Brasile: Rousseff, cinque anni dopo

Teresa Isenburg

31 agosto 2016-31 agosto 2021

Il 31 agosto 2016 veniva deposta la presidente Dilma Rousseff in base ad accuse non previste dalle disposizioni relative all’impeachment, cioè con una azione eversiva solo apparentemente rispettosa delle procedure. A distanza di cinque anni si possono misurare le devastazioni prodotte in questo lustro da governi illegittimi come quello di Michel Temer (2016-2018) o frutto di processi elettorali ampiamente manipolati come quello di Jair Bolsonaro insediatosi nel 2019. Così il Brasile entra nella lista degli stati disarticolati o distrutti negli ultimi trent’anni di neoliberismo aggressivo. Qui la distruzione non è avvenuta per via militare come in Somalia, Iraq, Siria, Libia, Afganistan, ma minando le  istituzioni, scardinando le relazioni sociali e con apropriazione fraudolenta delle risorse economiche.
Al momento mi sembra che alcuni fatti hanno una particolare rilevanza.

  1. Terre Indigene. Il 22 agosto è iniziata a Brasilia nella Piazza dei Tre Poteri la mobilitazione promossa dalla Articulação/coordinamento dos Povos Indígenas do Brasil (APIB) di oltre 6 mila indigeni di 176 etnie e 20 stati nella “Lotta per la vita”. Un ordinato accampamento vigila il Supremo tribunale federale/STF che deve giudicare il processo per una causa di recupero di possesso azionata dal governo dello Stato di Santa Catarina
    contra il popolo Xokleng con riferimento alla Terra Indigena/ TI Ibirama-Laklãnõ, dove vivono anche Guarani e Kaingang. Tale processo si inserisce nell’agenda anti indigena in discussione nel Congresso nazionale e nel governo federale, di cui il cosiddetto Marco
    Temporal/riferimento temporale è il perno di un pacchetto (1) .
    Nel corso del governo Bolsonaro gli indigeni e le loro terre sono oggetto di violenza materiale e istituzionale massiccia, come aveva già annunciato Bolsonaro nel ripugnante discorso al Clube Hebraica di Rio de Janeiro in cui il 5 aprile 2017 annunciava la propria candidatura alla presidenza della Repubblica (chi vuole può ascoltarlo su You Tube). Alle continue e illegali invasioni di terre indigene da parte di imprese minerarie e alle aggressioni di agrari si sono sommate durante la pandemia pratiche sanitarie lesive:
    omissione di cure, tentativi di sperimentazione con medicine comprovatamente inefficienti quando non dannose, tolleranza di propaganda antivaccino da parte di figure neopentecostali, solo per fare qualche esempio.
    L’odio contro gli indigeni (i neri, i cittadini lgbt, le donne, gli stranieri, i credenti di religioni ancestrali e così via) si traduce in disposizioni normative che calpestano la Costituzione, i trattati internazionali sottoscritti e anche più semplicemente il buon senso necessario per una convivenza sociale. Il progetto di legge 490/07 elaborato dal gruppo parlamentare degli agrari (bancada ruralista) propone una sua interpretazione dell’articolo 231 della Costituzione che recita «le terre tradizionalmente occupate dagli indii sono destinate al loro possesso permanente, incluso l’usufrutto esclusivo delle
    ricchezze del suolo, dei fiumi e dei laghi che in esse esistano». Che il Brasile e l’occidente nel suo insieme abbiano un debito inestinguibile con le popolazioni native dell’intero continente americano da polo e polo è un fatto indiscutibile. Con l’articolo 231 il Brasile ha fatto un atto decente. Oggi 12,2 % del territorio nazionale (8,5 milioni di kmq) è iscritto nell’elenco delle terre indigene/TI con diversi livelli di riconoscimento formale. Questo vasto spazio contribuisce con 1,6% alla deforestazione. Agrari, imprese minerarie, affaristi e commercianti di tutti i tipi vogliono porre fine allo scandalo di un minimo di riparazione morale alla inumana depredazione coloniale e successiva.
    Propongono che debba essere riconosciuto come spazio delle TI quello effettivamente occupato dalle popolazioni native prima dell’ entrata in vigore della Costituzione del 1988 e non quello tradizionalmente occupato. Per questo è necessario presentare titoli di proprietà ecc. Si riprende cioè la logica (?) della Legge delle terre del 1850 che ha assicurato la formazione di vasti latifondi anche dopo la fine delle concessioni fondiarie feudali, ha consentito l’espulsione di contadini poveri liberi in frange di popolamento, ha
    garantito anticipatamente la negazione dell’accesso alla terra per le moltitudini di schiavizzati (anche se la abolizione avverrà quasi quarant’anni dopo) e ha alimentato un vasto e lucroso mercato di titoli falsi. Enorme è il blocco di interessi oggi in gioco con la disposizione di cui il STF deve giudicare la costituzionalità. Per i diversi movimenti occidentali che parlano in modo compassionevole (e con un atteggiamento che a volte sfiora la tutela) degli indii è il momento di sostenere la lotta coraggiosa intrapresa da tempo dell’APIB e il lavoro di lungo corso del CIMI/Consiglio indigeno missionario.
    Personalmente ritengo che ci sia spazio per una pressione sugli esecutivi dei
    propri paesi per agire nei confronti del governo brasiliano su questo tema.
    Movimenti e governi possono agevolmente appoggiarsi alle prese di posizione di organismi internazionali. Come ricorda il CIMI in data 24 agosto « Ieri (23 agosto), la Commissione Interamericana di Diritti Umani/CIDH organismo della (prudentissima) Organizzazione degli Stati Americani/OEA e il relatore speciale dell’ONU sui diritti dei popoli indigeni (il guatemalteco) Francisco Cali Tzay si sono espressi contro la tesi del riferimento temporale in discussione nel STF nell’ambito del Ricorso Straordinario 1.017.365. … Il STF ha dato lo status di “ripercussione generale” al processo, ciò che
    significa che la decisione presa in questo caso servirà di direttiva per la gestione federale e per tutte le istante della Giustizia per ciò che concerne i procedimenti di demarcazione.  Il processo dunque determinerà il futuro di tutti i territori indigeni del Brasile. Il relatore dell’ONU ha chiesto al STF che garantisca i diritti dei popoli indigeni alle loro terre e territori e che respinga un argomento legale promosso da agenti commerciali con lo scopo di sfruttare risorse naturali in terre indigene tradizionali. “Se il STf accetterà il cosiddetto riferimento temporale nella sua decisione sulla demarcazione di terre alla fine di questo mese, potrà legittimare la violenza contro i popoli indigeni e
    inasprire i conflitti nella foresta amazzonica e in altre aree”, ha affermato il relatore».
    La APIB in agosto 2021 ha presentato presso il Tribunale Penale Internazionale/TPI dell’Aia denuncia contro Bolsonaro che comprende il reato di ecocidio, crimine recentemente definito. La denuncia si somma alla richiesta inoltrata nel 2019 che è all’analisi della procura del tribunale. Mai prima una accusa contro un rappresentante brasiliano era arrivata a questa fase. (https://brasil.elpais.com/brasil/2021-07-01)
  2. CPI/Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di Covid-19. A
    partire da aprile 2021 è attiva una CPI/ Commissione parlamentare di
    inchiesta del Senato sulla gestione federale della pandemia. Si tratta di una
    indagine molto importante che identifica in modo puntuale questa pagina di
    politica e di politica sanitaria. Emerge un quadro inquietante ben
    documentato. Per parecchi mesi il governo ha difeso e divulgato la posizione
    che si trattava di una malattia non grave, aggiungendo che essa poteva
    essere curata con medicine semplici e di uso corrente di cui è stato
    incentivato il consumo assolutamente inutile quando non dannoso. In
    parallelo è stata sabotata la campagna vaccinale impedendo l’acquisto di
    vaccini in particolare della Pfeizer e intralciando la ricerca e produzione di
    immunizzanti nazionali con piattaforma tradizionale di ceppo inattivato.
    Questa impostazione negazionista si è per mesi accompagnata a oscure
    manovre per promuovere acquisizioni di vaccini non omologati attraverso
    mediatori e faccendieri prossimi al ministero della salute, a quadri di vari livelli
    della amministrazione e con la collaborazione di soggetti economici vari
    nazionali e internazionali, esponenti politici di alcune aree ecc. Solo dopo la
    rimozione il 23 marzo 2021 del ministro della salute generale in servizio
    Pazuello e con l’avvio della CPI la vaccinazione è diventata il perno della
    politica sanitaria determinando un declino dei decessi e dei ricoveri. Il totale
    dei morti in Brasile è di 580.000 e i contaminati sfiorano il 21 milioni.
    Non so quali risultati darebbero indagini di questo tipo in altri paesi: per il
    Brasile è certamente importante. Peraltro gli interessi che ruotano attorno al
    settore medico legato alla pandemia sono enormi, in particolare (ma non
    solo) per i vaccini. Su questo punto ci sono alcune cose che mi stupiscono.
    Sembra che i vaccini con piattaforme più tradizionali non siano presi in
    considerazione dalle grandi case farmaceutiche. Tuttavia assicurano una
    buona protezione e hanno costi assai inferiori rispetto a RNA messaggero. Diversi paesi fra i quali l’Italia concedono l’accesso solo a persone vaccinate con gli immunizzanti che l’Europa ha deciso di utilizzare. Quindi si considera non la presenza di anticorpi, ma il fatto che il vaccino sia, diciamo così, firmato. La validazione da parte dell’OMS sembra non avere valore. Così si hanno situazioni assai anomale. Come ricordava Riccardo Illy in intervista al Corriere del 3 agosto, lui, che ha partecipato come volontario alla sperimentazione di Reithana, il vaccino autosabotato italiano, non ha accesso a green pass. Oppure chi è stato vaccinato con AstraZeneca in diversi paesi extraeuropei analogamente non ha diritto a green pass perché sotto la stessa casa ci sono vaccini diversi (anche se sempre indicati nel linguaggio corrente come AtraZeneca). Tutto questo complica molto la vita delle persone, ha conseguenze economiche ad esempio sul turismo e introduce un fattore di concorrenza anomali. La Spagna accetta da qualche tempo cittadini brasiliani vaccinati con qualsiasi vaccino, non so se ci sono altre situazioni analoghe.
  3. Azioni anti istituzionali. Se questione delle Terre Indigene e Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di Covid-19 sono i temi del momento, in realtà il quadro brasiliano continua soprattutto ad essere dominato dalla ininterrotta azione anti istituzionale del presidente Bolsonaro, che naturalmente trova molti imitatori. Gli attacchi al Supremo tribunale federale/STF sono continui, le dichiarazioni minacciose di non rispettare le decisioni del potere giudiziario si ripetono, le frasi allusive e intimidatorie di non volere accettare le scelte del parlamento si rinnovano e ogni momento vengono aperte campagne di discredito sul funzionamento dei meccanismi democratici, come ad esempio il sistema elettorale con uso di urne elettroniche. Inoltre Bolsonaro in prima persona opera per creare disordine nelle forze armate e insubordinazione delle polizie militari degli stati. Si è giunti al punto grave in cui la massima autorità del paese intende appropriarsi delle ricorrenza delle festa nazionale del 7 settembre (4) per propri fini elettorali ed eversivi convocando i cittadini a manifestare contro il STF e altre istituzioni e dislocandosi per tale iniziativa a San Paolo dove si trova il suo principale avversario di centro, il governatore João Doria.

NOTE

  1. Progetto di Legge Lei 191/2020: di iniziativa del Governo Bolsonaro, se approvato, permetterà lo sfruttamento minerario e idrico in terre indigene.
  2. Progetto di Legge Lei 490/07: con altri 13 progetti di legge presentati prevede la creazine di diversi meccanismi per impedire la demarcazione di terre indigene, inclusa la demarcazione attraverso progetto di legge, sottoponendo la stessa al Legislativo Federale, e l’introduzione della tesi istituzionale del riferimento temporale.
  3. PEC/Progetto di emenda costituzionale 215/00: se approvata, altera il testo costituzionale per impedire nuove demarcazioni di terre indigene, anche attraverso la consacrazione della tesi del riferimento temporale nella Castituzaione, e pone fine al diritto di usufrutto esclusivo, consentendo così lo sfruttamento agrozootecnico e forestale delle terre già demarcate. (Fonte CIMI).
  4. Il 7 settembre 1822 Pedro de Alcantara Bragança dichiarava l’indipendenza del Brasile da Portogallo e a ottobre veniva proclamato imperatore. Nasceva così l’impero brasiliano, schiavista e monarchico.

Pubblicato su Latinoamericaonline.it