Appello per un’assemblea pubblica e una mobilitazione contro la guerra e il traffico d’armi.
Negli anni scorsi, nel porto di Genova, una mobilitazione partita dai lavoratori del porto ha impedito l’imbarco di materiale bellico diretto in Arabia Saudita e destinato alla guerra in Yemen.
Analoghe manifestazioni a sostegno del blocco del traffico di armi si sono tenute in altri porti europei contro le navi della compagnia saudita Bahri, che rifornisce d’armi e mezzi militari tutto il Medio Oriente. Ma anche mobilitazioni contro produttori di armi, contro la costruzioni di nuove basi militari, contro treni e aerei che oggi riforniscono conflitti accesi per puro interesse economico e geopolitico.
Sono conflitti sanguinosi che mietono vittime giornalmente, devastano territori, alimentano la crisi climatica e ambientale, spingono migliaia di persone ad abbandonare i loro paesi per emigrare.
Oggi siamo a un anno dall’inizio della guerra tra Russia e NATO per procura in Ucraina, guerra che non accenna a trovare una soluzione.
Uno scontro iniziato nel 2014 da parte dell’Ucraina verso le zone del Donbass, che ha provocato decine di migliaia di vittime di cui nessuno parla, sfociando in un conflitto allargato nel febbraio del 2022 e che oggi rischia di arrivare ad un escalation nucleare.
Il conflitto avviene nel cuore dell’Europa, un conflitto in cui l’Italia è attivamente coinvolta con invio di armi e non solo. Una guerra che ha delle cause che vanno al di là delle cose che vengono propagandate.
Una guerra che ci racconta come il capitalismo a guida dell’Occidente e degli USA in particolare sia in profonda crisi, che si trasforma in aggressioni militari sempre più aperte.
In cui non si esita di fronte a nulla, sacrificando i popoli coinvolti nascondendo però i veri obiettivi, inventando scontri di civiltà, laddove esiste innanzitutto uno scontro per l’egemonia economica, per la supremazia mondiale sullo sfruttamento dell’intero pianeta.
Il complesso militare industriale è tra i molti responsabili di questa escalation, quello almeno che ci guadagna di più, agendo in combutta con governi sempre pronti ad approvare politiche di saccheggio sulle risorse naturali in varie zone del mondo.
Governi che nell’Unione Europea agiscono come burattini proni ai diktat USA nell’inviare armi in Ucraina per far continuare il conflitto, armi sempre più potenti (ultima la richiesta dello scudo antimissile).
In Italia il Governo Meloni continua la politica “filoatlantista” del Governo Draghi dimostrando che non esiste nessuna possibilità né volontà di disubbidire a una politica sanguinosa e fallimentare anche per lo stesso futuro della UE.
I lavoratori e gli sfruttati di ogni paese non hanno nulla da guadagnare. La guerra non è soltanto un enorme macello per i popoli ma porta con se anche devastazione sociale, tagli di risorse per il lavoro e per il welfare per sostenere le spese militari.
Porta ad aumenti delle tariffe che si scaricano sulle popolazioni mentre le speculazioni sui prezzi fanno lievitare i profitti di pochi soggetti economici. Risorse pubbliche a favore della guerra, tolte a quelle che sono le richieste dei lavoratori come il riconoscimento dei lavori usuranti o gli aumenti salariali in base anche all’aumento dell’inflazione. O come le risorse negate al “reddito di cittadinanza” e la “disoccupazione”.
Soldi che vengono meno per la pubblica istruzione o la pubblica sanità. Fermarli però è possibile, cominciando dai nostri territori. Boicottando la guerra cominciando da casa nostra.
Il 28 gennaio alle ore 18:30 al CAP di Genova in Via Albertazzi 3r, come lavoratori del Porto, chiediamo a tutte le realtà di partecipare all’assemblea pubblica per costruire assieme una giornata di mobilitazione a Genova per il 25 febbraio.
Chiediamo a tutti i lavoratori e lavoratrici, ai cittadini e alle cittadine, ai sindacati alle organizzazioni sociali, collettivi, centri sociali, alle forze politiche di sostenere questa giornata; una occasione di lotta contro la guerra e per la pace tra i popoli e tra gli oppressi.
Invitiamo tutti e tutte a raccogliere quest’appello.
Guerra alla guerra! Pace fra i popoli!