di Mark Weisbrot
Un articolo uscito martedì 23 gennaio 2018 sul New York Times, firmato da Mark Weisbrot, afferma che, agendo in modo partitico, il giudice Sérgio Moro ha portato la democrazia brasiliana sull’orlo dell’abisso; aggiunge che Lula è stato condannato in primo grado a nove anni e mezzo di prigione su indizi che mai sarebbero stati presi sul serio in un sistema giudiziario indipendente, come quello degli Stati Uniti; infine afferma che se un potere giudiziario politicizzato sarà capace di bloccare il dirigente politico più importante della storia brasiliana, il Brasile vivrà una vera calamità. Si riporta la traduzione del testo integrale . (Teresa Isenburg)
WASHINGTON — Il principio di legalità e l’indipendenza del potere giudiziario sono realizzazioni fragili in molti paesi e passibili di bruschi rovesci.
Il Brasile, l’ultimo paese del mondo occidentale ad abolire la schiavitù (1888), è una democrazia piuttosto giovane, dal momento che è riemersa dalla dittatura solo da circa tre decenni. Negli ultimi due anni, quello che avrebbe potuto essere un progresso storico – il governo del Partito dei Lavoratori/PT ha concesso autonomia al potere giudiziario per indagare e processare la corruzione ufficiale – è diventato il contrario. Come risultato, la democrazia brasiliana adesso è più debole di quanto sia stata dalla fine del governo militare.
Questa settimana, questa democrazia può essere ulteriormente erosa quando tre giudici di una corte di appello decideranno se alla più popolare figura politica del paese, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva del PT/Partito dei lavoratori, sarà impedito di competere nel 2018 alla elezione presidenziale e forse incarcerato.
Non c’è molta probabilità che la corte sia imparziale. Il giudice presidente del collegio di appello ha già elogiato la decisione del giudice di primo grado di condannare il signor da Silva per corruzione come “tecnicamente irreprensibile”, e la capo gabinetto del giudice ha postato su facebook una petizione chiedendo l’incarcerazione del signor da Silva.
Il giudice di primo grado, Sérgio Moro, ha dimostrato la propria posizione di parte in numerose occasioni. Ha dovuto chiedere scusa al Supremo tribunale nel 2016 per avere divulgato conversazioni telefoniche fra il signor da Silva e la presidente Dilma Rousseff, il suo avvocato e sua moglie e figli. Il giudice Moro ha montato uno spettacolo per la stampa in cui la polizia ha fatto irruzione nella casa del signor da Silva e lo ha condotto ad un interrogatorio, indipendentemente dal fatto che il signor.da Silva avesse detto che sarebbe andato volontariamente a deporre.
Le prove contro il sig. da Silva sono molto al di sotto degli standard che potrebbero essere presi sul serio ad esempio nel sistema giudiziario degli Stati Uniti.
È accusato di avere accetatto una tangente da una grande impresa di costruzione, chiamata OAS, processata all’interno dello schema di corruzione “Autolavaggio”/Lava Jato in Brasile. Questo scandalo di vari milioni di dollari ha coinvolto imprese che pagano grandi tangenti a funzionari della Petrobras, compagnia statale del petrolio, per ottenere contratti a prezzi inflazionati.
La presunta tangente ricevuta dal signor da Silva è un appartamento di proprietà della OAS. Ma non ci sono prove documentarie che il signor da Silva o sua moglie abbiano mai ricevuto titoli, affitti o addirittura che siano stati nell’appartamento, né che abbiano cercato di accettare questo regalo.
La prova contro il signor da Silva si basa sulla testimonianza di un dirigente della OAS condannato, José Aldemário Pinheiro Filho, che ha avuto una riduzione di pena in cambio della prova della sua testimonianza. Secondo il resoconto dell’importante giornale brasiliano Folha de São Paulo, al sr. Pinheiro fu impedito di negoziare la sua deposizione quando inizialmente egli raccontò la stessa storia del sig. da Silva al riguardo dell’appartamento. Inoltre passò circa sei mesi in prigione preventiva. (Questa prova è discussa nelle 238 pagine della motivazione della sentenza).
Ma questa fragile prova è stata sufficiente per il giudice Moro. In quello che gli americani potrebbero considerare come un processo canguro, ha condannato il sig. da Silva a nove anni e mezzo di prigione.
Il principio di legalità in Brasile aveva già subito un colpo devastante nel 2016 quando la successora del sig. da Silva, signora Rousseff, che era stata eletta nel 2010 e rieletta nel 2014, fu messa in stato di accusa e deposta . I più ( e forse anche la maggioranza in Brasile) può credere che essa fu accusata di corruzione. In realtà fu accusata di una manovra contabile che fece sì che momentaneamente il deficit federale di bilancio fosse minore di quello che sarebbe stato in altro modo. Era qualche cosa che altri presidenti e governatori avevano fatto senza conseguenze. E lo stesso procuratore federale del governo aveva concluso che non era un crimine.
Sebbene vi fossero funzionari coinvolti in corruzione di partiti di tutto lo spettro politico, incluso il PT, non ci sono state accuse di corruzione contro la signora Rousseff nel processo di impeachment.
Il sig. da Silva rimane il favorito per le elezioni presidenziali di ottobre grazie al successo suo e del suo partito nell’interrompere un lungo declino economico. Fra 1980 e 2003 l’ economia brasiliana quasi non è cresciuta, con uno 0,2% annuo procapite. Il sig. da Silva si insediò nel 2003 e la signora Rousseff nel 2011. Nel 2014 la povertà era stata ridotta del 55% e quella estrema del 65%. Il salario minimo reale è aumentato del 76%, il salario reale generale del 35%, la disoccupazione ha raggiunto livelli minimi e la infame diseguaglianza finalmente è caduta.
Ma nel 2014 una profonda recessione prese piede e la destra brasiliana è riuscita ad approfittare della decelerazione per organizzare quello che molti brasisliani considerano un colpo di Stato parlamentare.
Se il sig, da Silva verrà impedito di partecipare alla elezione presidenziale, il risultato potrebbe avere molto poca legittimità, come nelle elezioni honduregne di novembre 2017 ampiamente viste come rubate. Un sondaggio dello scorso anno ha rilevato che il 42,7% dei brasiliani riteneva che il sig. da Silva era perseguitato dai mass media e dal potere giudiziario. Una elezione non credibile potrebbe essere politicamente destabilizzante.
Forse più importante è che il Brasile si potrebbe ricostituire come una forma molto più limitata di democrazia elettorale, in cui un potere giudiziario politicizzato può escludere un politico popolare dalla corsa alle cariche. Questo sarebbe una calamità per i brasiliani, per la regione e per il mondo.