Enrico Calamai: Perché mi candido con Unione Popolare

Mi chiamo Enrico Calamai, sono nato a Roma il 24 giugno 1945.
Come diplomatico, sono stato Console a Buenos Aires (Argentina), in missione a Santiago del Cile, Ambasciatore in Nepal e, per finire, Incaricato d’Affari a Kabul (Afghanistan) negli ultimi due anni dell’invasione sovietica (1987-1989). Detto per inciso, l’invasione fu un “trappolone” teso da parte occidentale per farvi impantanare l’Unione Sovietica, come fatto oggi con la Russia in Ucraina. Questo non toglie le responsabilità del vertice del potere sovietico allora e russo oggi, colpevoli di una gravissima violazione del diritto internazionale. Sono tuttavia evidenti le provocazioni dei Paesi occidentali.
L’esperienza vissuta insieme ai perseguitati politici che, nel 1974, un anno dopo il golpe di Pinochet, avevano trovato rifugio presso l’Ambasciata italiana a Santiago, mi ha aperto gli occhi sulla violenza cui le dittature fanno ricorso, sulle responsabilità delle democrazie occidentali che vi collaborano e, allo stesso tempo, sul ruolo dei media che manipolano l’informazione, in modo che l’opinione pubblica, pur disposta ad ondivaghe punte di solidarietà e sdegno, viva in una sostanziale indifferenza su quanto le sta accadendo intorno. Questa indifferenza, che si accompagna a un senso di impotenza a cambiare la realtà politica in cui viviamo, la vedo ancora oggi intorno a me.
Rientrato a Buenos Aires, non ero impreparato quando, nel 1976, mi sono trovato a vivere un nuovo golpe dalle caratteristiche assai diverse. La violenza dei militari argentini non era visibile. Di notte, militari in borghese, con macchine senza targa, rapivano gli oppositori che venivano torturati e fatti sparire gettandoli dagli aerei nell’oceano, ancora vivi. I neonati delle ragazze sequestrate ed eliminate dopo il parto, venivano dati in adozione. Il regime negava persino di averli arrestati. Nessuno poteva immaginare quanto stava accadendo mentre i governi occidentali, pur sapendo, tacevano
L’esperienza cilena, mi permetteva a quel punto di comprendere la situazione e di darmi da fare per salvare quanta più gente possibile, fornendo loro, nel più assoluto isolamento, i documenti indispensabili per trovare salvezza con l’espatrio, anche se, ancora lo ricordo con amarezza, nel più assoluto isolamento.
Attualmente sono impegnato in Mani Rosse Antirazziste, un piccolo gruppo che da quattro anni (dall’approvazione dei “decreti sicurezza” di Salvini) sfila davanti al Ministero degli Interni tutti i giovedì, con le mani rosse come il sangue dei nostri fratelli migranti, per denunciare le responsablità italiane, europee e NATO nelle stragi di chi cerca salvezza in Europa da disastri climatici, dittature, guerre, saccheggio di risorse naturali, crisi, cioè, troppo spesso da noi stessi provocate.
Sfiliamo ogni giovedì come le Madri di Plaza de Mayo, che hanno rappresentato l’unica forza in grado di opporsi alla dittatura argentina, per anni manifestando davanti al Palazzo del Governo, mentre tutto intorno regnavano il silenzio, l’indifferenza e il terrore.
I diritti umani sono un insieme di norme indivisibili, valido e da far valere per tutti, indipendentemente dalla cittadinanza. Al contrario, le destre conoscono solo la difesa del privilegio di chi è ricco e potente e usano il razzismo per confondere l’opinione pubblica a cui non vuole dare risposte sui problemi reali come la precarietà in genere del lavoro, i bassi salari, la disoccupazione, la mancanza di alloggi, la mancanza di investimenti adeguati per la sanità e la scuola pubblica.
La prima emergenza in questo momento è arrivare a trattative a oltranza, nell’ambito di una politica estera italiana radicalmente nuova, di pace, disarmo, riconversione dell’industria bellica, solidarietà tra i popoli, come vuole la Costituzione.
Una materia complessa e articolata che trova risposta adeguata nel programma dell’Unione Popolare.

Enrico Calamai
Roma 10 agosto 2022