Chiapas: ancora un giornalista morto ammazzato

di Angela Bellei

Dall’inizio dell’anno sono 9 gli omicidi di giornalisti in Chiapas e 47 in Messico.

Il nostro amico e compagno giornalista Fredy López Arévalo è stato ucciso a San Cristóbal de las Casas lo scorso giovedì 28 ottobre alle 8 di sera. Un’esecuzione annunciata. Minacciato più volte per le sue denunce sulla corruzione che attraversa ogni  attività politica, sociale ed economica nella città, ha continuato fino all’ultimo a pubblicare il suo pensiero e ad indicare nomi e luoghi dove si svolgono i traffici illeciti che coinvolgono soprattutto i politici locali.

E’ stata una esecuzione. L’aggressione, con colpi di arma da fuoco alla schiena è avvenuta intorno alle otto di sera davanti alla porta della sua abitazione, mentre stava  rientrando accompagnato dalla moglie e dai figli in località Las Rosas.

Il governatore del Chiapas, Rutilio Escandón, che Fredy quotidianamente metteva sotto accusa per la grave condizione in cui vive da troppo tempo la popolazione chiapaneca e “indigena”, ha immediatamente condannato il vile omicidio  e dichiarato che nessun crimine resterà impunito. Ma nessun colpevole o mandante di omicidio o minaccia o violenza contro giornalisti e campesinos, è mai stato arrestato. Parole ipocrite che sono pronunciate da chi, ora, non sentirà più una voce critica sul suo operato.

Fredy Lòpez Arévalo è stato corrispondente di El Financiero ed El Universal in America Centrale e direttore della rivista mensile di cultura e critica politica “Jovel”. E’ entrato nel mondo dell’informazione all’età di 21 anni e a Città del Messico ha lavorato anni come cronista per vari media. Nel 1989  ha realizzato una lunga serie di servizi giornalistici in Centro America. Ha seguito le elezioni in Guatemala e Nicaragua ed è stato coordinatore regionale per l’immagine della stampa pubblica messicana, Notimex. Ha trascorso un periodo di tempo a Panama e Costa Rica, per la rivista Panorama Internacional . Nel 1993 il giornale diventa il quotidiano El Universal dell’America Centrale, con sede ufficiale in Guatemala. Poco dopo era tornato in Chiapas per ripercorrere i primi momenti della rivolta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), nel 1994. Ha intervistato  il  Comandante Mario, che era il capo delle truppe zapatiste nel comune di Ocosingo e seguito puntualmente i processi che hanno caratterizzato, negli ultimi vent’anni, il movimento rivoluzionario indigeno fino ai giorni nostri.

Ha visitato l’Europa ed è rimasto alcuni mesi a Roma assistendo con curiosità ed interesse al dibattito politico, e manifestazioni di cui ha scritto per il Los Angeles Times, corrispondente di  Notimex e per l’agenzia della stampa Maya Press.

Secondo un rapporto di Reporters sans frontières (RSF),  il Messico nel 2020 ha registrato il maggior numero di giornalisti assassinati.

Fredy lo abbiamo conosciuto come instancabile e capace professionista, una personalità  brillante, coinvolgente, ma soprattutto intelligente e acuto nella interpretazione sia della cronaca che delle dinamiche politiche.  Il suo accanimento e coraggio nel rendere visibili la corruzione, il malaffare, i brogli elettorali e il ruolo dei narcotrafficanti e paramilitari lo hanno portato alla morte per mano di un sicario.

Gli articoli scritti il giorno della sua uccisione hanno riguardato le immigrazioni di massa dal Centro America verso gli Stati Uniti, con una analisi di un report del Centro per i diritti umani Fray Bartolomé de las Casas ed il licenziamento di 200 lavoratori del servizio pubblico a San Cristobal.

“La carovana dei migranti – scrive Fredy nel suo lungo e dettagliato articolo – supera già le 3 mila persone. Sabato sono partiti 700 da Tapachula, dopo essere rimasti più di due mesi in attesa di risposta governativa su richieste di asilo o visto di transito. Durante il tragitto si sono unite  altre persone.

Tra questi, marciano 1.256 sotto i sette anni, poco più di 400 di età compresa tra i sette e i 18 anni; 63 donne incinte, tre di loro con più di otto mesi; quattro persone sulla sedia a rotelle; tre bambini con una situazione speciale, e quasi 400 adulti di più di 65 anni con alcune complicazioni sanitarie. È il rapporto di Luis García Villagran, direttore del Centro dei Diritti Umani, dopo un riconteggio che lui stesso ha realizzato negli ultimi quattro giorni.

Ieri mercoledì 27 ottobre hanno pernottato a Villa Comaltitlan.

Oggi giovedì mattina hanno continuato la strada, addentrandosi lentamente in Messico con un obiettivo: premere sul governo Obrador affinché snellisca le formalità migratorie: richieste di asilo o transito ‘Per la libertà, la dignità e la pace’.

Alcuni l’hanno battezzata come ′′ carovana madre ′′. Nel contingente viaggiano gruppi familiari accompagnati da lattanti, ragazze, bambini, adolescenti, disabili, anziani e membri della comunità LGBT”.

Fino ad oggi sono riusciti a superare i blocchi degli agenti dell’istituto nazionale di migrazione e della Guardia Civile.”

Ci mancheranno le tue cronache quotidiane di quanto accade ai margini della Selva Lacandona, dei presidi dei desplazados davanti alla Cattedrale, di come a giugno scorso sono scomparse casse di schede elettorali e ricomparse per caso dopo mesi, degli imbrogli e arricchimenti improvvisi dei politici locali. Ogni giorno un racconto, una storia, a volte una poesia…. Ci sentivamo lì con te nell’andador a raccogliere notizie, sentire un po’ di musica di strada, bevendo un bicchiere di vino tinto.

Ciao Fredy.