La memoria di Genova

La memoria di Genova

Stefano Galieni

Chi nei giorni del G8 di Genova non poteva esserci, perché troppo giovane o forse non ancora nato e magari vorrebbe saperne di più si ritrova oggi con un grave handicap. Se cerca le fonti ritrova i quotidiani e i servizi dei media mainstream, qualche filmato, qualche libro anche di buon livello come quello di Lorenzo Guadagnucci ma poi poco altro. E in quel turbinio di eventi, iniziato ben prima della tremenda tre giorni genovese e di cui ancora in molti portano le tracce resta una grande confusione. Tutto ruota attorno alla tremenda violenza esercitata allora dagli apparati repressivi dello Stato ma oggi raccontati come pura e “innocente” difesa di fronte ai vandali che volevano saccheggiare la città. Sparisce la ricchezza anche culturale emersa in quei giorni, soprattutto nel corteo del 19 luglio per la libertà di movimento delle persone, spariscono i tanti eventi che hanno costellato i mesi precedenti in cui sembrava poter nascere uno spazio nuovo di ribellione all’esistente e di analisi profonda della globalizzazione neoliberista. Lo ricordava proprio un anno fa, ad un simposio organizzato dalla rivista Zapruder, il reporter a fumetti Zerocalcare dicendo pressappoco: «Io rispondo molto sui social e spesso incontro giovani che mi fanno domande. Negli anni passati – io a Genova c’ero e avevo pubblicato delle tavole – c’era anche chi mi scriveva con insulti su Carlo Giuliani. Da un paio d’anni c’è quasi il silenzio. Solo alcuni che ogni tanto mi chiedono: ma cosa è successo a Genova?». Già nell’epoca della massima espansione del mondo dell’informazione ci vuole poco a rimuovere la memoria. È accaduto, pressoché nel silenzio di tutti, un fatto grave che ha facilitato la rimozione. In quei giorni c’erano soprattutto alcune testate che raccontavano in tempo reale quanto accadeva. Indymedia, internazionale, radicale ed indipendente, dal 2013 ha cessato di esistere e il suo immenso archivio non è online. Nata nel 1999 ha svolto per anni quella che prima si chiamava “controinformazione” e che in epoca successiva è divenuta, anche per le modalità redazionali organizzative oltre che per i cambiamenti degli strumenti utilizzati, “informazione dal basso”. Tante le redattrici e i redattori che hanno raccontato aspetti fondamentali del movimento altermondialista, che a Genova e non solo, erano sul campo, informavano in diretta e senza censura. Un altro strumento che ebbe un ruolo chiave in quel periodo fu “Carta”, in parte costola del Manifesto e animata da Gigi Sullo e Anna Pizzo. Anche la piccola ma agguerrita redazione di questa testata fu presente fortemente a Genova, anche all’interno dell’allora Social Forum, ma nel 2010 ha chiuso. Il materiale pubblicato è disponibile unicamente su cartaceo. Stessa sorte è toccata al nostro quotidiano Liberazione che conobbe in quella stagione il massimo della diffusione e della popolarità divenendo vera e propria voce del movimento. Ad oggi per una consultazione è possibile recarsi alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, in qualche altra biblioteca cittadina e presso privati ma altrimenti on line nulla è rintracciabile e sarebbe estremamente utile un lavoro di digitalizzazione. Eppure pagine importanti di quel periodo furono scritte da nostri giornalisti, esponenti politici, intellettuali, uomini e donne che avevano capito con largo anticipo quanto era partito da Seattle due anni prima, che avevano scoperto nuovi e fecondi approcci all’urgenza di una trasformazione radicale della società. A che pro servirebbe uno sforzo del genere? Intanto per rispondere, in maniera non conforme, alle sollecitazioni di cui ci parla Zerocalcare, poi perché la memoria di quei giorni rappresenta un punto nodale della storia della sinistra in Italia. Certo non di quella che vive di parlamento e di cronaca spicciola. Il movimento No global, con tutti i suoi limiti e ingenuità aveva colto appieno alcune falle del sistema neoliberista che si sono dimostrate concretamente con la crisi del 2008. Oggi altre voci stanno emergendo, capaci di costruire una critica radicale al sistema, di avanzare proposte e visioni di società che tengono insieme, giustizia sociale, protezione dell’ambiente, diritti civili, difesa del lavoro e redistribuzione delle risorse. Un vento positivo che soffia, come reazione politica ai danni prodotti dalla pandemia, al razzismo del sistema usa, ai nazionalismi dilaganti, alla pretesa di mantenere sempre più ampie fasce delle popolazioni mondiali in condizioni di subalternità e di povertà. A chi, non solo in Italia, si organizza per opporsi, tracce di memoria recente risulterebbero utili, sarebbero da stimolo nella consapevolezza che in 20 anni molte questioni hanno subito profonde modifiche. Recuperare la memoria è forse il modo migliore per fare passi avanti, fornire fonti e strumenti in chi oggi si affaccia alla vita e all’impegno politico è un comune dovere. Altrimenti, come troppo spesso è accaduto – dalla Resistenza al Sessantotto, alle lotte operaie fino agli anni Settanta – continuerà a passare e a farsi storia la versione di chi comanda.


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