Burkina Faso: week-end con colpo di Stato. Cenni di cronaca e riflessioni.

di PSun

Nell’epoca della comunicazione globalizzata le notizie girano su onde irregolari.

Dal Mali un’amica m’informa e mi chiede notizie sulla situazione a Ouagadougou. Sono in Italia ma il buon Soumana sicuramente è in grado d’aggiornarmi in tempo reale.

“Si, ha ragione la tua amica. Da stamattina presto di questo 30 settembre sentiamo colpi d’arma da fuoco in città. Soprattutto a Ouga2000 [quartiere delle ambasciate, dei ministeri e della residenza presidenziale] tutti si aspettano un nuovo colpo di Stato ma finora, alle 15h05 l’ipotesi sembra scongiurata. Sai, però, la situazione è oggettivamente instabile e può evolvere verso qualsiasi soluzione. E’ certo che i “cobra” [unità speciale dell’esercito] sono l’avanguardia del movimento di protesta all’interno dell’esercito che, dopo i fatti di Gaskindé, sta criticando fortemente il presidente Damiba; dopo averlo sostenuto nel golpe dello scorso 24 gennaio. Sembra che abbiano circondato il Palazzo Kosyam dove risiede il presidente, difeso da forze speciali, a lui fedeli. Ti terrò aggiornato.”

Il tenente-colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba è colui che ha rovesciato Marc Roch Cristian Kaboré, l’ultimo presidente eletto in Burkina Faso, nel novembre 2020 con quasi il 54% dei voti. Deposto perché accusato di sottovalutare gli investimenti a favore dell’esercito, minando in questo modo l’efficacia della lotta al terrorismo jihadista, che ha provocato due milioni di sfollati interni e decine di morti, anche tra i civili. Un fenomeno recente in uno dei Paesi più poveri del mondo, alle prese con problemi cronici di sicurezza alimentare e di lotta contro la desertificazione, che sono stati accentuati dai “cambiamenti climatici” degli ultimi anni. Il problema terrorismo sta condizionando marcatamente anche la situazione economica, aggravatasi nel corso dell’anno per gli effetti della crisi internazionale in Ucraina. I prezzi degli alimenti sono aumentati del 29,8% da agosto 2021, e l’inflazione è passata dal 7,2% di gennaio al 17,8% di giugno.

La cronaca continua

È sera, mi arriva un WhatsApp di Soumana. È un video della televisione locale che ritrae il

rappresentante di un gruppo di militari mentre legge un comunicato, a firma del capitano Ibrahim Traoré, che conferma il colpo di stato e applica tutti i rituali del caso: frontiere chiuse, costituzione sospesa, scioglimento del governo in carica. Per ragioni di sicurezza, anche il coprifuoco dalle 21h00 alle 05h00. Del presidente deposto, Damiba, non si hanno notizie ma sembra che lui stesso abbia dato le dimissioni.

La mattina del 1° ottobre, però, lo scenario cambia totalmente. Damiba sembra che stia

organizzando la resistenza armata contro i putschisti, sostenuto dalla stragrande maggioranza delle “forze speciali” a lui fedeli. Sembra che ci siano stati anche degli scontri a fuoco tra le due fazioni militari. Addirittura, una terza potrebbe entrare in gioco e risultare determinante: i “mamba verdi”. Un’unità militare d’élite già comandata dal tenente colonnello Emmanuel Zougrana, ora in prigione, accusato da Damiba di aver provato a fomentare un colpo di Stato. Per il suo impegno nella lotta contro lo jihadismo è un militare molto amato dalla popolazione, che richiede da molto tempo, a gran voce, la sua liberazione. Tutti sanno che i “mamba” si schiererebbero con i “cobra”.

“Sembra che Damiba sia ospitato in una base militare francese alla periferia di Ouagadougou da dove sta organizzando la “rivincita”. In città la popolazione è già scesa in piazza e si sta dirigendo verso l’ambasciata di Francia, sventolando bandiere russe, a sostegno di Ibrahim Traore e chiedendo le dimissioni di Damiba”.

Le informazioni di Soumana, almeno per una parte sono corrette. Nonostante la smentita ufficiale dell’ambasciata francese a Ouagadougou, che nega fortemente qualsiasi coinvolgimento nel conflitto in atto da parte di qualsiasi struttura militare francese, la popolazione civile sta attaccando tutti i possibili obiettivi francesi. In primis l’ambasciata, con armi di fortuna e bottiglie incendiarie, ma anche il Centro culturale e sembra due aziende private. Molti danni alle cose, pochi alle persone.

In serata, però, la situazione è calma. Domenica 2 ottobre, infine, si conclude il braccio di ferro tra le due fazioni militari, con la conferma del colpo di stato di Ibrahim Traoré che accetta l’ipotesi di mediazione dell’ormai ex-presidente Damiba che rassegna le sue dimissioni, vola verso il Togo e garantisce l’impunità ai “suoi” militari fedeli.

Qualche riflessione

La lunga transizione del Burkina Faso è ancora senza fine, dall’allontanamento del dittatore Blaise Compaore, nel novembre 2014. Governo di transizione, elezioni presidenziali, un tentato colpo di Stato revanscista, la comparsa del terrorismo – in città prima e con una guerra di logoramento e nelle campagne del nord, poi – che, con una forte recrudescenza della crisi economica, ha generato un malcontento generalizzato, sfociato nel colpo di Stato di Damiba, nel gennaio 2022. In questi ultimi otto mesi la situazione della sicurezza interna non è migliorata, si è concluso però il processo contro i responsabili dell’assassinio di Thomas Sankarà che ha condannato Blaise

Compaore all’ergastolo, in contumacia, con i suoi complici. È lo stesso Compaore ricevuto con tutti gli onori a luglio 2022, a Ouagadougou, dal Presidente Damiba che l’aveva invitato ad un summit di cinque ex-capi di Stato per definire unitariamente una strategia di lotta al terrorismo. Solamente il vecchio Jean -Batiste Ouedraogo e lo stesso Blaise Compaore si erano però presentati. Quest’ultimo arrivando direttamente dalla Costa d’Avorio dove è rifugiato dal novembre 2014.

La convocazione di questo summit ha generato, da subito, un diffuso malcontento tra la

popolazione burkinabé e una parte importante dell’esercito. Il suo fallimento l’ha trasformato in rabbia e forte risentimento verso il presidente Damiba che garantendo la presenza di Compaore a Ouagadougou, ha messo in serio imbarazzo anche la magistratura burkinabé che, in questi comportamenti, ha visto disattesa, nei fatti, la condanna all’ergastolo pronunciata solamente qualche settimana prima.

Molti, dunque, i problemi che il nuovo governo burkinabé dovrà risolvere.

Garantire la sicurezza alimentare di tutta la popolazione locale è tra i più urgenti. Problema endemico in Burkina Faso, ma che rischia d’aggravarsi significativamente in questo 2022 per due ordini di motivi principali: 1) rischio carenza di frumento, le cui importazioni dalla Russia sono significative. La crisi in Ucraina, infatti, ne sta minando le disponibilità anche per un aumento esagerato dei prezzi d’acquisto, dovuti al conflitto; 2) riduzione potenziale delle superfici coltivate a cereali, soprattutto nelle regioni del nord dove l’”occupazione” jihadista limita la disponibilità dei terreni o comunque la finalizzazione al mercato delle produzioni che soffrono anche, nella fase di coltivazione, di carenza di fertilizzanti, per lo più importati.

Un’efficace lotta al terrorismo jihadista. Il colpo di stato del 24 gennaio 2022 è stato giustificato per perseguire in maniera efficace l’obiettivo. A maggio 2022, in una manifestazione pubblica in omaggio alle vittime, il ministro della giustizia, Barthélémy Kéré, aveva infatti indicato in 10.000 morti le vittime del terrorismo nel paese, dal 2015 [i]. Dopo otto mesi del nuovo governo nessun risultato realmente tangibile è stato ancora evidenziato.

L’attentato di Gaskindé 2 non è stato che l’ultimo episodio che ha fatto esplodere il malcontento nell’opinione pubblica e in una parte dell’esercito che ha criticato la gestione dell’antiterrorismo del Presidente Damiba. Per la seconda volta, nel mese di settembre, infatti, un convoglio con aiuti alimentari è stato attaccato dai jihadisti sulla strada di Djbo, verso il nord del paese. Questa volta, il 26 settembre, il bilancio è stato molto pesante: 37 morti di cui 10 civili e 27 militari, 29 feriti di cui 21 militari [ii]. In questo 2022 gli attentati si sono verificati pressoché quotidianamente e, anche se fortemente concentrati al nord, hanno però interessato il 90 percento del territorio del Paese. Lo scenario è desolante, fonti locali hanno censito ufficialmente più di 1,5 milioni di sfollati interni al 30 aprile 2022, che hanno già superato i due milioni, secondo le maggiori ONG internazionali sul campo. Il 60% è rappresentato da bambini che non hanno più la possibilità di andare a scuola per la chiusura di quasi 5.000 edifici scolastici nell’intero Paese.

Il nuovo uomo forte, Ibrahim Traoré, nella concitazione del weekend del golpe, ha rilasciato  una dichiarazione sulla necessità di nuovi partenariati internazionali. Benzina sul fuoco per un atteggiamento anti-francese che cova nella popolazione burkinabé. Gli interessi francesi vengono, infatti, associati a quelli delle élite burkinabé che sono accusate di “affamare” la popolazione più povera. Le manifestazioni di piazza, a Ouagadougou ma anche a Bobo-Dioulasso, chiedono con forza un cambiamento. Come in Mali, come in Guinea. Non è chiaro se trattasi di movimenti popolari solamente spontanei.

L’immediata dichiarazione di sostegno a Ibrahim Traore da parte di Eugueni Viktorirocitch Prigojine 3 responsabile del gruppo Wagner e vicino a Vladimir Putin, però, dovrebbe essere chiarificatrice a tal riguardo. Augura un benvenuto a Traore che viene indicato come colui che opera nello spirito della lotta per la libertà e la giustizia. Al tempo stesso, addebita a Damiba d’aver negato la fiducia ai suoi giovani ufficiali che l’avevano sostenuto nella presa del potere di gennaio 2022, periodo fino al quale “…il popolo burkinabè era sotto il giogo del colonialismo che rapinava il popolo” [iii].

Il cambio di passo nelle alleanze internazionali sembra quindi già evidente. Non è sfuggito alla diplomazia francese e soprattutto a quella statunitense. Quest’ultima ha messo in guardia le autorità militari burkinabé contro una possibile alleanza col Gruppo Wagner. Il porta parola del Dipartimento di Stato, Vedant Patel  ha ricordato che “ …i Paesi dove opera Wagner sono più deboli e meno sicuri…”[iv]. L’Unione Europea, che resta di gran lunga il maggior donatore del Burkina Faso, ha emesso un comunicato rituale di condanna del golpe, tramite il capo della diplomazia di Bruxelles, Josep Borrel [v] garantendo formalmente il sostegno al popolo burkinabé in un momento difficile.

Scenario burkinabé complesso, quindi, in una situazione regionale problematica. Il terrorismo jihadista è la punta dell’iceberg che in una fase di tensioni internazionali acute – col pericolo di conflitto nucleare all’orizzonte – rischia di spingere anche un paese povero a schierarsi con gli uni e contro gli altri.

Il Burkina Faso, invece, avrebbe bisogno soprattutto di pace e forti investimenti per lottare contro la povertà e per eradicare la fame che ancora l’attanaglia. Non sembra questa la strada intrapresa.

Fonte: Latitudini.org

[i] https://fr.africanews.com/2022/09/02/burkina-plus-de-10-000-morts-dans-des-attaques-terroristes-depuis-2015/

[ii] https://www.sidwaya.info/blog/2022/10/05/attaque-de-gaskinde-le-bilan-fait-etat-desormais-de-37-personnes-tombees/

[iii] https://www.rfi.fr/fr/afrique/20221004-burkina-faso-le-chef-du-groupe-wagner-evgueni-prigojine-soutient-le-capitaine-traor%C3%A9

[iv] https://www.omegamedias.info/radio/2022/10/05/%f0%9f%94%b4alerte-washington-met-en-garde-les-nouvelles-autorites-du-burkina-contre-toute-alliance-avec-wagner/?amp=1

[v] https://www.rtbf.be/article/coup-d-etat-au-burkina-l-union-europeenne-denonce-le-nouveau-coup-de-force-au-burkina-faso-11077178