Vertice dell’Amazzonia – Belém do Pará, 4-9 agosto 2023

Teresa Isenburg

Mi permetto di redigere uno schematico riassunto dell’incontro internazionale che si è svolto a Belém,  capitale dello Stato di Pará, nella regione in cui sfociano grandi fiumi come il Rio delle Amazzoni ed altri. Scopo di questa scheda è di mettere in luce il carattere geopolitico della riunione fermamente voluta dalla Presidenza della Repubblica e organizzata dall’Itamaraty, il Ministero degli Esteri, insieme ai dicasteri dell’Ambiente e dei Popoli Indigeni. Mi limito a indicare i programmi generali dei diversi incontri, senza entrare nel merito dei temi trattati e dei materiali prodotti, per i quali indico i siti in cui consultarli. Ritengo che il Vertice dell’Amazzonia sia un accadimento di discreto peso nell’ambito della costruzione di relazioni internazionali regionali non subalterne, organizzate a partire da una urgenza ambientale incalzante; può quindi valere la pena di dedicare ad esso una certa attenzione che vada al di là delle considerazioni, e delle critiche,  esclusivamente ecologiche. I lavori si sono sviluppati in momenti successivi  lungo tre sentieri collegati ma rispettivamente autonomi sia per tematiche che per partecipazione.

  1. Il primo, Dialogos Amazônicos, fra il 4 e il 6 agosto, aveva  l’obiettivo di riunire rappresentanti di entità, movimenti popolari, università, centri di ricerca e agenzie governative e dei paesi vicini per formulare nuove strategie per la regione. 27.000 persone sono passate da Belém nel fine settimana. Le  attività  si sono svolte in 5 sessioni plenarie, 3 plenarie trasversali, 405 momenti auto organizzati. I risultati degli incontri sono stati presentati ai leaders politici riuniti nei giorni successivi[1]. Anche le richieste, sistematizzate in 29 punti,  elaborate dalla Assemblea dei Popoli della Terra Amazzonica, hanno avuto la stessa destinazione[2]. Diverse voci di componenti dei dialoghi hanno espresso insoddisfazione ritenendo che i documenti finali del Vertice non abbiano sufficientemente evidenziato le proposte da loro presentate. In particolare ha generato insoddisfazione la decisione di non inserire nelle dichiarazioni conclusive le questioni dello sfruttamento dei combustibili fossili e della demarcazione delle Terre Indigene, questioni sulle quali non tutti i protagonisti hanno posizioni condivise. Viceversa nei documenti finali sono state privilegiate questioni  di complessiva convergenza, come la necessità di evitare il “punto di non ritorno”[3], consolidare il parlamento amazzonico,  dare vita a sistemi di polizia e di controllo dello spazio aereo coordinati, in una zona in cui negli ultimi anni il crimine organizzato ha rafforzato la propria presenza. Tale prudenza diplomatica riflette il fatto che il Vertice si svolge nell’ambito della Organizzazione del Trattato della Cooperazione dell’Amazzonia/OTCA, ciò  che ci porta al secondo volano del Vertice.
  2. Istituita nel 1978 si è riunita nel 1989,1992, 2009 e 2023. Essa accoglie tutti i paesi del Sud America (Brasile, Bolivia, Perù, Equador, Colombia, Venezuela, Guiana, Suriname) che ospitano porzioni più o meno estese di foresta tropicale umida, al fine di promuovere gestioni condivise e scegliere posizioni concordate nelle sedi internazionali, come la prossima Cop 28 che si terrà a Dubai,  Emirati Arabi Uniti, e quella del 2025 (Cop 30) che sarà a Belém.  I lavori formali dei paesi dell’OTCA hanno avuto una prima giornata il 7 agosto fra i ministri degli Esteri e dell’Ambiente degli 8 paesi aderenti. Erano presenti anche invitati di Francia, Germania, Norvegia, principali “donatori” del Fondo Amazzonia, capi di Stato dell’Africa, dell’Asia e dei Caraibi, oltre al sultano Ahmed al-Jaber organizzatore della Cop 28. Macron, invitato per rappresentare la Guiana Francese, ha rinunciato ad essere presente.  Il giorno 8 agosto  vi è stato l’incontro più istituzionale con i capi di Stato degli 8 paesi della Organizzazione da cui è uscita la Dichiarazione Presidenziale in occasione del Vertice dell’Amazzonia –IV- riunione di Presidenti degli Stati Parte nel Trattato di Cooperazione Amazzonica[4]: 113 punti che tracciano il percorso comune dei prossimi anni. Questa giornata si inserisce nel progetto, voluto soprattutto dal Brasile e da Lula, ma che trova una importante sponda nella Colombia di Gustavo Petro e nella Bolivia Plurinazionale, di operare per un mondo multipolare con la costruzione di aggregazioni regionali non eccessivamente rigide e normative.
  3. Personalmente ho trovato molto significativa la giornata del 9 agosto in cui protagonisti sono stati, oltre agli 8 paesi della OTCA, alcuni paesi invitati in quanto territori in cui si trovano foreste tropicali umide estese: la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica del Congo, l’Indonesia[5]. Lo scopo è di aggregare realtà con situazioni simili al fine di rafforzare attraverso una diplomazia tematica  l’influenza internazionale e supportare le politiche socio ecologiche nazionali. In un discorso di apertura particolarmente ispirato[6] Lula ha espresso in modo non equivocabile l’intenzione politica che sostiene l’incontro: contenere il protagonismo e  l’influenza dominante di Europa e Usa nella definizione dell’agenda internazionale sul clima e rafforzare i paesi emergenti per decidere delle  proprie foreste.

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[1]Dialogos Amazôicos, Relatorio 1-6, www.gov.br/secretariageral

[2]Mariana Castro, Assembleia dos Povos da Terra pela Amazonia: movimentos lançam carta coletiva com demandas para chefes de Estado, “Brasil de Fato”, 7.8.2023, con link alla lettera.

[3]“punto di non ritorno” indica il passaggio in cui il bioma forestale può diventare savana in conseguenza di azione antropica. Su  questo tema può essere utile cercare on line qualche contributo del decano dei metereologi brasiliani Carlos Nobre.

[4] Il testo della Dichiarazione è consultabile sul sito del Ministero delle Relazioni Estere www.gov.br/mre dove si trovano anche i discorsi pronunciati. Il sito del PT/Partido dos Trabalhadores mette a disposizione molto materiale sulla Cupola.

[5] Unidos por Nossas Florestas. Comunicado conjunto dos Paises Florestais em desenvolvimento em Belém, www.gov.br/mre

[6] Riporto alcuni passaggi del discorso di Lula che mi sembra abbiano una materialità difficile da sottostimare.   “Desidero iniziare parlando non di foreste, ma solo di un albero. Per noi brasiliani questo albero si chiama sumaúma. Con altri nomi è presente in tutti i paesi amazzonici e in tutti i paesi con foreste tropicali qui rappresentati. In Bolivia si chiama  mapajo [maparro]; in  Equador, ceibo; in Guiana, kumaka.  Nel bacino de Congo è noto come fromager , mentre in  Indonesia si  chiama  kapok. La sumaúma è  un simbolo del  vincolo che ci unisce”. “Non si può spiegare che meccanismi di finanziamento, come il Fondo Globale per l’Ambiente, nato nella Banca Mondiale, riproducano la logica escludente delle istituzioni di Bretton Woods. Brasile, Colombia ed Equador sono costretti a dividere un seggio del consiglio del fondo. La Repubblica del Congo e la Repubblica Democratica del Congo sono costrette a dividere un seggio con altri sei paesi. L’Indonesia è costretta a dividere un seggio con altri 16 paesi. E questo mentre paesi sviluppati come Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia e Svezia occupano ciascuno il proprio posto”.  “Non possiamo accettare un neocolonialismo verde”. Ha anche ricordato i 2200 miliardi di dollari bruciati in armamenti nel 2022 a fronte dei 100 miliardi di dollari promessi per ambiente e foreste dei paesi poveri alla Cop 15 (Copenaghen 2009) e mai implementati.

Foto da il manifesto