
Brasile: 31 marzo 1964 – 31 marzo 2016
Pubblicato il 1 apr 2016
di Teresa Isenburg
1° aprile 1964: “o dia da mentira” (il giorno della menzogna), come si dice in portoghese per indicare quello che per noi è il giorno del pesce d’aprile. Giorno della menzogna che nel 1964 fece calare la notte della dittatura militare illegale per vent’anni sul Brasile utilizzando sistematicamente la tortura, comprimendo la retribuzione salariale e deformando l’impalcatura dello stato e il sistema di pesi e contrappesi che deve coordinare la divisione dei tre poteri. A distanza da 52 anni da quel giorno, il Brasile vive un periodo di forte instabilità politica in cui il rispetto della legalità è minacciato da manovre giuridico-mediatiche anticostituzionali e da lentezza omissiva di segmenti delle istituzioni ancora parzialmente intrappolate in sistemi politico-amministrativi-procedurali figli dello stato dittatoriale. Il cammino per materializzare la Costituzione del 1988 nel corpo vivo dello Stato e del paese è lungo e pieno di inciampi ( e l’Italia ben sa di ciò per la sua storia degli ultimi decenni).
In coincidenza con questa data simbolica giovedì 31 marzo 2016 le due strutture di coordinamento di movimenti sociali e politici diversi Frente Brasil Popular e Frente Povo sem medo (Brasile senza paura) hanno indetto manifestazioni decentrate, ma a scala nazionale, per scendere in piazza in difesa della democrazia, della legalità, contro l’utilizzo senza basi legali dell’istituto dell’impeachment, per i diritti sociali conquistati e da rafforzare.
Secondo il presidente della CTB (Centrale dei Lavoratori e delle Lavoratrici del Brasile) Adilson Araújo (Portal Vermelho), le manifestazioni hanno superato le aspettative degli organizzatori e riflettono l’impegno della popolazione nella lotta contro il golpe. “Le informazioni che giungono sono al di sopra delle aspettative. … Di fronte al golpe in corso, (si nota che) le persone si mobilitano, cresce la giusta percezione che è necessario combattere questa aggressione alla democrazia.” Pur nella eterna disputa sui numeri, si può valutare che una massa di circa 800.000 persone ha invaso 80 municipi di tutti gli stati brasiliani e almeno 25 città all’estero. Da quello che si vede dalle immagini, la partecipazione è socialmente molto differenziata, con cittadini e cittadine di tutti gli strati sociali, partecipazione di neri molto significativa, intellettuali e artisti di varia espressione. Alle spalle delle persone presenti quasi sempre ci sono organizzazioni attive da tempo e nel tempo: comitati territoriali, associazioni culturali, gruppi di appassionati di sport: non sono presenze estemporanee, mosse da momentanea emozione.
Attingendo un po’ casualmente da molte dichiarazioni e commenti che si susseguono, si può citare la politologa della UFSCas Università Federale di San Carlos (SP) Maria do Socorro Sousa Braga (Carta Capital): le manifestazioni mettono in luce il consolidamento della democrazia brasiliana, indipendentemente dalla posizione di coloro che ad esse prendono parte: “Fa parte della dinamica democratica avere una maggiore espressione di differenti domande e differenti punti di vista. Non si può essere intolleranti al riguardo di questo diritto.” E ancora: le manifestazioni contro l’impeachment della Presidente Dilma Rousseff del 31 marzo in diverse città sono “una dimostrazione che non si concorda con questa forma assurda di volere deporre una persona eletta democraticamente nelle urne, mentre non vi è nessuna prova né di corruzione né di altri aspetti per deporre la Presidente.”
Anche nella città di San Paolo, dove più forte è la presenza di una destra molto radicalizzata su posizioni violente e spesso razziste e discriminanti, la piazza della Cattedrale era gremita.
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