Gli 80 anni di Angela Davis, una comunista con la c minuscola

Gli 80 anni di Angela Davis, una comunista con la c minuscola

di Maurizio Acerbo
A nome del Partito della Rifondazione Comunista faccio i più calorosi auguri a Angela Davis per i suoi 80 anni – compiuti il 26 gennaio – di vita straordinaria e esemplare.
Nell’occasione vorrei ricordare un passaggio assai importante della sua lunga militanza comunista che forse non è nota a tutte/i quanto la sua epopea di rivoluzionaria afroamericana perseguitata e incarcerata dall’FBI. Per la liberazione di Angela Davis si mobilitò davvero tutto il mondo. Segnalo, come esempi della vastità del movimento, il carteggio tra il filosofo marxista ungherese Gyorgy Lukacs e Enrico Berlinguer e le canzoni che le dedicarono John Lennon e i Rolling Stones.

Angela negli ultimi anni si è autodefinita “una comunista con la c minuscola” e questo probabilmente deriva dalla sua presa di distanza di lunga data dalla tendenza a autonominarsi avanguardia e altre caratteristiche autoritarie e dogmatiche del marxismo-leninismo di matrice stalinista.
Nel 1992 Angela Davis, la più famosa esponente del Partito Comunista degli Stati Uniti, uscì dal partito con buona parte dei più autorevoli dirigenti e militanti in dissenso con le posizioni conservatrici dell’allora segretario bianco Gus Hall. Per capirci il segretario tifava per i golpisti russi anti Gorbaciov che, tra l’altro, diedero un formidabile assist a Eltsin che approfittò della crisi per assumere la guida del paese verso la restaurazione del capitalismo e la dissoluzione dell’URSS.
Angela Davis aveva una statura intellettuale e un dialogo con il meglio della cultura marxista del nord e del sud del mondo che difficilmente poteva ridursi alle posizioni “brezneviane” di Hall. Ricordo che Angela Davis non è stata solo la più famosa prigioniera politica del mondo, ma anche un’allieva del filosofo Herbert Marcuse.

Con Angela c’erano il folksinger Pete Seeger, lo storico vittima del maccartismo Herbert ApthekerCharlene Mitchell la prima donna nera candidata alla Presidenza degli Stati Uniti, il veterano degli anni ’30 Gill Green, l’attivista del Free speech Movement di Berkeley e del movimento contro la guerra del Vietnam Michael Myerson.

Uno dei casus belli della rottura fu il differente atteggiamento nei confronti di un saggio che Joe Slovo, leader del Partito comunista sudafricano e del braccio armato dell’African National Congress, aveva scritto sulla crisi del socialismo nell’Europa Orientale nel 1989.
Scriveva Joe Slovo: “è più che mai vitale sottoporre il passato del socialismo esistente [in URSS e Europa orientale] a una critica spietata per trarne le necessarie lezioni. Farlo apertamente è un’affermazione di giustificata fiducia nel futuro del socialismo e nella sua intrinseca superiorità morale. E non dovremmo lasciarci inibire solo perché la denuncia dei fallimenti fornirà inevitabilmente munizioni ai tradizionali nemici del socialismo: il nostro silenzio, in ogni caso, offrirà loro munizioni ancora più potenti.(…) Il socialismo può senza dubbio funzionare senza le pratiche negative che hanno distorto molti dei suoi obiettivi chiave. Ma la semplice fiducia nel futuro del socialismo non è sufficiente. Bisogna imparare le lezioni dei fallimenti passati. Soprattutto, dobbiamo fare in modo che il suo principio fondamentale – la democrazia socialista – occupi un posto legittimo in tutte le pratiche future” (Joe Slovo, Il socialismo ha fallito?)
Come raccontò Mitchell al giornale del South African Communist Party “invece di incoraggiare la discussione, i vertici del partito [Gus Hall] liquidarono le opinioni di Slovo definendole antisocialiste, antimarxiste e antimarxiste-leniniste”.
Angela Davis, che era stata con la componente afroamericana del partito in prima fila per decenni nel movimento antiapartheid, ovviamente aveva un legame assai solido e ben altra stima di combattenti come Slovo e Mandela.
L’area di cui era parte la Davis, e nella quale si riconosceva gran parte della militanza afroamericana e dei movimenti, poneva questioni relative a molti temi: dalla strategia sindacale alla mutata composizione di classe (con l’immigrazione che rendeva necessario rivolgersi non solo all’operaio maschio bianco) al ruolo del partito nei movimenti ambientalisti e femministi.
Con metodi alquanto stalinisti il numeroso gruppo di autorevoli dirigenti e militanti che aveva presentato il documento “L’iniziativa per rinnovare e unire il partito” fu epurato dalla direzione nel congresso del 1991 dopo che a molti sostenitori fu impedito di partecipare.
Ne seguì la scissione (con inevitabili liti su sedi e fondi) e la costituzione della rete dei Committee of Correspondence per tenere insieme i militanti. Il compito di questi comitati era quello di tenere in collegamento i militanti usciti e quelli rimasti nel partito. Oggi si chiamano ‘Committess of Correspondence for democracy and Socialism‘ e lavorano per l’unità consentendo il doppio tesseramento al Partito Comunista USA o ai Democratic Socialists Of America.
Le posizioni di Angela Davis e del suo gruppo nel 1991 sarebbero state definite in quegli anni in Francia o in Italia di rifondazione comunista.
In sintesi non rinunciavano al comunismo sulla base proprio di una critica radicale del “socialismo reale” e rivendicavano la necessità di un rinnovamento contrapposto sia al conservatorismo che all’abiura.
Insomma se si confrontano i documenti della Rifondazione italiana – prima nel no a Occhetto nel Pci e poi di movimento e partito – la sintonia è evidente anche se assai diversi storia e contesti.
Angela Davis ha proseguito. dopo la separazione dal partito che l’aveva candidata per due volte alla presidenza degli Stati Uniti, il suo impegno come intellettuale militante e attivista dando un contributo pratico e teorico di straordinaria importanza negli USA e a livello internazionale.
Col tempo molte delle sue posizioni sono state fatte proprie anche dal suo vecchio partito con cui ha mantenuto rapporti non settari come testimonia il messaggio che ha inviato per il centenario del CPUSA esaltandone la gloriosa storia.
Il marxismo di Angela Davis è profondamente radicato nella storia afroamericana e nelle lotte dei popoli colonizzati. Non a caso sottolinea l’importanza del “black marxism” di autori come Cedric Robinson e il carattere razziale del capitalismo fin dalle origini nella tratta degli schiavi che fornì i capitali per la rivoluzione industriale (come d’altronde insegnava Marx nel libro I del Capitale).
Il suo femminismo nero critico di quello bianco mainstream ha anticipato l’approccio intersezionale e il cosiddetto “femminismo del 99%”: “”Il femminismo deve lottare contro l’omofobia, lo sfruttamento di classe, razza e genere, il capitalismo e l’imperialismo”.
Angela Davis ha tenuto una linea diversa dal CPUSA che dagli anni ’90 sostiene una sorta di fronte antifascista di sostegno critico al Partito Democratico. Angela Davis, come Chomsky, non ha rinunciato alla prospettiva della costruzione di un terzo partito effettivamente di sinistra che rompa il sistema bipartitico. Parlando ai giovani di Occupy Wall Street disse: “Il sistema bipartitico non ha mai funzionato, ma non funziona ora e abbiamo chiaramente bisogno di alternative. Personalmente credo che abbiamo bisogno di un forte, radicale, terzo partito. Nel frattempo, questo movimento, che non è un partito, può compiere molto più di quanto i partiti politici non siano in grado di realizzare e così mi sembra, che il modo migliore per esercitare pressioni su questo corrotto sistema bipartitico è quello di continuare a costruire questo movimento e di dimostrare che raggiunge non solo tutto il paese ma va al di là dell’oceano”.
Per questa ragione Angela Davis non si fece coinvolgere nella campagna di Bernie Sanders nelle primarie democratiche pur apprezzandone i contenuti. Va detto che Sanders riuscì a catalizzare, mobilitare e popolarizzare intorno al socialismo le nuove e vecchie generazioni di attiviste e soprattutto larghi settori popolari e di classe lavoratrice. Angela Davis però, di fronte al pericolo di una vittoria di Trump, fu costretta come Chomsky e tanti altri a dare indicazione per i democratici sottolineando sempre però che non è quello il partito su cui fare affidamento. Un segno di attitudine non settaria. Angela Davis, come noi, pensa che “Ci occorre una struttura politica alternativa che non capitoli dinanzi alle imprese” (forse uno dei motivi per cui fui allergico alla conversione della sinistra al maggioritario nei primi anni ’90 è che sono cresciuto leggendo autori e storie della sinistra radicale USA). Nel 2016 dopo la vittoria del miliardario fascistoide è stata tra le protagoniste della marcia delle donne contro Trump con un discorso memorabile.
Credo che Angela Davis sia stata lungo i decenni una delle più importanti figure a livello internazionale della rifondazione comunista (ovviamente come insegnavano Ingrao e Rossanda il compito storico di una rifondazione va molto al di là dei confini di un singolo partito come il nostro). Lo è stata con l’attivismo e con un’elaborazione che è sempre stata intrecciata con la sua internità ai movimenti e alle lotte nel suo paese e a livello internazionale come con la memoria storica della lunga “tradizione degli oppressi”. Per esempio segnalando sempre il carattere razzista degli USA e il legame tra la repressione della sua generazione di militanti neri e quella che continua a colpire i giovani afroamericani in maniera sistemica e trasmettendo alle nuove generazioni l’eredità di figure come Martin Luther King e Malcolm X. Oppure rendendo omaggio alla storia del mitico sindacato dei marittimi della costa occidentale (a cui dedicò tanta parte di Noi saremo tutto Valerio Evangelisti) durante il movimento Black Lives Matter nell’intervento allo sciopero dei portuali di Oakland.
E’ una leader del sessantotto globale che, al contrario di tante/i altre/i, non si è rifugiata nel reducismo né è passata dalla parte delle classi dominanti.
Angela è una delle voci più autorevoli dei movimenti e della sinistra radicale negli USA e nel mondo.
Il comunismo democratico e internazionalista, marxista nero, femminista e intersezionale di Angela Davis è un punto di riferimento imprescindibile.
Dirsi comunisti con la c minuscola è una buona cosa.
La compagna lesbica Angela Davis è la dimostrazione di come il rozzobrunismo sia un’attitudine reazionaria e di destra. La sinistra può essere fucsia rimanendo – anzi essendo più coerentemente -anticapitalista e antimperialista come insegna la straordinaria biografia militante e intellettuale di Angela Davis.

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