Cile: la memoria proibita. Un crimine senza colpevoli?

In occasione del 50° anniversario del golpe civico-militare fascista contro Salvador Allende, Presidente costituzionale cileno, vi proponiamo un articolo di 10 anni fa, che mantiene intatta la sua attualità.

A seguire, presentiamo un utile esercizio di memoria e messa a fuoco sul ruolo dei neo-fascisti italiani come manovalanza della giunta fascista cilena (sia in Cile, che in Italia), in stretta collaborazione con gli apparati della dittatura.

Torneremo nei prossimi giorni sul tema, con un’analisi della fase attuale.

Buona lettura e diffusione

M.C.

L’11 settembre 1973 in Cile un golpe fascista interrompeva violentemente l’esperienza dell’Unidad Popular (Up), un governo di sinistra, democraticamente eletto, e guidato dal socialista Salvador Allende dal 1970. II golpe fu organizzato, finanziato e sostenuto dall’amministrazione Usa, dal presidente Richard Nixon e dal suo Segretario di Stato Henry Kissinger. Nel bombardamento del palazzo presidenziale de La Moneda, moriva armi in pugno il “Compañero Presidente” Salvador Allende.
In quella striscia di terra “alla fine del mondo”, iniziarono così i 17 anni di una dittatura civico-militare fatta di massacri e di ferocissima repressione poliziesca. Pochi mesi prima, il 27 Giugno, il golpe in Uruguay era stata l’avvisaglia della decade dei golpe nel continente intero.
Nei 1000 giorni che durò l’esperienza della Unidad Popular, il progetto della via cilena al socialismo (che come sosteneva Allende “sapeva di vino rosso ed empanadas”) aveva punti chiari: innanzitutto la nazionalizzazione dei settori chiave dell’economia. In primo luogo del rame (sancita all’unanimità dal Parlamento cileno nel luglio del 1971), ma anche della siderurgia, cemento e cellulosa, delle banche e le compagnie d’assicurazione, della produzione e distribuzione dell’energia elettrica, dei trasporti. Fu creata un’area sociale della economia e si approfondì la Riforma Agraria, vi furono aumenti salariali dei lavoratori e si congelarono i prezzi di molti beni. Insieme ad una grande campagna di alfabetizzazione, si ampliò l’educazione pubblica e gratuita, abolendo la sovvenzione alle scuole private. La Casa Editrice Quimantù, che faceva capo al Ministero della Cultura, pubblicò 300 titoli con una tiratura di ben 11 milioni di libri. Fu introdotto il divorzio, stimolata la partecipazione delle donne e della popolazione in generale, aumentata la spesa per la protezione dell’infanzia, e lo Stato sociale.
Un programma avanzato, che metteva in pericolo profitti, privilegi ed interessi di classe consolidati che conspirarono ininterrottamente fino al golpe.

Fino alla sua morte, Salvador Allende, el compañero Presidente, si distinse per il suo impegno coerente a favore dei settori dimenticati e marginali della società. Il Presidente aveva realismo politico, una grande capacità di mobilitare, di educare, e soprattutto di unire le diverse ed eterogenee forze che componevano la UP e fu alla testa di un movimiento sociale che gli garantì il governo nel 1970. Il suo obiettivo dichiarato nel discorso di insediamento era la costruzione di un socialismo democratico e rivoluzionario con metodi pacifici. Un socialismo che permettesse ai cileni di ritrovare la dignità perduta. Di certo le forze dell’Unidad Popular fecero diversi errori. E lo stesso Allende fu a tratti ingenuo, in particolare sulla lealtà delle Forze Armate. Quegli errori furono utilizzati dalla destra per giustificare il colpo di Stato (come ossessivamente continuano a sostenere le forze della reazione). Il golpe fu e rimane un crimine contro il popolo cileno. Un crimine ancora senza tanti colpevoli dietro le sbarre. Lo stesso Pinochet morì sostanzialmente indisturbato nel suo letto.

chicago-boys-pinochetIl golpe
I 1000 giorni del governo della Up furono anche giorni di convulsione sociale crescente, di attentati ed omicidi selettivi (anche nei confronti di esponenti militari “lealisti”), di scarsezza provocata dei beni di prima necessità, di destabilizzazione culminata nella famosa serrata dei “camionisti” e nello sciopero dell’aristocrazia operaia” della miniera di “El Teniente”. Era arrivato il momento di fare il golpe. Un golpe promosso dalle classi proprietarie dell’economia e dalla destra politica (chiesto a gran voce dalla maggioranza della Democrazia Cristiana cilena), dalle multinazionali statunitensi (in prima fila quelle minerarie come Anaconda e Kennecot, oltre alla famosa Itt), dal governo degli Stati Uniti e la Cia.
Alla testa del Golpe si installò una “Giunta Militare”, formata da Augusto Pinochet, comandante in capo dell’Esercito (che si dichtarò fedele ad Allende fino al giorno prima), José Toribio Merino, Comandante della Marina, Gustavo Leigh, Generale dell’aviazione, e Cesar Mendoza, Direttore Generale dei Carabineros. Esercito, Marina, Aviazione e Carabineros si divisero i compiti ed il lavoro sporco con un patto di complicità e copertura reciproca, tuttora vigente.
In base alla famigerata “Dottrina della Sicurezza nazonale” statunitense, la Giunta dichiarò da subito la guerra alla popolazione e nelle prime ore del golpe emetteva il Decreto-Legge N*5 del 12/9/73: “Si dichara che lo Stato d’assedio decretato per turbolenze interne deve intendersi come “Stato o Tempo di Guerra” (ndr. virgolettato in originale)”. Pinochet fu designato presidente della Giunta e da subito si iniziarono ad eliminare le organizzazioni sociali, politiche, sindacali, di settore. Si proibì qualsiasi tipo di elezioni, incluso quelle delle Società sportive.
II 24 Settembre, la Giunta mise fuorilegge il movimento sindacale classista, con un decreto ad hoc il cui primo articolo recita: “Si cancella (sic) la personalità giuridica della Central Unica de Trabajadores (CUT) per essersi trasformata in un organismo di carattere politico, con un’influenza di tendenze foranee ed estranee al sentire nazionale”. La Giunta militare mise fuorilegge una dozzina di partiti politici, che secondo i militari erano “marxisti”, con l’argomento che “la dottrina marxista dello Stato e della lotta di classe è incompatibile con l’unità nazionale”. “Si proibisce qualsiasi atto di propaganda, attraverso le parole, gli scritti o qualsiasi altro mezzo, della dottrina marxista o di altra che concordi con i suoi principi ed obiettivi”. Come sostenne il Generale Leigh “bisognava estirpare il cancro marxista”. E con il Decreto Legge N°27 del 1973 la Giunta scioglie il Parlamento.
Insieme al bombardamento della Moneda, i militari ordinarono i rastrellamenti di massa nelle poblaciones, nelle fabbriche dei cordones industriales di Santiago e delle altre città. Come i nazisti, scatenarono la caccia all’uomo. La delazione regnava padrona. La spia poteva essere il tuo vicino che brindava per “la fine dell’incubo marxista”. La repressione colpì a tutto campo, con particolare ferocia nei confronti dei militanti sindacali, dei partiti della Up e del Movimento de Izquierda Revolucionaria (Mir) alla sua sinistra. Le poche sacche di resistenza armata furono rapidamente sopraffatte e caddero rapidamente molti dirigenti. Si compiva così la promessa di Nixon, che aveva ordinato a Richard Helms, direttore della Cia di “fare urlare l’economia cilena” fatta all’indomani della vittoria di Allende. II suo fido Kissinger (un altro premio nobel per la pace da ritirare) fu l’uomo incaricato di organizzare il golpe con l’aiuto della Cia, con i finanziamenti delle grandi corporations nord-americane ed il braccio armato dei militari.
Quelle stesse multinazionali, di cui parlò Allende nel suo discorso all’Onu del 4 dicembre del 1972. Parlò da visionario dell’inizio della globalizzazione neo-liberista, attaccando “….il potere e l’azione nefasta delle multinazionali, i cui bilanci superano di gran lunga quelli di molti Paesi. Vi è una ingerenza negli Stati e nelle loro decisioni fondamentali, (politiche, economiche, e miltari) – da parte di organizzazioni globali che non dipendono da nessuno Stato e che non rispondono, né sono controllati da nessun parlamento, da nessuna istituzione rappresentativa degli interessi collettivi….”. Le conosceva bene, le aveva in casa, ed in silenzio gli stavano preparando il golpe.
Quel giorno in Cile iniziò la dittatura civico-militare durata 17 anni, riconosciuta sia dal Vaticano che dalla Cina di Mao Tse-tung. La Cina fu uno dei primi Stati a riconoscere il governo di Pinochet, in cambio dell’appoggio continuato dei militari alla politica cinese del riconoscimento di “una sola Cina”.
Secondo il “Secondo Rapporto della Comisiòn Valech” consegnato nell’agosto del 2011, all’attuale Presidente Sebastian Pihera, le vittime dirette della dittatura sono 40.018, di cui più di 3000 morti e desaparecidos, senza considerare i “danni collaterali” e le tragiche sequele. Un prezzo pesante di sangue alla causa della liberazione del popolo cileno.
I militari organizzarono una società dove si bruciavano pubblicamente i libri, dove era proibito possederli ed ancor di più leggerli. La cultura faceva paura. In quei giorni, i giornalisti che lavoravano per la dittatura chiamavano i mass-media per comunicare a che ora e dove si sarebbero bruciati in piazza i libri, le opere d’arte e i manifesti politici. Gioivano i media favorevoli alla dittatura, artefici della campagna di opinione per preparare l’ambiente giusto per il golpe. Unici a poter circolare, i media del regime (con alla testa El Mercurio del golpista Agustin Edwards), si dedicarono con entusiasmo e senza vergogna a coprire e ripetere le menzogne e l’odio della dittatura. Bruciare i libri significava eliminare le parole e la capacità di raccontare quello che stava succedendo. Non avere più linguaggio per analizzare la realtà e poterla raccontare. Mantenere un paese ignorante, sottomesso e soggiogato era ciò di cui aveva bisogno la dittatura che mise una gravosa tassa sui libri, ancora in vigore.
Così come è ancora in vigore la Costituzione fascista del 1980, promossa dal suo ideologo, Jaime Guzmàn, poi giustiziato dalla resistenza cilena dopo la fine della dittatura. Quella stessa Costituzione che sancisce il ruolo dello Stato come complementario al Mercato.
Sul versante della libertà d’informazione, negli ultimi 20 anni, lo scenario mediatico ereditato dalla dittatura non solo si è consolidato, ma si è addirittura approfondito. La concentrazione della proprietà dei mezzi di comunicazione è un dato di tutte le piattaforme: stampa, Tv, radio. Ed oggi il Cile raggiunge il più alto indice di concentrazione mediatica dell’America Latina
Sul piano economico, grazie al golpe del 1973, il Cile è stato il primo e principale laboratorio avanzato per l’esperimento neo-liberista della “Scuola di Chicago” poi esteso al mondo intero. I famigerati “Chicago boys” dello scomparso Milton Friedman (tra cui José Piñera, fratello dell’attuale Presidente) hanno sperimentato la “contro-rivoluzione capitalista”, e le sue ricette poi generalizzate grazie al cosiddetto “reaganismo” ed al “thatcherismo”. Dopo 40 anni, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) il Cile è uno dei Paesi dove le diseguaglianze economiche e di opportunità hanno percentuali imbarazzanti. E secondo l’Ocse è il Paese con le più forti diseguaglianze del continente. E’ così che il 20% più ricco concentra il 51,03% del PIL, mentre il più povero rimane solo con il 5,38%. In base all’lndice di Sviluppo Umano (Isu) delle Nazioni Unite, il Paese si trova al 113° posto, tra gli ultimi 15 nel mondo. II cosiddetto “miracolo economico” cileno è infatti basato sui bassi salari, sulla mancanza di diritti sindacali (a cominciare dal diritto di sciopero fortemente limitato) e sull’indebitamento del 70% della popolazione.
Ma l’11 settembre iniziò anche la resistenza alla dittatura che non terminò mai, fino al 1990, con il passaggio dei poteri di Pinochet al discusso democristiano Patricio Alwin. Una transizione negoziata, “truccata” dal patto con i militari di non toccare nulla o molto poco.
Lo scorso 4 Settembre, i giudici della Associazione Nazionale dei Magistrati hanno chiesto ufficialmente perdono per le loro azioni ed omissioni durante la dittatura. Nello stesso giorno migliaia di studenti universitari e dei licei hanno marciato per le strade di Santiago per un’educazione gratuita e di qualità. E’ questa la voce del nuovo Cile che si prepara alle prossime elezioni di Novembre.

 

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il documento:

I neofascisti italiani arruolati come sicari e torturatori al soldo di Pinochet

L’operazione Condor
Grazie sia alla decisione di Clinton di mettere fine nel novembre del 2000 al segreto di Stato sui documenti, soprattutto Cia e Fbi, riguardanti il Cile, che all’azione di alcuni magistrati argentini che stanno ancora indagando sull’assassinio del generale cileno Carlos Prats (fuggito in Argentina dopo essersi opposto al colpo di Stato di Pinochet) e di sua moglie, avvenuto a Buenos Aires il 30 settembre 1974, molti nuovi elementi stanno emergendo. In particolare sul ruolo svolto, negli anni ’70, da gruppi di neofascisti italiani arruolati come sicari e torturatori dalle peggiori dittature sudamericane. Per inquadrare meglio il contesto è indispensabile soffermarci sulla cosiddetta “operazione Condor”.

Terrore pianificato
Con questo nome era definito il piano di repressione ed eliminazione fisica degli oppositori politici comunemente progettato dalle dittature latino-americane negli anni ’70 e ’80. Un’operazione su vasta scala, finanziata e protetta dagli Stati Uniti, su cui è stata ormai acquisita qualche tonnellata di documenti d’archivio. Le forze armate del cosiddetto “cono-sud” (Argentina, Brasile, Paraguay, Bolivia e Uruguay) organizzarono, infatti, nel quadro di accordi fra eserciti americani e servizi segreti militari, fin dai primi anni ’70, una gigantesca struttura di controllo continentale dei “sovversivi” di ogni paese per poi colpirli, con tutti i mezzi, spesso attraverso i cosiddetti “squadroni della morte” allestiti dalle stesse forze armate. Dopo il colpo di Stato dell’11 settembre 1973 anche il Cile entrò a pieno titolo nel piano. Il generale Pinochet dette poteri assoluti al colonnello Manuel Contreras ai vertici della Dina, il servizio segreto cileno, appositamente modellato per “estirpare il cancro comunista”.
Nasce così l’”operazione Condor”, volta alla soppressione degli oppositori, dai militanti di sinistra ai sindacalisti, dai religiosi ai giornalisti e agli uomini di cultura. Il tutto nel quadro di una spaventosa repressione che conterà alla fine 50 mila assassinii, 35 mila persone scomparse, 40 mila prigionieri. Per alcune operazioni fuori dal Cile la Dina allestirà anche una sezione “estera” affidando, come vedremo, compiti esecutivi soprattutto a terroristi di estrema destra italiani.

Agli ordini dei militari
Oggi è possibile, seppur parzialmente, ricostruire la storia di questa sezione riprendendo, da un lato, le carte di alcuni processi tenutisi anni fa a Roma per il tentato omicidio dell’esule cileno Bernardo Leighton e di sua moglie, avvenuto il 6 ottobre 1975, ma soprattutto leggendo alcuni recenti interrogatori svolti dal gip Guido Salvini, su delega (a seguito di rogatoria) di Maria Servini De Cubria, magistrato argentino che indagando sull’omicidio nel 1974 a Buenos Aires del generale Carlos Prats, ha tra l’altro incolpato come mandante Augusto Pinochet, ed avanzato al Cile una formale richiesta di estradizione.
Tra il maggio ed il luglio scorsi il dottor Salvini ha raccolto le deposizioni di diversi ex-terroristi di destra, tra gli altri di Vincenzo Vinciguerra e Pierluigi Concutelli. E’ in particolare dalle parole di Vinciguerra, sentito il 22 maggio 2002 nel carcere di Opera, che abbiamo la conferma testimoniale, già emersa nei documenti statunitensi declassificati, delle attività dei neofascisti italiani, soprattutto di Avanguardia Nazionale, arruolata in quanto tale dalla Dina cilena.
«Nel 1974 il principe Junio Valerio Borghese si recò in Cile e si incontrò con il generale Pinochet nell’ambito della comune strategia anticomunista. Ciò mi fu detto da Delle Chiaie il quale, nell’occasione, fu presentato a Pinochet dallo stesso Borghese. Il generale Pinochet passò la prosecuzione dei contatti con Delle Chiaie al responsabile della Dina, il colonnello Manuel Contreras». Così, secondo Vincenzo Vinciguerra, nacquero i primi rapporti ufficiali tra gli “avanguardisti” ed i massimi esponenti della dittatura cilena. Delle Chiaie e Pinochet si incontreranno in seguito anche altre volte, tra l’altro ai funerali di Franco in Spagna nel 1975, come risulta da documenti Fbi e dagli interrogatori di Piero Carmassi (altro esponente di An e guardaspalle di Delle Chiaie) e di Pierluigi Concutelli resi al giudice Salvini.
«Mi trattenni in Cile – ha proseguito Vinciguerra – dal giugno 1977 al maggio 1978… In Cile abitai con altri italiani, quasi tutti latitanti, nella villetta vicino ad Avenida de los dos Leones… Tuttavia potevamo anche frequentare un ufficio messo a nostra disposizione dalla Dina in Avenida Portugal… Le persone che abitavano in Avenida de los dos Leones… sono state talvolta in momenti diversi, oltre a me, Stefano Delle Chiaie, Maurizio Giorgi, Augusto Cauchi e un francese di nome Jean (identificabile in Jean Helmer che ha lavorato anche per il servizio segreto uruguaiano ndr)… Quando io sono arrivato Sandro Saccucci era andato via da quella villetta da alcuni giorni… Augusto Cauchi era impiegato presso la Dina nel reparto computer cioè la Brigata Informatica… Non ho conosciuto personalmente Manuel Contreras, posso tuttavia dire che Delle Chiaie partecipava alle riunioni con lui come se fosse anch’egli un ufficiale della Dina a tutti gli effetti».
Michael Townley, un cileno-americano agente della Dina, autore per sua stessa ammissione della bomba che nel 1976 fece scoppiare a Washington, a pochi isolati dalla Casa Bianca, l’auto su cui viaggiavano l’ex-ambasciatore cileno Orlando Letelier e la sua segretaria, svolse in questo quadro, a detta di tutti, funzioni da intermediario con i neofascisti di Avanguardia Nazionale, spostandosi a Roma nel luglio del 1975 per preparare l’attentato a Bernardo Leighton.

Spietati killer 
Numerose furono le “operazioni” che videro i neofascisti italiani nella veste di killer per conto delle dittature sudamericane, dei franchisti spagnoli e della Dina.
Stefano Delle Chiaie operò nel 1974 in Costa Rica contro la guerriglia comunista, altri di An intervennero a più riprese in Spagna contro l’Eta, sia per assassinare loro dirigenti che per imbastire provocazioni (Augusto Cauchi si rese tra l’altro protagonista del rapimento e dell’omicidio di un industriale cercando di far ricadere le colpe sui nazionalisti baschi). Stefano Delle Chiae, Augusto Cauchi, Piero Carmassi, Mario Ricci, Giuseppe Calzona e Carlo Cicuttini il 9 maggio 1976 parteciparono in Spagna, insieme ad altri neofascisti, all’assassinio a colpi di pistola di due giovani democratici a Montejurra nel corso di una manifestazione organizzata dal partito Carlista. Nessuno in Spagna ne rispose anche se, su questa vicenda, fu addirittura pubblicato un servizio fotografico con le immagini degli aggressori in azione.
Ma è il tentato assassinio di Bernardo Leighton (l’ex-vice presidente del Cile) e di sua moglie, a Roma il 6 ottobre 1975 (rimasero entrambi gravemente feriti), che vedrà tutta An, con il contributo di elementi di Ordine Nuovo, realizzare l’attentato mettendo a disposizione i propri uomini e le proprie sedi. Lo stesso Concutelli dirà a Salvini il 17 maggio 2002 che l’assassinio era stato «organizzato da Pinochet. Lo seppi da Delle Chiaie che affermava che Pinochet si stava “togliendo i sassolini dalle scarpe”».
Nel processo, tenutosi a Roma nel 1987, Delle Chiaie e Concutelli furono assolti per insufficienza di prove. Qualche anno dopo per gli stessi fatti, sempre davanti alla Corte d’Assise di Roma, Michael Townley venne condannato a 15 anni. Nel 1995, Manuel Contreras (il capo supremo della Dina) e Neumann Iturriaga (capo della sezione estera della Dina) furono invece condannati rispettivamente a 20 e 18 anni di carcere. Ora, seppur a distanza di tempo, dopo gli interrogatori del giudice Salvini, il quadro si è completato.

Dopo tanti anni 
Mentre Pinochet viene in Cile ritenuto dalla Corte Suprema non più in grado, per “instabilità mentale”, di essere processato, Michael Townely ha invece assunto in Usa lo status di “testimone protetto”, dopo aver confessato l’assassinio di Orlando Letelier.
Sandro Saccucci vive a Cordoba in Argentina e fa ritorno in Italia per brevissimi periodi, Augusto Cauchi, indicato in un appunto sequestrato allo stesso Delle Chiaie come uno degli autori della strage dell’Italicus (4 agosto 1974, 12 morti), è rientrato in Italia solo nel dicembre 2001, dopo una latitanza di 17 anni, per poi ritrasferirsi subito in Argentina dove dirige una ditta di import-export. Piero Carmassi vive a Massa mentre Carlo Cicuttini è in carcere in Italia dal 2000 per scontare una condanna all’ergastolo per la strage di tre carabinieri a Peteano (31 maggio 1972). Altri sono morti, come Pierluigi Pagliai, a causa delle ferite riportate nel corso del suo arresto in Bolivia nel 1982, dove insieme a Delle Chiaie e al “macellaio di Lione”, il criminale nazista Klaus Barbie, addestrava strutture paramilitari e trafficava in coca.
Stefano Delle Chiaie, dopo 17 anni di latitanza ed essere “miracolosamente” passato indenne in tutti i processi che lo hanno visto sul banco degli imputati, ispira da dietro le quinte il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, gestisce l’agenzia di stampa “Publicondor” (un nome non certo scelto a caso) e si occupa di alcune trasmissioni in una rete televisiva privata a Lametia Terme.
Il tempo è passato e questi sono solo alcune dei nomi dell’”Internazionale nera” che in più di un continente ha lasciato dietro di sè il segno di indicibili crimini.

Saverio Ferrari, da Liberazione del 9 Gennaio 2003