Si riunisce il Foro di Sao Paulo

di Marco Consolo –

Si è svolto a Brasilia il XXVI° incontro del Foro di Sao Paulo (29 giugno-2 luglio), la più importante assise delle sinistre latinoamericane, declinate in tutte le loro diverse accezioni.

Chi scrive, come Rifondazione Comunista e in quanto coordinatore del gruppo di lavoro su America Latina e Caraibi della Sinistra Europea, ha partecipato come parte di una delegazione di quest’ultima, guidata dal suo Presidente, Walter Baier.

All’apertura dei lavori ha partecipato Lula nella sua veste di Presidente della Repubblica (per la prima volta nella storia del Brasile un Presidente è al suo terzo mandato), ma anche come fondatore del Foro di Sao Paulo, nel lontano 1990. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti ed a 33 anni dalla sua fondazione, sono più di 100 le formazioni politiche del continente che vi partecipano, in base al principio di “unità nella diversità ” più volte riaffermato durante i lavori. Numerosi gli invitati, provenienti da Africa, Asia, Stati Uniti ed Europa.

L’integrazione latino-americana

Al centro della discussione il tema dell’integrazione politica ed economica regionale, declinata nei diversi aspetti (energia, sanità, infrastrutture, integrazione monetaria e finanziaria, ambiente, etc.). Un’integrazione che i governi precedenti non hanno portato a casa, nonostante le mille dichiarazioni. Su questo ha molto insistito Lula, che ha fatto appello a non rimandare ulteriormente un’integrazione più che mai necessaria ed attuale, in tempi di ridefinizione del quadro internazionale verso un mondo multi-polare. A 200 anni dalla “dottrina Monroe”, la crisi della globalizzazione neoliberista ridefinisce catene del valore e della distribuzione, ridà fiato allo Stato nazione, mette al centro i blocchi regionali e ridisegna alleanze geo-politiche a tutto tondo.

La Sinistra Europea ed il Foro di Sao Paulo

Tra le molte attività del Foro, si è svolto l’ottimo seminario congiunto tra Sinistra Europea e Foro di Sao Paulo, giunto alla sua ottava edizione, dedicato quest’anno alle proposte delle sinistre su crisi climatica e migrazioni. Al di là della tradizionale solidarietà internazionalista (a questo punto reciproca) tra le sinistre delle due sponde dell’oceano, il seminario ha messo a punto un’agenda comune, con un piano di lavoro concordato che impegna entrambi (vedi documento).

Decine sono stati gli incontri bilaterali svolti dalla nostra delegazione in un fruttuoso scambio e apprendimento reciproco. Forte l’interesse dei partiti latino-americani per la situazione in Europa, a partire naturalmente dalla guerra. Nonostante le parziali differenze di visione sulle origini e le responsabilità della stessa, tutti i partiti presenti hanno concordato sulla necessità di fermare la guerra, appoggiando le diverse iniziative di mediazione in corso ed in special modo quelle di Lula, della Cina, del Sud Africa, del Vaticano.

L’Unione Europea

L’Unione Europea ha scelto la guerra, e si sta suicidando sia politicamente che economicamente, con un bellicismo atlantista che drena enormi risorse a sanità, educazione, occupazione e diritti.  Vista con occhi latinoamericani la cosa è talmente evidente che non ci si capacita come ciò non provochi una ribellione popolare nei diversi Paesi coinvolti, a partire dal nostro. Se la rabbia cova sotto la cenere, quest’ultima per il momento riesce ancora a soffocare la prima.

E a proposito di UE, è bene ricordare che non sono solo gli Stati uniti a voler imporre la volontà di dominio in America Latina, da sempre considerato il loro “cortile di casa”. Infatti, se è evidente che la guerra ha squadernato la profonda crisi della UE neoliberista, per cercare di uscirne la decadente (decaduta ?) Europa cerca di imporre al continente latino-americano le sue ricette avvelenate, neoliberiste e neocoloniali. Le recenti visite di Borrel, della Von der Leyen, e del cancelliere tedesco Scholz avevano due obiettivi precisi: cercare di reclutare i governi latinoamericani per la guerra e preparare il saccheggio delle loro risorse naturali per la transizione energetica dell’Unione Europea, a partire dal litio, le cui riserve mondiali sono per il 65% nel triangolo Argentina, Cile, Bolivia. In agenda anche i nuovi Trattati di Libero Commercio (TLC) ed il rinnovo dei precedenti, che si vorrebbero imporre al continente, nonostante le resistenze latino-americane per le evidenti asimmetrie. Sono trattati scritti dagli avvocati delle multinazionali, con testi segretati anche ai parlamentari chiamati ad approvarli.

Dopo la firma nel passato di TLC con il Centro America, Colombia, Ecuador e Cile, oggi la UE cerca di chiudere quello con il Mercosur, che si somma alla ragnatela di trattati della UE anche con molte altre aree del mondo.

La questione democratica

Il capitalismo neoliberista è incompatibile con la democrazia e la repressione e criminalizzazione della lotta politica sono gli ingredienti necessari per imporre il modello. In Europa lo si tocca con mano in Italia (e non solo) nelle denunce a chi lotta e non abbassa la testa, come nelle proteste di questi giorni in Francia.

In America Latina, la questione democratica è duramente messa alla prova dalla “guerra giudiziaria” (Lawfare) contro le figure apicali del progressismo continentale, da Manuel Zelaya in Honduras a Fernando Lugo in Paraguay, da Dilma Rousseff a Lula, da Evo Morales a Cristina Fernandez, ed altri.

Nel fitto dibattito, non potevano mancare i temi del criminale blocco contro Cuba (Trump ha approvato 243 nuove misure e Biden non è certo rimasto a guardare) e il Venezuela, e le difficoltà create dalle “misure coercitive unilaterali” (mal chiamate sanzioni), vero e proprio modus operandi degli Stati Uniti ed oggi anche della UE.

La strada della trasformazione sociale, politica ed economica del continente è in salita e le condizioni sono diverse dalla “prima ondata progressista” della decade 2000-2010. Oggi i governi di sinistra e progressisti devono fare i conti con i poteri forti che non vogliono perdere un millimetro dei loro privilegi, con maggioranze di governo ampie ed eterogenee, con la mancanza di numeri nei parlamenti e con la crescita del fascismo e dell’estrema destra, dato comune alle due sponde dell’atlantico.

Ma di certo, l’America Latina “eppur si muove”.