Brasile. Chissà…

Teresa Isenburg

Quanto sta accadendo in Brasile in questi giorni e in queste settimane merita attenzione perché parla di qualche cosa che va al di là del singolo paese. Parla e mette in luce la fragilità delle procedure istituzionali e operative delle democrazie rappresentative. Il presupposto di esse è che tutte le parti rispettino il modo di agire concordato. Ogni allontanamento da quest’ultimo produce sconquasso e caos difficili da riportare ad un punto di equilibrio. Sottolineo che mi riferisco ai meccanismi procedurali, non alla democrazia nel suo significato teorico.

Ed in questo momento in Brasile proprio il responsabile dell’esecutivo, il presidente della Repubblica Jair Bolsonaro, attacca e mina le pratiche costituzionali che regolano le elezioni previste per il 2 ottobre 2022. Via via che i sondaggi registrano la crescita fra la popolazione del rigetto nei confronti di Bolsonaro, egli esprime in modo sempre più aggressivo e scomposto il proprio disprezzo per i dettati costituzionali e la volontà di non perdere il potere. La motivazione avanzata a giustificazione è che le urne elettroniche non sono sicure, che non è possibile il monitoraggio delle stesse e che i ministri del Tribunale Supremo Federale/TSF e del Tribunale Superiore Elettorale/ TSE sono di parte.

Il fatto che entrambe tali affermazioni non abbiano né fondamento né prove non impedisce al presidente di diffondere fake news da mesi, utilizzando in modo illegittimo anche canali ufficiali. In questa azione di manipolazione viene coadiuvato dai militari che, numerosi, occupano posti di alta responsabilità nell’esecutivo e che rivendicano per le forze armate la supervisione della gestione dei voti. Inutile dire che non è questo il compito che la Costituzione del 1988 prevedere per le tre armi. Facendosi scudo di affermazioni menzognere, dunque, Bolsonaro crea il clima per difendersi da una sua possibile sconfitta elettorale affermando che essa deriverebbe da frodi e in questo quadro promuovere il caos. Nei molti comizi e messaggi che da mesi ha diffuso sulla inaffidabilità del sistema elettorale egli inserisce un elemento ideologico, soprattutto quando si rivolge ai propri più fedeli seguaci o a gruppi specifici quali corpi di polizia e simili: afferma che non si può lasciare colorare di rosso la bandiera del Brasile e aggiunge che chi di dovere sa che cosa vada fatto.

Lunedì 18 luglio 2022 è stato raggiunto un nuovo livello di provocazione davanti ad una platea di oltre 40 ambasciatori stranieri invitati nel palazzo dell’Alvorada (dell’Aurora), residenza ufficiale della presidenza della Repubblica. A questo consesso di signori e signore posati e formali, per una intera ora la massima carica del paese ha spiegato che il sistema delle urne elettroniche non è sicuro, che nelle passate elezioni vi erano state frodi (inclusa l’elezione del 2018 che per sventura di questo paese ha eletto Bolsonaro) e poi ha attaccato con nome e cognome tre dei principali ministri del TSF che presiedono anche il TSE. Allo stupore degli ambasciatori costretti ad assistere all’attacco delle proprie istituzioni da parte di un presidente in carica, il giorno dopo sono seguite dichiarazioni di decisa presa di distanza da affermazioni pesanti e prive di fondamento e prova. Subito l’ambasciata statunitense di Brasilia (che come altre ha solo un addetto di affari) ha fatto un comunicato riconoscendo la validità delle procedure elettroniche elettorali brasiliane che peraltro erano state verificate nel 1996, quando vennero introdotte, proprio in centri tecnologici statunitensi; il giorno successivo è stata la volta del portavoce del Dipartimento di Stato Net Price di riconoscere l’assoluta sicurezza dei sistemi elettorali brasiliani. Anche il Regno Unito si è espresso nello stesso senso, cosi come qualche cancelleria europea.

In questi giorni, inoltre, si riunisce a Brasilia la 15a Conferenza dei Ministri della Difesa delle Americhe in cui il ministro statunitense Lloyd Austin ha scelto come tema del suo discorso il ruolo dei militari nelle democrazie (rispetto delle autorità civili, dei processi democratici e dei diritti umani). In Brasile un grande numero di istituzioni e organizzazioni della società civile hanno espresso il proprio sdegno per quello che molti considerano un atto di alto tradimento, ma ci sono state omissioni preoccupanti. Grave il silenzio del presidente della Camera Arthur Lira, legato a doppio filo a Bolsonaro e ingiustificabile il semi-silenzio del procuratore generale della Repubblica Augusto Aras, uomo del presidente. Anche nella convenzione del PL/Partito liberale a Rio de Janeiro domenica 24 luglio per la presentazione ufficiale della ricandidatura del presidente, i toni di quest’ultimo sono stati gli stessi, completati da oscuri riferimenti alla mobilitazione a suo sostegno da promuovere in coincidenza con la festa nazionale il 7 settembre.

Ma questo vociare menzognero di un Bolsonaro livido e feroce non è un bluff. Anni di istigazione all’odio costruiti a partire dal 2013 in campo politico contro il PT/Partito dei lavoratori e allargato soprattutto negli ultimi 4/6 anni a tutti coloro che non siano uomini bianchi eterosessuali ha dato fiato alla formazione di una massa non piccola di fanatici violenti pronti a scatenare disordine e aggredire quelli che considerano inferiori, e disposti a rispondere agli appelli destabilizzanti con atti criminali di cui si ha già un lungo elenco. E sono molti i bersagli delle onde di odio volutamente incentivate: dalle donne in generale all’area LGBT, a tutti i neri, ai popoli ancestrali e ad esponenti di qualsiasi spiritualità ininterrottamente aggrediti dalle urla dei pastori neopentecostali, ai poveri nel loro insieme. Per non parlare dell’Amazzonia, che viene offerta alla devastazione con tutto ciò che essa contiene.

La situazione è resa ulteriormente pericolosa dall’esistenza di molti nuclei di aggregazione e organizzazione: cellule neonaziste, miliziani variamente collegati a segmenti di forze dell’ordine, compagini paramilitari dentro ad alcune chiese neopentecostali. E inoltre, seguendo anche in questo il letale esempio di Donald Trump, Bolsonaro e i suoi alleati hanno facilitato l’accesso alle armi da parte della popolazione civile, riducendo i controlli delle autorità e incentivando in modo frenetico le vendite. Oggi non si sa quante armi sono in mano a privati, che cosa chi le ha acquistate ne abbia fatto rivendendole o altro, e quindi ci sono innumerevoli persone armate che possono fare qualunque cosa.

Bolsonaro ha scelto di informare attraverso le cancellerie il mondo sulle sue intenzioni di inventare pretesti per non riconoscere i risultati elettorali e per non consegnare la fascia presidenziale in caso di sconfitta: questo gesto pone dunque sulle spalle anche della cosiddetta comunità internazionale, e in primo luogo di chi in essa detiene il potere, di vigilare in modo attivo. Per essa si pone la difficile domanda: che fare quando si sa di sapere? Da parte loro le forze democratiche del Brasile sanno che è loro il compito di difendere il rispetto del dettato costituzionale e dei trattati internazionali e a tale impegno esse sono dedite, consce della minaccia che avvelena il paese.

26 luglio 2022, fonti: Brasil de fato, Brasil 247, Valor economico, Carta Capital, Diario do centro do mundo, oltre ai servizi delle Tv Globo e CNN.