Non ci uniamo al cordoglio per la morte di Henry Kissinger. Dispiace solo che non abbia trascorso gli ultimi decenni di vita in un carcere per i crimini contro l’umanità di cui è stato direttamente responsabile. Il giudizio morale e politico sul principale artefice del golpe di Pinochet in Cile contro il Presidente legittimo Salvador Allende e del Plan Condor che scatenò la violenza militare contro i democratici e la sinistra in tutta l’America Latina non può che essere di condanna senza attenuanti. Quando pronunciate la parola desaparecidos ricordate sempre che il responsabile di quella operazione di sterminio si chiamava Kissinger.
Lo ricordiamo insieme a Nixon per i bombardamenti del Vietnam, del Laos e della Cambogia che causarono milioni di morti. Possiamo dire con certezza che ha causato molti più morti di Pol Pot. Impossibile enumerare tutti i crimini. Basti pensare all’invasione di Timor Est che causò la morte del 30% degli abitanti, i tre milioni di morti in Bangladesh. Kissinger era un razzista e un imperialista verso i Paesi del Terzo Mondo. Non a caso, fu il primo segretario di Stato americano a visitare il Sudafrica in tre decenni, conferendo prestigio al regime dell’apartheid all’indomani del massacro di Soweto del 1976, quando decine di scolari e altri manifestanti furono uccisi dalla polizia e sostenne la guerra di Pretoria contro l’Angola appena liberata dal colonialismo portoghese.
Kissinger è stato anche un nemico della democrazia italiana e non dimentichiamo le minacce rivolte a Aldo Moro e quanto fece per sbarrare la strada del governo al PCI di Enrico Berlinguer.
Da ultimo vorrei ricordare che ha sempre lavorato per “isolare i palestinesi”.
La biografia di Kissinger sintetizza di tutte le ragioni per cui non ci si può identificare con la narrazione neo-imperialista dell’Occidente.