Afghanistan: una pericolosa opportunità per la Repubblica Popolare Cinese

di Herta Manenti –

La permanenza di un gran numero di truppe degli Stati Uniti in Afghanistan derivava da una serie di circostanze temporanee che nessuno, per primi gli Stati Uniti, intendeva protrarre tanto a lungo.  Al ritiro delle truppe straniere dall’Afghanistan, dovrà necessariamente seguire  una normalizzazione (una volta superato il caos conseguente e  normale ad ogni cambio di regime), e auspicando una non ingerenza militare, diretta o indiretta, di forze straniere e una pacificazione tra gli attori afghani. Per qualche arcano motivo, l’occidente è rimasto sorpreso dalla caduta immediata del governo afghano a favore dei Talebani, e questo ci dice molto su quale fosse il polso reale della situazione da parte statunintense.

La Cina conferma anche in Afghanistan il principio della non ingerenza, per il quale l’Afghanistan appartiene al popolo afghano, che deve essere responsabile per la gestione del proprio Paese, non un terreno dove diverse potenze straniere si avvicendino.  L’Afghanistan affronta da anni una situazione che lascia poco spazio all’ottimismo sul piano della sicurezza, interesse primario per la Cina per la propria sicurezza interna. Così come per possibili conseguenze sulla tenuta dei progetti infrastrutturali che ha avviato in Asia Centrale, oltre a una persistente crisi economica che oggi, a causa dei blocchi economici e della riduzione della cooperazione internazionale dopo il ritiro delle truppe straniere, non è più semplicemente allo sbando come avremmo detto qualche anno fa, ma drammaticamente bloccata, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti in termini di sopravvivenza quotidiana del popolo afghano.

Il ruolo crescente della Cina nel Paese riflette il suo impegno ad investire risorse. Il crescente impegno post 2001 nell’area confema la volontà cinese di assumere un ruolo e delle responsabilità precise, senza che questo venga necessariamente visto come un tentativo di acquisire potere politico.  Gli Stati Uniti hanno mostrato dal 2001 visioni molto contraddittorie sul ruolo della Cina in Afghanistan: mentre da un lato si incoraggiava Pechino ad assumersi maggiori responsabilità, quando la Cina dava seguito all’impegno richiesto si sollevavano timori e preoccupazioni: una sorta di “schizofrenia”  che è diventata evidente a tutti con la fallimentare organizzazione del ritiro delle truppe.

Tradizionalmente, l’Afghanistan è stata una bassa priorità diplomatica per la Cina, che non ha mai avuto una forte influenza nell’area. Da quando, nel 2009, Obama ha iniziato a ventilare il ritiro delle truppe da parte degli Stati Uniti, l’Afghanistan è diventato più interessante per la Cina. In primo luogo per arginare il problema del terrorismo di matrice islamica all’interno dei confini cinesi. Pechino ha quindi modificato la sua posizione di disinteresse, passando ad un crescente impegno, fino a farne oggi uno degli attori principali nell’area. L’Afghanistan potrebbe essere un canale ideale per attuare la strategia cinese del “go west ” ed  espandere la sua influenza economica e strategica in Asia centrale, Medio Oriente ed oltre.

Cina Afghanistan date e fatti salienti

  • 2001: gli Usa prendono il controllo dell’Afghanistan, la Cina ha inizia a muovere i primi passi per partecipare alla ricostruzione pacifica del Paese.
  • 2002, luglio:  La RPC  riapre dopo 7 anni la sua ambasciata  di Kabul.
  • 2002, dicembre: il presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, e il presidente cinese Hu Jintao firmano la Dichiarazione sulle relazioni di buon vicinato.
  • 2006, giugno: Hu Jintao e Karzai firmano il Trattato di amicizia, cooperazione e buon vicinato.
  • 2012, Giugno: le relazioni Cina-Afghanistan si evolvono con il partenariato strategico e cooperativo, confermando la cooperazione in cinque pilastri la politica, l’economia, le scienze umane, la sicurezza affari internazionali e regionali[1].

 Dal 2001, la Cina ha aiutato l’Afghanistan nella ricostruzione. Con l’aiuto cinese, nel 2004 è stato costruito l’ospedale Jamhuriat, il più grande ospedale di Kabul. Dal 2001 al 2013, Pechino ha fornito circa  240 milioni di dollari in aiuti finanziari all’Afghanistan.  Oltre alla firma di un accordo di sicurezza Cina-Afghanistan per combattere il terrorismo e il sostegno afghano alla “one China policy”, e dopo che il presidente afghano Ashraf Ghani ha visitato Pechino nell’ottobre 2014, la Cina si è impegnata in aiuti per 327 milioni di dollari [2].

Nei quattro anni successivi, il sostegno cinese ha contribuito a progetti di costruzione in Afghanistan, come l’espansione dell’Università di Kabul ed impianti di energia solare. Con il miglioramento delle relazioni bilaterali, Pechino ha promesso altri 134  milioni di dollari in aiuti a Kabul nel 2016 e ha fornito assistenza umanitaria alle vittime di disastri in tutto l’Afghanistan e prevedeva di inserire questi sviluppi nel contesto della svolta energetica “verde” in cui si è impegnata, sempre premesso che il Paese trovi stabilità politica e un contesto di sicurezza a garanzia degl investimenti.

Gli Afghani, anche grazie a questi aiuti combinati da parte cinese, vedono di buon grado la RPC e, vista  la condizione tragica dell’economia afghana attuale, Pechino potrebbe essere oggi un interlocutore privilegiato, destinato ad influenzare profondamente i prossimi sviluppi del Paese.

Cina e Afghanistan un problema di sicurezza

L’interesse principale della Cina in Afghanistan è garantire sicurezza e stabilità per la regione, onde garantire gli investimenti della Silk Road Economic Belt (nuova via della seta) in Asia centrale e internamente per evitare il formarsi di cellule eversive collegate al terrorismo islamico internazionale in movimento tra i confini Sino-Afghani. Infatti, la provincia cinese occidentale dello Xinjiang condivide un breve confine di 76 chilometri con l’ Afghanistan. Si tratta del corridoio di Wakan che, per quanto impervio, permette spostamenti tra Afghanistan e Cina difficili da monitorare. Un’area che desta preoccupazione per possibili infiltrazioni nel territorio cinese del Xingjiang.  Per molti anni i talebani e organizzazioni terroristiche globali come al Qaeda e il cosiddetto Stato Islamico hanno minacciato la stabilità regionale, estendendo le loro operazioni agli Stati vicini. Il Movimento islamico del Turkestan orientale, guidato da estremisti islamici uiguri, ha lanciato diversi attacchi in città cinesi come Pechino e Kunming partendo dalle sue basi afghane. Una storia di attacchi intermittenti, ma violenti, ha accresciuto le preoccupazioni di Pechino per l’instabilità in Afghanistan, Pakistan e altri Stati dell’Asia centrale, generando contestualmente un aumento dell’estremismo religioso nel

Xinjiang, con il rischio di rafforzare il separatismo degli Uiguri e minare l’integrità territoriale cinese. Parte di questo processo sono le rivolte che hanno avuto luogo nella capitale della provincia dello Xinjiang, Urumqi, nel luglio 2009, costati la vita ad almeno 200  persone.

Rafforzando il proprio coinvolgimento  sull’Afghanistan, la Cina mira a contrastare le attività militanti dei combattenti uiguri in esilio dell’ETIM (East Turkestan Islamic Movement) che operano fuori dall’Afghanistan, installare un sistema di controlli lungo il confine occidentale e rafforzare il meccanismo di coordinamento e cooperazione quadrilaterale (QCCM) con Tagikistan, Afghanistan e Pakistan, per difendersi dalle infiltrazioni di militanti transfrontalieri. Inoltre, una maggiore “cooperazione militare” lungo il Wakhan può essere spiegata dall’esigenza di proteggere invertimenti economici sfruttando l’influenza economica di cui godono in Afghanistan[1] .

Nei colloqui e negli incontri con i funzionari afghani, la Cina ha definito i “tre mali” – terrorismo, separatismo ed estremismo religioso – come le sue principali preoccupazioni. Fino a che l’Afghanistan non si stabilizzerà, l’interesse della Cina in Afghanistan continuerà a dare priorità alla sicurezza e all’autodifesa, mantenendo in pausa il coinvolgimento dell’Afghanistan in progetti legati alla Nuova via della seta.

L’inizio del ritiro delle forze militari degli Stati Uniti nel 2014 ha spinto la Cina ad espandere la sua influenza diplomatica in Afghanistan e a mediare nel conflitto afghano. L’allontanamento degli Stati Uniti dall’Afghanistan e l’emergere della Belt and Road Initiative (BRI) hanno fatto sì che la politica cinese sull’Afghanistan cambiasse “dall’indifferenza calcolata all’impegno strategico”.

Inoltre, nel suo discorso alla “Conferenza centrale sugli affari esteri” nel novembre 2014, il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che “la Cina dovrebbe sviluppare un approccio diplomatico distintivo che si addica al suo ruolo di grande Paese” e “condurre la diplomazia con una caratteristica cinese saliente e una visione cinese”.  Un discorso che segna il passaggio della Cina ad una politica con visione più globale. Da allora, il Paese ha iniziato a impegnarsi come mediatore con le fazioni in guerra in conflitti in vari luoghi quali l’Afghanistan, il Myanmar e il Sud Sudan.

La mediazione cinese

Per far fronte all’instabilità afghana, già nel 2005 la Cina ha lavorato insieme alla Russia e a diversi Stati dell’Asia centrale attraverso  l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai-Afghanistan ( SCO) [2]. Nel 2014, la Cina ha organizzaatio una riunione nel contesto dell’iniziativa “Heart of Asia – Istanbul Process” (HoA-IP) [3]. L’incontro, a cui hanno partecipato varie parti internazionali e fazioni politiche afghane, ha segnato l’ingresso della Cina come parte attiva negli affari afghani. La Cina ha anche lavorato sulle questioni afghane su diversi fronti multilaterali come Cina-Russia-Afghanistan, Cina-Pakistan-Afghanistan, Cina-Russia-USA-Afghanistan e Cina-Russia-Iran-Pakistan.

La posizione neutrale di Pechino e la mancanza di coinvolgimento nei combattimenti in Afghanistan, ne hanno consolidato il ruolo e l’efficacia come mediatore credibile per tutte le parti afghane, siano talebani, fazioni locali, o il governo sostenuto dagli USA e i suoi alleati. Tuttavia, divisioni e differenti visioni nella SCO e le incognite sulla reale natura del governo talebano rendono incerti i risultati degli sforzi per contrastare l’insorgere di problemi  che inficino un’evoluzione positiva per la regione, incluso l’Afghanistan. Va sottolineato che la ripresa degli investimenti cinesi è strettamente legata da un lato alla pacificazione dell’area, dall’altro alla preservazione della sua integrità territoriale , ovvero alla capacità di qualsiasi governo afghano di intervenire sulla formazione di gruppi collegati al terrorismo di matrice islamica presenti in Xinjiang.

All’ultimo vertice della SCO, tenutosi nel luglio 2021 in Tagikistan, i membri permanenti (Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan) si sono riuniti per esaminare la situazione in Afghanistan rappresentando gli interessi reciproci di Kabul e dei suoi vicini. La SCO si è anche impegnata a rinvigorire le sue istituzioni regionali antiterrorismo per prevenire la diffusione delle “tre forze del male”, terrorismo, separatismo e l’estremismo nei territori circostanti l’Afghanistan (leggi Xinjiang/RPC) . Sebbene la SCO sarà certamente utile come piattaforma che possa veicolare azioni comuni antiterrorismo tra le nazioni aderenti, gli esiti sul piano interno in Afghanistan restano difficili da prevedere, anche in base alla difficoltà nell’allineare politicamente i vari Stati membri. Conditio sine qua non perché questo processo si attivi, sarà quasi certamente una legittimazione del governo Talebano, ammesso che la situazione in Afghanistan si stabilizzi.

L’incontro tra il mullah talebano Mohammad Omar e l’ambasciatore di Pechino in Pakistan, Lu Shulin, nel dicembre 2000 è stato spesso considerato il primo scambio diplomatico ufficiale tra i due Paesi. Grazie al supporto del Pakistan, la Cina ha potuto stabilire contatti con i Talebani permettendo a  Pechino di chiedere garanzie che insurrezioni e terrorismo non si sarebbero riversati nel territorio cinese. Secondo alcuni rapporti, i rappresentanti dei talebani hanno visitato la Cina diverse volte per discutere dei problemi afghani. Il vice leader talebano, Abdul Ghani Baradar, ha guidato l’ultima visita a Pechino nel giugno 2019. 5 . La linea ufficiale di Pechino continua a esprimere l’impegno a facilitare i negoziati intra-afghani e ad incoraggiare le parti internazionali a coinvolgere i talebani nel dialogo, confermando l’ interesse di Pechino alla stabilizzazione dell’aerea, mettendo in sicurezza gli investimenti infrastrutturali ed i progetti futuri per la Silk Road Economi Belt in Asia centrale.

Da un lato, il Pakistan ha facilitato il contatto e dialogo tra la Cina e le forze talebane, contestualmente la Cina ha facilitato il rapporto diplomatico tra governo afghano e Islamabad.  Nel dicembre 2017, Pechino ha sponsorizzato e partecipato ad un incontro tra i ministri degli esteri di Afghanistan e Pakistan. L’ ultimo di questi incontri si è svolto in forma virtuale, nel giugno 2021.

Le nuove vie della seta di Stati Uniti e Cina

L’ex Segretaria di Stato, Hillary Clinton, ha introdotto la New Silk Road Initiative di Washington nel luglio 2011 durante un discorso tenutosi in India nel luglio 2011 [4].

Il progetto della Nuova Via della Seta a stelle e strisce, sviluppato dal generale Dave Petraeus e dalla sua squadra che in quel momento controllava la presenza statunitense in Afghanistan, prevedeva circa 20 progetti di infrastrutture. Molti dei progetti rientrerebbero nei settori dei trasporti, minerario, energetico e delle telecomunicazioni. I progetti sul trasporto hanno riguardato la tangenziale dell’Afghanistan, il corridoio nord-sud afghano, il corridoio est-ovest afghano, l’autostrada Kabul-Jalalabad-Peshawar, il tunnel di Salang, il corridoio ferroviario settentrionale e l’aviazione commerciale. I progetti della miniera di rame di Aynak e di ferro di Hajigak sono stati integrati da progetti di commercio di energia tra l’Asia meridionale e l’Asia centrale attraverso l’Afghanistan, tra cui il gasdotto TAPI, la linea elettrica CASA-1000 [5] e l’impianto termoelettrico a gas di Sheberghan. La proposta comprendeva anche l’anello in fibra ottica nel settore delle telecomunicazioni. Il budget della Nuova Via della Seta fu però tagliato dal successore del generale Petraeus, il generale James Mattis. In realtà, il Dipartimento di Stato non ha mai voluto veramente implementare questo programma, e solo alcuni dei progetti sono stati abbozzati e stavano prendendo forma con enorme ritardo.

Per alcuni osservatori la versione cinese della Nuova Via della Seta (la BRI) è decollata da dove ha fallito la versione statunitense. Difficile crederlo, sapendo che il progetto di interconnessione ferroviaria tra Cina e Europa era già sul piatto nel 2005, anni prima del lancio ufficiale della BRI di Xi Jinping. E’ invece probabile il contrario, ovvero che qualcuno negli Stati Uniti ritenesse di dover contenere le mire espansionistiche di Pechino in Asia centrale. La scarsa convinzione e l’assenza di una congiunzione geografica tra l’atlantico e l’Asia centrale hanno fatto fallire miseramente questa iniziativa che non trovava certamente la rispondenza che, anch’essi a fatica, possono trovare Russia e Cina nella cooperazione avviata per la Economic Belt, attraendo investitori e manifestazioni di interesse.

A parte la prevenzione del terrorismo in Xinjiang, la Cina guarda all’Afghanistan per blindare i propri investimenti in Asia centrale e in Pakistan. Da quando Xi Jinping ha annunciato la Nuova via della seta (cinese) nel 2013, Pechino ha fatto importanti investimenti in Paesi confinanti con l’Afghanistan, negli Stati dell’Asia centrale e in Pakistan. Parallelamente ha attivato i suoi Istituti Confucio per preparare personale locale al lavoro con le imprese cinesi e diffondere la cultura cinese al fine di aiutare il rapporto, spesso problematico, con le comunità locali che non vedono sempre con favore la presenza cinese. In questo contesto, il progetto bandiera della Economic Belt tra Cina-Asia centrale-Asia occidentale è certamente  il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC).

fonte: K. Hussain: “Exclusive: CPEC master plan revealed,” The Dawn, 21 June 2017, [6]

 

Alcuni osservatori hanno evidenziato la BRI come lo sforzo di Pechino di “marciare verso ovest”,  proponendo connettività transfrontaliera e intercontinentale nelle sue frontiere occidentali storicamente trascurate. Gli investimenti della BRI in Afghanistan hanno notevolmente aumentato la vulnerabilità di Pechino al rischio di conflitto nella regione.  Nell’agosto 2016, la Cina ha preso quindi l’iniziativa di avviare un meccanismo di cooperazione multilaterale antiterrorismo tra Afghanistan-Cina-Pakistan-Tagikistan. Da allora, diversi rapporti hanno segnalato la presenza di forze di sicurezza cinesi coinvolte in pattugliamenti lungo il corridoio di Wakhan, che segna il confine tra Afghanistan e la regione autonoma Cinese del Xinjiang . 7

Nel 2016, Cina e Afghanistan hanno firmato un memorandum d’intesa per promuovere la cooperazione nella BRI. Successivamente, l’Afghanistan è diventato membro della Asian Infrastructure Investment Bank [7] a guida cinese, dato che predispone il terreno per i futuri investimenti di Pechino. L’inaugurazione del corridoio aereo Afghanistan-Cina nel novembre 2018 ha aperto nuove strade per la connettività commerciale tra i due Paesi. Di conseguenza, nel 2019 il commercio bilaterale Pechino-Kabul è arrivato alla cifra di 1,4 miliardi di dollari. Inoltre, gli incontri tra Cina, Afghanistan e Pakistan, dal 2017 hanno evidenziato come vi sia l’intenzione di integrare il CPEC in Afghanistan, fermo restando che il Paese trovi pace e stabilità.

Mentre la Cina ha ottenuto molti accordi nel settore petrolifero e minerario afghano, la precaria situazione della sicurezza in Afghanistan rappresenta un deterrente significativo alla finalizzazione dei progetti. Un esempio lampante è la società mineraria di proprietà statale, China Metallurgical Group, che ha acquisito il contratto per lo sviluppo della miniera di rame di Mes Aynak nel 2008, ma il progetto è stato bloccato a causa di problemi di sicurezza ed è attualmente in fase di nuove trattative. Per questo, la Cina ha in corso solo un numero limitato di progetti, il principale dei quali è il progetto di edilizia abitativa finanziato da Pechino, Nila Bagh [8].

Cooperazione energetica

Nel giugno 2017, il governo cinese ha pubblicato il libro bianco “Visione e azioni sulla cooperazione energetica nella costruzione congiunta della cintura economica della via della seta e della via della seta marittima del 21° secolo”, affermando che “l’iniziativa mira a migliorare la sicurezza energetica regionale e ad ottimizzare la distribuzione delle risorse energetiche. Integrerà i mercati energetici regionali e spingerà in avanti lo sviluppo verde e a basse emissioni di carbonio dell’energia regionale”.  La cooperazione riguarderà il coordinamento di politiche, investimenti energetici, capacità produttiva, la connettività delle infrastrutture, la governance e le struttura globali dell’energia. Sia in Cina che nel sud est asiatico, la domanda di gas ed elettricità, di cui l’Asia centrale è ricchissima, sono molto elevate. Pertanto, la cooperazione energetica sarà un argomento importante nell’ambito della BRI, che già fornisce altre infrastrutture per la connettività regionale ed extraregionale. Tuttavia, al momento non ci sono dettagli sulla cooperazione energetica BRI. E’ quindi difficile determinare il ruolo dell’Afghanistan nell’iniziativa, ma l’Afghanistan ha un ruolo significativo nella cooperazione energetica tra l’Asia centrale e il sudest asiatico, un ruolo che è stato riconosciuto, con diversi progetti di connettività già in corso [9].

 La Nuova via della seta cinese e l’Afghanistan[10]

Figura 2 Xinhua mappa della cintura economica della via della seta (economic belt) e della via della seta marittima del 21° secolo (via della seta marittima).

 

Una delle aree chiave in cui si prevede che la Cina si espanda in Afghanistan sarà l’assistenza economica. Un rapporto del 2019 della Banca Mondiale ha affermato che l’Afghanistan avrà bisogno di almeno 6-8 miliardi di dollari all’anno in sovvenzioni internazionali tra il 2020 e il 2024, per finanziare servizi essenziali e sostenere la crescita economica. Il continuo incremento degli aiuti cinesi all’Afghanistan nell’ultimo decennio indica che è molto probabile che la Cina continui la sua assistenza finanziaria e gli sforzi umanitari.

L’ iniziativa Digital Silk Road potrebbe essere una strada promettente per la collaborazione tra Cina e Afghanistan. I giganti cinesi delle telecomunicazioni, ZTE e Huawei, operano in Afghanistan dai primi anni 2000.  Entrambe le società sono coinvolte nella posa di una linea in fibra lunga 4.800 chilometri, dalla città cinese di Kashgar a Faizabad in Afghanistan. Inoltre, il secondo satellite afgano, noto come Afghansat 2, è stato sviluppato con l’aiuto di Pechino.

Nonostante gli sconvolgimenti e l’interruzione dei progetti, la grande quantità di minerali e idrocarburi dell’Afghanistan rimane attraente per investitori e aziende cinesi. Nel maggio 2021, un gruppo di investitori cinesi ha incontrato il presidente Ghani a Kabul per esplorare investimenti di 538 milioni di dollari nella generazione di elettricità utilizzando il carbone. Le riserve non sfruttate hanno un valore stimato di oltre 1 trilione di dollari statunitensi. 13 Pertanto, l’Afghanistan è un partner attraente per rifornire la Cina di risorse naturali e soddisfare il crescente fabbisogno energetico di Pechino.

La Cina presterà grande cautela alle relazioni con le potenze regionali e all’interdipendenza complessiva della regione. Cina, Russia, Stati dell’Asia centrale, Iran, India e Pakistan condividono le stesse preoccupazioni per la sicurezza della regione che trovano come punto nevralgico la stabilizzazione in Afghanistan. La Cina quindi potrà certamente fare affidamento su un buon livello di cooperazione per promuovere la pace e la stabilità in Afghanistan.

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[1]Shubhangi Pandey, “Understanding China’s Afghanistan Policy: From Calculated Indifference to Strategic Engagement”, Issue Brief No. 305, August 2019, Observer Research Foundation. https://www.orfonline.org/research/understanding-chinas-afghanistan-policy-from-calculated-indifference-strategic-engagement-54126/

[2]The Shanghai Cooperation Organization and Afghanistan: Old Fears, Old Barriers to Counterterrorism Cooperation, Mariya Y. Omelicheva

26 August 2021 https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/shanghai-cooperation-organization-and-afghanistan-old-fears-old-barriers-counterterrorism-cooperation-31398

[3] “Heart of Asia – Istanbul Process” (HoA-IP) è un’iniziativa congiunta di Afghanistan e Turchia, annunciata 10 anni fa alla conferenza del 2011 tenutasi ad Istanbul. Questa iniziativa mira a rafforzare la sicurezza regionale, la cooperazione economica e politica con l’Afghanistan attraverso il dialogo. Una nota aggioranta sullo stato attuale dell’iniziativa a questo link: https://www.eurasian-research.org/publication/heart-of-asia-istanbul-process/

[4] Thomas Zimmerman, 2015  The New Silk Roads: China, the U.S., and the. Future of Central Asia.

http://library.fes.de/pdf-files/bueros/kabul/15587.pdf

[5] CASA-1000, una rete di trasmissione elettrica da 1,2 miliardi di dollari che consentirà a Kirghizistan e Tagikistan di vendere energia idroelettricaall’Afghanistan e al Pakistan. https://projects.worldbank.org/en/projects-operations/project-detail/P145054

[6] CPEC Masterplan relvealed: www.dawn.com/news/1333101.

[8] https://www.reuters.com/article/us-afghanistan-china-housing-idUSKBN16T0KV

[9]Mariam Safi and Bismellah Alizada , 2018, Integrating Afghanistaninto the Belt and Road InitiativeReview, Analysis and Prospects, Friedrich Ebert Stiftung Fundation  http://library.fes.de/pdf-files/bueros/kabul/15587.pdf

[10] Claudia Chia, Kunthavi Kalachelvam, Zheng Haiqi Exploring China’s Afghanistan Policy 2021: https://www.isas.nus.edu.sg/papers/exploring-chinas-afghanistan-policy/


[1] Dichiarazione congiunta tra la PRC e la Repubblica islamica dell’Afghanistan sull’istituzione di un partenariato strategico e cooperativo, Ministero degli affari esteri della Repubblica popolare cinese, 8 giugno 2012 https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/ wjdt_665385/2649_665393/t939517.shtml .

[2]  Zhao Huasheng, “What is behind China’s Growing Attention to Afghanistan?”, Carnegie Middle East Center, 8 March 2015, https://carnegie-mec.org/2015/03/08/what-is-behind-china-s-growing-attention-to-afghanistan.