Brasile: La situazione degli yanomami

Teresa Isenburg

Sarebbe falso dire che non si sapeva della grave situazione della Terra Indigena yanomami e dei suoi abitanti. Ma l’enormità della tragedia e del crimine che l’ha provocata è superiore a ogni possibile previsione. Il 21 gennaio 2023 il presidente Lula con un gruppo di ministri si è recato a Boa Vista, capitale dello Stato di Roraima, per visitare la Casa di salute indigena e ha rimosso il velo che nascondeva l’orrore. Da anni la Terra Indigena è invasa da garimpeiros, cercatori di oro fluviale, illegali, primitivi e brutali, mentre buona parte dell’area amazzonica è stata consegnata nelle mani del crimine organizzato. Si calcola che al momento 20.000 garimpeiros si affiancano illegalmente a 30.000 yanomami, devastando la loro vita e rendendo inutilizzabile il loro ambiente. Il risultato è una crisi umanitaria gravissima che ha già falciato la vita di 570 bambini, mentre malaria, denutrizione e degrado colpiscono l’insieme della popolazione.

Il governo Bolsonaro insieme al precedente governo anticostituzionale Temer ha per sei anni abbandonato completamente la popolazione e incentivato e protetto gli invasori. Le immagini delle aree manomesse e contaminate e delle persone scheletriche e malate sono facilmente consultabili on line e dicono più di molte parole. Il governo Lula ha dichiarato emergenza prioritaria l’intervento di soccorso alla popolazione e l’espulsione immediata di tutte le presenze illegali. Per il primo si agisce sul versante dell’assistenza sanitaria intensiva e dell’apporto alimentare improcrastinabile; per la seconda si inizia con la messa fuori uso della infrastruttura logistica di accesso aereo e fluviale, con la chiusura dello spazio aereo e la distruzione delle piste di decollo e atterraggio; è autorizzato l’abbattimento di aerei non regolari. La Fab (Forza aerea brasiliana) è il ramo delle forze armate più direttamente operativo.

Sembra profilarsi in modo indiscutibile il reato di genocidio a carico dell’ex presidente Bolsonaro e di alcuni suoi ministri, dal momento che si riscontra sia l’intenzionalità dell’azione di sterminio sia la scelta come bersaglio di una etnia specifica che si intende cancellare.

raduco un’intervista della presidente – recentemente nominata – della Funai (Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni) Joêmia Wapichana. Prima indigena a praticare la professione di avvocato e a presiedere la Funai, ed anche prima deputata indigena, nel 2018 ha lavorato per la demarcazione della Terra Indigena Raposa Serra do Sol sempre nello Stato di Roraima, luogo anch’esso di un lungo confronto fra il popolo Macuxi e agrari risicoltori. Durante il suo mandato parlamentare ha anche presentato richiesta presso il potere giudiziario di impeachment di Bolsonaro (per l’esattezza il 66° che è stato avanzato contro di lui).

Accludo parte di un articolo della giornalista Flavia Oliveira di pochi giorni fa. Invito inoltre a leggere l’ampio testo di Lucas Ferraz e Guilherme Henrique, Ouro illegal da Terra Indigena Kayapó in “Reporter Brasil” del 10 febbraio 2022: questo per non illudersi che lo sterminio dei popoli ancestrali sia qualche cosa a cui non prendiamo parte. Si sa che per secoli varie istituzioni religiose hanno contribuito a destabilizzare i popoli originari imponendone la conversione;  se la chiesa cattolica romana ha interrotto tale pratica (lo stesso non vale per alcune sue frange tradizionaliste), altri continuano in questa pratica illegale e crudele. Per l’area pentecostale e neopentecostale si vedano i documentati articoli della giornalista Tatiana Merlino, per i presbiteriani si consulti Vinicius Segella su “Diario do centro do Mundo” del 28.01.2023, che informa che nell’ultimo giorno di mandato l’ex presidente ha fatto, dopo molti altri, un versamento istituzionale consistente alla ong Missão Caiuá, che non sembra aver aiutato la salute degli indigeni. Per chi volesse seguire la questione indigena è facile consultare il sito del quotidiano on line “Brasil de Fato” del Cimi (Consiglio indigenista missionario) o dell’Apib (Articuação dos Povos Indigenas do Brasil).

Intervista a Joênia Wapichana  “Brasil de Fato”, 28 gennaio 2023

Brasil de Fato: Lei è stata a Roraima una settimana fa per seguire la situazione degli yanomami ricoverati per malaria, denutrizione e contaminazione da mercurio. Quale situazione ha trovato?

Joênia Wapichana: Si è constatato tutto ciò che abbiamo sempre denunciato e che avevamo portato a conoscenza dell’ex presidente Jair Bolsonaro. Soprattutto alla conoscenza della Funai e anche della Segreteria Speciale di Salute Indigena (Sesai) e di altri organi che avrebbero dovuto intervenire immediatamente e che non lo hanno fatto, sono stati negligenti. Non hanno avuto neppure la sensibilità di commuoversi per la situazione dei popoli indigeni. In questo primo momento abbiamo notato un quadro grave della situazione di salute. Un quadro elevato di denutrizione di bambini, soprattutto da 0 a 7 anni,  anche di adulti e anziani. Tutto ciò in un contesto di aumento del garimpo (coltivazione mineraria artigianale) illegale. Abbiamo trovato una tragedia umanitaria. Persone che muoiono di fame mentre dovrebbero essere assistite dallo Stato brasiliano. È una situazione molto deplorevole, perché ci sono bambini morti di malaria. Un problema che avrebbe potuto essere risolto se ci fosse stata una assistenza corretta e adeguata della salute indigena. Avrebbero potuto essere salvati. È stato tragico vedere la noncuranza verso i popoli indigeni, già accumulata da molti anni e che è sfociata in questa tragedia umanitaria. Quando siamo arrivati a Boa Vista è stato necessario un intervento di urgenza da parte de governo Lula. Lula in prima persona è andato a Roraima e ha dichiarato che questa è una priorità del governo, che deve reagire immediatamente. E lavoreremo così. Il presidente Lula si è emozionato nella Casai (Casa di salute indigena) legata al SUS (Sistema Unico di Salute) vedendo la situazione dei bambini. In quel primo momento ha subito deciso che i ministeri dessero una risposta.

BF: Il quadro è migliorato dopo le misure di emergenza adottate?

JW: Sono tornata alla Casai ieri e ho potuto constatare un quadro diverso. Soprattutto ci sono più medici e più strutture. I militari sono presenti e hanno montato un’attrezzatura per fare fronte alle necessità di chi arriva, per rafforzare l’assistenza medica. Ho visto nella pratica il personale sanitario fare riunioni e ho visto che l’assistenza è migliorata, ma c’è ancora da fare. Il numero di visite è aumentato in modo considerevole. Sono stata anche nella sede della Funai a Roraima. Arrivano donazioni di ceste con prodotti di base. Molte persone e organizzazioni non governative di altri stati contribuiscono. Sono in corso campagne promosse da associazioni indigene e dalla società civile organizzata. Mandano alimenti, abbiamo ricevuto donazioni di amache. Molte persone non lo capiscono, ma gli indigeni in maggioranza dormono nelle amache. Le persone che coordinano il Sesai mi hanno detto che hanno bisogno di amache perché (i pazienti) stavano sospendendo le lenzuola per dormire. La Funai consegnerà le amache che ha ricevuto in dono.  La Funai sta anche andando nella Terra Indigena yanomami per consegnare le ceste con i prodotti di base. Ma c’è ancora molto da sistemare, da adattare, perché non serve la donazione di qualunque alimento. Quindi noi ringraziamo molto questa mobilitazione della società, ma dobbiamo anche seguire l’orientamento dei nutrizionisti, tanto più che si tratta di bambini. Il nuovo governo è venuto con la volontà politica di risolvere questo problema, ha aperto il dialogo con altri ministeri. Quindi non è solo un ministero, ma tutto un lavoro interministeriale convocato dalla ministra della Salute, con la partecipazione del segretariato della Sesai, che anche è stata qui, e della Funai.

BdF: Lei aveva avvisato alcuni dei membri del governo da poco formato sulla tragedia in corso? Che risposte aveva ricevuto?

JW: Sì, faccio denunce fin dal mio primo anno di mandato (2019). Come parlamentare ho inoltrato diverse interrogazioni e ho anche promosso udienze pubbliche, convocando i ministri della salute e della giustizia e la Funai. Ciò in cui più ci siamo impegnati è stato convocare il governo e chiedere conto di quello che veniva fatto. Le risposte sono state molto vaghe, e sempre cercando di scaricare la responsabilità. Molta disattenzione, molta negligenza. Per questo più volte abbiamo inoltrato richieste di impeachment contro il presidente Bolsonaro. Insieme alle associazioni indigene ci siamo rivolti al Supremo Tribunale Federale (STF), ciò che ha prodotto una serie di decisioni volte ad allontanare i garimpeiros e a migliorare l’assistenza sanitaria.

Nel 2020 sono stata relatrice del progetto di legge che prevedeva un piano di emergenza per combattere il covid-19 nelle terre indigene. Vi era una estrema rilassatezza nel consentire l’ingresso di invasori nelle terre indigene, ciò che ha aumentato in modo considerevole la contaminazione. Nella Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Covid abbiamo presentato una nota sulla mancanza di medicinali, sull’aumento della malaria e sulla contaminazione delle acque con mercurio. Vi era già allora un contesto che indicava una situazione molto grave. Nel 2022 ho coordinato la Commissione Esterna per appurare la situazione del popolo yanomami nella regione di Waikás, che in un primo momento era collegata al problema di abusi sessuali. A novembre abbiamo messo in votazione le raccomandazioni perché l’esecutivo bloccasse i garimpeiros. E già c’erano molte denunce per omissione. A quell’epoca c’erano già indizi di corruzione, di sottrazione di fondi pubblici. Dopo qualche giorno è iniziata un’operazione della polizia federale che ha constatato l’appropriazione indebita di medicinali che avrebbero dovuto andare all’area yanomami. Tutta una crudeltà. Una tragedia annunciata e denunciata che è andata propagandosi e aumentando sempre più. Le organizzazioni indigene accusano il governo Bolsonaro di genocidio dei popoli indigeni.

BdF: Come avvocata e donna indigena di Roraima concorda con questa accusa?

JW: Non vi è prova più chiara di queste morti, che stanno avvenendo negli ultimi giorni, di nostri bambini che nascono così piccoli da non riuscire a difendersi. Che cosa è il genocidio? Il genocidio si colloca in un contesto in cui vi è l’intenzione di porre fine ad un gruppo nazionale, etnico razziale o religioso. Quindi il genocidio ha una pratica intenzionale. Il governo Bolsonaro ha avuto questa intenzione? Io credo di sì, perché fin dalla campagna elettorale, quando venne a Roraima, disse: “nel mio governo, l’indio non avrà scampo. Apriremo le terre per il garimpo. Ridurremo la delimitazione delle terre indigene, neanche un millimetro in più verrà titolato”. Quindi Bolsonaro aveva già rivelato le intenzioni di quello che sarebbe stato il suo governo per quattro anni. E infatti in questi quattro anni non si è titolato, non si è investito in organi come la Funai. Ci sono studi che mostrano una riduzione molto grande del bilancio della Funai in termini di risorse perché potesse realizzare le sue missioni istituzionali, cioè controllare ed espellere i garimpeiros, combattere gli illeciti nelle terre indigene e proteggere la vita indigena. Quando si omette di promuovere le condizioni perché l’organo compia il suo dovere costituzionale, si sta agendo con intenzione. Altro indizio è il fatto di aver sempre più rottamato, smantellato e impedito il funzionamento dell’organismo stesso.

BdF: Bolsonaro ha in pratica auspicato l’estinzione del popolo indigeno.

JW: Altro indizio sono le norme dettate durante il governo Bolsonaro, come diverse istruzioni normative per rendere più flessibile l’ingresso di persone, di progetti, senza rispettare i diritti indigeni. Quando si viene a Roraima, si va in un’area di garimpo e si fa un discorso incoraggiando l’entrata di garimpeiros, dicendo che ci sarà la regolamentazione del garimpo in Terra Indigena (come ha fatto Bolsonaro), si finisce per incoraggiare l’aumento di invasioni di garimpo e di conseguenza si rendono più vulnerabili i popoli che non sono più in condizione di fare il loro raccolto perché c’è un clima di insicurezza, e le acque per il consumo domestico sono inquinate (da mercurio). Quindi si crea nella Terra Indigena tutto un clima di violenza e ci sono varie conseguenze che portano carenza alimentare agli indigeni. Già c’era un deficit prima del governo Bolsonaro, nel governo Temer (2016-2018), che è stato poi molto aggravato.

Se si studiano gli avvenimenti e ci si riflette, Bolsonaro ha praticamente auspicato l’estinzione del popolo indigeno, con le sue intenzioni e le sue omissioni. Perché la responsabilità non è solo agire, è anche omettere. Perché si pone a rischio l’integrità fisica dei popoli yanomami, li si mette in una condizione di vulnerabilità, li si mette a rischio di vita proprio per provocarne la distruzione. Perché dal momento in cui si espone la vita indigena alla violenza, sia fisica, sia per contaminazione delle risorse naturali di cui quel gruppo ha bisogno per continuare a vivere, si prepara il rischio della sua estinzione.

Nello scorso novembre la polizia federale ha scoperto  un supposto schema di diversione di medicinali destinati agli yanomami. Secondo il Ministero pubblico federale (MPF) sono stati sottratti vermifughi per 10.000 bambini indigeni.  Solo 3000 sono stati curati. L’imprenditore sospettato era compare di un senatore di Roraima molto vicino a Bolsonaro. È uno dei casi di lottizzazione politica dei Distretti Sanitari di Salute Indigena (DSEIs) che dovrebbero eseguire il controllo di base della salute. Si può risolvere ciò? La corruzione deve in primo luogo essere trattata come un crimine. Bisogna dare una risposta all’altezza di questa pratica, che pregiudica un’intera collettività ed è connivente e complice di genocidio. Così come gli alti dirigenti, anche i coordinatori dei distretti sanitari hanno le loro responsabilità. Che ci sia un’indicazione politica o no, se c’è responsabilità per corruzione o omissione bisogna rivolgersi all’autorità di polizia, che deve appurare i crimini commessi e inoltrare al ministero pubblico e alla procura generale della Repubblica e punire con il rigore previsto dalla legge.

£’ necessario che il governo Lula controlli le pratiche di indicazioni. Anzi credo che, per la questione indigena, non dovrebbe esserci nessuna indicazione politica, né nella Funai né nel Sesai. I popoli indigeni devono essere protagonisti (nelle indicazioni) in quanto si tratta di un organo che si occupa direttamente dei popoli indigeni. (Sarebbe meglio) che non ci fosse nessuna indicazione da parte di parlamentari o politici o altre persone interessate, perché si è visto che non va bene. In realtà le indicazioni devono essere tecniche. Questa è una delle questioni che stiamo discutendo alla Funai. Che non ci sia interferenza politica nelle indicazioni dei coordinamenti regionali. Che ci sia in primo luogo la conoscenza tecnica, l’esperienza tecnica e il consenso dei popoli indigeni.  La convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), che tratta della consultazione dei popoli indigeni, prevede che le nomine di persone che dovranno interagire direttamente con le comunità indigene devono come minimo avere rispetto e dialogo con i popoli indigeni, devono conoscere questa realtà. Credo che questo sia l’orientamento che la Casa Civile (organo legato direttamente al capo del potere esecutivo) ha trasmesso, ed anche di evitare [di nominare] persone radicali come si sono viste assumere incarichi negli ultimi quattro anni, con quell’idea di evangelizzare i popoli indigeni a qualunque costo. Abbiamo anche visto indicazioni di persone con idee bolsonariste, di attacco alla democrazia, di non riconoscimento dei poteri costituiti e con una ideologia diciamo fascista.

BdF: Il garimpo tocca anche le Terre Indigene Kayapó, Munduruku e altre. In quei luoghi vivono almeno 13.000 indigeni soggetti a questi impatti. Da febbraio lei assume la presidenza della Funai. Ci saranno operazioni di espulsione dei garimpeiros?

JW: Certamente. È il minimo che ci si aspetta dalla Funai. Ma in questo primo momento stiamo ricostruendo il paese intero. Allo stesso modo stiamo ricostruendo gli organi pubblici che sono stati rottamati, smontati, che non hanno avuto risorse per poter svolgere un minimo di azione. Anche prima di assumere l’incarico, sto verificando che cosa c’è come risorse e quali sono le domande più urgenti. Nel gruppo di lavoro della commissione di transizione abbiamo diagnosticato le priorità dei popoli indigeni e abbiamo indicato le aree citate in Pará, aree in cui la vita dei popoli indigeni è in pericolo a causa della coltivazione mineraria. Questo piano di lavoro ha bisogno dell’appoggio di altri ministri. È necessario realizzare un groppo di lavoro. Questa è la prassi per fare ordine. Questo nuovo governo ha trovato la casa in disordine, rottamata. Ci prepariamo per agire al momento opportuno, molti ministeri e dipartimenti devono completare le nomine   È importante coinvolgere altri ministeri perché la questione non è solo l’espulsione dei  garimpeiros. Ci vuole una protezione continuativa, bisogna assicurare le debite cure, promuovere uno sviluppo sostenibile, far sì che i popoli indigeni si rafforzino. Che la Funai, partendo dai suoi progetti di azioni e programmi di gestione territoriale, possa anche creare le condizioni per cui i giovani indigeni non abbiano alcun motivo per andare al garimpo, né che leaders indigeni possano volere negoziare l’affitto delle loro terre o difendere i taglialegna per abbattere alberi delle foreste. Dobbiamo assicurare lo sviluppo sostenibile e le condizioni per gestire il territorio. E dall’altro lato fare in modo che il governo esegua controlli in modo permanente e non solo in modo episodico, andare là, espellere i garimpeiros e punto. È una questione trasversale da trattare con cura e responsabilità. Quando assumerò la presidenza della Funai so che sarà una sfida molto grande e che le risorse saranno insufficienti. Ma dobbiamo essere molto innovatori e creativi e cercare aiuto in altri ministeri.

Sempre è stato genocidio. La tragedia degli yanomami di Roraima non si è mai interrotta

Flavia Oliveira, 27/1/2023 Globo

Sabato scorso (21 gennaio 2023), il Brasile si è addormentato investito da una brutalità ricorrente, ora trasmessa in rete nazionale. La tragedia degli yanomami di Roraima, parte di ciò che resta dei mille popoli indigeni che abitavano Pindorama fino all’arrivo degli invasori portoghesi, non è mai cessata. Gli studiosi stimano che nel 1500 il territorio ospitasse almeno 3 milioni di abitanti nativi, di cui due terzi vivevano lungo il litorale. In un secolo e mezzo sono stati ridotti a non più di 700.000. Per omicidio o per acculturazione forzata sono stati decimati. Sempre è stato genocidio.

Nel 1970 quando pubblicò “Gli indi e la civiltà”, risultato di oltre un decennio di ricerche, Darcy Ribeiro, grande antropologo, intellettuale e politico brasiliano, che avrebbe compiuto 100 anni nel 2022, già denunciava la rapida scomparsa di 88 delle 230 etnie. Nel 2010 il Brasile aveva 896.917 indigeni dei quali 572.083 in area rurale. Il censimento del 2020, rimandato, è finalmente in corso. Noi brasiliani e brasiliane possiamo, e dobbiamo, provare orrore per la barbarie perpetrata contro i popoli originali in generale e contro gli yanomami in particolare. Ma non abbiamo il diritto di sorprenderci. Il paese è crudele da sempre; e la brutalità si è intensificata nei quattro anni di Jair Bolsonaro al Planalto. Egli non aveva nascosto la sua vocazione violenta neppure quando era deputato. Le immagini di adulti e bambini – passato e futuro, dunque – affamati, malati, umiliati spezzano il cuore, mortificano la nazione.

Gli indigeni sono stati abbandonati alla loro sorte, a languire e morire per la privazione di alimenti, per la contaminazione dell’acqua, per mancanza di medicine, per l’induzione all’alcoolismo, per aggressioni fisiche, per violenza sessuale contro bambine alla soglia della pubertà. In quattro anni 570 yanomami con meno di cinque anni hanno perso la vita. Negli ultimi giorni mille indigeni sono stati presi in cura, una cinquantina di bambini è stata ricoverata per denutrizione e altre malattie curabili. La relazione di aprile 2022 dell’Istituto SocioAmbientale dà un quadro desolante: in tre mesi la Funai (Fondazione nazionale dei popoli indigeni), l’esercito e le autorità del governo Bolsonaro hanno ricevuto una dozzina di denunce, e molte altre denunce sono state fatte in seguito senza che nessuna misura venisse presa. Anzi.