Brasile: Due mesi di governo

Teresa Isenburg

Mi scuso anticipatamente per inviare un testo lungo e allo stesso tempo incompleto sul primo periodo del 2023, ma ritengo che gli accadimenti degli ultimi anni del Brasile siano una tessera di una ben più vasta onda antidemocratica e che quindi qualche informazione anche circostanziata possa non essere inutile per cercare di capire sia come si scivola nell’eversione, sia come si lotta per ritornare alle regole della civile convivenza, con tutti gli ostacoli che si frappongono. Ho anche inserito qualche riferimento ad articoli facilmente reperibili on line che riflettono su questioni generali che conosciamo anche in Italia. Era previsto che i primi due mesi del governo uscito dalle elezioni di ottobre 2022 non sarebbero stati facili, ma situazioni anomale si sono sovrapposte imponendo emergenze non rimandabili. Ovviamente la principale è stato il tentativo di colpo di Stato dell’8 gennaio 2023, una settimana dopo l’insediamento operativo dei nuovi ministri. Il 21 gennaio con il sopralluogo dell’esecutivo a Roraima appariva in piena luce la tragedia del popolo yanomami e iniziava la complessa azione di soccorso allo stesso e di espulsione degli invasori predatori. Il 18 febbraio piogge concentrate colpivano le molte abitazioni precarie e instabili appoggiate ai pendii collinari provocando in tutto il litorale nord dello Stato di San Paolo smottamenti e frane che si portavano via case e vite (una sessantina, accompagnate da un numero imprecisato di dispersi). Una tragedia annunciata conseguenza dell’apartheid sociale, che diventa anche ghettizzazione territoriale, che marchia a fuoco l’intero paese. Situazioni, quelle ricordate, che hanno imposto azioni immediate impegnative e irrimandabili.

Per quanto concerne l’azione diciamo così corrente di governo essa si è sviluppata su due binari principali: la politica estera e un avvio di restituzione sociale. Già il 22 gennaio il presidente Lula viaggiava per Buenos Aires consolidando i rapporti politici con l’omologo Alberto Fernandez e riportando il Brasile all’interno della Celac – la Comunità degli stati latinoamericani e caraibici che dà una iniziale forma ad una struttura regionale rispondente ai progetti degli stati che la compongono. Il 30 gennaio il primo ministro tedesco Olaf Scholz compiva una visita ufficiale a Brasilia nell’ambito di una serie di contatti con paesi sudamericani, in particolare il Cile che dispone di riserve di litio di sicura importanza per l’industria di punta tedesca. La inopportuna insistenza di Scholz nel fare pressione (non solo nei colloqui ufficiali, ma anche nella conferenza stampa) perché il Brasile fornisse munizioni per tank all’Ucraina ha offerto a Lula l’occasione per respingere tale intromissione, ma anche per rendere pubblica la sua intenzione di proporre ad altri paesi esterni al conflitto – come India, Sudafrica ed Indonesia – di suscitare un’azione diplomatica per trovare un cammino per porre fine allo scontro. Il 24 febbraio la Germania ha sottoposto ad embargo la vendita di blindati Guarani alle Filippine: essi infatti utilizzano componenti e sistemi tedeschi e necessitano quindi dell’autorizzazione germanica per l’esportazione. Analogo destino riguarderà forniture simili all’Argentina. Come si vede le vie delle sanzioni sono infinite. Il 10 febbraio infine vi è stato l’incontro con Joe Biden, molto cordiale dal momento che nel presente Usa e Brasile condividono il problema di difendersi dall’azione eversiva anticostituzionale e destabilizzante della estrema destra interna, assai bene organizzata. Anche in questa occasione Lula ha mantenuto la posizione di non appoggiare l’Ucraina e ha ripetuto l’intenzione di spendersi per la mediazione diplomatica, di cui non si nasconde le difficoltà. Nonostante il tono sereno dell’incontro, a febbraio il Dipartimento di Stato ha fatto pressione su Brasile perché non concedesse attracco a navi militari iraniane, pura ingerenza.

Sul versante di quello che mi sembra si possa considerare un indirizzo di restituzione sociale dopo sei anni di demolizione brutale delle condizioni del lavoro e di retribuzione, il 16 febbraio il governo annunciava la rivalutazione, a partire dal mese di marzo, delle borse di formazione di tutti i livelli di scuola e università, fermi dal 2013, e un incremento del numero complessivo, dando materialità alla scelta di rafforzare il settore della ricerca come elemento costitutivo del consolidamento economico. Dal 1° maggio, inoltre, è previsto un aumento del salario minimo accompagnato dall’ampliamento dell’esenzione fiscale per redditi bassi. Troppo poco, dicono i sindacati, e ovviamente hanno ragione. La Bolsa familhia per le situazioni molto disagiate è stata innalzata e modulata in base al numero di componenti del nucleo con particolare attenzione ai minori. Per fare fronte alla crisi sanitaria esasperata dalla politica antivaccinazione del governo Bolsonaro, che ha determinato un crollo della copertura della popolazione infantile, ad esempio per poliomielite e morbillo, è stato ripreso l’obbligo di rispettare il calendario vaccinale dei figli per accedere alla Bolsa familhia, mentre una intensa campagna è lanciata nelle scuole. Inoltre il SUS (Servizio unico di salute) è stato rifinanziato in modo serio. Molto importante è l’azione energica avviata nel settore della comunicazione digitale. Lula in prima persona ha attivato un rapporto diretto con i responsabili dei molti blog che costituiscono un sistema di comunicazione di massa che si affianca alla grande stampa e il presidente, come prevedibile, terrà un podcast settimanale per informare del lavoro quotidiano dell’esecutivo. Ma più importante è la costituzione di un gruppo di lavoro per dare corpo ad una energica azione di contrasto all’uso delle reti sociali per istigazione all’odio e diffusione di notizie false. Si sa che nell’uso delle reti sociali la sinistra e in generale le forze democratiche sono deboli, laddove invece le destre hanno grande (ed efficiente e dannosa) competenza. Il gruppo di lavoro riunisce persone giovani, con capacità pratica consolidata di coinvolgere molti followers sotto la presidenza di Manuela d’Avila, già deputata statale a Rio Grande do Sul e coraggiosa candidata vice presidente di Fernando Haddad all’elezione presidenziale del 2018. Alla conferenza dell’Unesco del 22 febbraio 2023 Internet for Trust che deve iniziare un lavoro internazionale per combattere il discorso di odio e l’utilizzo politico destabilizzante delle notizie false e manipolate, il Brasile ha inviato una delegazione significativa che ha avuto un ruolo ben visibile fin dal primo giorno. Come ha affermato Lula “l’8 gennaio è stato incubato nelle piattaforme”. E certamente non è un problema del solo Brasile.

Molto altro è stato fatto con la revoca di provvedimenti irregolari, con il blocco di privatizzazioni affrettate come quella della Petrobras o delle Poste. La sospensione per 100 anni del sigillo su atti dell’esecutivo che nasconde comportamenti dubbi sta offrendo alla vista un mondo minimo e infetto: ad esempio il certificato di vaccinazione di Bolsonaro indica l’assunzione di una dose, mentre egli ha sempre sostenuto di non essersi mai immunizzato, invitando i propri concittadini a fare altrettanto: dove è la menzogna, nella dichiarazione o nel certificato? La carta di credito presidenziale di servizio rivela cifre altissime per spese arbitrarie, la lista degli accessi ai palazzi di lavoro o di residenza di Bolsonaro e di Michelle danno conto di un andirivieni di personaggi sorprendenti. L’apertura dei documenti riguardanti il processo militare del generale Eduardo Pazuello (già ministro della salute responsabile della criminale gestione della pandemia) per avere partecipato, essendo in servizio e non nella riserva, a un comizio di Bolsonaro dà conto che l’alto comando dell’esercito era informato previamente di tale iniziativa. Pazuello di conseguenza non venne condannato e di fatto l’alto comando ha accettato di trattare l’esercito non come organo dello Stato, ma come milizia privata di un presidente. Si capisce bene che su un illecito di tale dimensione, che sfiora l’alto tradimento, sia stato chiesto dai responsabili il sigillo di un secolo. Continuano le sostituzioni negli alti vertici delle forze armate, in particolare nell’esercito: un ginepraio infido. Orrori emergono nel ministero dell’educazione dove alcuni cosiddetti pastori protetti da un ministro anch’esso pastore, peraltro di una chiesa presbiteriana, hanno manipolato molti fondi corrompendo municipi e sindaci.

Un problema generale che la nuova amministrazione si trova ad affrontare riguarda le condizioni in cui sono stati lasciati gi uffici dei ministeri e delle sedi amministrative federali in genere: sembra che sia passata una squadra di guastatori. La manutenzione è trascurata e molte apparecchiature non funzionano, la dotazione normale di materiale di consumo (carta, toner, forniture igieniche ecc.) non esiste, le scorte di carburante sono nulle e così via: tutto ciò complica molto l’attività quotidiana. Per dare una idea della devastazione lasciata in eredità si può ricordare la situazione del Palazzo dell’Alvorada, sede abitativa ufficiale della presidenza: l’edificio – molto grande – era praticamente vuoto, i mobili (patrimonio pubblico inventariato e di architetti di fama) rimossi e fino ad oggi non ritrovati; intonaci consunti, infissi traballanti, opere d’arte esposte agli elementi, sculture scomparse completavano il panorama; le carpe ornamentali del lago del palazzo, dono dell’imperatore del Giappone, fatte morire probabilmente volontariamente; il personale di servizio sottoposto ad angherie da parte del ciambellano del palazzo stesso, un pastore di non meglio identificata chiesa neopentecostalista. Il cleptoesecutivo che ha dissanguato il paese per quattro anni non ha risparmiato nulla. Come evidente il lavoro di ripristino e ricostruzione è immane.

Sul piano macroeconomico in questo momento il problema più spinoso riguarda la politica monetaria della Banca Centrale che, facendosi forte della sua posizione di indipendenza, difende tassi di interesse del 13,75% di fronte ad una inflazione nel 2022 del 5,79%. Una strategia che porta direttamente alla recessione e favorisce soltanto il capitale finanziario (da cui sembra che la Banca Centrale non sia affatto indipendente). Lo scontro è profondo e naturalmente la grande stampa difende il mercato che non può essere disturbato[1] . Altro punto preoccupante è l’enorme buco finanziario emerso in un gruppo importante, Lojas Americanas, di proprietà di tre imprenditori di primo piano, che rischia di mettere a repentaglio molti posti di lavoro[2], mentre si profilano bilanci nebulosi anche nel grande gruppo transnazionale AmBev, sempre degli stessi protagonisti, con conseguenze imprevedibili.

Vorrei concludere riprendendo un passaggio di un articolo di spessore del costituzionalista Lenio Luiz Streck, sempre molto lucido[3]: “Il giorno 8 è proprio il giorno dell’infamia. Il corollario del lavajatismo, l’uovo del serpente di questa infamia. Tutto è cominciato con la maledizione della politica. E sono arrivati gli outsiders. Quelli che “odiano la politica” e ci si mettono. Per fare il “bene”. Influenzatori di quinta categoria, fanfaroni oltraggiatori di lapidi e difensori delle armi personali e sedicenti difensori della sicurezza pubblica anche contro il parlamento. L’antipolitica ha assunto il ruolo della politica dopo averla criminalizzata; in un lungo processo del quale in tanti avevamo dato allarme da molto tempo”.

Fonti: “Brasil 247”, “Brasil de Fato”, “ConJur”, “Diario do centro do mundo”. Precedenti articoli sul Brasile su www.latinoamerica-online.it

[1] Ladislau Dowbor, O dreno financeiro, “ A Terra è redonda”, 17.02.2023; Id., A taxa de juros do Banco Cantral è crime de expropriação indébita, “Brasil 247”, 24.2.2023

[2] Leonardo Boff, A corrupção das Americanas, “Diario do Centro do Mundo”, 22.2.2023

[3] Lenio Luiz Streck, 8.1.23: o dia da infamia para não ser esquecido! “Nunca más”, “ConJur”, 10.01.2023. Il richiamo al lavajatismo fa riferimento alla azione giudiziaria contro casi di corruzione nella Patrobras che un gruppo di magistrati infedeli ha trasformato in una manipolazione del potere giudiziario che ha aperto spazio all’eversione. “Argentina, 1985: nunca más” riprende il titolo del film del regista Santiago Mitre sui processi dei coraggiosi procuratori che portarono nei tribunali i militari assassini.