Palestina: l’attacco all’UNRWA è un’ulteriore arma del genocidio

di Rania Hammad *

Ancora una volta l’UNRWA è sotto attacco di Israele. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ed il lavoro dei profughi palestinesi nel vicino oriente (UNRWA, United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) è un’agenzia di assistenza, soccorso e aiuti di emergenza a oltre cinque milioni di rifugiati palestinesi che vivono in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e la Striscia di Gaza. È stata creata dall’ONU ai sensi della risoluzione 302 (IV) dell’8 dicembre 1949.

Da allora, l’UNRWA è costantemente sotto indagine da parte di Israele, nel tentativo di delegittimare l’agenzia perché fornisce aiuti umanitari vitali ai palestinesi.

Questa agenzia è stata creata ad hoc per assistere i palestinesi diventati rifugiati con la creazione di Israele in Palestina nel 1948, insieme a quelli diventati rifugiati in seguito all’occupazione nel 1967 dei territori palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza.

Per questo, ogni attacco a questa agenzia è un attacco diretto ai diritti umani del popolo palestinese ed al loro diritto al ritorno in Palestina e ha lo scopo di cancellare la questione dei rifugiati palestinesi. Questi attacchi in corso e le accuse rivolte contro alcuni impiegati dell’agenzia UNRWA, mirano a delegittimare l’intera agenzia dell’ONU e sono parte integrante delle politiche genocide israeliane. Israele e i suoi sostenitori devono essere processati dalla Corte Internazionale di Giustizia per le loro ripetute violazioni delle molte risoluzioni ONU e per perpetuare il genocidio contro il popolo palestinese.

Anche negli anni scorsi, le accuse rivolte contro l’agenzia UNWRA non hanno mai portato a nulla, se non a un raro caso di corruzione causato certamente da persone corrotte da Israele, che cercavano di distruggere l’UNRWA dall’interno.

Grazie a questa “nebbia mediatica”, la sentenza provvisoria della “Corte Internazionale di Giustizia”, che avrebbe dovuto essere una notizia di grande importanza sulle prime pagine (lo è stata per brevissimo tempo), quasi immediatamente è stata coperta da questa ennesima propaganda di guerra genocida israeliana.

È chiaro come il tempismo con cui è stata rilasciata l’accusa contro l’UNRWA è semplicemente un tentativo di distogliere l’attenzione dalla strage in corso. Gli stessi Stati occidentali (che dicono di essere convinti sostenitori dei diritti umani) che sono al fianco di Israele nella sua furia genocida, sono gli stessi che tagliano i fondi per l’aiuto umanitario ai palestinesi, nel loro evidente sforzo comune (e complicità) di uccidere quanti più palestinesi possibile.

I dirigenti dell’UNRWA hanno rilasciato una dichiarazione e fatto un gesto forte licenziando quelle persone, per dimostrare di prendere sul serio queste accuse. In realtà, hanno fatto sembrare che stessero convalidando quelle affermazioni, che dovrebbero invece essere sottoposte a rigorose indagini internazionali, prima che si possa arrivare a qualsiasi conclusione. Lo hanno fatto anche sapendo che Israele ha già tentato di infangare l’agenzia numerose volte, mentendo e fabbricando storie poi rivelatesi false.

Durante l’attuale genocidio, sono stati uccisi 167 membri del personale dell’UNRWA, il numero più alto del personale delle Nazioni Unite ucciso in un conflitto dalla fondazione dell’organizzazione. Il motivo principale è che lo Stato di Israele ha un interesse diretto a sbarazzarsi sia del personale delle Nazioni Unite, che di giornalisti, medici, ingegneri, professori, studenti, uomini, donne e bambini con l’obiettivo di sostituire la popolazione nativa palestinese con i coloni. Ciò è stato fatto intenzionalmente e metodicamente da Israele.

L’UNRWA avrebbe potuto e dovuto sottolineare che le confessioni potrebbero essere state estorte attraverso la tortura (i rapporti vanno in questa direzione).

Più in generale, è importante considerare che tra oltre 30.000 dipendenti (13.000 aGaza), il fatto che 12 persone siano ipoteticamente coinvolte in qualsiasi tipo di attività criminale (se confermata) non giustifica certo il taglio dei fondi a un’agenzia così importante e vitale per i palestinesi. Un taglio che ha semplicemente lo scopo di colpire la popolazione civile, come parte del genocidio perpetrato da Israele al fine di negare tutti i mezzi di sopravvivenza al popolo palestinese. Il taglio dei fondi è un’altra arma che Israele e i suoi alleati stanno brandendo per uccidere e schiacciare i palestinesi, oltre a bombardare, affamare, negare le medicine e tagliare le forniture energetiche nel tentativo di uccidere il maggior numero possibile di palestinesi. Tagliare i fondi all’UNRWA è come tagliare i fondi a un servizio sanitario nazionale perché alcuni dei suoi dipendenti sono stati coinvolti in attività criminali: è semplicemente assurdo e illegale.

Inoltre, questa ennesima campagna israeliana è progettata per manipolare i fatti sul terreno e trasformare i rifugiati di Gaza in “rifugiati del genocidio del 2023”, nascondendo il fatto che sono già rifugiati dal 1948: sono, cioè, gli sfollati dalle città “etnicamente pulite” nel 1948 quando Israele è stato fondato su terra palestinese e dove hanno il diritto al ritorno.

Interrompere i finanziamenti è quindi un gesto sproporzionato e inaccettabile e fa parte integrante della politica di genocidio perpetrata da Israele e i suoi alleati.

 

*Rania Hammad è figlia di Nemer  Hammad, sopravvissuto alla Nakba, il genocidio e pulizia etnica del 1948 con la creazione dello Stato di Israele in Palestina. I suoi parenti sono tutt’ora profughi in Libano dove sono registrati dall’agenzia UNRWA come rifugiati del 1948. Rania come i suoi parenti e tutti i palestinesi espulsi o discendenti di espulsi del 1948 hanno il diritto al ritorno nella loro terra nativa. Diritto sancito dalla legalità internazionale.