Il delicato equilibrio delle relazioni USA-Cina: il controllo dei “falchi” da parte di Xi Jinping

di Herta Manenti –

In un’epoca di crescenti tensioni geopolitiche, le dinamiche di potere nel Pacifico Asiatico continuano a dominare il discorso internazionale. Al centro di questa tempesta geopolitica si trovano gli Stati Uniti e la Cina, due superpotenze spesso rappresentate come antagonisti in una partita scacchistica globale che potrebbe definire il corso del XXI° secolo. In questo contesto, le analisi del colonnello Dai Xu, una delle voci più autorevoli nell’ambito militare cinese, offrono una prospettiva incisiva e talvolta inquietante sul futuro delle relazioni tra le due potenze.

Il colonnello Dai Xu, noto per la sua franchezza e il profondo background strategico-militare, non ha mai esitato a esprimere le sue opinioni sui potenziali scenari di conflitto tra gli Stati Uniti e la Cina. Le sue pubblicazioni, tra cui ” Accerchiamento a Forma di C” (C形包围) e ” Cappio a Forma di Q” (Q形绞索) descrivono in dettaglio come gli Stati Uniti abbiano implementato una strategia di contenimento, non troppo velata, che mira a limitare l’ascesa della Cina come potenza globale. Secondo Dai Xu, questa strategia si manifesta attraverso un arcipelago di basi militari statunitensi, che si estendono in un semicerchio dall’Est asiatico al Sud-Est asiatico, avvicinando pericolosamente il teatro operativo al cuore territoriale cinese.

Le dichiarazioni di Dai Xu rispetto alla presenza militare americana nel Pacifico non sono solo retoriche. Egli sostiene che oltre 400 basi militari USA circondano la Cina, un “cerchio di ferro” che potrebbe soffocare le ambizioni regionali cinesi e ostacolare la sua crescita. Dai Xu vede questo come un periodo di “pace e caos”, sovrapposizione di termini che potrebbe alludere all’idea di un cambiamento epocale, un momento sospeso dove l’apparente stabilità nasconde tensioni sotterranee pronte a esplodere. In questo quadro, se gli Stati Uniti sono percepiti come un garante della sicurezza per i loro alleati, sono percepiti ormai come una minaccia diretta alla sovranità e alla sicurezza nazionale per la Repubblica Popolare Cinese

Questa percezione di assedio ha catalizzato la risposta strategica cinese, spingendo Pechino a modernizzare rapidamente le proprie forze armate e a cercare nuove alleanze regionali. La Cina, quindi, non sta più a guardare passivamente, ma sta rispondendo con un impegno rinnovato per aumentare la propria influenza in Asia e oltre. Dai Xu critica quello che vede come un atteggiamento conservatore passato della leadership cinese, esortando a una presa di posizione più audace e proattiva. Queste visioni gli sono valse la fama di falco. Non è solo a considerare che, per ottenere rispetto, la Cina debba saper mostrare la sua forza anche militare. Un ragionamento legittimo e non privo di logica, dato che dal momento dello scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina abbiamo sentito innumerevoli volte giornalisti e analisti anche geopolitici utilizzare la massima latina “Si vis pacem, para bellum “. Non dovrebbe quindi stupire che oltreoceano si ragioni anche in questo modo.

La modernizzazione militare della Cina comprende lo sviluppo di missili avanzati, navi da guerra, e una crescente enfasi sulle capacità cyber e spaziali. Questi sviluppi sono complementari alla Belt and Road Initiative (BRI), che estende l’influenza cinese attraverso una rete di investimenti infrastrutturali che attraversano l’Eurasia, fino all’Africa e oltre. Tuttavia, mentre la BRI potrebbe essere vista come un esercizio di “soft power”, l’ampliamento delle capacità militari cinesi rappresenta una sfida diretta al predominio militare statunitense nella regione.

Dal punto di vista di Dai Xu, la sfida non è solo militare, ma anche psicologica. La guerra psicologica, una componente spesso trascurata della strategia militare, è fondamentale per comprendere come gli Stati Uniti utilizzino la loro presenza militare per intimidire e costringere gli Stati regionali a sostenere gli obiettivi politici occidentali, una tattica che Pechino è ansiosa di contraddire.

La risposta strategica della Cina si estende anche nel rafforzare le alleanze regionali. La percezione degli USA assertivi, a tratti coercitivi,  ha spinto molti Paesi asiatici a riconsiderare i loro legami tradizionali con Washington, aprendo a Pechino la possibilità di presentarsi come un partner alternativo e potenzialmente più accomodante. Questa dinamica è particolarmente evidente nel Sud-Est asiatico, dove nazioni come le Filippine e la Thailandia hanno mostrato altalenanti segni di allontanamento dalla dipendenza strategica dagli Stati Uniti, inclinandosi verso una maggiore cooperazione economica e militare con la Cina.

Il colonnello Dai Xu è consapevole delle potenziali conseguenze di un conflitto aperto tra le due superpotenze, riconoscendo che una guerra tra Stati Uniti e Cina sarebbe catastrofica non solo per i belligeranti, ma per l’intero sistema internazionale. In questo contesto, egli sottolinea l’importanza cruciale della diplomazia e del diritto internazionale come mezzi per mitigare le tensioni e risolvere le dispute pacificamente.

Nonostante la sua reputazione di “falco” e le sue prospettive a volte radicali, Dai Xu, dopo vicende controverse che lo riguardano legate al suo passato nell’esercito, oggi non è un fautore della guerra, ma piuttosto mantiene le posizioni di  un realista che riconosce la guerra come un fallimento della diplomazia. Egli vede la sua funzione come quella di un analista che cerca di preparare la Cina per ,gli scenari peggiori, mentre spera nel meglio, mantenendo un senso di pragmatismo che permea molte delle sue analisi e raccomandazioni strategiche.

Le opinioni del colonnello Dai Xu, sebbene siano ancora considerate controverse, forniscono una finestra preziosa sul pensiero strategico cinese contemporaneo. Le sue analisi e avvertimenti offrono spunti critici per chiunque desideri comprendere non solo le intenzioni della Cina, ma anche la natura fluida e spesso pericolosa delle relazioni internazionali nel XXI° secolo. Mentre le tensioni tra Stati Uniti e Cina possono sembrare in qualche momento insormontabili, è attraverso il dialogo e la comprensione reciproca che possono essere trovate soluzioni durature, garantendo pace e stabilità nella regione Asia-Pacifico e oltre.

Colonello Dai Xu: una carriera tra polemiche e strategia militare

Il colonnello Dai Xu, noto per le sue vedute decise e spesso controverse, rappresenta una figura emblematica nel panorama militare cinese. Dai Xu non è solo un teorico militare, ma è diventato un personaggio di spicco per le sue analisi spesso critiche nei confronti delle strategie internazionali degli Stati Uniti. In particolare, per la sua percezione degli Stati Uniti che cercano di contenere la crescita della Cina attraverso quello che lui definisce un “cerchio di ferro” di basi militari.

La carriera di Dai Xu ha preso una svolta significativa nei primi anni 2000, come riportato da fonti vicine alla sua corrente di pensiero. Secondo queste fonti, il colonnello è stato congedato, notizia che ha scatenato un vivace dibattito sui “social media” e nei forum online, dove Dai Xu è spesso descritto come un “falco” critico delle politiche di sicurezza. Il suo congedo dall’esercito è stato interpretato da alcuni come una sconfitta per la corrente più nazionalista e aggressiva all’interno dell’esercito cinese, un segnale che le dinamiche di potere interne alla Cina si stavano trasformando, come le politiche successive sotto Xi Jinping sembrerebbero confermare .

La controversia del ritiro dall’esercito

La notizia del ritiro di Dai Xu, nei primi anni duemila ha generato reazioni contrastanti. Alcuni commentatori hanno difeso la decisione come una normale transizione di carriera, sottolineando che le forze armate cinesi si rinnovano continuamente per mantenere la loro efficacia. Un post rappresentativo di questa visione sostiene che “se un ufficiale non è più adatto per ulteriori sviluppi all’interno dell’esercito, è normale organizzare un cambiamento di carriera”. In perfetto stile confuciano, la rettifica cade sulla testa di chi non è ritenuto adeguato allo svolgimento delle proprie funzioni. Questa spiegazione cerca di normalizzare il congedo di Dai Xu, suggerendo che non ci sia nulla di insolito o di punitivo nella sua partenza. I suoi detrattori, che spesso lo hanno criticato per le sue posizioni bellicose e per la sua retorica nazionalista, hanno espresso soddisfazione per la sua uscita, ritenendola sostanzialmente la rimozione di un elemento scomodo e potenzialmente pericoloso per la stabilità interna della Cina. Questi critici hanno descritto Dai Xu e i suoi sostenitori come naïf e malinformati, incapaci di comprendere la complessità delle relazioni internazionali moderne.

La partenza di Dai Xu dall’esercito cinese ha sollevato questioni importanti sulla direzione della politica di sicurezza della Cina. Se, da un lato, il suo congedo potrebbe indicare un allontanamento da una politica estera aggressiva, dall’altro potrebbe anche segnalare una vittoria per quelle fazioni all’interno del governo che preferiscono un approccio più cauto e diplomatico nei confronti degli Stati Uniti e dei vicini regionali della Cina.

Questa vicenda evidenzia anche la tensione continua che fino ai primi anni 2000 esisteva tra le fazioni all’interno del Partito Comunista Cinese che ancora vedevano parti dell’esercito essere anche membri degli organi di partito: tra chi spinge per un’adozione più assertiva del potere militare e chi invece sostiene la necessità di una “ascesa pacifica”. La carriera, ed ora il congedo di Dai Xu, simboleggiano questa lotta interna, riflettendo il dibattito più ampio sul futuro del ruolo della Cina nel mondo. Certamente, oggi la sua posizione di influente commentatore politico riflette posizioni più calibrate e meno radicali di quelle di un tempo.

Tra le figure più note legate a posizioni radicali in ambito militare, ma ancora influenti nel panorama della comunicazione in Cina troviamo:

  • Zhang Zhaozhong (张召忠) – Contrammiraglio e analista militare, Zhang è noto per le sue dichiarazioni provocatorie e il sostegno a una politica di difesa aggressiva. Le sue opinioni sono spesso veicolate attraverso apparizioni televisive e articoli.
  • Jin Canrong (金灿荣) – Professore e commentatore politico presso la Renmin University, noto per le sue analisi approfondite delle relazioni internazionali, specialmente tra Cina e Stati Uniti.
  • Qiao Liang (乔良) – Generale maggiore e coautore di “Unrestricted Warfare”, Qiao ha esplorato strategie alternative per la Cina per competere con potenze superiori come gli Stati Uniti.

La modernizzazione dell’esercito cinese e la necessità di un controllo centralizzato per la stabilità interna e globale

Nel contesto delle complesse relazioni internazionali odierne, il People’s Liberation Army (PLA, l’esercito cinese), ha subito notevoli trasformazioni sotto la guida del presidente Xi Jinping. Queste riforme, spesso descritte come un tentativo di centralizzare il controllo e modernizzare le forze armate, mirano a mitigare l’influenza di fazioni interne più radicali, garantendo una gestione più stabile e prevedibile della politica militare e estera della Cina.

L’Era Prima delle Riforme di Xi Jinping

Prima dell’avvento delle riforme di Xi, il PLA aveva un ruolo fondamentale e influente non solo come difesa nazionale, ma anche come pilastro del potere politico all’interno del Partito Comunista Cinese (PCC). Fondato sulle ceneri della rivoluzione cinese, il PLA ha avuto un ruolo decisivo nella fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. Questo gli ha conferito un posto di rilievo nella struttura politica e sociale del paese.

Tradizionalmente, l’esercito era sotto il doppio comando del Consiglio di Stato e della Commissione Militare Centrale (CMC), collegando direttamente l’istituzione militare al PCC. Molti alti ufficiali militari avevano ruoli significativi all’interno del Partito Comunista, influenzando direttamente le politiche governative e di partito. La cultura del “Partito-Guerra” promossa dal PCC ha garantito che le ambizioni militari e i piani di modernizzazione fossero spesso allineati con gli obiettivi politici del Partito.

Le riforme militari attuate da Xi Jinping:

Durante il suo mandato, Xi Jinping ha attuato un ampio programma di riforme militari per modernizzare e centralizzare le forze armate cinesi, l’ Esercito Popolare di Liberazione (PLA). Queste riforme sono state ufficialmente delineate durante il 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese nel 2012 e ulteriormente sviluppate nel 19° Congresso nel 2017.

  1. Ristrutturazione del sistema di comando (2015-2016): Nell’ambito della riforma del 18° Congresso Nazionale, Xi Jinping ha attuato una significativa ristrutturazione del sistema di comando delle forze armate, riducendo il numero di regioni militari da sette a cinque e riorganizzando le loro responsabilità per migliorare l’efficienza operativa e rafforzare il controllo centrale.
  2. Istituzione di un meccanismo di comando congiunto per le operazioni (2016): Sempre seguendo le direttive del 18° Congresso Nazionale, è stata promossa una maggiore integrazione tra le diverse branche delle forze armate (esercito, marina, aeronautica e forza missilistica) attraverso la creazione di strutture di comando congiunte per migliorare la sinergia operativa.
  3. Riforma del sistema logistico e di supporto (2016-2017): Durante il 19° Congresso Nazionale, sono state implementate riforme per centralizzare e migliorare il sistema logistico e di supporto della PLA, riducendo gli sprechi e aumentando l’efficacia del supporto logistico alle unità operative.
  4. Promozione della modernizzazione tecnologica (2012-2020): A partire dal 18° Congresso e continuando nel 19°, sono stati incrementati gli investimenti in nuove tecnologie, inclusi sistemi di guerra cibernetica, droni e altre tecnologie avanzate, per garantire che l’esercito cinese potesse soddisfare le esigenze della guerra moderna.
  5. Lotta alla corruzione (2013-2017): Una delle iniziative più visibili di Xi, lanciata ufficialmente nel 2013, è stata la vasta campagna anticorruzione che ha colpito i ranghi superiori della PLA, portando alla rimozione e al processo di numerosi ufficiali di alto rango. Questa mossa è stata fatta sia per pulire l’esercito, che per consolidare il controllo politico.
  6. Miglioramento dei piani di addestramento e delle simulazioni di combattimento (2014-2018): Xi Jinping ha dato grande impulso alla formazione militare a partire dal 18° Congresso, con l’obiettivo di aumentare l’efficacia in combattimento delle truppe, ponendo particolare enfasi sulle simulazioni realistiche e sui giochi di guerra.
  7. Riforma dell’industria della difesa (2015-2017): Durante il periodo tra il 18° e il 19° Congresso, è stata attuata una riforma dell’industria della difesa per promuovere l’innovazione e garantire che le tecnologie più avanzate fossero rapidamente integrate nell’uso militare.
  8. Riforma del sistema di welfare militare (2013-2016): Xi ha migliorato il sistema di welfare per i militari, iniziando subito dopo il 18° Congresso, con interventi su condizioni di vita, assistenza sanitaria e benefici pensionistici, per aumentare il morale e la lealtà delle truppe.

Queste riforme rappresentano una trasformazione profonda dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA), con l’obiettivo di renderlo una forza armata più moderna, efficiente e professionale. Esse assicurano inoltre che la fedeltà dell’esercito rimanga saldamente legata al Partito Comunista Cinese e ai leader statali, riducendo l’influenza delle fazioni interne e prevenendo potenziali colpi di mano che potrebbero compromettere la stabilità e la sicurezza nazionale.

Percezioni occidentali e Implicazioni Globali

Le riforme di Xi, pur descritte spesso come autoritarie, dovrebbero essere interpretate anche come una necessità per prevenire colpi di mano che potrebbero compromettere soluzioni pacifiche a livello internazionale. Questo controllo centralizzato potrebbe rassicurare l’Occidente, dimostrando che la Cina si sta allontanando dalle posizioni più militariste e radicali che potrebbero esacerbare i conflitti, specialmente in questioni delicate come Taiwan.

L’Occidente tende a percepire la Cina attraverso una lente prevalentemente economica, spesso trascurando i complessi equilibri interni e le sfide culturali. Questa visione riduttiva non coglie la diversità di opinioni e le dinamiche di potere all’interno della Cina, che è tutt’altro che un monolite con una sola voce.

In conclusione, le riforme militari in Cina rappresentano un tentativo significativo di stabilizzare e modernizzare le forze armate in un modo che allinei meglio gli obiettivi militari con una politica estera responsabile e pacifica. Per l’Occidente, comprendere questi cambiamenti è fondamentale per valutare correttamente le intenzioni e le capacità della Cina sul palcoscenico globale, evitando interpretazioni che potrebbero portare a fraintendimenti e tensioni non necessarie.