La marcia di New York del 14 gennaio 2023 per la pace in Ucraina, in onore a Martin Luther King, Jr., e contro la guerra per procura della Nato

La marcia di New York del 14 gennaio 2023 per la pace in Ucraina, in onore a Martin Luther King, Jr., e contro la guerra per procura della Nato

di Salvatore Engel-Di Mauro, professore ordinario e capo dipartimento di geografia e studi ambientali presso la State University of New York, sede New Paltz, e redattore delle riviste Capitalism Nature Socialism e Human Geography

Il pomeriggio del 14 gennaio 2023, in occasione della festa dedicata a Martin Luther King, Jr., si è svolta una protesta pacifista a Times Square, nel cuore di Manhattan (New York), per inaugurare un due settimane di protesta in diverse città americane, dal 13 al 27 gennaio. In un paio di centinaia (tra cui il sottoscritto) si sono presentate/i per manifestare la loro contrarietà alla guerra, ma anche a tutte le guerre appoggiate in un modo o un altro dal governo statunitense. Il messaggio centrale è l’immediata cessazione dei combattimenti e la ricerca di una risoluzione diplomatica al conflitto, invece di rimpinguare i vari dispiegamenti militari di armi sempre più devastanti e così riempire le tasche delle imprese che sulla guerra ci lucrano. Spiccavano anche striscioni di supporto e discorsi rivolti ai moti in Perù e alla lotta per la liberazione della Palestina. 

La protesta è stata indetta e organizzata principalmente dalla coalizione che porta la sigla di ANSWER (Act Now to Stop War and End Racism, Agire ora per fermare la guerra e il razzismo) e dal The People’s Forum (Il Foro del Popolo), un nuovo centro culturale e di formazione politica marxista attivo dal 2018. É la prima mobilitazione di tale portata dall’inizio dell’invasione Russa in Ucraina e che diffonde un chiaro messaggio critico indirizzato al governo americano e gli alleati Nato per la loro guerra per procura. L’iniziativa gode dell’adesione di diverse realtà importanti nell’universo pacifista e radicale americano, come il gruppo femminista Code Pink (Codice rosa), Veterans for Peace (i veterani per la pace), al Awda (“Il ritorno”, una coalizione per il diritto delle/i palestinesi di tornare in Palestina), Peace in Ukraine Coalition (la coalizione per la pace in Ucraina), tra decine di altre organizzazioni dove figurano persino spezzoni di circoli newyorchesi del Green Party USA (il Partito americano dei verdi) e del Democratic Socialists of America (le/i socialiste/i democratici d’America).

É significativo il nesso con la ricorrenza della nascita di King, una figura di immenso spessore storico che, specie durante il periodo poco prima l’assassinio, aveva cominciato a tenere discorsi sempre più critici contro le politiche antisociali e guerrafondaie del governo Usa, contro la guerra al Vietnam, il razzismo imperante e il capitalismo in generale. Infatti, è proprio nello spirito di King, propenso com’era al socialismo, che si rifà il rinascente movimento pacifista statunitense contro la guerra per procura in Ucraina (e continua allo stesso tempo la lotta della sinistra per riappropriarsi di un personaggio volutamente svuotato di qualsiasi contenuto socialista dalle istituzioni statunitensi). Questo collegamento alla figura di King lo ribadì più volte la co-direttrice di the People’s Forum, Claudia de la Cruz, nel suo discorso a Times Square.

Davanti a uno sfondo fluorescente a stelle e strisce, circondati da decine di poliziotti/e (in tenuta regolare, fortunatamente, ma sempre armate/i fino ai denti) e migliaia di passanti, per lo più turisti con sprazzi di evangelici predicanti l’apocalisse imminente (una consuetudine a Times Square), si sono tenuti discorsi—sommersi dai rumori circostanti a causa di casse acustiche poco idonee—da vari/e rappresentanti delle maggiori formazioni organizzative (e si è patito un gelo aspro per alcune ore), prima di marciare per circa un chilometro al The People’s Forum, dove, in un seminario divulgativo (in inglese, “teach-in”), si sono espresse tra le maggiori voci del Party for Socialism and Liberation (PSL, il Partito per il socialismo e la liberazione), la vera forza propulsiva di ANSWER. Infatti, vi erano decine di tesserate/i del PSL pervenute/i da diverse città, centinaia di chilometri da New York e dalla città stessa, unitesi al corteo e all’avvenimento. Le idee e gli spunti di riflessione condivisi sono reperibili (in inglese) dall’organo principale del PSL, Liberation News e tramite la registrazione (anch’essa in inglese) resa disponibile da The People’s Forum. Argomenti e discorsi simili figurano anche nelle dichiarazioni di appoggio alla protesta provenienti dalla US Citizens for Peace & Justice – Rome (Cittadini degli Usa per la pace e la giustizia), tradotte parzialmente dalle/i compagne/i di Contropiano.

Nei discorsi tenuti dalla de la Cruz e dai membri del comitato centrale del PSL, Eugene Puryear e Brian Becker, figurò una spiegazione dettagliata dei processi storici recenti che hanno portato alla guerra e del ruolo fondamentale della classe dirigente statunitense nel provocare il conflitto. Si constatò l’assenza di una mobilitazione di massa e la si spiegò con il fatto che per ora la maggior parte della gente negli Usa non è toccata direttamente dal conflitto provocato dal governo statunitense. Si insistette che la guerra, oltre che fare un grande sperpero di risorse a scapito di sanità, case popolari e riparazioni di infrastrutture fatiscenti negli Stati uniti stessi, coincide con gli interessi della classe dirigente. In generale, si fece notare, la guerra va interpretata come una forma di lotta di classe che favorisce i ceti più ricchi mentre divide le classi operaie e le porta al macello. Questa è la chiave di lettura da seguire sul tema della Nato, come organo militare che si oppone agli interessi materiali delle classi operaie e che quindi bisogna lottare per la sua dissoluzione. Tra gli interventi ne figurò uno a sorpresa da João Pedro Stedile del brasiliano Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (Mst, il Movimento dei lavoratori rurali senza terra) con un suo discorso registrato in sostegno alla protesta. Stedile sottolineò l’importanza della resistenza alle guerre e alla Nato negli Usa anche per dare più respiro ai movimenti, come in Brasile. Infine, Becker, alludendo all’odierna costellazione politica sfavorevole ai movimenti pacifisti e socialisti, ricordò come, poco prima dello scoppio delle immense proteste contro la guerra in Vietnam e delle diffusissime rivolte popolari del sessantotto, la situazione politica all’epoca era ristrettissima, schiacciata tra l’incudine del guerrafondaio Humphrey e i martelli della destra di Nixon e del segregazionista Wallace, che ottenne più del 13% dei consensi alle presidenziali. Eppure, le rivolte e le lotte dilagarono proprio in un tale contesto poco propizio e la società si trasformò. Il messaggio 

Oltre le organizzazioni e i partiti citati, ci erano pure importanti rappresentanze dal PCUSA (lo storico Partito comunista americano, ancora in fase di rinnovamento) e dal Workers World Party (Partito mondiale operaio, formazione trotskista dalla cui scissione interna nel 2004 nacque il PSL). Come solitamente accade durante questo tipo di avvenimento negli Usa, vi erano membri di partitini o gruppuscoli, quasi tutti trotskisti, occupati più a volantinare e cercare potenziali reclute tra le/i manifestanti piuttosto che dare supporto alla protesta o tentare di diffondere alle/i passanti informazioni controcorrente e pacifiste sulla guerra. Purtroppo, lo stesso discorso sulla mancanza di divulgazione generale vale per tutte le parti coinvolte nella protesta, fin troppo autoreferenziali per riuscire a dialogare con un pubblico più ampio, cioè, con la maggioranza della gente. Facendo un paio di passi attorno alla piazza si sentiva sovente nelle conversazioni tra le/i passanti una confusione preoccupante sulla guerra e sul significato della Nato, se non una avversione alla protesta stessa, che in alcuni casi si interpretava come filo-putiniana. 

Quella del 14 gennaio però non è la prima manifestazione che palesa dissenso ed esplicita una alternativa concreta alle politiche guerrafondaie del governo Usa. La coalizione già concretizzò diversi avvenimenti ANSWER nei mesi scorsi, ospitati da the People’s Forum e con la presenza di intellettuali come Noam Chomsky , ma principalmente virtuali. Uno dei pochi esempi repentini, risalente a marzo del 2022, e l’unico su di cui si hanno informazione facilmente reperibili, in rete, lo ha dato il gruppo Southwest Virginia Citizens for Peace in Ukraine (Cittadini della Virginia sudoccidentale per la pace in Ucraina). I suoi esponenti, a stento una decina, si riunirono nel centro di Salem (nella Virginia) per esprimere la loro contrarietà alla sottrazione di miliardi di dollari ai fondi promessi dal governo Biden per la ricostruzione del paese invece che per fini bellicistici. Non vi fu grande eco, anche perché schierarsi contro la spedizione delle armi ed espansione delle sanzioni rischiava un feroce ostracismo. 

Una breve nota storica andrebbe aggiunta sulla mobilitazione pacifista qui descritta e il ruolo catalizzatore svolto in essa da ANSWER. Nell’ormai distantissimo 2001, poco dopo gli attacchi alle torri gemelle di New York City e al Pentagono, ANSWER si formò come coalizione di partiti e organizzazioni pacifiste e per i diritti civili con le mire di contrastare i piani di guerra contro l’Afghanistan e l’ondata razzista, principalmente antiaraba, che cominciava ad imperversare un po’ dovunque negli Stati uniti. Questa coalizione, coordinata all’epoca principalmente dal Workers World Party, fu due anni dopo tra le maggiori a organizzare e capeggiare la mobilitazione contro la guerra all’Iraq. Una mobilitazione che nell’arco di un anno raggiunse centinaia di migliaia di adesioni, destando l’interesse dell’ala sinistra del Partito democratico americano che eventualmente ampliò e fagocitò il movimento pacifista, subordinandolo alle proprie esigenze elettorali e minandolo una volta eletto Obama. Per ora, al governo, solo una minoranza all’interno del Partito repubblicano, per la maggiore trumpiana, si è opposta all’aumento delle spese militari a favore della guerra in Ucraina, insistendo, per esempio, su maggiori investimenti nella militarizzazione del confine col Messico, cioè, nella brutalizzazione dei migranti. Il progressismo interno al Pd USA (sostenuto anche dall’organizzazione, fondata nel 1979 come fronte di sinistra anticomunista, che va dal nome del già citato Democratic Socialists of America che dota di alcune/i deputati alla Camera, il “Congress”) per ora latita oppure accenna a timide iniziative pseudo-pacifiste per poi subito rifugiarsi nel voto a favore di rifornimenti bellici e dell’inasprimento delle sanzioni. Altre formazioni pacifiste di peso, come la United for Peace and Justice (Uniti per la pace e la giustizia), che ruppero con ANSWER nel 2005, si allinea all’ala progressista del Pd USA, nelle loro sparutissime dichiarazioni a proposito.

Sarebbe dunque da auspicarsi un rinnovato ampliamento nelle file pacifiste degli Usa ma questa volta ben distanti dalle grinfie di una qualsiasi formazione borghese e con discorsi proiettati a un pubblico generale, ignaro delle questioni più elementari e delle menzogne che subisce quotidianamente. Non sarà impresa facile, visto le esigue forze in campo e le enormi capacità mediatiche e finanziarie del Pd USA, i settarismi e le tante divisioni interne alla sinistra americana. Nonostante una situazione alquanto sfavorevole, anzi, proprio per questo motivo, sia negli Usa che in Italia, in quanto paese Nato, sarà importante unire le forze e coordinare le realtà pacifiste a livello internazionale per aumentare l’efficacia della lotta contro le guerre della Nato e l’imperialismo statunitense che le fomenta.


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