Culto, società e politica in Brasile (prima parte)

Cosa è vivo ancora oggi della tradizione di Dom Hélder Câmara? Quale è la situazione della Teologia della Liberazione? E da cosa dipende il forte sviluppo delle chiese pentecostali reazionarie?

La Teologia della Liberazione

Durante il ventennio della dittatura militare in Brasile (1964/1985) un ruolo fondamentale nella resistenza democratica e nelle lotte delle classi popolari fu svolto dalle cosiddette Comunità Ecclesiali di Base (CEBs), piccoli gruppi organizzati intorno alle parrocchie (urbane) o alle cappelle (rurali). Sostenute da laici e sacerdoti, potevano essere composte da 10 a 50 persone che si riunivano per esprimere la loro fede cristiana e nello stesso tempo per dialogare e dibattere sulla situazione socio-politica. Ne facevano parte per lo più i fedeli più poveri, coloro che si trovavano in condizioni di sopravvivenza socialmente precarie.

Di fatto, in Brasile, durante gli anni ’70, la Chiesa dei poveri appariva, agli occhi della società civile e degli stessi militari, come il principale avversario della dittatura.

Le CEBs facevano parte della fitta rete di organizzazioni pastorali popolari – rurali, operaie, urbane, dei popoli nativi, delle donne, dei bambini e dei minori – che adottarono attivamente l’opzione preferenziale per i poveri. Oltre a vari sacerdoti progressisti come Gustavo Gutiérrez, Frei Betto e Leonardo Boff, considerati i fondatori di quella tendenza teologica e sociale, spicca la figura di Dom Hélder Câmara, che durante la dittatura fu arcivescovo nello Stato del Pernambuco. Quattro volte indicato per il Nobel della Pace, è poi stato dichiarato per legge (nel 2017) Patrono brasiliano dei Diritti Umani.

È rimasta memorabile una frase da lui pronunciata, che racchiude nella maniera più chiara il senso dell’impegno sociale espresso da quella corrente di pensiero cristiano conosciuta come Teologia della Liberazione: “Quando do da mangiare ai poveri, mi chiamano santo. Quando chiedo perché sono poveri, mi chiamano comunista”.

Dopo il periodo della dittatura, coloro che continuarono ad alimentare queste pratiche e questa teoria sociale hanno rivolto la loro critica al neoliberalismo che si diffondeva nell’America Latina, sviluppando un’inedita relazione con il pensiero di Marx. La loro critica designava il capitalismo neoliberista come una falsa religione basata sull’idolatria del mercato. In anni più recenti, la critica al capitalismo è rimasta, ma è stata sempre più associata al problema ecologico, facendo leva sullo spirito d’amore (mistico e francescano) per la natura.

Senza dubbio, l’influenza della Teologia della Liberazione si è andata riducendo cogli anni e l’episcopato latinoamericano è divenuto molto più conservatore dopo la nomina di vescovi da parte di Wojtyla (Giovanni Paolo II) e Ratzinger (Benedetto XVI).

I neo-pentecostali

Dall’altro lato dello spettro politico, assistiamo al diffuso sviluppo delle chiese neo-pentecostali. La crescita del pentecostalismo in America Latina è una variante specifica di un movimento più generale, che ha mostrato una capacità di globalizzazione senza precedenti negli ultimi 100 anni. Ha prodotto conversioni e masse di credenti in Cina, Corea del Sud, Singapore, Filippine e in diversi paesi del continente africano.

In tutti questi casi, come anche in America Latina, c’è una costante: il movimento dei pentacostali ha mostrato una grande capacità di legare il suo messaggio alle forme di spiritualità locali. Ovunque, incoraggia tipologie di organizzazione, teologia e liturgia flessibili e adattive, con cui riesce a diffondersi tra varie fasce di popolazione nei diversi contesti nazionali.

Una conseguenza di questo suo modo di essere è che negli ultimi decenni si è verificata una moltiplicazione di culti e sette. Di fatto, la maggioranza dei convertiti al pentecostalismo finisce per raggrupparsi in piccole chiese autonome nei propri quartieri di residenza, spesso dopo essere passati per chiese più grandi o più istituzionalizzate.

La diffusione capillare dei pentecostali è alimentata dai vantaggi organizzativi e discorsivi rispetto alle carenze mostrate dai cattolici tradizionali, e avviene principalmente in quegli spazi dove il cattolicesimo, con la sua lenta logistica, non riesce ad affrontare il rapido processo di metropolizzazione: in ogni nuovo quartiere dove la Chiesa cattolica prevede di arrivare, troverà già una o più chiese evangeliche. Questo processo si verifica anche dalla campagna verso la città e dalla periferia al centro.

I neo-pentecostali mostrano, insomma, una grande capacità di penetrazione territoriale e culturale, e attraggono molteplici frammenti sociali in un gran numero di ibridazioni tra pentecostalismo e forme di cultura popolare e di massa. Sono riusciti a penetrare i più diversi strati sociali ed i più svariati stili di vita, ma è innegabile che il loro successo sia maggiore proprio nei settori popolari, in aree della società dove sembrano offrire armi utili a combattere la sofferenza sociale e personale.

Il Rapporto Rockefeller del 1969 suggeriva di usare le chiese evangeliche come strategia statunitense, in special modo gestita dalla CIA, per fermare l´avanzata della Teologia della Liberazione. Di fatto, diversi gruppi pentecostali ed evangelici sono esplicitamente entrati, fin dall’inizio, nell’agone politico, costruendo vari tipi di alleanze.

In Argentina, i pentecostali si sono mobilitati politicamente sia in assonanza col peronismo che con le forze di centrodestra. In Brasile, le più potenti strutture pentecostali, quasi sempre governiste, hanno sostenuto Collor de Melo e Fernando Henrique Cardoso, per poi unirsi al fronte promosso dal Partito dei Lavoratori nelle quattro elezioni vinte – con Luiz Inácio Lula da Silva e Dilma Rousseff. Successivamente, hanno aderito al progetto di Marina Silva (evangelica e ambientalista, già ministro del primo governo Lula e poi fondatrice di una forza politica dissidente) ed infine, rincorrendo i loro elettori, hanno finito per sostenere la candidatura di Jair Messias Bolsonaro nella fase finale della sua elezione.

Dalla chiesa del “Noi” alla chiesa dell’”Io”

A differenza del resto del mondo, la modernizzazione dell’America Latina non ha portato ad una solida secolarizzazione. Il numero di agnostici e non credenti è aumentato, ma c’è stato anche un ritorno al sacro, una ricerca delle radici per affrontare l’insicurezza di fronte al nuovo.

In questo quadro, la crescita degli evangelici pentecostali è stata determinata da alcuni fattori costanti. In primo luogo, l’aumento delle disuguaglianze sociali ha dato origine a una massa di poveri che sono diventati i destinatari della predicazione di queste chiese, che, mentre i governi sono assenti, si presentano come la soluzione di tutti i problemi.

In termini numerici, le chiese pentecostali brasiliane più rilevanti sono l’Assemblea di Dio, con circa 12 milioni di fedeli, guidata dal pastore Manoel Ferreira; la Chiesa della Grazia, guidata da Romildo Ribeiro Soares; la Chiesa Universale del Regno di Dio, del potentissimo vescovo Edir Macedo, proprietario della TV Record, con quasi due milioni di seguaci; la Chiesa Mondiale della Potenza di Dio, di Valdomiro Santiago, con 400 mila seguaci.

Tutte usano molto i media (stampa, radio, TV, Internet) e le nuove tecnologie, ma anche una vasta infrastruttura con scuole, librerie, mense e studi di registrazione. Hanno, di fatto, una grande disponibilità finanziaria, applicano le regole del marketing alla religione e funzionano come aziende che offrono ai “clienti” il prodotto che loro si aspettano, con un ritorno immediato.

Inoltre, una formazione teologica minima e rapida è sufficiente per ottenere efficaci dirigenti e pastori. Funzionano, in breve, come un pronto soccorso spirituale e come tali sono ricercate. Si basano su promesse e rituali di guarigione fisica ed emotiva, prosperità materiale, libertà dai demoni, risoluzione di problemi affettivi, familiari, crisi individuali e relazioni interpersonali.

Il successo dei pentacostali

Il neo-pentecostalismo, con la sua strategia di proselitismo, richiede relativamente poco ai sostenitori. L’unica eccezione sono le incessanti questue finanziarie. In cambio promette tutto: la soluzione dei problemi, la fine della sofferenza, la panacea.

Il suo successo si basa in gran parte su presunti miracoli, magia, esperienza estatica, trance, pietismo o manipolazione di emozioni traboccanti e sfrenate; tutte pratiche disprezzate e represse dalle chiese cattoliche e protestanti storiche. In altre parole, fornisce catarsi per le masse, annunciando un’assistenza divina diretta e personale, agguantando a piene mani dall’antico moralismo cristiano e riattualizzando pensieri arcaici e vecchie visioni del mondo.

L’individuazione di un nemico astratto e non storicizzato, responsabile dei mali del mondo e non contestualizzato a livello sociale e politico, è fondamentale per sviare qualsiasi processo di acquisizione di consapevolezza da parte degli strati socialmente sfavoriti che vengono coinvolti. Le chiese pentecostali adottano con forza e ripetitività i riti esorcizzanti contro Satana.

Senza il Diavolo, senza un nemico incessantemente espulso, umiliato, combattuto, diffamato, le chiese neo-pentecostali non potrebbero esistere e proliferare. Esse devono combattere e sconfiggere questo nemico forte e potente per attestare il proprio potere spirituale. Se non ci fosse il Diavolo, non avrebbero modo di giustificare, diagnosticare e porre rimedio ai mali che colpiscono i fedeli, né potrebbero legittimare la propria esistenza o la loro derivazione divina.

Un altro fattore importante è lo sviluppo dell’ibridismo, il loro adattamento al “mercato latinoamericano”, con la creazione di prodotti ibridi originali. Si consideri, ad esempio, la produzione musicale degli inni, che fino agli anni ’70 era di origine anglosassone e che da allora si è trasformata in canzoni direttamente ispirate alle tradizioni musicali endogene popolari: una sorta di “salsa-gospel” o “samba-gospel”.

All’interno di ogni chiesa, la struttura è fortemente piramidale, con capacità, flessibilità e autonomia sufficienti per adattarsi alle circostanze di ogni regione. Questa flessibilità è essenziale per rispondere rapidamente alle esigenze causate da crisi economiche, urbanizzazione accelerata, periodi di bruschi impoverimenti e aumento delle disuguaglianze.

La presenza delle chiese neo-pentecostali è una costante molto collegata alla moltiplicazione delle aree marginali (favelas) nelle periferie delle megalopoli, dove c’è tradizionalmente poca presenza dello Stato e della Chiesa cattolica e dove imperversa l’insicurezza fisica (rapine, assalti, guerre tra bande) e l’insicurezza economica (occupazione informale e basse aspettative di lavoro). D’altro canto, l’impegno delle chiese neo-pentecostali in America Latina è molto finalizzato alla conquista dei poveri: della loro coscienza, dei loro portafogli e dei loro voti.

Per compensare l’assenza dello Stato, le chiese pentecostali hanno iniziato ad offrire sostegno religioso ai fedeli, ma anche scuole, assistenza legale, posti di cura. Hanno sviluppato strategie per combattere l’alcolismo e le droghe. Si sono avvicinati alle donne per difendere le famiglie stabili e contrastare la violenza domestica. Hanno istituito sistemi di supporto nelle carceri.

Ma nello stesso tempo, i neo-pentecostali hanno investito anche nell’alto e medio ceto, basandosi sulla nuova “Teologia della Prosperità” e con incontri di preghiera in hotel di lusso. Hanno giustificato, per fede, la posizione dei privilegiati. Hanno sostituito il rimorso per la ricchezza con la predestinazione divina.

In ogni caso, la maggior parte dei neo-pentecostali oggi in Brasile appartiene alle famiglie della classe medio-bassa. Le pratiche religiose messe in atto le aiutano ad affrontare le nuove realtà della società, come la concorrenza sul lavoro e a scuola, consentendo loro di godere – senza colpa – dei loro nuovi status e dei loro nuovi beni di consumo, acquisiti durante il decennio di politiche redistributive dei governi Lula e Dilma.

L’organizzazione neopentecostale

Il neo-pentecostalismo scarta ogni esperienza comunitaria in favore di una presenza personale reiterativa e di una militanza elementare, che rinuncia a qualsiasi rito di iniziazione o lettura interiore. L’esperienza della speranza viene alimentata con un incitamento fatto di slogan e di ovazioni a Gesù, che vanno ben oltre la litania cattolica e giungono fino alla possessione verbale sperimentata ossessivamente. La mistica si trasforma in uno spettacolo, rigorosamente amministrato, di apparenze demoniache al momento giusto e di successivi rituali di guarigione e salvezza.

Il gregge dei fedeli viene irreggimentato, inoltre, con la disciplina dei doveri e il sacrificio obbligatorio, pecuniario e inevitabile, per consentire la tranquillità economica della chiesa pentecostale di appartenenza. Ciò che conta è il valore aggiunto del possibile contatto diretto tra gli afflitti e Dio, tradotto nello spettacolo continuo delle guarigioni, che deve aver luogo ad ogni incontro rituale. Il contagio è istantaneo e si coagula in inni, ovazioni e invocazioni gratificanti. Non ci sono discorsi, ragionamenti o sessioni di interpretazione congiunta e riflessioni sul contenuto biblico. È tutta una scarica di parole marcate da un forte ieratismo.

Al culmine di questo spettacolo ci sono, oltre alle cure, gli esorcismi. E non si lesina sul cerimoniale e sulla coreografia drammatica, col risultato simultaneo di domare il terrore e di espellere puntualmente lo spirito diabolico impuro.

La lealtà del popolo pentecostale si consolida, così, tra la continua esibizione richiesta dal rito dello spettacolo e la tangibilità dei contributi devoluti. E non è nemmeno necessario sottolineare quanto la corrente di guarigione nelle assemblee si trasformi automaticamente nella donazione obbligatoria alla chiesa, nell’assoluta fedeltà alla parola del pastore, nelle attitudini messe in atto nel mondo corrotto degli uomini e soprattutto nell’esercizio del voto.

L’evangelizzazione dei neo-pentecostali si concentra sui benefici simbolici del conforto rigoroso di ciascuno, dissociandosi completamente da ogni interesse di bene comune per la condotta politica, e vedendo in questa solo una routine che si aggiunge al progetto di potere che intende gestire. Del resto, le aberrazioni teologiche del fondamentalismo e del neo-pentecostalismo si sommano spesso alla divulgazione di teorie come quelle della Terra Piatta e di altre assurde tesi cospiratorie straniere, basate su escatologie di seconda mano provenienti soprattutto dagli Stati Uniti.

Va comunque sottolineato come ci sia al fondo una secca ideologia meritocratica, ostile alle politiche sociali istituite dai precedenti governi del PT ed interiorizzata da gran parte della classe media e della nuova classe operaia. Questo il ragionamento di fondo: “io lavoro e guadagno, ma il mio merito non viene riconosciuto perché i miei soldi, attraverso programmi sociali, vanno a chi non fa niente; e questo non è giusto, non è democratico”. E sembra ancora più ingiusto quando la povertà è vista come nient’altro che la conseguenza diretta della mancanza di fede, secondo l’insegnamento la Teologia della Prosperità.

E non va sottovalutato che diventare un pastore evangelico è il sogno di molti giovani in tutto il paese. È una desiderabile e prestigiosa carriera. I corsi intensivi di formazione sono offerti da alcune di queste chiese neo-pentecostali per meno di 900 reais (150 euro) e durano solo pochi giorni. Un talentuoso pastore neo-pentecostale può guadagnare più di 20.000 reais (3.500 euro) al mese.

Infine, va rimarcato che i dirigenti religiosi e i pastori si stanno sempre più trasformando in leaders politici di successo, la qual cosa, oltre ad aumentare considerevolmente il loro reddito personale, consolida il potere crescente delle sette evangeliche e dei partiti politici conservatori e “moralizzatori”, che stanno mettendo a così dura prova le democrazie latinoamericane.

Gli evangelici esprimono ormai decine di parlamentari in tutto lo spettro dei partiti, ma tradizionalmente ingrossano le fila del Partito Repubblicano del Brasile (PRB), del Partito Sociale Cristiano (PSC) e del Partito della Repubblica (PR); oltre che recentemente del Partito Sociale Liberale (PSL), quello con cui si è eletto Bolsonaro, prima di entrarvi in conflitto ed abbandonarlo.

La potente Chiesa Universale del Regno di Dio ha addirittura creato un esercito privato, a partire dal reclutamento di poliziotti. Il programma creato dal loro leader Edir Macedo ha già ricevuto l’adesione di ufficiali di polizia militare di tutti gli stati del Brasile. La loro missione manifesta è quella di fornire assistenza per la valorizzazione spirituale, sociale e umana non solo ai difensori della legge, ma anche ai membri delle loro famiglie.

Nella cerimonia del lancio dell’iniziativa, immortalata in video, il vescovo Edir Macedo ha consacrato il Presidente del Brasile Jair Bolsonaro nel Tempio di Salomone della Chiesa Universale, imponendo la mano sulla sua testa. In quello che ha definito un giorno speciale per l’intera nazione del Brasile, ha pronunciato le seguenti parole di origine biblica: “Ho trovato Davide, mio servo, l’ho unto con il mio santo olio; la mia mano lo sosterrà saldamente e il mio braccio lo rafforzerà”.

Per chiudere il cerchio di collusioni e complicità teo-politico-criminali, un’inchesta giornalistica pubblicata lo scorso ottobre sul quotidiano Estado de São Paulo ha citato uno studio della Rete Fluminense di Ricerca su Violenza, Sicurezza Pubblica e Diritti Umani (organizzazione composta da ricercatori di sette università di Rio de Janeiro, esponenti della società civile e centri di ricerca per soggetti giuridici e giornalisti), che mostra come le milizie di Rio de Janeiro (i gruppi di sterminio, accusati tra l’altro dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco) mantengano solidi rapporti con la polizia, con le fazioni criminali e con le chiese evangeliche pentecostali…

 

Fonte: https://www.lefrivista.it/2021/05/08/culto-societa-e-politica-in-brasile-prima-parte/