti, la vittoria al primo turno di un candidato dell’opposizione è un fatto senza precedenti nella democrazia senegalese. Tuttavia, essendo questo sostegno un fatto incontestabile, il carattere storico sta nell’impegno di rottura con lo status quo da cui si apre un nuovo ciclo politico panafricanista, con una chiara vocazione popolare e, sebbene certe categorie politiche siano poco adatte per descrivere le diverse realtà africane, di sinistra.
Questo momento di rottura è determinato dalla lotta articolata del movimento sociale, delle organizzazioni politiche e dei personaggi pubblici contro il terzo mandato di Macky Sall. Questo fronte democratico, ampio, plurale e contraddittorio, è riuscito a vanificare gli obiettivi principali del tentativo di sospendere le elezioni.
Il primo di questi obiettivi è stato l’intensificarsi della repressione del movimento sociale che, con la sua lotta nelle strade di Dakar e nel resto delle città del Paese, ha mostrato il suo rifiuto di un terzo mandato presidenziale che contravveniva allo spirito e alla lettera del testo costituzionale. Un movimento sociale che, sulla base di una strategia di vocazione reattiva contro i tentativi di sovversione del sistema democratico, ha guidato il progetto politico del Paese che, dal 2 aprile, incarna la presidenza di Diomaye Faye. La proposta di un Nouveau Type of Sénégalais, concettualizzata da Y’en A Marre sin dalla sua creazione nel 2011 nel quadro delle proteste contro un terzo mandato per Wade, costituirà una delle guide politiche di questa nuova epoca nel Paese africano.
Il secondo obiettivo delle manovre del presidente Sall era finalizzato a consolidare le condizioni politiche favorevoli alla vittoria del candidato dell’élite Dakarois, Amadou Ba. La pressione sociale di strada, gli attivisti incarcerati e le morti causate dagli abusi delle forze dell’ordine hanno generato una pressione politica, sociale e mediatica tale da rendere impossibile all’apparato giudiziario (fedele a Sall fino all’accertamento della sua morte politica) il rinvio ad eternum delle elezioni.
L’ultimo degli obiettivi rilevanti, in termini politici, dell’instabilità generata da Macky Sall, al di là della vocazione economica delle élite colte in Europa, si trova nel mantenimento del rapporto di subordinazione con l’UE e, come corollario di tale rapporto, nel consolidamento del modello neoliberale e nell’esportazione delle enormi riserve di idrocarburi scoperte sulle coste senegalesi. Il progetto politico di Diomaye Faye e la prospettiva della sua presidenza si basano sulla necessità immediata di ridefinire le relazioni estere del Senegal, cercando partenariati reciprocamente vantaggiosi e una maggiore partecipazione sociale.
Una volta sconfitto il tentativo di un terzo mandato, costituito come vero leitmotiv della resistenza nelle strade del Paese, Diomaye Faye, e il campo politico e sociale che rappresenta, dovranno affrontare una serie di sfide che determineranno, nel medio termine, il futuro del Paese.
La prima di queste sfide interpella direttamente il movimento sociale, il cui ruolo deve passare dall’opposizione e resistenza in difesa della democrazia a una logica di sostegno critico alle trasformazioni a favore delle maggioranze sociali, senza perdere la necessaria opera di sorveglianza e di denuncia degli eccessi di energia.
Per quanto riguarda la sfera politico-istituzionale, la possibilità di una gestione di successo risiederà nella definizione di parametri di convivenza tra il presidente eletto e Ousmane Sonko, leader naturale della maggioranza sociale che ha sostenuto la candidatura di Faye.
Da questo punto di vista, un’altra sfida chiave è sia la risposta efficace e diretta alle domande sociali esistenti, sia, altrettanto importante o più della precedente, la gestione dell’inevitabile frustrazione quando i cambiamenti materiali reali non raggiungono la profondità desiderata. La pedagogia per spiegare le misure adottate e la creazione di canali di partecipazione e comunicazione tra la nuova élite dirigente e i settori popolari saranno decisive nello scenario senegalese dei prossimi anni.
A livello globale, le sfide centrali ruoteranno attorno all’orbita regionale e internazionale. Nella prima, il rapporto con i Paesi più vicini sarà caratterizzato dalla necessaria gestione delle contraddizioni inerenti all’esistenza di governi autoritari, lontani dal modello ideologico di Diomaye Faye e Ousmane Sonko, con un discorso profondamente panafricanista. Come quella difesa dal presidente senegalese e dal movimento sociale che lo ha portato al potere. A livello internazionale, la ridefinizione del rapporto con le potenze che aspirano a svolgere un ruolo egemonico nella regione (Francia, UE, USA, Cina e Russia) richiederà intelligenza politica e una corretta lettura di ogni momento per disegnare quadri di relazioni orizzontali che evitino di raccontare le dipendenze passate e di replicarle, con altri protagonisti, nel presente.
La vittoria popolare in Senegal apre un momento di speranza, non solo per il popolo della Teranga, ma per tutti i popoli del mondo. I loro risultati sono la nostra lezione: difendere la democrazia, definire un progetto di profonde trasformazioni e stabilire alleanze politiche ampie e integrative.
Traduzione di Giovanni Santini