Immigrazione: non volgarizziamo Marx

La questione è epocale e molto complessa, come è noto per chiunque viva e sia attivo in ogni realtà quotidiana. In particolare, anche a sinistra, si odono voci ipercritiche di economisti, polemisti e comuni militanti che lanciano allarmi sullo scopo reale della decisione della Germania di aprirsi all’accoglienza e sulle conseguenze di dumping e di ulteriore deflazione salariale che si produrrebbero a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori tedeschi ed europei. Il ragionamento è noto e scimmiotta (volgarizza) Marx: i profughi come esercito industriale di riserva, più malleabile ed ancora più sfruttabile dei nativi, pronto a subire ogni angheria pur di lavorare. È anche un ragionamento pericoloso, perchè tuttora eurocentrico e speculare a quello delle destre xenofobe, perchè incapace di comprendere fino in fondo i fenomeni delle migrazioni e le loro implicazioni e perchè politicamente condannato ad un immobilismo di maniera (che non tiene peraltro conto neanche di quanto sia necessario ed imperativo salvare vite umane aprendo corridoi umanitari: lo abbiamo sempre chiesto, d’altronde…).
Salvate le vite ed accolti i profughi, il rischio dell’integrazione servile, per la verità, è concreto, ma è una scoperta dell’acqua calda. Esorcizzarlo, infatti, non serve a niente. Serve invece una consapevolezza nuova e vecchia allo stesso tempo: la sinistra, le sue forze politiche, i suoi movimenti sociali, i sindacati debbono essere all’altezza della sfida. Accoglienza, difesa dei diritti per tutti, organizzazione degli ultimi contro l’integrazione neoliberista e neoservile: ebbene sì, torna la sfida del proletari di tutti i Paesi unitevi!
Un episodio storico per far capire meglio tra cosa dovremmo scegliere, oggi. Ve lo ricordate il Sudafrica? Nel 1922 vi scoppiò la cosiddetta rivolta del Rand promossa dal Partito comunista sudafricano (allora ancora aperto ai soli bianchi) contro la decisione dei padroni delle miniere d’oro di rimpiazzare la manodopera bianca con quella più conveniente nera e cinese. Contro quelle manifestazioni “infantili” e “tecnicamente” razziste insorsero la stessa Urss e tutto il Comintern, scomunicandole in nome della fratellanza di ogni popolo e del fondamentale principio di eguaglianza. Grazie anche a quell’intervento di concreta guida e solidarietà internazionalista del mondo del lavoro, il partito sudafricano mutò in seguito radicalmente pelle ed organizzazione, si evolse, diede un contributo fondamentale alla lotta contro l’apartheid, tra le sue fila crebbe Nelson Mandela.
Ecco, oggi io voglio scegliere una storia che ci conduca ad un nuovo Nelson Mandela in un’Europa del XXI secolo, piuttosto che procedere verso il regresso al grido di “Operai bianchi uniti per un’Europa bianca”.
Non vorrei essere proprio io a ricordare ai grandi teorici che utilizzano il fantasma di Marx per esorcizzare il presente che va chiamato comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente…Ma se non stiamo dentro il movimento reale degli uomini e delle donne, dentro le sue stesse contraddizioni, che cosa vogliamo abolire o cambiare?

Gianluca Graciolini, Cpf Prc Perugia

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