Lettera aperta ad imprenditori e imprenditrici.
Questa sarà una lettera franca: sulle dinamiche salariali, sui diritti di lavoratrici e lavoratori, sulla sicurezza del lavoro, sulle politiche industriali ed occupazionali, su molte questioni, stiamo molto spesso su fronti contrapposti.
Ma ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi, rischia di cancellare in un colpo solo sia i vostri interessi immediati, che quelli che noi invece rappresentiamo e vorremmo rappresentare.
Nella migliore delle ipotesi rischiano di scomparire settori importanti della produzione di questo Paese a seguito della sciagurata decisione presa da governo e parlamento di trascinare il nostro Paese in una posizione di formale co-belligeranza nel conflitto tra Russia e Ucraina con l’invio di truppe ed armamenti.
Quando abbiamo resa pubblica una circolare dello Stato Maggiore dell’ Esercito che nella sostanza rende evidente che il nostro Paese si prepara ad una possibile guerra con la Russia, questa è diventata la notizia del giorno. Subito i vertici militari hanno risposto che si trattava di una circolare di “routine”, per fare fronte alla “situazione internazionale”. La notizia, senza accogliere la versione rassicurante dei vertici militari, è stata ripresa anche dal Sole 24ore, giornale che sicuramente leggete.
Il giorno successivo, il generale Goretti, capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, in audizione presso il parlamento, ha riferito che gli 8 aerei Eurofighter italiani di stanza in Romania ed i loro equipaggi dovranno fare assoluta attenzione a non incrociare velivoli russi in Ucraina, perché altrimenti “sarebbe la fine” (testualmente).
Generali ed analisti senza particolari interessi riposti nel business del comparto “difesa e sicurezza” hanno espresso seria preoccupazione e notevole perplessità per la scelta di governo e parlamento di trascinare il Paese nel conflitto in corso, con una posizione di effettiva co-belligeranza.
Sanzioni e contro sanzioni verso la Russia stanno accompagnando questa inopinata posizione del governo del nostro Paese.
Voi sapete bene fare di conto e di certo sapete che già col primo round di sanzioni partite nel 2014 verso quel Paese, i settori manifatturiero, agroalimentare e turismo hanno perso miliardi di euro di fatturato. Molte realtà produttive non hanno retto l’urto ed hanno chiuso i battenti.
Oggi è anche peggio. Tutto il tessuto produttivo della piccola e media impresa nei settori industriale, artigianale ed agroalimentare sta già pagando un prezzo carissimo. La disoccupazione che ne seguirà, il carovita determinato da un aumento del costo delle materie prime e dalle speculazioni produrranno una seria crisi anche della domanda interna. Una crisi che, di conseguenza, potrà colpire indirettamente anche quelle realtà produttive non legate all’import/export con la Russia.
Nel 1° trimestre 2022, il Centro Studi della Confindustria stima una diminuzione della produzione industriale di -2,9% rispetto al 4° trimestre del 2021.
Confesercenti ha condotto a marzo due sondaggi, con Ipsos sui consumatori e con Swg sulle imprese. Ne è emerso che 9 italiani su 10, anticipando la stangata sulla bolletta, hanno iniziato a tagliare le spese comprimibili. Oltre due terzi (il 67%) riduce le consumazioni al ristorante, il 53% la spesa in abbigliamento. Il 47% le vacanze con 3 o più pernottamenti e una quota uguale di consumi culturali e di intrattenimento. Ma c’è anche un 23% che taglia la spesa alimentare e un 10% quella legata alla salute
Non ci pare siate particolarmente reattivi/e rispetto a questa situazione.
Forse pensate che una qualche forma di “sostegno di guerra” potrà compensare le perdite di fatturato ? O forse pensate che ciò che rimarrà del Pnrr vi sarà elargito in questo senso ?
Se è così, crediamo vi stiate sbagliando, perché in una situazione drammatica di guerra, come quella che stiamo vivendo e in cui il governo ci sta trascinando, faranno grandi affari o comunque galleggeranno soltanto i pesci grossi, le multinazionali, gli speculatori e l’alta finanza.
Avrete certamente notato che il governo, i partiti che lo sostengono e la finta opposizione della Meloni hanno deciso di aumentare a dismisura le spese militari, portandole a 35 miliardi di euro che, tradotto, significa un corposo assist finanziario all’industria di riferimento.
Quelli di voi che non sono coinvolti nel business delle subforniture al settore industriale della “difesa e sicurezza”, unico titolo a stravincere in borsa, sono già preoccupati e dovrebbero attivarsi.
Tirate la giacchetta ai vostri parlamentari di riferimento e fategli sapere che la guerra non paga mai.
Fategli sapere che il Paese ha bisogno di stabilità, complementarietà e cooperazione verso l’estero, non di belligeranza.
Maurizio Acerbo, Segretario nazionale,
Gregorio Piccin, Responsabile Dip. Pace
Marco Consolo, Responsabile Area Esteri e Pace
del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea