La Corte Internazionale di Giustizia sul caso Sud Africa vs Israele

Mettiamo a disposizione l’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’ ONU sull’accusa di genocidio perpetrato da Israele contro la popolazione palestinese. La Corte era stata sollecitata dal Sud Africa a pronunciarsi in merito. La votazione ha avuto 15 voti a favore e 2 contro, in un’ordinanza storica nel diritto internazionale. Va ricordato che non si tratta del giudizio definitivo sull’accusa di genocidio (i cui tempi non saranno brevi), ma di un’ordinanza che richiede misure urgenti per ridurre il rischio di genocidio, giudicato molto alto in base alle testimonianze acquisite. Israele ha quindi l’obbligo di eseguire misure precise ed entro un mese dovrà riferire alla Corte sui provvedimenti adottati. *

 

CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA

ANNO 2024

26 Gennaio

Elenco Generale

  1. 192

26 Gennaio 2024

ISTANZA PER L’APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI

ORDINANZA

Presenti: Presidente DONOGHUE; Vicepresidente GEVORGIAN; Giudici TOMKA, ABRAHAM, BENNOUNA, YUSUF, XUE, SEBUTINDE, BHANDARI, ROBINSON, SALAM, IWASAWA, NOLTE, CHARLESWORTH, BRANT; Giudici ad hoc BARAK, MOSENEKE; Segretario GAUTIER.

La Corte Internazionale di Giustizia,

Composta come sopra,

Dopo deliberazione,

Considerando gli Articoli 41 e 48 dello Statuto della Corte e gli Articoli 73, 74 e 75 del Regolamento della Corte,

Emette la seguente ordinanza:

  1. Il 29 dicembre 2023, la Repubblica del Sud Africa (di seguito “Sud Africa”) ha presentato presso il Registro della Corte una domanda di avvio di procedimento contro lo Stato di Israele (di seguito “Israele”) riguardante presunte violazioni nella Striscia di Gaza degli obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (di seguito la “Convenzione sul genocidio” o la “Convenzione”).
  2. A conclusione della sua domanda, il Sud Africa “chiede rispettosamente alla Corte di giudicare e dichiarare:

(1) che la Repubblica del Sud Africa e lo Stato di Israele hanno ciascuno il dovere di agire conformemente ai loro obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, riguardo ai membri del gruppo palestinese, adottando tutte le misure ragionevoli a loro disposizione per prevenire il genocidio; e

(2) che lo Stato di Israele:

(a) ha violato e continua a violare i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, in particolare gli obblighi previsti dall’Articolo I, letti in combinazione con l’Articolo II, e gli Articoli III (a), III (b), III (c), III (d), III (e), IV, V e VI;

(b) deve immediatamente cessare qualsiasi atto e misura in violazione di tali obblighi, compresi atti o misure che potrebbero causare la morte o il proseguimento della morte di palestinesi, o provocare o continuare a provocare gravi danni fisici o mentali ai palestinesi o infliggere deliberatamente al loro gruppo, o continuare a infliggere al loro gruppo, condizioni di vita atte a provocarne la distruzione fisica totale o parziale, e rispettare appieno i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, in particolare gli obblighi previsti dagli Articoli I, III (a), III (b), III (c), III (d), III (e), IV, V e VI;

(c) deve garantire che le persone che commettono il genocidio, cospirano per commettere il genocidio, incitino direttamente e pubblicamente al genocidio, tentino di commettere il genocidio e siano complici nel genocidio contrari agli Articoli I, III (a), III (b), III (c), III (d) e III (e) siano punite da un tribunale nazionale o internazionale competente, come richiesto dagli Articoli I, IV, V e VI;

(d) a tal fine e per ottemperare a tali obblighi derivanti dagli Articoli I, IV, V e VI, deve raccogliere e conservare le prove e garantire, consentire e/o non impedire direttamente o indirettamente la raccolta e la conservazione delle prove di atti genocidi commessi contro i palestinesi a Gaza, compresi i membri del gruppo sfollati da Gaza;

(e) deve adempiere agli obblighi di riparazione nell’interesse delle vittime palestinesi, compresi ma non limitato a consentire il ritorno sicuro e dignitoso dei palestinesi costretti al riparo e/o rapiti alle loro case, il rispetto dei loro pieni diritti umani e la protezione da ulteriori discriminazioni, persecuzioni e altri atti correlati, e provvedere alla ricostruzione di ciò che ha distrutto a Gaza, in conformità con l’obbligo di prevenire il genocidio ai sensi dell’Articolo I; e

(f) deve offrire assicurazioni e garanzie di non-ripetizione delle violazioni della Convenzione sul genocidio, in particolare gli obblighi previsti dagli Articoli I, III (a), III (b), III (c), III (d), III (e), IV, V e VI.”

  1. Nella sua domanda, il Sud Africa cerca di fondare la giurisdizione della Corte sull’Articolo 36, paragrafo 1, dello Statuto della Corte e sull’Articolo IX della Convenzione sul genocidio.
  2. La domanda conteneva una richiesta per l’adozione di misure cautelari presentata con riferimento all’Articolo 41 dello Statuto e agli Articoli 73, 74 e 75 del Regolamento della Corte.
  3. Alla fine della sua richiesta, il Sud Africa ha chiesto alla Corte di adottare le appresso indicate misure cautelari:

“(1) Lo Stato di Israele sospenda immediatamente le sue operazioni militari nella Striscia di Gaza.

(2) Lo Stato di Israele assicuri che qualsiasi unità militare o irregolare armata che possa essere diretta, sostenuta o influenzata da esso, così come qualsiasi organizzazione e persona che possano essere soggette al suo controllo, direzione o influenza, non intraprendano alcuna azione a favore delle operazioni militari menzionate [in] al punto (1) sopra.

(3) La Repubblica del Sud Africa e lo Stato di Israele ciascuno, in conformità ai loro obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, riguardo al popolo palestinese, adottino tutte le misure ragionevoli a loro disposizione per prevenire il genocidio.

(4) Lo Stato di Israele, in conformità ai suoi obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, riguardo al popolo palestinese come gruppo protetto dalla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, cessi dalla commissione di qualsiasi atto nell’ambito dell’Articolo II della Convenzione, in particolare:

(a) uccisione di membri del gruppo;

(b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;

(c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita atte a provocarne la distruzione fisica totale o parziale; e

(d) imporre misure intese a prevenire nascite all’interno del gruppo.

(5) Lo Stato di Israele, ai sensi del punto (4) (c) sopra, riguardo ai palestinesi, cessi e adotti tutte le misure a sua disposizione, compresa l’annullamento di ordini rilevanti, restrizioni e/o divieti, per prevenire:

(a) l’espulsione e il displacement forzato dalle loro case;

(b) la privazione di:

(i) accesso a cibo e acqua adeguati;

(ii) accesso all’assistenza umanitaria, compreso l’accesso a carburante adeguato, rifugi, vestiti, igiene e igiene ambientale;

(iii) forniture e assistenza mediche; e

(c) la distruzione della vita palestinese a Gaza.

(6) Lo Stato di Israele, riguardo ai palestinesi, assicuri che la sua forza militare, così come qualsiasi unità armata irregolare o individui che possono essere diretti, sostenuti o influenzati da essa e qualsiasi organizzazione e persone che possono essere soggette al suo controllo, direzione o influenza, non commettano alcun atto descritto in (4) e (5) sopra, o si impegnino in incitamento diretto e pubblico al genocidio, cospirazione per commettere il genocidio, tentativo di commettere il genocidio, o complicità nel genocidio, e in quanto si impegnino in tali atti, che siano intrapresi passi verso la loro punizione ai sensi degli Articoli I, II, III e IV della Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio.

(7) Lo Stato di Israele adotti misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti nell’ambito dell’Articolo II della Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio; a tal fine, lo Stato di Israele non agisca per negare o limitare in altro modo l’accesso a missioni di accertamento dei fatti, mandati internazionali e ad altri organismi a Gaza per assistere nel garantire la conservazione e la ritenzione di dette prove.

(8) Lo Stato di Israele presenti una relazione alla Corte su tutte le misure adottate per dare attuazione a questo Ordine entro una settimana, a partire dalla data di questo Ordine, e successivamente a intervalli regolari come la Corte ordinerà, fino a quando una decisione finale sulla questione sarà resa dalla Corte.

(9) Lo Stato di Israele si astenga da qualsiasi azione e garantisca che non venga intrapresa alcuna azione che possa aggravare o estendere la controversia davanti alla Corte o renderla più difficile da risolvere.”

  1. Il Vicesegretario ha comunicato immediatamente al Governo di Israele la domanda contenente la richiesta di misure cautelari, in conformità all’Articolo 40, paragrafo 2, dello Statuto della Corte e all’Articolo 73, paragrafo 2, del Regolamento della Corte. Ha anche informato il Segretario Generale delle Nazioni Unite della presentazione da parte del Sud Africa della domanda e della richiesta di misure cautelari.
  2. In attesa della notifica prevista dall’Articolo 40, paragrafo 3, dello Statuto della Corte, il Vicesegretario ha informato tutti gli Stati autorizzati a comparire davanti alla Corte della presentazione della domanda e della richiesta di misure cautelari con una lettera datata 3 gennaio 2024.
  3. Poiché la Corte non includeva tra i giudici nessun rappresentante della nazionalità di entrambe le Parti, ciascuna Parte ha proceduto ad esercitare il diritto conferito dall’Articolo 31 dello Statuto della Corte di scegliere un giudice ad hoc per sedere nel caso. Il Sud Africa ha scelto il Signor Dikgang Ernest Moseneke e Israele il Signor Aharon Barak.
  4. Con lettere datate 29 dicembre 2023, il Vicesegretario ha informato le Parti che, ai sensi dell’Articolo 74, paragrafo 3, del suo Regolamento, la Corte aveva fissato le date dell’11 e del 12 gennaio 2024 per le udienze orali sulla richiesta di indicazione di misure cautelari.
  5. Nelle udienze pubbliche, le osservazioni orali sulla richiesta di indicazione di misure cautelari sono state presentate da:

Per conto del Sud Africa: Sua Eccellenza Vusimuzi Madonsela, Sua Eccellenza Ronald Lamola, Sig.ra Adila Hassim, Signor Tembeka Ngcukaitobi, Signor John Dugard, Signor Max du Plessis, Sig.ra Blinne Ní Ghrálaigh, Signor Vaughan Lowe.

Per conto di Israele: Signor Tal Becker, Signor Malcolm Shaw, Sig.ra Galit Raguan, Signor Omri

 

  1. INTRODUZIONE
  2. La Corte inizia ricordando il contesto attuale in cui il presente caso è giunto davanti a essa. Il 7 ottobre 2023, Hamas e altri gruppi armati presenti nella Striscia di Gaza hanno compiuto un attacco in Israele, uccidendo più di 1.200 persone, ferendone migliaia e rapendo circa 240 persone, molte delle quali sono ancora tenute in ostaggio. In seguito a questo attacco, Israele ha avviato un’operazione militare su larga scala a Gaza, per terra, aria e mare, causando massicce perdite civili, estese distruzioni delle infrastrutture civili e lo sfollamento della stragrande maggioranza della popolazione di Gaza (vedi paragrafo 46 qui sotto). La Corte è profondamente consapevole dell’estensione della tragedia umana che si sta svolgendo nella regione ed è profondamente preoccupata per la continua perdita di vite e le sofferenze umane.
  3. Il conflitto in corso a Gaza è stato affrontato nel contesto di diversi organi e agenzie specializzate delle Nazioni Unite. In particolare, sono state adottate risoluzioni dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (vedi la risoluzione A/RES/ES-10/21 adottata il 27 ottobre 2023 e la risoluzione A/RES/ES-10/22 adottata il 12 dicembre 2023) e dal Consiglio di Sicurezza (vedi la risoluzione S/RES/2712 (2023) adottata il 15 novembre 2023 e la risoluzione S/RES/2720 (2023) adottata il 22 dicembre 2023), che si riferiscono a molti aspetti del conflitto. Tuttavia, la portata del presente caso sottoposto alla Corte è limitata, poiché il Sudafrica ha avviato queste procedura in relazione alla Convenzione contro il Genocidio

 

  1. PRIMA FACIE JURISDICTION

 

  1. Osservazioni preliminari
  2. La Corte può adottare misure cautelari se le allegazioni disposte dal richiedente appaiono suffficienti, prima facie, a fornire una base sulla quale potrebbe fondarsi la propria giurisdizione, ma non è tenuta a statuire in modo definitivo sulla giurisdizione per quanto riguarda il merito della causa (vedi Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure cautelari, Ordine del 16 marzo 2022, Rapporti C.I.J. 2022 (I), pp. 217-218, para. 24).
  3. Nel presente caso, il Sudafrica fa derivare la giurisdizione della Corte dall’articolo 36, paragrafo 1, dello Statuto della Corte e sull’articolo IX della Convenzione sul genocidio (vedi paragrafo 3 qui sopra). La Corte deve quindi prima determinare se tali disposizioni conferiscono ad essa, prima facie, la giurisdizione per pronunciarsi sul merito della causa, consentendole, se le altre condizioni necessarie sono soddisfatte, di adottare misure cautelari.
  4. L’articolo IX della Convenzione sul genocidio prevede:

“Le controversie tra le Parti contraenti relative all’interpretazione, all’applicazione o all’adempimento della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per il genocidio o per uno qualsiasi degli altri atti enumerati all’articolo III, devono essere sottoposte alla Corte Internazionale di Giustizia su richiesta di una qualsiasi delle parti in controversia.”

  1. Il Sudafrica e Israele sono parti contraenti della Convenzione sul genocidio. Israele ha depositato il suo strumento di ratifica il 9 marzo 1950 e il Sudafrica ha depositato il suo strumento di adesione il 10 dicembre 1998. Nessuna delle Parti ha presentato una riserva all’articolo IX o a qualsiasi altra disposizione della Convenzione.
  2. Esistenza di una controversia relativa all’interpretazione, all’applicazione o all’adempimento della Convenzione sul genocidio
  3. L’articolo IX della Convenzione sul genocidio subordina la giurisdizione della Corte all’esistenza di una controversia relativa all’interpretazione, all’applicazione o all’adempimento della Convenzione. Una controversia è “un disaccordo su un punto di diritto o di fatto, un conflitto di opinioni giuridiche o di interessi” tra le parti (Concessioni della Palestina a Mavrommatis, Sentenza n. 2, 1924, C.P.I.J., Serie A, n. 2, p. 11). Affinché esista una controversia, “deve essere dimostrato che la pretesa di una parte è positivamente contrapposta a quella dell’altra” (Sud Africa (Etiopia c. Sud Africa; Liberia c. Sud Africa), Obiezioni Preliminari, Sentenza, Rapporti C.I.J. 1962, p. 328). Le due parti devono “‘avere opinioni chiaramente opposte sulla questione dell’esecuzione o della non esecuzione di certi’ obblighi internazionali” (Violazioni Presunte dei Diritti Sovrani e degli Spazi Marittimi nel Mar dei Caraibi (Nicaragua c. Colombia), Obiezioni Preliminari, Sentenza, Rapporti C.I.J. 2016 (I), p. 26, para. 50, citando Interpretazione dei Trattati di Pace con Bulgaria, Ungheria e Romania, Prima Fase, Parere Consultivo, Rapporti C.I.J. 1950, p. 74). Per determinare se esista una controversia nel presente caso, la Corte non può limitarsi a notare che una delle Parti sostiene che la Convenzione si applica, mentre l’altra lo nega (vedi Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure cautelari, Ordine del 16 marzo 2022, Rapporti C.I.J. 2022 (I), pp. 218-219, para. 28).
  4. Dal momento che il Sudafrica ha invocato come base della giurisdizione della Corte la clausola compromissoria della Convenzione sul genocidio, la Corte deve anche accertare, nella fase attuale delle procedure, se sembra che gli atti e le omissioni lamentati dal richiedente siano suscettibili di rientrare nel campo di applicazione di tale convenzione ratione materiae (vedi Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure cautelari, Ordine del 16 marzo 2022, Rapporti C.I.J. 2022 (I), p. 219, para. 29).

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  1. Il Sudafrica sostiene che esiste una controversia con Israele relativa all’interpretazione, all’applicazione e all’adempimento della Convenzione sul genocidio. Afferma che, prima di presentare la sua Domanda, il Sudafrica ha ripetutamente ed urgentemente espresso le sue preoccupazioni, in dichiarazioni pubbliche e in vari contesti multilaterali, tra cui il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che le azioni di Israele a Gaza costituiscono genocidio contro il popolo palestinese. In particolare, come indicato in una dichiarazione stampa emessa il 10 novembre 2023 dal Dipartimento delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione del Sudafrica, il Direttore Generale del Dipartimento ha incontrato l’Ambasciatore di Israele in Sudafrica il 9 novembre 2023 e gli ha comunicato che, mentre il Sudafrica “condannava gli attacchi contro i civili da parte di Hamas”, considerava la risposta di Israele all’attacco del 7 ottobre 2023 illegale e intendeva deferire la situazione in Palestina alla Corte Penale Internazionale, chiedendo un’indagine sulla leadership di Israele per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Inoltre, alla decima sessione di emergenza speciale ripresa dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2023, presso la quale Israele era rappresentato, il rappresentante del Sudafrica alle Nazioni Unite ha dichiarato specificamente che “gli eventi degli ultimi sei settimane a Gaza hanno dimostrato che Israele sta agendo contrariamente ai suoi obblighi in base alla Convenzione sul genocidio”. Il Sudafrica ritiene che la controversia tra le Parti si fosse già cristallizzata in quel momento. Secondo il Sudafrica, Israele ha negato l’accusa di genocidio in un documento pubblicato dal suo Ministero degli Affari Esteri il 6 dicembre 2023 e aggiornato l’8 dicembre 2023, intitolato “Conflitto Hamas-Israele 2023: Domande Frequenti”, affermando in particolare che “l’accusa di genocidio contro Israele è non solo completamente infondata sotto il profilo dei fatti e del diritto, ma è moralmente ripugnante”. Il richiedente menziona anche che, il 21 dicembre 2023, il Dipartimento delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione del Sudafrica ha inviato una Nota Verbale all’Ambasciata di Israele a Pretoria. Sostiene che, in questa Nota Verbale, ha ribadito la sua opinione che gli atti di Israele a Gaza costituiscano genocidio e che il Sudafrica fosse obbligato a impedire che si commettesse il genocidio. Il richiedente afferma che Israele ha risposto con una Nota Verbale datata 27 dicembre 2023. Sostiene tuttavia che Israele, in quella Nota Verbale, non ha affrontato le questioni sollevate dal Sudafrica.
  2. Il richiedente sostiene inoltre che almeno alcuni, se non tutti, gli atti compiuti da Israele a Gaza, a seguito dell’attacco del 7 ottobre 2023, rientrano nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio. Afferma che, contrariamente all’articolo I della Convenzione, Israele “ha perpetrato e sta perpetrando atti genocidi identificati nell’articolo II” della Convenzione e che “Israele, i suoi funzionari e/o agenti, hanno agito con l’intenzione di distruggere i palestinesi a Gaza, parte di un gruppo protetto ai sensi della Convenzione sul genocidio”. Gli atti in questione, secondo il Sudafrica, includono l’uccisione di palestinesi a Gaza, il cagionare loro gravi danni fisici e mentali, infliggere loro condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica e lo sfollamento forzato delle persone a Gaza. Il Sudafrica sostiene inoltre che Israele “ha… omesso di prevenire o di punire: genocidio, cospirazione per commettere genocidio, incitamento diretto e pubblico al genocidio, tentato genocidio e complicità in genocidio, contrariamente agli articoli III e IV della Convenzione sul genocidio”.

*

  1. Israele sostiene che il Sud Africa non sia riuscito a dimostrare la giurisdizione primafacie della Corte ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio. Sostiene innanzitutto che non vi è alcuna controversia tra le Parti poiché il Sud Africa non ha concesso a Israele un’opportunità ragionevole di rispondere alle accuse di genocidio prima che il Sud Africa presentasse la sua domanda. Israele sostiene che, da un lato, le dichiarazioni pubbliche del Sud Africa che accusano Israele di genocidio e il rinvio della situazione in Palestina alla Corte penale internazionale e, dall’altro lato, il documento pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri israeliano, non indirizzato direttamente o anche indirettamente al Sud Africa, non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di una “opposizione positiva” di vedute, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte. Il convenuto sottolinea che, nella Nota Verbale dell’Ambasciata di Israele a Pretoria al Dipartimento delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione del Sud Africa, datata 27 dicembre 2023, in risposta alla Nota Verbale del Sud Africa, datata 21 dicembre 2023, Israele aveva proposto un incontro tra le Parti per discutere delle questioni sollevate dal Sud Africa, ma sostiene che questo tentativo di aprire un dialogo è stato ignorato dal Sud Africa al momento opportuno. Israele ritiene che le affermazioni unilaterali del Sud Africa contro Israele, in assenza di qualsiasi interazione bilaterale tra i due Stati prima della presentazione della domanda, non siano sufficienti a stabilire l’esistenza di una controversia ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio.
  2. Israele sostiene inoltre che gli atti di cui si lamenta il Sud Africa non sono in grado di rientrare nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio perché non è stata provata, nemmeno su una base primafacie, l’intenzione specifica necessaria di distruggere, in tutto o in parte, il popolo palestinese come tale. Secondo Israele, in seguito alle atrocità commesse il 7 ottobre 2023, di fronte agli attacchi indiscriminati con razzi da parte di Hamas contro Israele, ha agito con l’intenzione di difendersi, di porre fine alle minacce e di liberare gli ostaggi. Israele aggiunge inoltre che le sue pratiche di riduzione del danno civile e di facilitazione dell’assistenza umanitaria dimostrano l’assenza di qualsiasi intento genocida. Israele afferma che una revisione attenta delle decisioni ufficiali in relazione al conflitto a Gaza prese dalle autorità competenti in Israele dall’inizio della guerra, in particolare le decisioni del Comitato Ministeriale per gli Affari della Sicurezza Nazionale e del Gabinetto di Guerra, così come quelle della Direzione Operazioni delle Forze di Difesa di Israele, mostra l’enfasi posta sulla necessità di evitare danni ai civili e di facilitare l’aiuto umanitario. Secondo Israele, ciò dimostra chiaramente che tali decisioni erano prive di intento genocida.
  3. La Corte richiama che, ai fini della decisione sulla presenza di una disputa tra le Parti al momento della presentazione della domanda, tiene conto in particolare di qualsiasi dichiarazione o documento scambiato tra le Parti, nonché di qualsiasi scambio avvenuto in contesti multilaterali. In tal modo, presta particolare attenzione all’autore della dichiarazione o del documento, al destinatario effettivo o previsto e al suo contenuto. L’esistenza di una disputa è una questione di determinazione oggettiva da parte del Tribunale; è una questione di sostanza, e non una questione di forma o procedura (vedi Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Provvedimenti provvisori, Ordine del 16 marzo 2022, C.I.J. Reports 2022 (I), pp. 220-221, para. 35).
  4. La Corte nota che il Sudafrica ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in vari contesti multilaterali e bilaterali in cui ha espresso la sua opinione che, alla luce della natura, portata ed entità delle operazioni militari di Israele a Gaza, le azioni di Israele costituiscano violazioni degli obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio. Ad esempio, alla decima sessione straordinaria di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2023, alla quale Israele era rappresentato, il rappresentante del Sudafrica alle Nazioni Unite dichiarò che “gli eventi degli ultimi sei settimane a Gaza hanno illustrato che Israele sta agendo contrariamente ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio”. Il Sudafrica ha ricordato questa dichiarazione nella sua Nota Verbale del 21 dicembre 2023 all’Ambasciata di Israele a Pretoria.
  5. La Corte nota che Israele ha respinto qualsiasi accusa di genocidio nel contesto del conflitto a Gaza in un documento pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri israeliano il 6 dicembre 2023, successivamente aggiornato e riprodotto sul sito delle Forze di Difesa israeliane il 15 dicembre 2023 con il titolo “La guerra contro Hamas: risposta alle tue domande più pressanti”, affermando che “[l’] accusa di genocidio contro Israele non è solo completamente infondata dal punto di vista dei fatti e del diritto, è moralmente ripugnante”. Nel documento, Israele ha anche dichiarato che “[l’] accusa di genocidio… non è solo legalmente e fattualmente incoerente, è oscena” e che non vi era “alcun… valido fondamento, in fatto o diritto, per l’accusa scandalosa di genocidio”.
  6. In luce di quanto sopra, la Corte ritiene che le Parti sembrino avere opinioni chiaramente opposte sulla questione se determinati atti o omissioni presumibilmente commessi da Israele a Gaza costituiscano violazioni da parte di quest’ultimo degli obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio. La Corte trova che gli elementi sopra menzionati siano sufficienti, in questa fase, per stabilire, a prima vista, l’esistenza di una disputa tra le Parti relativa all’interpretazione, applicazione o adempimento della Convenzione sul genocidio.
  7. Per quanto riguarda la questione se gli atti e le omissioni lamentati dal richiedente sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio, la Corte richiama che il Sudafrica ritiene che Israele sia responsabile di commettere genocidio a Gaza e di non aver impedito e punito atti genocidi. Il Sudafrica sostiene che Israele ha anche violato altri obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, compresi quelli riguardanti la “congiura per commettere genocidio, istigazione diretta e pubblica al genocidio, tentato genocidio e complicità in genocidio”.
  8. Nella fase attuale del procedimento, la Corte non è tenuta a verificare se siano avvenute violazioni degli obblighi di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio. Una tale constatazione potrebbe essere fatta dalla Corte solo nella fase dell’esame del merito del presente caso. Come già notato (vedi paragrafo 20 sopra), nella fase della decisione di una richiesta di provvedimenti provvisori, il compito della Corte è stabilire se gli atti e le omissioni lamentati dal richiedente sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio (cfr. Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Provvedimenti provvisori, Ordine del 16 marzo 2022, C.I.J. Reports 2022 (I), p. 222, para. 43). Secondo la Corte, almeno alcuni degli atti e delle omissioni che il Sudafrica afferma siano stati commessi da Israele a Gaza sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della Convenzione.
  9. Conclusioni sulla giurisdizione prima facie
  10. Alla luce di quanto precede, la Corte conclude che, prima facie, ha giurisdizione ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio per esaminare il caso.
  11. Data la conclusione sopraesposta, la Corte ritiene che non può accogliere la richiesta di Israele di rimuovere il caso dalla Lista generale.

 

III. LEGITTIMAZIONE DEL SUDAFRICA

 

  1. La Corte osserva che il Convenuto non ha contestato la legittimazione dell’Attore nel presente procedimento. Ricorda che, nel caso relativo alla domanda di applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar) in cui è stato invocato anche l’articolo IX della Convenzione sul genocidio, ha osservato che tutti gli Stati parti alla Convenzione hanno un interesse comune a garantire la prevenzione, la repressione e la punizione del genocidio, impegnandosi a adempiere agli obblighi contenuti nella Convenzione. Un tale interesse comune implica che gli obblighi in questione sono dovuti da uno Stato parte a tutti gli altri Stati parti alla convenzione pertinente; sono obblighi erga omnes partes, nel senso che ogni Stato parte ha un interesse al loro rispetto in qualsiasi caso. L’interesse comune nel rispetto degli obblighi pertinenti ai sensi della Convenzione sul genocidio implica che ogni Stato parte, senza distinzione, ha il diritto di invocare la responsabilità di un altro Stato parte per una presunta violazione dei suoi obblighi erga omnes partes in base alla Convenzione e di portare a termine tale violazione (Domanda di applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), eccezioni preliminari, sentenza, C.I.J. Reports 2022 (II), pp. 516-517, paras. 107-108 e 112).
  2. La Corte conclude, prima facie, che il Sudafrica ha legittimazione per sottoporre a esso la disputa con Israele riguardante presunte violazioni degli obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio.
  3. I DIRITTI LA CUI PROTEZIONE È RICHIESTA E IL COLLEGAMENTO TRA TALI DIRITTI E LE MISURE RICHIESTE
  4. Il potere della Corte di adottare provvedimenti cautelari ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto ha come oggetto la conservazione dei rispettivi diritti sostenuti dalle parti in una causa, in attesa della sua decisione sui meriti della stessa. Ne consegue che la Corte deve preoccuparsi di preservare mediante tali misure i diritti che potrebbero essere successivamente giudicati appartenere a una delle parti. Pertanto, la Corte può esercitare questo potere solo se è convinta che i diritti affermati dalla parte che richiede tali misure siano almeno plausibili (vedi, ad esempio, Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Provvedimenti provvisori, Ordine del 16 marzo 2022, C.I.J. Reports 2022 (I), p. 223, para. 50).
  5. In questa fase del procedimento, tuttavia, la Corte non è chiamata a statuire definitivamente se i diritti per cui il Sud Africa invoca protezione esistano. Deve solo decidere se i diritti sostenuti dal Sudafrica, e per i quali si sta cercando protezione, siano plausibili. Inoltre, deve esistere un collegamento tra i diritti la cui protezione è richiesta e le misure cautelari richieste (Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Provvedimenti provvisori, Ordine del 16 marzo 2022, C.I.J. Reports 2022 (I), p. 224, para. 51).
  6. Il Sudafrica sostiene voler tutelare i diritti dei palestinesi a Gaza, così come i propri diritti in base alla Convenzione sul genocidio. Fa riferimento al diritto dei palestinesi nella Striscia di Gaza di essere protetti da atti di genocidio, tentato genocidio, istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio, complicità in genocidio e cospirazione per commettere genocidio. L’Attore sostiene che la Convenzione vieta la distruzione di un gruppo o parte di esso e afferma che i palestinesi nella Striscia di Gaza, a causa della loro appartenenza a un gruppo, “sono protetti dalla Convenzione, così come lo è il gruppo stesso”. Il Sudafrica sostiene anche di cercare di proteggere il proprio diritto a garantire il rispetto della Convenzione sul genocidio. Il Sudafrica sostiene che i diritti in questione sono “almeno plausibili”, poiché sono “basati su un’interpretazione possibile” della Convenzione sul genocidio.
  7. Il Sudafrica sostiene che le prove prodotte alla Corte “mostrano in modo incontrovertibile un modello di condotta e dolo che giustifica una verosimile accusa di atti genocidi”. Afferma, in particolare, la commissione degli atti seguenti con l’intento genocida: uccisioni, causare gravi lesioni fisiche e mentali, infliggere al gruppo condizioni di vita atte a portare alla sua distruzione fisica totale o parziale, e imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo. Secondo il Sudafrica, l’intento genocida è evidente dal modo in cui viene condotto l’attacco militare di Israele, dal chiaro modello di condotta di Israele a Gaza e dalle dichiarazioni fatte dagli ufficiali israeliani in relazione all’operazione militare nella Striscia di Gaza. L’Attore sostiene anche che “l’intenzionale omissione del governo di Israele di
  8. Israel afferma che, nella fase delle misurecautelari, la Corte deve stabilire che i diritti reclamati dalle parti in una causa siano plausibili, ma “[d]ichiarare semplicemente che i diritti reclamati sono plausibili è insufficiente”. Secondo il Resistente, la Corte deve anche considerare le asserzioni di fatto nel contesto pertinente, compresa la questione della possibile violazione dei diritti reclamati.
  9. Israele sostiene che il quadro giuridico appropriato per il conflitto a Gaza è quello del diritto umanitario internazionale e non della Convenzione sul genocidio. Sostiene che, nelle situazioni di guerra urbana, le vittime civili possono essere una conseguenza non intenzionale del legittimo uso della forza contro obiettivi militari e non costituiscono atti genocidi. Israele ritiene che il Sudafrica abbia travisato i fatti sul terreno e osserva che i suoi sforzi per mitigare i danni durante le operazioni e alleviare le difficoltà e le sofferenze attraverso attività umanitarie a Gaza servano a dissipare – o almeno contrastare – qualsiasi accusa di intento genocida. Secondo il Resistente, le dichiarazioni degli ufficiali israeliani presentate dal Sudafrica sono “al meglio fuorvianti” e “non conformi alla politica del governo”. Israele ha anche richiamato l’attenzione sull’annuncio del suo Procuratore Generale secondo cui “[o]gni dichiarazione che chieda, tra le altre cose, un danno intenzionale ai civili […] potrebbe configurare un reato penale, incluso l’incitamento” e che “[a]ttualmente, diverse di tali situazioni sono oggetto di esame da parte delle autorità giudiziarie israeliane”. Secondo Israele, né tali dichiarazioni né il suo modello di condotta nella Striscia di Gaza danno luogo a una “plausibile inferenza” di intento genocida. In ogni caso, Israele sostiene che, poiché lo scopo delle misurecautelari è preservare i diritti di entrambe le parti, la Corte deve, nel presente caso, considerare e “bilanciare” i rispettivi diritti del Sudafrica e di Israele. Il Resistente sottolinea che ha la responsabilità di proteggere i suoi cittadini, inclusi quelli catturati e tenuti in ostaggio a seguito dell’attacco del 7 ottobre 2023. Di conseguenza, sostiene che il suo diritto all’autodifesa è fondamentale per qualsiasi valutazione della situazione attuale.
  10. La Corte ricorda che, in conformità all’articolo I della Convenzione, tutti gli Stati parti si sono impegnati “a prevenire e a punire” il crimine di genocidio. L’articolo II prevede che

“il genocidio significa qualsiasi degli atti seguenti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

(a) Uccidere membri del gruppo;

(b) Causare gravi lesioni fisiche o mentali ai membri del gruppo;

(c) Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita atte a portare alla sua distruzione fisica totale o parziale;

(d) Imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;

(e) Trasferire con la forza i bambini del gruppo a un altro gruppo”.

  1. In base all’articolo III della Convenzione sul genocidio, sono altresì vietati dalla Convenzione i seguenti atti: la cospirazione per commettere genocidio (articolo III, comma (b)), l’istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio (articolo III, comma (c)), il tentativo di commettere genocidio (articolo III, comma (d)) e la complicità in genocidio (articolo III, comma (e)).
  2. Le disposizioni della Convenzione sono intese a proteggere i membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso da atti di genocidio o da qualsiasi altro atto punibile elencato nell’articolo III. La Corte ritiene che vi sia una correlazione tra i diritti dei membri dei gruppi protetti dalla Convenzione sul genocidio, gli obblighi degli Stati parti e il diritto di qualsiasi Stato parte di cercare il rispetto di tali obblighi da parte di un altro Stato parte (Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (The Gambia v. Myanmar), Provisional Measures, Order of 23 January 2020, I.C.J. Reports 2020, p. 20, para. 52).
  3. La Corte ricorda che, affinché gli atti rientrino nel campo di applicazione dell’articolo II della Convenzione, “l’intento deve essere quello di distruggere almeno una parte sostanziale del gruppo particolare. Ciò è richiesto dalla natura stessa del crimine di genocidio: poiché l’oggetto e lo scopo della Convenzione nel suo complesso sono di prevenire la distruzione intenzionale dei gruppi, la parte bersaglio deve essere significativa abbastanza da avere un impatto sull’intero gruppo.” (Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (Bosnia and Herzegovina v. Serbia and Montenegro), Judgment, I.C.J. Reports 2007 (I), p. 126, para. 198.)
  4. I Palestinesi sembrano costituire un gruppo distintivo “nazionale, etnico, razziale o religioso”, e quindi un gruppo protetto nel significato dell’Articolo II della Convenzione sul Genocidio. La Corte osserva che, secondo fonti delle Nazioni Unite, la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza supera i 2 milioni di persone. I Palestinesi nella Striscia di Gaza costituiscono una parte sostanziale del gruppo protetto.
  5. La Corte osserva che l’operazione militare condotta da Israele a seguito dell’attacco del 7 ottobre 2023 ha comportato un gran numero di morti e feriti, nonché la massiccia distruzione delle abitazioni, lo sfollamento forzato della maggior parte della popolazione e danni estesi alle infrastrutture civili. Sebbene i dati sulla Striscia di Gaza non possano essere verificati in modo indipendente, le informazioni recenti indicano che sono stati uccisi 25.700 Palestinesi, riportati oltre 63.000 feriti, distrutte o danneggiate parzialmente oltre 360.000 unità abitative e circa 1,7 milioni di persone sono sfollate internamente (vedi Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), Ostilità nella Striscia di Gaza e Israele – impatto segnalato, Giorno 109 (24 gennaio 2024)).
  6. La Corte prende atto, in questo contesto, della dichiarazione rilasciata il 5 gennaio 2024 da Martin Griffiths, Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari e Coordinatore per l’Emergenza delle Nazioni Unite:

“Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione…

… Le famiglie dormono all’aperto mentre le temperature scendono. Le aree in cui ai civili è stato detto di trasferirsi per la loro sicurezza sono state bombardate. Le strutture mediche sono sotto attacco incessante. I pochi ospedali parzialmente funzionanti sono oberati dai casi di trauma, gravemente carenti di forniture e invasi da persone disperate in cerca di sicurezza.

Un disastro sanitario si sta verificando. Le malattie infettive si stanno diffondendo nei rifugi affollati mentre i canali fognari traboccano. Circa 180 donne palestinesi partoriscono ogni giorno in mezzo a questo caos. Le persone si trovano di fronte ai livelli più alti di insicurezza alimentare mai registrati. La carestia è dietro l’angolo.

Per i bambini in particolare, le ultime 12 settimane sono state traumatiche: niente cibo, niente acqua, niente scuola. Nulla tranne i suoni terrificanti della guerra, giorno dopo giorno.

Gaza è semplicemente diventata inabitabile. La sua gente assiste quotidianamente a minacce alla sua stessa esistenza, mentre il mondo guarda.” (OCHA, “Il capo degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite: La guerra a Gaza deve finire”, Dichiarazione di Martin Griffiths, Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari e Coordinatore per l’Emergenza, 5 gennaio 2024).

  1. A seguito di una missione a North Gaza, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riportato che, al 21 dicembre 2023:

“Un senza precedenti 93% della popolazione a Gaza si trova ad affrontare livelli di crisi alimentare, con cibo insufficiente e alti livelli di malnutrizione. Almeno 1 su 4 famiglie si trova in ‘condizioni catastrofiche’: sperimentando una mancanza estrema di cibo e fame e avendo ricorso alla vendita dei loro beni e ad altre misure estreme per permettersi un pasto semplice. La fame, la miseria e la morte sono evidenti.” (OMS, “La letale combinazione di fame e malattia porterà a più morti a Gaza”, 21 dicembre 2023; vedi anche World Food Programme, “Gaza sull’orlo mentre una persona su quattro affronta una fame estrema”, 20 dicembre 2023).

  1. La Corte prende ulteriormente nota della dichiarazione rilasciata il 13 gennaio 2024 dal Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per gli Aiuti e il Lavoro per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini:

“Sono trascorsi 100 giorni da quando è iniziata la devastante guerra, uccidendo e sfollando persone a Gaza, a seguito degli orribili attacchi che Hamas e altri gruppi hanno compiuto contro la popolazione in Israele. Sono stati 100 giorni di prova e ansia per gli ostaggi e le loro famiglie.

Nei 100 giorni scorsi, il bombardamento continuo in tutta la Striscia di Gaza ha causato lo sfollamento di massa di una popolazione in uno stato di flusso costante, costantemente sradicata e costretta a lasciare da un giorno all’altro, solo per spostarsi in luoghi altrettanto insicuri. Questo è stato lo sfollamento più grande del popolo palestinese dal 1948.

Questa guerra ha coinvolto più di 2 milioni di persone, l’intera popolazione di Gaza. Molti porteranno cicatrici per tutta la vita, sia fisiche che psicologiche. La stragrande maggioranza, compresi i bambini, è profondamente traumatizzata.

I rifugi sovraffollati e insalubri dell’UNRWA sono ora diventati ‘casa’ per oltre 1,4 milioni di persone. Manca loro tutto, dal cibo all’igiene alla privacy. Le persone vivono in condizioni disumane, dove le malattie si stanno diffondendo, compresi i bambini. Vivono attraverso l’inaspettabile, con il ticchettio veloce verso la carestia.

La situazione dei bambini a Gaza è particolarmente straziante. Un’intera generazione di bambini è traumatizzata e ci vorranno anni per rimarginarsi. Migliaia sono stati uccisi, mutilati e rimasti orfani. Centinaia di migliaia sono privati dell’istruzione. Il loro futuro è in pericolo, con conseguenze di vasta portata e durature.” (UNRWA, “La Striscia di Gaza: 100 giorni di morte, distruzione e sfollamento”, Dichiarazione di Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’UNRWA, 13 gennaio 2024).

 

  1. Il Commissario Generale dell’UNRWA ha anche dichiarato che la crisi a Gaza è “aggravata dal linguaggio disumanizzante” (UNRWA, “La Striscia di Gaza: 100 giorni di morte, distruzione e sfollamento”, Dichiarazione di Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’UNRWA, 13 gennaio 2024).
  2. A questo proposito, la Corte ha preso nota di diverse dichiarazioni di alti funzionari israeliani. Fa particolare riferimento ai seguenti esempi.
  3. Il 9 ottobre 2023, Yoav Gallant, Ministro della Difesa di Israele, annunciò di aver ordinato un “assedio completo” a Gaza City e che non ci sarebbe stata “elettricità, cibo, carburante” e che “tutto era chiuso”. Il giorno successivo, il Ministro Gallant dichiarò, parlando alle truppe israeliane al confine con Gaza:

“Ho tolto tutti i vincoli… Avete visto contro cosa stiamo combattendo. Stiamo combattendo animali umani. Questo è l’ISIS di Gaza. Questo è ciò contro cui stiamo combattendo… Gaza non tornerà a come era prima. Non ci sarà Hamas. Elimineremo tutto. Se non ci vorrà un giorno, ci vorrà una settimana, ci vorranno settimane o addirittura mesi, arriveremo dappertutto.”

Il 12 ottobre 2023, Isaac Herzog, Presidente di Israele, dichiarò, riferendosi a Gaza:

“Stiamo lavorando, operando militarmente secondo le regole del diritto internazionale. In modo inequivocabile. È un’intera nazione là fuori che è responsabile. Non è vero questo discorso sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vero. Avrebbero potuto ribellarsi. Avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un colpo di stato. Ma siamo in guerra. Siamo in guerra. Siamo in guerra. Stiamo difendendo le nostre case. Stiamo proteggendo le nostre case. Questa è la verità. E quando una nazione protegge la sua casa, combatte. E lotteremo finché non spezzeremo loro la schiena.”

Il 13 ottobre 2023, Israel Katz, all’epoca Ministro dell’Energia e delle Infrastrutture di Israele, dichiarò su X (ex Twitter):

“Lotteremo contro l’organizzazione terroristica di Hamas e la distruggeremo. Si ordina a tutta la popolazione civile di [G]aza di lasciare immediatamente. Vinceremo. Non riceveranno una goccia d’acqua o una singola batteria finché non lasceranno il mondo.”

  1. La Corte prende anche nota di un comunicato stampa del 16 novembre 2023, emesso da 37 Rapporteurs Speciali, Esperti Indipendenti e membri di Gruppi di Lavoro facenti parte delle Procedure Speciali del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, in cui esprimevano preoccupazione per il “linguaggio discernibilmente genocida e disumanizzante proveniente da alti funzionari del governo israeliano”. Inoltre, il 27 ottobre 2023, il Comitato delle Nazioni Unite per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale osservò che era “[m]olto preoccupato per l’accentuato aumento del discorso di odio razzista e della deumanizzazione rivolti ai Palestinesi dal 7 ottobre”.
  2. Secondo la Corte, i fatti e le circostanze menzionati sopra sono sufficienti per concludere che almeno alcuni dei diritti sostenuti dal Sudafrica e per i quali cerca protezione sono plausibili. Questo è il caso per quanto riguarda il diritto dei Palestinesi a Gaza di essere protetti da atti di genocidio e atti vietati correlati identificati nell’Articolo III, e il diritto del Sudafrica di cercare la conformità di Israele con le obbligazioni di quest’ultimo ai sensi della Convenzione.
  3. La Corte si rivolge ora alla condizione del collegamento tra i diritti plausibili sostenuti dal Sudafrica e le misurecautelari richieste.

* *

  1. Il Sudafrica ritiene che esista un collegamento tra i diritti la cui protezione è richiesta e le misurecautelari che chiede. Sostiene, in particolare, che le prime sei misurecautelari sono state richieste per garantire che Israele ottemperi ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, mentre le ultime tre mirano a proteggere l’integrità delle procedure davanti alla Corte e il diritto del Sudafrica di vedere la sua pretesa giudicata in modo imparziale.

*

  1. Israele ritiene che le misure richieste vanno oltre quanto necessario per proteggere i diritti in via temporanea e quindi non hanno alcun legame con i diritti che si intendono proteggere. Il convenuto sostiene, tra l’altro, che concedere le prime e seconde misure richieste dal Sudafrica (vedi paragrafo 11 sopra) ribalterebbe la giurisprudenza della Corte, poiché tali misure sarebbero “per la protezione di un diritto che non potrebbe costituire la base di una sentenza nell’esercizio della giurisdizione ai sensi della Convenzione sul genocidio”.

* *

  1. La Corte ha già stabilito (vedi paragrafo 54 sopra) che almeno alcuni dei diritti fatti valere dal Sudafrica ai sensi della Convenzione sul genocidio sono plausibili.
  2. La Corte ritiene che, per loro stessa natura, almeno alcune delle misurecautelari richieste dal Sudafrica mirino a preservare i diritti plausibili che esso sostiene sulla base della Convenzione sul genocidio nel presente caso, ovvero il diritto dei palestinesi a Gaza di essere protetti da atti di genocidio e atti vietati correlati menzionati all’articolo III, e il diritto del Sudafrica di chiedere l’ottemperanza da parte di Israele a quest’ultimo obblighi ai sensi della Convenzione. Pertanto, esiste un collegamento tra i diritti fatti valere dal Sudafrica che la Corte ha ritenuto plausibili e almeno alcune delle misurecautelari richieste.

 

  1. RISCHIO DI PREGIUDIZIO IRREPARABILE E URGENZA

 

  1. La Corte, ai sensi dell’articolo 41 del suo Statuto, ha il potere di adottare misure cautelari quando potrebbe essere arrecato un pregiudizio irreparabile a diritti che sono oggetto di procedimenti giudiziari o quando la presunta violazione di tali diritti potrebbe comportare conseguenze irreparabili (si veda, ad esempio, Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misurecautelari, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), p. 226, para. 65).
  2. Tuttavia, il potere della Corte di adottare misure cautelari sarà esercitato solo se c’è urgenza, nel senso che esiste un reale e imminente rischio che sia arrecato un pregiudizio irreparabile ai diritti reclamati prima che la Corte emetta la sua decisione finale. La condizione di urgenza è soddisfatta quando gli atti suscettibili di causare un pregiudizio irreparabile possono “verificarsi in qualsiasi momento” prima che la Corte adotti una decisione finale sul caso (Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure cautelari, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), p. 227, para. 66). La Corte deve quindi valutare se tale rischio esista in questa fase del procedimento.
  3. La Corte non è chiamata, ai fini della sua decisione sulla richiesta di indicazione di misure cautelari, a statuire definitivamente l’esistenza di violazioni degli obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, ma a determinare se le circostanze richiedano l’indicazione di misure cautelari per la protezione dei diritti in base a tale strumento. Come già notato, la Corte non può in questa fase formulare conclusioni definitive di fatto (si veda il paragrafo 30 sopra), e il diritto di ciascuna Parte di presentare argomentazioni e difese in merito rimane fermo e diverso dalla decisione della Corte sulla richiesta di adozione di misure cautelari.

* *

  1. Il Sudafrica sostiene che esiste un chiaro rischio di pregiudizio irreparabile ai diritti dei palestinesi a Gaza e ai propri diritti ai sensi della Convenzione sul genocidio. Afferma che la Corte ha ripetutamente stabilito che il criterio del pregiudizio irreparabile è soddisfatto quando sorgono seri rischi per la vita umana o per altri diritti fondamentali. Secondo l’attore, le statistiche quotidiane costituiscono chiara prova di urgenza e rischio di pregiudizio irreparabile, con una media di 247 palestinesi uccisi, 629 feriti e 3.900 case palestinesi danneggiate o distrutte ogni giorno. Inoltre, secondo il Sudafrica, i palestinesi nella Striscia di Gaza sono, nella sua visione, a “rischio immediato di morte per fame, disidratazione e malattia a causa dell’assedio continuo da parte di Israele, della distruzione delle città palestinesi, dell’insufficiente aiuto consentito alla popolazione palestinese e dell’impossibilità di distribuire questo aiuto limitato mentre cadono bombe”.

L’attore sostiene inoltre che un aumento da parte di Israele dell’accesso al soccorso umanitario a Gaza non sarebbe una risposta alla sua richiesta di misure cautelari. Il Sudafrica aggiunge che, “[s]e [le violazioni di Israele della Convenzione sul genocidio] rimanessero impunite”, l’opportunità di raccogliere e conservare prove per la fase dei meriti del procedimento sarebbe seriamente compromessa, se non perduta del tutto.

  1. Israele nega che esista un reale e imminente rischio di pregiudizio irreparabile nel presente caso. Sostiene di aver preso  e continua a prendere  misure concrete volte specificamente al riconoscimento e alla garanzia del diritto dei civili palestinesi a Gaza di esistere e ha facilitato la fornitura di assistenza umanitaria in tutta la Striscia di Gaza. A tal proposito, il convenuto osserva che, con l’assistenza del Programma alimentare mondiale, una dozzina di panetterie sono state recentemente riaperte con la capacità di produrre più di 2 milioni di pani al giorno. Israele sostiene anche di continuare a fornire acqua propria a Gaza attraverso due condotte, di facilitare la consegna di acqua in bottiglia in grandi quantità e di riparare ed espandere le infrastrutture idriche. Afferma inoltre che l’accesso a forniture e servizi medici è aumentato e afferma, in particolare, di aver facilitato l’istituzione di sei ospedali da campo e due ospedali galleggianti e che altri due ospedali sono in corso di costruzione. Afferma inoltre che l’ingresso di squadre mediche a Gaza è stato facilitato e che persone malate e ferite vengono evacuate attraverso il valico di Rafah. Secondo Israele, sono stati distribuiti anche tende e attrezzature invernali, e la consegna di carburante e gas da cucina è stata facilitata. Israele afferma inoltre che, secondo una dichiarazione del suo Ministro della Difesa del 7 gennaio 2024, l’entità e l’intensità delle ostilità stavano diminuendo.

* *

  1. La Corte ricorda che, come sottolineato nella risoluzione 96 (I) dell’Assemblea generale dell’11 dicembre 1946,

“[i]l genocidio è una negazione del diritto all’esistenza di interi gruppi umani, come l’omicidio è la negazione del diritto a vivere degli individui; tale negazione del diritto all’esistenza sconvolge la coscienza dell’umanità, provoca grandi perdite all’umanità sotto forma di contributi culturali e altri rappresentati da questi gruppi umani, ed è contraria alla legge morale e allo spirito e agli scopi delle Nazioni Unite”.

La Corte ha osservato, in particolare, che la Convenzione sul genocidio “è stata manifestamente adottata per uno scopo puramente umanitario e civilizzatore”, poiché “il suo scopo è da un lato salvaguardare l’esistenza stessa di certi gruppi umani e dall’altro confermare e sancire i principi più elementari della moralità” (Riserve alla Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, Parere consultivo, I.C.J. Reports 1951, p. 23).

  1. Alla luce dei valori fondamentali che la Convenzione sul genocidio cerca di proteggere, la Corte ritiene che i diritti plausibili in questione in questi procedimenti, ovvero il diritto dei palestinesi nella Striscia di Gaza di essere protetti da atti di genocidio e atti vietati correlati identificati all’articolo III della Convenzione sul genocidio e il diritto del Sudafrica di chiedere l’ottemperanza da parte di Israele a quest’ultimo obblighi ai sensi della Convenzione, siano di tale natura che il pregiudizio ad essi può causare un danno irreparabile (si veda Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), Misure cautelari, Ordinanza del 23 gennaio 2020, I.C.J. Reports 2020, p. 26, para. 70).
  2. Durante il conflitto in corso, alti funzionari delle Nazioni Unite hanno ripetutamente richiamato l’attenzione sul rischio di ulteriore deterioramento delle condizioni nella Striscia di Gaza. La Corte prende nota, ad esempio, della lettera datata 6 dicembre 2023, con cui il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha portato all’attenzione del Consiglio di Sicurezza le seguenti informazioni:

“Il sistema sanitario a Gaza sta collassando…

Nessun luogo è sicuro a Gaza.

In mezzo al costante bombardamento da parte delle Forze di Difesa di Israele, e senza rifugi o elementi essenziali per sopravvivere, mi aspetto che l’ordine pubblico si sgretoli completamente presto a causa delle condizioni disperate, rendendo impossibile persino un limitato soccorso umanitario. Una situazione ancora peggiore potrebbe svilupparsi, comprese malattie epidemiche e una maggiore pressione per lo spostamento di massa verso paesi limitrofi.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Stiamo affrontando un grave rischio di collasso del sistema umanitario. La situazione sta rapidamente deteriorandosi in una catastrofe con implicazioni potenzialmente irreversibili per l’intera popolazione palestinese e per la pace e la sicurezza nella regione. Un esito del genere deve essere evitato a tutti i costi.” (Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, doc. S/2023/962, 6 dic. 2023.)

  1. Il 5 gennaio 2024, il Segretario Generale ha scritto nuovamente al Consiglio di Sicurezza, fornendo un aggiornamento sulla situazione nella Striscia di Gaza e osservando che “[s]fortunatamente, livelli devastanti di morte e distruzione continuano” (Lettera datata 5 gennaio 2024 del Segretario Generale indirizzata al Presidente del Consiglio di Sicurezza, Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, doc. S/2024/26, 8 gen. 2024).
  2. La Corte prende atto anche della dichiarazione del 17 gennaio 2024 rilasciata dal Commissario Generale dell’UNRWA al suo ritorno dal suo quarto viaggio nella Striscia di Gaza dall’inizio dell’attuale conflitto: “Ogni volta che visito Gaza, vedo come le persone siano affondate sempre più nella disperazione, con la lotta per la sopravvivenza che consuma ogni ora.” (UNRWA, “La Striscia di Gaza: una lotta per la sopravvivenza quotidiana tra morte, esaurimento e disperazione”, Dichiarazione di Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’UNRWA, 17 gen. 2024.)
  3. La Corte ritiene che la popolazione civile nella Striscia di Gaza rimanga estremamente vulnerabile. Ricorda che l’operazione militare condotta da Israele dopo il 7 ottobre 2023 ha comportato, tra l’altro, decine di migliaia di morti e feriti e la distruzione di case, scuole, strutture mediche e altre infrastrutture vitali, nonché un displacemento su vasta scala (vedi paragrafo 46 sopra). La Corte osserva che l’operazione è in corso e che il Primo Ministro di Israele ha annunciato il 18 gennaio 2024 che la guerra “durerà molti mesi ancora”. Attualmente, molti palestinesi nella Striscia di Gaza non hanno accesso a beni alimentari di base, acqua potabile, elettricità, medicine essenziali o riscaldamento.
  4. L’OMS ha stimato che il 15% delle donne che partoriscono nella Striscia di Gaza è probabile che incontri complicazioni e indica che i tassi di mortalità materna e neonatale sono destinati ad aumentare a causa della mancanza di accesso alle cure mediche.
  5. In queste circostanze, la Corte ritiene che la catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza sia seriamente a rischio di ulteriore deterioramento prima che la Corte emetta la sua sentenza finale.
  6. La Corte ricorda l’affermazione di Israele secondo cui ha adottato alcune misure per affrontare e alleviare le condizioni della popolazione nella Striscia di Gaza. La Corte osserva inoltre che il Procuratore Generale di Israele ha recentemente dichiarato che un appello al danno intenzionale alle persone civili potrebbe configurare un reato penale, incluso quello di istigazione, e che diversi casi del genere sono in esame da parte delle autorità di contrasto israeliane. Sebbene passi come questi siano da incoraggiare, sono insufficienti per eliminare il rischio che un pregiudizio irreparabile sia causato prima che la Corte emetta la sua decisione finale nel caso.
  7. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la Corte ritiene che ci sia urgenza, nel senso che c’è un reale e imminente rischio che un pregiudizio irreparabile sia causato ai diritti ritenuti plausibili dalla Corte, prima che emetta la sua decisione finale.
  8. La Corte conclude sulla base delle considerazioni sopra esposte che le condizioni richieste dal suo Statuto per adottare misure cautelari sono soddisfatte. È quindi necessario, in attesa della sua decisione finale, che la Corte indichi alcune misure al fine di proteggere i diritti reclamati dal Sudafrica che la Corte ha ritenuto plausibili (vedi paragrafo 54 sopra).
  9. La Corte ricorda di avere il potere, ai sensi del suo Statuto, quando è stata avanzata una richiesta di misure cautelari, di adottare misure che sono, in tutto o in parte, diverse da quelle richieste. L’articolo 75, paragrafo 2, del Regolamento della Corte fa esplicito riferimento a questo potere della Corte. La Corte ha già esercitato questo potere in diverse occasioni in passato (vedi, ad esempio, Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), Misure cautelari, Ordinanza del 23 gennaio 2020, I.C.J. Reports 2020, p. 28, para. 77).
  10. Nel caso presente, dopo aver considerato i termini delle misure cautelari richieste dal Sudafrica e le circostanze del caso, la Corte ritiene che le misure da adottare non devono essere identiche a quelle richieste.
  11. La Corte ritiene che, per quanto riguarda la situazione descritta sopra, Israele debba, in conformità ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, nei confronti dei palestinesi a Gaza, adottare tutte le misure a sua disposizione per impedire la commissione di tutti gli atti rientranti nel campo di applicazione dell’articolo II di questa Convenzione, in particolare: (a) uccidere membri del gruppo; (b) arrecare gravi lesioni corporali o mentali ai membri del gruppo; (c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita atte a determinarne la distruzione fisica totale o parziale; e (d) imporre misure intese a prevenire nascite all’interno del gruppo. La Corte ricorda che questi atti rientrano nel campo di applicazione dell’articolo II della Convenzione quando sono commessi con l’intento di distruggere in tutto o in parte un gruppo come tale (vedi paragrafo 44 sopra). La Corte ritiene inoltre che Israele debba garantire con effetto immediato che le sue forze militari non commettano nessuno degli atti sopra descritti.
  12. La Corte è anche dell’opinione che Israele debba adottare tutte le misure a sua disposizione per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza.
  13. La Corte ritiene inoltre che Israele debba adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le avverse condizioni di vita dei palestinesi nella Striscia di Gaza.
  14. Israele deve anche adottare misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti rientranti nel campo di applicazione dell’articolo II e dell’articolo III della Convenzione sul genocidio contro i membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza.
  15. Per quanto riguarda la misura provvisoria richiesta dal Sudafrica che Israele debba presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare attuazione alla sua ordinanza, la Corte ricorda di avere il potere, riflessiato nell’articolo 78 del Regolamento della Corte, di richiedere alle parti di fornire informazioni su qualsiasi questione connessa con l’attuazione di eventuali misure cautelari da essa indicate. Alla luce delle specifiche misure cautelari che ha deciso di adottare, la Corte ritiene che Israele debba presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare attuazione a questa ordinanza entro un mese, a partire dalla data di questa ordinanza. Il rapporto così fornito sarà quindi comunicato al Sudafrica, che avrà l’opportunità di presentare alla Corte i suoi commenti al riguardo.

*

  1. La Corte ricorda che le sue Ordinanze sulle misure cautelari ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto hanno effetto vincolante e quindi creano obblighi giuridici internazionali per qualsiasi parte a cui sono indirizzate le misure cautelari (Allegazioni di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure cautelari, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), p. 230, para. 84).
  2. La Corte ribadisce che la decisione resa nel presente procedimento non pregiudica in alcun modo la questione della giurisdizione della Corte per trattare il merito della causa o eventuali questioni relative all’ammissibilità della domanda o al merito stesso. Non pregiudica il diritto dei Governi della Repubblica del Sudafrica e dello Stato di Israele di presentare argomenti in merito a tali questioni.
  3. La Corte ritiene necessario sottolineare che tutte le parti coinvolte nel conflitto nella Striscia di Gaza sono vincolate dal diritto umanitario internazionale. La Corte è profondamente preoccupata per la sorte degli ostaggi rapiti durante l’attacco in Israele il 7 ottobre 2023 e detenuti da allora da Hamas e da altri gruppi armati, e chiede il loro immediato e incondizionato rilascio.

 

  1. Per questi motivi,

LA CORTE,

Indica le seguenti misure cautelari:

(1) Con quindici voti a due,

Lo Stato di Israele deve, in conformità ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, nei confronti dei palestinesi a Gaza, adottare tutte le misure a sua disposizione per impedire la commissione di tutti gli atti rientranti nel campo di applicazione dell’articolo II di questa Convenzione, in particolare:

(a) uccidere membri del gruppo;

(b) arrecare gravi lesioni corporali o mentali ai membri del gruppo;

(c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita atte a determinarne la distruzione fisica totale o parziale; e

(d) imporre misure intese a prevenire nascite all’interno del gruppo;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; Giudice ad hoc Barak;

 

(2) Con quindici voti a due,

Lo Stato di Israele deve garantire con effetto immediato che le sue forze armate non compiano atti descritti al punto 1 sopra;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; Giudice ad hoc Barak;

(3) Con sedici voti a uno,

Lo Stato di Israele deve adottare tutte le misure a sua disposizione per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudici ad hoc Barak, Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde;

(4) Con sedici voti a uno,

Lo Stato di Israele deve adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le avverse condizioni di vita dei palestinesi nella Striscia di Gaza;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudici ad hoc Barak, Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde;

(5) Con quindici voti a due,

Lo Stato di Israele deve adottare misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti rientranti nel campo di applicazione dell’articolo II e dell’articolo III della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio contro i membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; Giudice ad hoc Barak;

(6) Con quindici voti a due,

Lo Stato di Israele deve presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare attuazione a questa ordinanza entro un mese a partire dalla data di questa ordinanza.

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; Giudice ad hoc Barak.

Eseguito in inglese e in francese, il testo inglese è autentico, presso il Palazzo della Pace, L’Aia, questo ventiseiesimo giorno di gennaio, duemilaquattordici, in tre copie, una delle quali sarà collocata negli archivi della Corte e le altre trasmesse al Governo della Repubblica del Sudafrica e al Governo dello Stato di Israele, rispettivamente.

(Firmato) Joan E. DONOGHUE,

Presidente.

(Firmato) Philippe GAUTIER,

Segretario.

Il Giudice XUE allega una dichiarazione all’Ordinanza della Corte; Il Giudice SEBUTINDE allega un parere dissenziente all’Ordinanza della Corte; I Giudici BHANDARI e NOLTE allegano dichiarazioni all’Ordinanza della Corte; Il Giudice ad hoc BARAK allega un parere separato all’Ordinanza della Corte.

(Iniziali) J.E.D

(Iniziali) Ph.G.

 

* Traduzione a cura di Michela Arricale del Centro di Ricerca ed Elaborazione per la     Democrazia (CRED)