Avanzata della sinistra in Macedonia del Nord, una breccia nella gabbia del bipolarismo.

Avanzata della sinistra in Macedonia del Nord, una breccia nella gabbia del bipolarismo.

 

Gianmarco Pisa

Anche la Macedonia del Nord, lo scorso 15 Luglio, ha celebrato la sua giornata elettorale e anche in questo caso, insieme con la tenuta dei maggiori partiti della scena politica, si afferma la presenza di una «terza forza», una sinistra alternativa, con una significativa caratterizzazione socialista ed ecologista, che fa riferimento al GUE, il Gruppo Unitario della Sinistra Europea. Non solo ma, al netto del risultato ottenuto dai principali schieramenti, nessuno raggiunge una percentuale tale da consentire di ottenere da solo la maggioranza dei 120 seggi del parlamento (“Sobranie”) macedone, con la conseguenza che si apriranno trattative per la formazione di un accordo di coalizione. La lista “Noi possiamo”, composta da SDSM, dal Partito Democratico Turco e da BESA (Lëvizja Besa – Movimento “Besa”) e centrata, come asse della coalizione, intorno al SDSM, il partito socialdemocratico (Unione Socialdemocratica di Macedonia), che esprime l’ex capo del governo Zoran Zaev, pur subendo un calo rispetto alle precedenti elezioni del 2016, si afferma come prima lista, col 36% dei voti. Il distacco con l’altro schieramento non è ampio, il confronto elettorale si è alla fine risolto in un “testa a testa”, capace di esprimere non solo la tenuta di tali formazioni, ma anche la divisione dell’elettorato della Macedonia del Nord: la coalizione per il “Rinnovamento per la Macedonia”, centrata intorno al partito, già all’opposizione, del VMRO-DPMNE (Vnatrešna Makedonska Revolucionerna Organizacija alias Organizzazione Rivoluzionaria della Macedonia Interna – Partito Democratico dell’Unità Nazionale Macedone) di Hristijan Mickoski, sfiora il 35%, anche in questo caso in calo rispetto alle precedenti elezioni, quando la destra macedone aveva raggiunto il 39%. Nessuna delle due liste sarà dunque in grado di formare un “proprio” governo, i socialdemocratici avranno bisogno di allargare l’alleanza e formare un governo di coalizione, tanto più considerando i seggi in base alle proiezioni, 46 seggi per il campo socialdemocratico e la coalizione “Noi possiamo”, 44 seggi per i conservatori e la coalizione per il “Rinnovamento per la Macedonia”. Anche in questa circostanza, dunque, ago della bilancia saranno i partiti espressione della rilevante componente albanese macedone, il DUI (Demokratska Unija za Integracija – Unione Democratica per l’Integrazione), che ha superato l’11% dei voti e, allo stato, è accreditato di 15 seggi in parlamento, mentre l’AA (Alijanca za Albantsite – Alleanza per gli Albanesi) sfiora il 9% delle preferenze ed è accreditato di 12 seggi. Altra aggregazione della componente nazionale albanese è il DPA (Demokratska Partija na Albancite – Partito Democratico degli Albanesi), più fortemente orientato a destra e già alleato in passato del VMRO-DPMNE, che si ferma tuttavia al 1.5% (che dovrebbe consentire l’ingresso in parlamento con un seggio). Promettente il risultato di “Levica” (la Sinistra), di Dimitar Apasiev, la forza della sinistra alternativa macedone, che supera il 4% (era all’1% nel 2016) e arriva, di conseguenza, a 2 seggi (il partito ha però denunciato irregolarità e voti sottratti alla lista). In un quadro, comunque, segnato da una scarsa partecipazione al voto, con una affluenza al 52%. “Levica” è una formazione innovativa nel panorama macedone: non solo fa della giustizia sociale il perno del programma, ma si oppone dichiaratamente al «nazionalismo etnico», che ancora costituisce questione aperta nella società macedone. «Si batte contro le barriere e le tensioni inter-etniche e, come partito al di là delle distinzioni etniche, lavora per unire il popolo senza riguardo al proprio status e contro la divisione in base all’etnia. Si oppone all’imprigionamento del popolo all’interno degli angusti confini dello Stato Nazione». Contrasta cioè l’acuta e dolorosa divisione nazionale della politica e della società macedone tra macedoni slavi e albanesi (e poi turchi, rom, bosgnacchi …), proponendosi pertanto come partito «extra-etnico». Come tutte le forze della sinistra di progresso, si oppone alla NATO (e, nello specifico macedone, ha chiesto la sospensione dei negoziati di adesione del Paese alla NATO stessa) e sostiene la neutralità militare e le politiche di cooperazione, in base a relazioni amichevoli e in virtù del rispetto del principio di auto-determinazione. «Lotta contro la partecipazione e l’integrazione del Paese in blocchi militari e missioni inumane. Si oppone all’imperialismo economico rappresentato dalle politiche di spoliazione, vassallaggio e investimenti diretti che sfruttano le risorse e la forza-lavoro macedone. Si batte per un mondo unito all’insegna della pace, della solidarietà e del progresso per tutti i popoli». Già all’opposizione del governo dell’ex premier Zoran Zaev, ha come primo punto del programma la giustizia sociale: «il rafforzamento dei diritti economici e sociali e del lavoro costituisce la base per combattere la povertà e la diseguaglianza di classe e per la conquista di una società senza classi».


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