Open to meraviglia non è un errore, ma una campagna rivelatrice

Open to meraviglia non è un errore, ma una campagna rivelatrice



Dmitrij Palagi*

Open to meraviglia è una campagna del Ministero del Turismo italiano pensata per “far conoscere le bellezze del Paese», attraverso una virtual influencer.

Il video di lancio è diventato rapidamente oggetto di tantissime risposte ironiche dal basso, soprattutto sulle piattaforme digitali.

Il gruppo Armando Testa – che si definisce «il più grande gruppo di comunicazione italiano nel mondo» ed ha realizzato la campagna – ha pagato una pagina sul Corriere della Sera, per ringraziare della visibilità. Sostengono di essere riusciti a far parlare della Venere di Botticelli – utilizzata come testimonial – come non avveniva da oltre 500 anni.

La Ministra Daniela Santanché è stata oggetto di critiche e attacchi, insieme a tutto il Governo, anche da parte del Sindaco di Firenze, Dario Nardella, molto legato all’ex Ministro dei beni e le attività culturali e del turismo Dario Franceschini.

Firenze, Venezia e tante altre realtà italiane hanno misurato quanto il sistema culturale sia segnato dal turismo, dalla logica dell’estrazione di profitto sul territorio, dal consumo della storia e delle città, per un mercato sempre più insostenibile.

Nonostante la tassa di soggiorno sia vincolata “a finanziare interventi in materia di turismo”, nei primi mesi del cosiddetto lockdown abbiamo visto i governi locali minacciare di spegnere i lampioni e tremare tanti servizi essenziali.

Perché il turismo di questa società è una vera e propria sostanza tossica, i cui costi collettivi vengono sistematicamente nascosti dalla retorica di un capitalismo sempre pronto a celare le contraddizioni del suo modello di sviluppo.

La campagna Open to meraviglia è stata sicuramente eclatante, come alcuni suoi particolari (dai nomi delle città tradotti in modo sbagliato, all’uso di immagini errate, passando per il mancato acquisto del dominio opentomeraviglia.it). Però non è stata (solo) una conseguenza della visione di questo Governo. Rivela, in modo magari goffo, un modo di pensareal patrimonio culturale italiano che ormai si è consolidato in questi anni.

Estetista Cinica, influencer e abile imprenditrice, è stata “portata per musei”, perché potessero essere consumati da una fascia giovanile di utenza. Con facilità si trovano ancora le tracce degli articoli sulle sue visite a Firenze e Milano. Nel caso degli Uffizi si è parlato di “effetto Ferragni”, dopo la visita di questa celebrità di fronte alla Venere di Botticelli.

Destre e centrosinistra hanno una priorità condivisa: promuovere l’Italia. Loro dicono “farla conoscere”, ma davvero è improbabile che nel mondo non si abbia idea dell’esistenza del nostro Paese. Semmai si tratta di attrarre chi ha alta capacità di spesa, per tenere in piedi un comparto – quello dei beni culturali – per cui non c’è nessuna progettualità. Non a caso si tratta di un settore in cui sono feroci le logiche di sfruttamento. Si tratta di un ambito in cui si sperimenta molto, in termini di immaginario di classe.

Volontariato, precarietà, disconoscimento dei percorsi professionali, umiliazione dei profili lavorativi, inquadramenti contrattuali impropri. Ne ha parlato di recente anche Report, registrando le testimonianze di alcune persone costrette a parlare in condizioni di totale anonimato. Perché negli appalti si vive spesso una condizione di paura. Parlare può voler dire perdere quel poco di entrate mensili, anche ben oltre la fascia di età giovanile.

Dopo due anni, sono ripresi di dialoghi sull’immaginario, iniziati esclusivamente in digitale, nella prima fase di pandemia SARS-CoV-2. Valerio Evangelisti è tra gli autori che più ha scritto dell’importanza di lottare contro la colonizzazione dell’immaginario; ricordando il primo anno dalla sua scomparsa, è emerso il bisogno di ricominciare il percorso.

Li abbiamo voluti riprendere con l’Associazione Mi Riconosci?, perché si tratta di una realtà che ha lavorato molto bene su almeno due fronti. Quello della comunicazione verso tutta la società, denunciando le condizioni di sfruttamento di chi opera nei beni culturali.  E quello di condivisione di singole esperienze soggettive, per far incontrare chi teme di essere sola e solo, chi subisce i meccanismi di atomizzazione della società.

Insieme a loro hanno partecipato altre due persone. Fulvio Cervini, docente di storia dell’arte da sempre impegnato a denunciare le logiche tossiche che accompagnano le logiche di gestione del patrimonio culturale italiano. E Valentina Bazzarin, femminista, ricercatrice e docente di psicologia cognitiva, che si occupa molto di etica della comunicazione.

Abbiamo dialogato in presenza, grazie alla disponibilità del gruppo consiliare Sinistra Progetto Comune, in Palazzo Vecchio, a Firenze, trasmettendo in streaming la prima parte dell’evento, che adesso è a disposizione di chiunque voglia portare avanti, sul proprio territorio, un ragionamento su cultura, turismo e sfruttamento del lavoro.

Perché si può ridere e prendere in giro la campagna Open to meraviglia, ma occorre costruire concretamente, ovunque, spazi di incontro, alternativi a quelli in cui si può solo consumare, o a quelli dove le regole sono scritte dagli avversari di classe (sabato abbiamo discusso anche di come si sta trasformando il mondo delle università italiane).

Far incontrare storie simili, vertenze e lotte è un modo per migliorare i rapporti di forza nella società e alimentare conflitti. Per immaginare un mondo migliore e la cultura come uno strumento di liberazione, soggettiva e per la propria classe di appartenenza.

*responsabile area cultura e formazione PRC/SE

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