
A proposito di alcune critiche a papa Francesco in occasione della sua morte
Pubblicato il 5 mag 2025
Raul Mordenti*
Penso che meriti una riflessione la presenza nel web di commenti negativi, violenti e anche volgari, riferiti a papa Francesco dopo la sua morte.
Non ci sorprende (anzi in un certo senso ci fa piacere) che questi attacchi vengano dai cattolici reazionari e dai sostenitori della NATO e della guerra (si veda l’ineffabile Lucetta Scaraffia, che auspica dal nuovo papa un allineamento della Chiesa agli Stati Uniti e a Israele).
Molti di questi attacchi sono stati occasionati da ciò che ha scritto su papa Francesco, in modo tempestivo e del tutto condivisibile, il nostro Segretario nazionale, Maurizio Acerbo, e – questo il fatto più grave che mi spinge a intervenire – alcuni di questi attacchi recano la firma di compagni/e anche iscritti/e al nostro Partito.
Sono del tutto conscio di attirarmi le accuse di essere un censore (reazionario, controriformista, stalinista, e chi ne ha più ne metta) ma oso dire che un/a comunista non dovrebbe dire o scrivere quelle cose, e dico questo semplicemente perché un/a comunista non può essere ignorante, ma soprattutto non può essere stupido/a.
La comunità politica che è il Partito comunista deve anche servire (ce lo insegna Gramsci) come un luogo di formazione reciproca, di intelligenza e di cultura. Naturalmente con questi doveri di intelligenza e di cultura non c’entrano nulla i titoli scolastici o accademici, e anzi l’ignoranza di cui parlo non alberga nel proletariato e fra le masse popolari, e appartiene piuttosto alla piccola borghesia intellettuale e alla sua superbia.
Gli attacchi violenti e anche volgari rivolti a papa Francesco alla sua morte hanno due aspetti che li rendono inaccettabili per i/le comunisti/e.
In primo luogo quegli attacchi dimostrano, e accentuano, una totale dis/”connessione sentimentale” con il nostro popolo, anzi con quello che i popoli di tutto il mondo hanno sentito e pensato in occasione della morte di papa Francesco. Quello che Acerbo ha scritto in morte del papa ha il merito di interpretare questo diffuso e sincero dolore popolare (che non ha nessun precedente, a mia memoria), e tale sentimento è la conseguenza diretta di ciò che Francesco ha fatto e ha detto fino all’ultimo giorno della sua vita; sono cose che tutti/e sappiamo e che non mette conto ripetere qui (ricordo solo che ha iniziato il suo pontificato andando a deporre fiori a Lampedusa in memoria dei migranti assassinati in mare, e che lo ha concluso andando a visitare, ormai moribondo, i carcerati a Regina Coeli).
Ma il secondo motivo è ancora più grave, e sarà forse sorprendente per qualcuno/a: quegli attacchi violano la laicità del nostro Partito, una laicità che è, e deve restare una caratteristica preziosa del nostro essere comunisti/e. Un partito laico non può mettere la religione alla base dei suoi giudizi politici, né come motivo di adesione e fedeltà né come motivo di rifiuto e di condanna. Questo principio fondamentale di laicità, la distinzione fra religione e politica (che io ho appreso in Rifondazione proprio da compagni cattolici indimenticabili come Vittorio Bellavite, Domenico Jervolino, Giulio Girardi) lo abbiamo praticato, tutti/e insieme, opponendoci alle campagne razziste e guerrafondaie contro l’Islam (del tipo: “siccome disapproviamo i burka allora abbiamo il diritto di invadere l’Afghanistan…”). Noi non abbiamo mai fatto discendere dalla possibile disapprovazione di alcune credenze della religione musulmana il rifiuto o la condanna di nazioni e popoli, perché il nostro giudizio di Partito non può riguardare le religioni in quanto tali (chi siamo noi per giudicare?), ma si deve limitare sempre alla sfera dei comportamenti politici. Una cosa infatti sono i princìpi assoluti che le religioni proclamano e altra cosa sono i comportamenti politici. L’integralismo, che contrastiamo con tutte le nostre forze, consiste proprio nel voler imporre nella sfera della politica i dettami delle religioni. Così gli integralisti cristiani hanno dato vita all’era costantiniana, alle crociate (e…alla DC), gli integralisti islamici propongono l’applicazione della Shari’a, gli integralisti ebrei praticano la teocrazia e il sionismo, e così via.
La stessa distinzione che rivendichiamo contro i razzisti imperialisti (“l’arte della distinzione” di cui parlava Togliatti) si deve applicare al Cristianesimo e a tutte le altre religioni. D’altra parte che cosa abbiamo da dire, come Partito, a proposito della creazione del mondo, o della vita e della morte, o di simili problemi? È chiaro che sui problemi religiosi come questi il Partito, in nome della sua laicità, può e deve soltanto tacere. Se non fossimo fedeli a tale distinzione fra religione e politica il nostro Partito non sarebbe laico, ma semmai ateo, e da questo dovrebbe far discendere la proibizione all’iscrizione dei/delle credenti o la loro espulsione.
La geniale scoperta fatta da alcuni/e che papa Francesco fosse un prete (addirittura!), da cui costoro fanno discendere la condanna per lui, non può dunque riguardare i/le comunisti/e.
Le religioni sono libere di pensare e predicare liberamente come vogliono (perché la libertà religiosa è sancita dalla Costituzione), ciò a cui i/le comunisti/e si opporranno sempre è solo che queste posizioni religiose vengano imposte dagli integralisti a tutti/e come leggi dello Stato.
Fuori dalla distinzione fra religione e politica di cui parlo c’è l’anticlericalismo ottocentesco.
L’anticlericalismo appartiene ad altre tradizioni culturali, tradizioni borghesi e piccolo-borghesi anche rispettabili (quella massonica, quella repubblicana, quella socialdemocratica, quella radicale, etc.) ma non appartiene certo alla cultura politica comunista. Non fosse altro perché l’anticlericalismo introduce all’interno delle masse popolari una divisione verticale che nulla ha a che fare con la divisione fra le classi e con la lotta di classe, e non a caso di tale divisione artificiale si sono sempre giovati i padroni che l’hanno sempre promossa.
Dunque dietro l’apparenza ultrasinistra delle feroci critiche di compagni/e a papa Bergoglio c’è solo la prova che opera in loro un’egemonia culturale borghese, che nega la dialettica e soprattutto rinuncia alla necessaria autonomia culturale e politica dei/delle comunisti/e.
Per assumere una posizione veramente dialettica su questi complessi problema, sarebbe forse bastato leggere per intero un passo di Marx che spesso si cita solo nella seconda parte (quanti danni di dogmatismo fanno le citazioni citate fuori contesto, che Gramsci aborriva!); ecco dunque il passo marxiano per intero: “La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo.” (Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, in Marx-Engels, Opere, III, 1843-44, Roma editori Riuniti, 1976, p.190-191).
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