La rivoluzione cubana deve essere difesa senza condizionamenti, né esitazioni.

Rifondare il socialismo cubano è l’unico modo per preservare la sovranità nazionale e creare le condizioni per la piena emancipazione e lo sviluppo economico e sociale del paese.

 

Roberto Regalado *

La rivoluzione cubana deve essere difesa senza esitazioni, né condizionamenti. Che nessuno esiti, nemmeno per un momento, a sostenerla con tutta la sua energia e senza la minima esitazione. Questo vale sia per gli amici di altri Paesi che sono sempre stati solidali con essa, sapendo che le condizioni e le caratteristiche delle loro lotte, rapporti di forza e/o concezioni programmatiche sono diverse da quelle di Cuba, sia per i cubani che vogliono spazi di dialogo, dibattito, accordo e costruzione del consenso su da dove viene, dove sta e dove va il nostro socialismo.

Le denunce del macro attacco cibernetico contro Cuba, realizzato dagli Stati Uniti e con fondi dei contribuenti statunitensi a partire dal 15 giugno 2021, catalizzatore degli insoliti focolai di proteste violente in varie parti del territorio nazionale che si sono verificati domenica 11 luglio e nei giorni seguenti, hanno avuto, e continueranno ad avere, ampie ripercussioni. Questo è un “granello di sabbia” che l’amministrazione di Joe Biden “aggiunge” o “lascia aggiungere” all’indurimento senza precedenti delle aggressioni contro tutto il popolo cubano che ha ereditato dal governo di Donald Trump.

Come ha fatto tante volte durante gli ultimi 61 anni, nelle ultime settimane l’imperialismo statunitense ha fatto una “puntura” nella società cubana, per misurare se la sua politica genocida di aggressione, minacce, isolamento politico e blocco economico e commerciale ha prodotto “malcontento sufficiente” per infliggere un colpo mortale al suo sistema socialista, seguendo lo stile delle cosiddette rivoluzioni di colore scoppiate nell’Europa dell’Est più di trenta anni fa. Questa volta la “puntura” ha trovato più “malcontento utilizzabile” di quanto avessi stimato, ma i rapporti di forza sociali e politici sono ancora in modo schiacciante e decisivo a favore della Rivoluzione.

Non c’è spazio per il dubbio o la confusione. La rivoluzione cubana deve essere sostenuta con fermezza. Lo dico esplicitamente: nemmeno le correnti con remote origini popolari che sono diventate funzionali alla democrazia borghese, come la socialdemocrazia, sfuggono oggi al lungo braccio dell’estrema concentrazione della proprietà, della produzione e del potere politico. Nessuno di loro sfugge all’essere parte organica della democrazia neoliberale del capitalismo reale, tanto meno in quelle nazioni dove si è verificato l'”effetto rimbalzo” della restaurazione capitalista derivata dal crollo del blocco eurasiatico nel secondo dopoguerra.

Anche se non c’è nessuna relazione o paragone possibile tra le “rivoluzioni colorate” e la storia passata e presente della Rivoluzione Cubana, vale la pena ricordare che, secondo il celebre storico Eric Hobsbawm, quando i governanti dell’Europa orientale lasciarono il loro incarico:

“Furono sostituiti […] dagli uomini e ([…] pochissime) donne che avevano precedentemente rappresentato il dissenso o l’opposizione e che avevano organizzato (o, forse meglio, che erano riusciti a convocare) le manifestazioni di massa che hanno dato il segnale per l’abdicazione pacifica dei vecchi regimi. […] Si parlò molto di “società civile”, cioè dell’insieme delle organizzazioni di volontariato dei cittadini o delle attività private che prendevano il posto degli Stati autoritari, così come del ritorno ai principi rivoluzionari prima che fossero distorti dal bolscevismo. Purtroppo, come nel 1848, il momento di libertà e verità fu di breve durata. La politica e le posizioni da cui si dirigevano le questioni di Stato tornarono nelle mani di coloro che normalmente svolgono queste funzioni. I “fronti” o “movimenti civici” crollarono con la stessa rapidità con cui erano sorti” [1].

E in quel paragrafo, Hobsbawm inserì una nota a piè di pagina che aggiungeva:

“L’autore ricorda una di queste discussioni durante una conferenza a Washington nel 1991, in cui l’ambasciatore spagnolo fece scendere molti dalle nuvole ricordando ai giovani (all’epoca quasi tutti comunisti liberali) studenti ed ex studenti che provavano cose molto simili rispetto alla morte del generale Franco nel 1975. Secondo lui, “società civile” significava solo che i giovani ideologi che per un momento si trovarono a parlare a nome di tutto il popolo erano tentati di considerarla una situazione permanente. [2]

Rifondare il socialismo cubano è l’unico modo per preservare la sovranità nazionale e creare le condizioni per la piena emancipazione e lo sviluppo economico e sociale del paese. Questa rifondazione deve basarsi sul pensiero antimperialista, latinoamericanista, etico e inclusivo di José Martí, e sulla concezione della teoria della rivoluzione sociale con fondamenti marxisti e leninisti, che si nutre non solo dei contributi fondazionali dei classici, ma anche di tutta l’ampiezza, diversità, complessità, ricchezza e dibattito accumulati nella marcia senza fine della vecchia talpa della storia, con le sue esperienze positive e negative, passate e presenti. Questo presuppone che si smetta di praticare l’esorcismo al marxismo-leninismo sovietico, ancora resiliente a Cuba nonostante siano passati più di tre decenni e mezzo dallo scoppio della crisi terminale del socialismo reale nell’Europa orientale, ed esattamente tre decenni dalla dissoluzione e dallo smembramento della stessa Unione Sovietica. È essenziale dare il giusto peso a tutte le idee emancipatrici e socialiste che hanno fatto la storia di Cuba: quelle di Julio Antonio Mella, Antonio Guiteras, José Antonio Echevarría, Raúl Roa García e molti altri e molte altre combattenti di straordinario merito.

La situazione che sta vivendo Cuba è soprattutto il risultato della destabilizzazione a spettro completo  [3] che, dall’elezione di Hugo Chávez alla presidenza del Venezuela nel dicembre 1998, ha colpito tutti i governi e tutte le forze politiche di sinistra e progressiste dell’America Latina, senza alcuna distinzione tra gli obiettivi, i programmi e le politiche di ciascuna di esse.

Questa strategia non mira solo a rovesciare o sconfiggere la Rivoluzione Cubana e i governi latinoamericani e caraibici che vogliono trasformare in maniera rivoluzionaria le loro rispettive società, ma anche quelli che, in modo moderato e graduale, intendono realizzare riforme senza intaccare le basi capitaliste del sistema politico e sociale. Il capitalismo realmente esistente dei giorni nostri ha bisogno che in America Latina e nei Caraibi imperi una “democrazia” basata su ciò che Zemelman ha chiamato “alternanza all’interno del progetto”: [4] una “alternanza” tra Bolsonaro e i suoi pari in Brasile, tra Macri e i suoi pari in Argentina, tra Uribe, Duque e i loro pari in Colombia, e così via in tutti i Paesi.

Sia a Cuba, che nel resto della regione, l’efficacia della destabilizzazione a spettro completo è direttamente proporzionale alla quantità e alla gravità degli errori, delle carenze e delle debolezze di ogni governo, movimento popolare e forza politica che questa strategia riesce a individuare e utilizzare contro di loro. E questa efficacia si moltiplica quanti più progetti e processi trasformatori o riformatori riesce a rovesciare, sconfiggere o mettere in situazioni estreme. Per i governi, i movimenti popolari e le forze politiche di sinistra e progressiste dell’America Latina e dei Caraibi, difendere Cuba è difendere se stessi, mentre per Cuba difendere quei governi, movimenti e forze politiche è difendere se stessa.

Questo è l’unico modo per creare, difendere e mantenere uno spazio di dialogo franco e rispettoso in cui Cuba possa condividere le sue esperienze sulla relazione tra governo e potere, e sulla necessità che il potere sia resistente a qualsiasi prova, e le forze popolari dell’America Latina e dei Caraibi possano condividere le loro esperienze su come trasformare la diversità sociale e politica in forza sociale e politica, come costruire collettivamente nuove conoscenze e posizioni politiche, e come condurre processi partecipativi di accordo, costruzione e rinnovamento dell’unità sociale e nazionale.

A tutte le compagne ed a tutti i compagni che per più di quattro decenni hanno lottato insieme, con posizioni a volte concordanti e a volte in disaccordo, ma sempre costruttive, rispettose e amichevoli, nel Foro di Sao Paulo, nel Forum Sociale Mondiale, nei Seminari Internazionali “Partiti e una nuova società”, nell’Assemblea dei Popoli dei Caraibi e in altri spazi, reti e campagne di movimenti popolari e forze politiche di sinistra e progressiste, chiedo il pieno appoggio alla Rivoluzione Cubana in questo momento decisivo.

Per la sua storia, il suo lavoro nazionale e il suo impegno internazionalista, Cuba merita di essere sostenuta e difesa. A questo merito e a questo meritato diritto, dobbiamo aggiungere la realtà schiacciante e incontrovertibile che sostenere e difendere il socialismo cubano è la premessa essenziale per rifondarlo. Come rifondare un progetto emancipatore che è stato lasciato morire quando avrebbe potuto essere salvato? Come rifondare il progetto storico della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, dopo che è stato lasciato appassire e morire?

Sono consapevole che, oltre ad invocare i meriti e i diritti ben conquistati dalla Rivoluzione Cubana, che la rendono degna di appoggio, sostegno e solidarietà, sto anche invocando il fatto che la difesa del socialismo cubano è una condizione essenziale oggi per la sua rifondazione di domani, un processo di dialogo, dibattito, accordo e costruzione di consenso, che ancora non si è aperto, che non si sa se, come, quando e su quali basi si aprirà, se mai si produrrà.

Ma quello che si sa è che se non si difende oggi il socialismo cubano, queste incognite non saranno mai chiarite.

Quelli che, forse sì o forse no, potrebbero essere i primi passi molto preliminari di questo processo si stavano facendo, quando i fatti di domenica 11 luglio e dei giorni seguenti ci hanno costretto a dare la priorità a ciò che era fondamentale: la difesa della Rivoluzione.

Nel mio caso personale, da settimane stavo scrivendo una serie intitolata “Il Triangolo delle Bermuda in cui  Cuba sta navigando”, il cui articolo finale “è rimasto nell’inchiostro” e, ogni giorno, faccio lo sforzo di aggiornarlo e metterlo al passo con il flusso degli eventi, senza sapere cosa dirà esattamente quando vedrà la luce. In questo contesto, è stato positivo sentire il presidente della Repubblica e primo segretario del PCC, Miguel Díaz Canel Bermúdez, dire nella cerimonia del 60° anniversario del discorso di Fidel noto come “Parole agli intellettuali”, tenutosi il 28 giugno 2021: “Sono onorato di confermare oggi che “Dentro la Rivoluzione” c’è sempre spazio per tutto e tutti, tranne per coloro che cercano di distruggere il progetto collettivo”. Spero che presto potremo seguire questa strada.

A tutti i fratelli e sorelle internazionaliste chiedo l’appoggio incondizionato alla nuova direzione del Partito Comunista di Cuba e al governo rivoluzionario cubano. È un compito titanico essere la continuità della generazione fondatrice che ha condotto la costruzione socialista attraverso il primo grande periodo storico della Rivoluzione Cubana. È un compito titanico assumersi una tale responsabilità, con l’aggiunta di vicissitudini come l’aver affrontato, all’inizio, un disastro aereo, poi un tornado nella città dell’Avana, oltre l’assalto degli uragani. A tutto ciò si sono aggiunti l’intensificazione senza precedenti del blocco decretato da Donald Trump, il flagello del COVID 19 e, per finire, la “puntura” dell’imperialismo statunitense alla società cubana, che registra un maggiore “malcontento utilizzabile” per la destabilizzazione dell’intero spettro.

È con questo riconoscimento che si concludono queste pagine, scritte con la convinzione che il futuro della Rivoluzione Cubana dipende dall’emancipazione dell’America Latina e dei Caraibi, tanto quanto l’emancipazione dell’America Latina e dei Caraibi dipende dal futuro della Rivoluzione Cubana.

 

*Roberto Regalado è uno scienziato politico, dottore in Scienze Filosofiche, professore assistente di Scienze Politiche, laureato in giornalismo e insegnante di inglese, membro della Sezione di Letteratura Storica e Sociale dell’Associazione degli Scrittori, dell’Unione Nazionale degli Scrittori e Artisti di Cuba.

[1]     Erick Hobsbawm: Historia del siglo xx, Crítica, Barcelona, 2009, p. 486.

[2]     Ibíd.

[3] Il termine destabilizzazione a spettro completo è una parafrasi rispettosa dei concetti di guerra a spettro completo e dominazione a spettro completo formulati dalla militante sociale, professoressa e ricercatrice Dr. Ana Esther Ceceña, che comprendono una molteplicità di elementi politici, ideologici, economici e sociali, tra cui la minaccia e l’uso della forza e l’uso di tecniche di guerra psicologica, il cui effetto è simile a quello di un terremoto che non si ferma e di una piovra che colpisce, allo stesso tempo, con tutte le sue gambe. Vedi: «Los golpes de espectro completo», en (https://www.alainet.org), 25‑5‑2014 (consultato 14‑7‑2021).

[4]     Vedi Hugo Zemelman: «Enseñanzas del gobierno de la Unidad Popular en Chile», Gobiernos de izquierda en América Latina: el desafío del cambio, Beatriz Stolowicz (coordinadora), Plaza y Valdés Editores, México, 1999.