López Obrador e la IV Trasformazione del Messico ai tempi del Covid-19

López Obrador e la IV Trasformazione del Messico ai tempi del Covid-19

 di Obey Ament *

Riassunto:

Sono trascorsi 18 mesi dall’elezione di Andrés Manuel López Obrador. Questa elezione è stata definita storica per quello che ha significato: la caduta del sistema eretto dal Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) dal 1929 e tenuto in piedi dalla destra, rappresentata dal Partito d’Azione Nazionale (PAN) negli anni 2000 – 2012. Il PRI, che era riuscito a tornare al potere nel 2012, si trova oggi nel peggior momento della sua storia: le elezioni del 2018 lo hanno lasciato al 16%. Il PAN ha raggiunto in quelle elezioni il 22% in alleanza con il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD). Quest’ultimo, che fa parte dell’opposizione al governo di López Obrador, è ormai solo l’ombra di quello che fu ed è stato sul punto di scomparire come partito legalmente riconosciuto, avendo raggiunto appena il 5%.

La pandemia di Covid-19 è servita all’opposizione per lanciare una nuova offensiva contro il governo di AMLO. Le critiche si concentrano su ognuna delle decisioni prese dal Presidente per affrontare il forte colpo che si avvicina e che farà sì che l’economia messicana perda tra il 6 e l’8% del Pil. L’opposizione attacca allo stesso modo la strategia del Ministero della Sanità per affrontare la pandemia e qualunque errore in campo medico si trasforma in un ulteriore motivo per squalificare il governo.

La debolezza dei partiti d’opposizione PAN, PRI e PRD ha creato un vuoto che le organizzazioni padronali stanno occupando.

1.- Obiettivi, sfide, strategia, risultati

Andrés Manuel López Obrador (AMLO) ha dichiarato spesso il suo obiettivo di far uscire il Paese dal neoliberismo che ha dominato per 40 anni. I suoi principali obiettivi, riassunti in breve, sono:

Smantellare il sistema priista, farla finita con la corruzione e l’impunità, attuare una politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze in cui vive più della metà della popolazione. L’1% dei messicani possiede il 40% delle ricchezze del Paese, mentre il 50% (i 65 milioni di poveri) ha accesso solo al 3,5% delle ricchezze.

Concretamente le misure economiche, politiche e sociali con cui il Presidente López Obrador conta di trasformare il Paese sono:

Arrestare la privatizzazione della compagnia nazionale Petróleos de México PEMEX, nella quale si sta investendo per renderla un vettore di sviluppo del Paese. Si sta rinvigorendo con nuovi investimenti anche la Compagnia Federale dell’Elettricità (CFE). Il progetto per la costruzione del nuovo aeroporto internazionale di Città del Messico è stato annullato e i contratti, stipulati in maniera poco chiara e con favoritismi verso imprenditori amici del governo del PRI, sono stati annullati. Un nuovo aeroporto sarà costruito con nuovi bandi di gara a 45 chilometri da Città del Messico. Questa decisione ha avuto un costo elevato perché il governo ha dovuto indennizzare quanti avevano investito in un’opera che era già avviata.

Si stanno rinnovando le istituzioni: López Obrador vuole separare il potere politico dal potere economico. Terminano i privilegi e l’impunità di quella che definisce “la mafia del potere”.

Allo stesso tempo è diventata effettiva la separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Finisce il potere assoluto dell’esecutivo, caratteristico dei governi precedenti, e le Camere stanno giocando un ruolo veramente autonomo, andando a volte più in là dei propositi dell’Esecutivo.

Ci sarà una consultazione nazionale a metà mandato per sottoporre il Presidente della Repubblica al voto popolare, con la possibilità di destituirlo. L’appannaggio del Presidente e degli alti funzionari è stato diminuito in maniera significativa come misura esemplare di austerità.

Il Presidente e gli alti funzionari non godranno più dell’immunità e potranno essere sottoposti a processo. Questa è una delle misure prese per combattere la corruzione che, secondo López Obrador, è costata al Paese 500 miliardi di pesos (20 miliardi di euro), soldi che potranno ora essere destinati alle politiche per lo sviluppo del Paese. López Obrador ha proposto una politica di “austerità repubblicana” che riduce le spese eccessive, i grandi lussi e gli alti salari di quanti esercitano il potere e hanno cariche pubbliche. Il Presidente e i membri del governo non avranno più a disposizione aerei, elicotteri e auto ufficiali e dovranno viaggiare in voli di linea.

Questa politica di austerità presenta diversi aspetti e ha suscitato proteste, ma anche appoggi. López Obrador ha annunciato, fin dalla sua elezione, l’abolizione di circa 200.000 posti di lavoro nella funzione pubblica. La politica clientelare del regime creava nelle dipendenze statali impieghi fittizi per persone della propria cerchia, parenti e amici; si tratta dei famosi “privilegiati”, che si recavano in ufficio solo il giorno di paga. López Obrador ha annunciato fin dal primo giorno di governo che un gran numero di impieghi sarebbe scomparso, a partire dal 70% dei contratti “di fiducia”, cioè persone “contrattate” senza far parte della funzione pubblica.

La cultura, la ricerca e l’educazione superiore perdono una parte dei loro bilanci e si chiede agli interessati di rivedere le spese, dando implicitamente per scontata una gestione poco rigida e spese non giustificate, per non parlare di favoritismi e corruzione. Il precedente della partecipazione di alcune grandi università al dirottamento di migliaia di milioni di pesos di fondi a favore di ministri e responsabili del PRI ha giocato a favore dell’austerità. Il problema è che, sebbene gli abusi e la corruzione esistano sicuramente, il “taglio raso” del bilancio presenta sempre il rischio che alcuni santi paghino per colpa dei peccatori. Per esempio, la riduzione del 75% del bilancio dedicato al Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia sommato alla scomparsa, decisa dal governo, di fondi fiduciari dedicati al finanziamento di progetti a lungo termine, ha creato malessere e incomprensione nell’ambiente scientifico, soprattutto nel momento in cui la pandemia richiede un rafforzamento del lavoro scientifico. La scomparsa di fondi fiduciari non riguarda solo la scienza, ma altri settori come la cultura, il cinema… Il governo ha deciso, come una delle misure per affrontare la crisi risultante dalla pandemia, la loro estinzione e l’integrazione dei fondi alla Tesoreria della Federazione. Il Ministero della Funzione Pubblica ha ritenuto che “nel passato regime questi fondi fiduciari hanno coperto la corruzione e sono stati usati per nascondere rilevanti risorse pubbliche”.

Un altro aspetto dell’“austerità repubblicana” è una ridefinizione delle priorità del bilancio, che ora si concentra su un gran numero di programmi sociali e di progetti per lo sviluppo delle infrastrutture. Per esempio il bilancio del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale è aumentato nel 2019 del 320% e quello del Welfare, che si incarica dei programmi sociali, del 29%. La Sicurezza Sociale è aumentata del 6,7% e il bilancio della Difesa del 10,6%.

In cambio i bilanci di altri Ministeri sono diminuiti in maniera drastica: Turismo -74%, Gobernación (Interno) -34,8%, Esteri -30%, Agricoltura -33,8%, Funzione Pubblica -37,6%. La stessa Presidenza ha perso l’84% del suo bilancio.

Queste riduzioni del bilancio riguardano in buona parte il funzionamento dei Ministeri. Per esempio quello degli Esteri ha visto diminuire viaggi e spese di funzionamento delle ambasciate, concentrandosi sull’essenziale. Quello dell’Agricoltura diminuisce, ma gli appoggi e gli aiuti sono stati riorientati in direzione dei piccoli produttori e delle comunità, mentre i grandi produttori dovranno cavarsela da soli.

Allo stesso tempo la politica del bilancio segue una linea ortodossa, nel senso che il governo vigila da vicino il livello di indebitamento, l’inflazione, il deficit e cerca un surplus. Sicuramente questo tranquillizza i “mercati”, le borse e gli investitori. Contemporaneamente AMLO difende l’idea dell’uscita dal neoliberismo e di fatto si è scontrato con alcuni membri del suo gabinetto. Carlos Urzúa, il ministro del Tesoro, ha dovuto rinunciare per i suoi disaccordi con il Presidente, che ha definito le sue proposte neo-liberiste.

 

Le politiche sociali e i grandi progetti

Alcuni critici hanno definito le politiche sociali di López Obrador assistenzialiste e le hanno accusate di essere costose. In realtà c’è una grande coerenza tra queste, i grandi progetti di infrastrutture e gli obiettivi di lotta contro l’insicurezza. Si tratta di una visione integrale che sicuramente tarderà nel mostrare i suoi risultati, perché si tratta di progetti che renderanno frutti a medio e lungo termine. Si tratta di progetti per combattere la povertà, favorire la creazione di posti di lavoro e dare una formazione ai giovani.

Le grandi priorità del nuovo governo si concentrano su 30 programmi sociali e una serie di grandi progetti di infrastrutture: pensione universale per anziani; pensioni per persone con handicap; 10,5 milioni di borse di studio per l’accesso all’educazione a tutti i livelli; creazione di un sistema sanitario universale per tutti coloro che sono sprovvisti di sicurezza sociale (lavoratori del settore informale ad esempio); 230.000 posti di lavoro sono stati creati con il programma di semina di milioni di alberi, da frutta e da legna; costruzione di 100 università; borse di studio per madri lavoratrici; 750 giovani hanno partecipato al programma di apprendistato nelle imprese con l’obiettivo della formazione e dell’assunzione; aiuto diretto alle famiglie che partecipano alla cura delle scuole; 356.000 crediti per piccole imprese; aiuti diretti, fertilizzanti e crediti per piccoli agricoltori; aiuti alla pesca… la lista è lunga. Le pensioni per gli anziani, le borse di studio per gli studenti di scarso reddito e quelle destinate alle persone con handicap, così come il sistema sanitario universale, sono stati inseriti nella Costituzione.

Gli appoggi e gli aiuti sociali non passano più dagli intermediari del potere, che servivano a costituire reti clientelari. Ora vengono consegnati direttamente ai beneficiari attraverso la Banca del Welfare, creata di recente, che è la prima dispensatrice di risorse e programmi sociali, oppure attraverso i loro conti presso l’Istituto Messicano della Sicurezza Sociale o le loro carte di credito quando ne siano in possesso. Le persone che non hanno un conto bancario o che per qualche ragione non possono accedere alle succursali della Banca del Welfare possono farlo attraverso la Banca Azteca.

Grandi progetti di infrastruttura

Al tempo stesso il Piano Nazionale di Sviluppo che ha fatto parte del programma elettorale di AMLO si concretizza nella realizzazione di grandi progetti di infrastruttura, che creano posti di lavoro e che dovranno integrare le regioni più povere della repubblica nell’economia e nello sviluppo del Paese.

Costruzione di un nuovo aeroporto internazionale, investimenti nello sviluppo di PEMEX con l’obiettivo di dare al Messico un’autonomia energetica. Il saccheggio della compagnia petrolifera ha avuto, tra le altre conseguenze, il fatto che questo Paese produttore di petrolio importava fino al 60% della benzina e dei combustibili consumati. Sei raffinerie lasciate all’abbandono saranno ripristinate e altre due costruite, che produrranno tra i 600 e i 700.000 barili di greggio al giorno. Allo stesso modo la CFE, la Compagnia Federale dell’Elettricità, riceve ora i mezzi necessari per il suo sviluppo, che permetterà di portare l’energia elettrica alle zone più svantaggiate.

Nel sud del Paese, dove vive la popolazione più povera del Messico, è stato avviato il progetto Tren Maya, che dovrà favorire il turismo e la creazione di posti di lavoro, e un Corridoio Interoceanico che unirà la costa del Golfo del Messico all’Oceano Pacifico, attraverso il quale potrà passare il 30% delle merci che attualmente sono trasportate attraverso il Canale di Panama e una parte importante delle merci che passano per Vancouver, San Diego o Los Angeles. Questo corridoio di 300 km implica la costruzione o la modernizzazione di strade e ferrovie e potrà creare 550.000 posti di lavoro, non solo nei lavori di costruzione e nei trasporti, ma anche con l’inserimento di industrie come quella aerospaziale e l’industria dell’automobile.

Questi grandi progetti hanno suscitato l’opposizione degli ambientalisti e della Convenzione Nazionale Indigena e di altre organizzazioni indigene presenti nel sud del Messico, come l’EZLN. Queste organizzazioni vedono in tali progetti un modo per consolidare una visione neoliberista della proprietà della terra e criticano la mancanza di accordo con le comunità indigene. Il governo dal canto suo sostiene che vi è stato accordo, che le comunità indigene fanno parte delle priorità sociali del governo e che i progetti creeranno posti di lavoro e serviranno a strappare dall’arretratezza le regioni più povere del Paese.

Questa polemica sulla consultazione della popolazione aveva avuto già luogo quando il governo aveva fermato la costruzione del nuovo aeroporto internazionale di Città del Messico. Il governo, che aveva proposto l’annullamento del progetto lanciato dall’esecutivo di Enrique Peña Nieto per le irregolarità nei bandi di gara e perché metteva in pericolo l’ambiente del Lago di Texcoco, proponeva la costruzione di un nuovo aeroporto in un altro luogo e con nuove gare e aveva organizzato una consultazione che appoggiò le decisioni del nuovo governo. Quelli che difendevano il progetto di Peña Nieto criticarono l’organizzazione della consultazione perché considerarono la partecipazione poco rappresentativa dell’opinione del Paese. Quanti si oppongono alla realizzazione delle grandi infrastrutture avanzano le stesse critiche alla consultazione realizzata nel sud del Paese. Certo in questi due casi le consultazioni furono realizzate in modo affrettato e poco organizzato, più per la fretta del governo di avviare i progetti che per la volontà di ignorare la volontà popolare. Di fatto questi progetti fanno parte del mandato per il quale hanno votato i messicani, mandato limitato ai sei anni previsti dalla Costituzione senza possibilità di rielezione per il Presidente della Repubblica. Andrés Manuel López Obrador sa che il tempo è breve e che deve procedere con rapidità nell’attuazione della sua politica se vuole lasciare il suo progetto di trasformazione consolidato prima della fine del suo mandato di sei anni senza rielezione.

Salario mínimo, democrazia sindacale, diritti del lavoro

Alla pari di questi grandi progetti, durante il governo di López Obrador il salario minimo è stato aumentato del 20%, la crescita più importante in 40 anni. La nuova Legge Federale del Lavoro impone la democratizzazione dei sindacati, con la possibilità per i lavoratori di creare propri sindacati e di eleggere le loro direzioni con voto segreto, senza l’obbligo di iscriversi ai sindacati esistenti creati dal PRI, che si sono fatti conoscere per la corruzione e per i patti con gli imprenditori a spese dei diritti dei lavoratori. Gli accordi collettivi saranno la regola e non l’eccezione e i subappalti saranno regolati con la proibizione di usarli per privare i lavoratori dei loro diritti e limitati ai casi in cui sia necessario il ricorso a lavoratori specializzati. Questa questione del subappalto è motivo di disaccordo tra il Ministero del Lavoro, che difende la sua regolamentazione, e alcuni deputati che vorrebbero che fosse considerato completamente illegale e che la legge fosse applicata retroattivamente, consentendo il recupero dei diritti e dei salari di quanti hanno lavorato in questo regime di subappalto.

La riforma dell’istruzione, che il governo di Peña Nieto aveva fatto votare, è stata abrogata e sostituita con una nuova, dopo un negoziato a tratti difficile con il Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione e con il Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione. Questa abrogazione è una vittoria contro una legge di ispirazione neoliberista, che ha mobilitato in una lunga lotta i maestri di scuola. Però non è stata ancora compiuta la promessa del governo di reinsediare i maestri licenziati per la loro azione come rappresaglia da parte del governo precedente e non si è fatto il necessario per aumentare il livello di vita del personale docente.

2.- Resistenze istituzionali, polítiche e padronali

Oltre ai disaccordi che possono sorgere tra il governo e alcuni dei militanti, dei deputati o dei senatori della maggioranza MORENA-PT, molte sono state le resistenze alle politiche del nuovo governo provenienti da diversi settori, come nei casi del Tren Maya e del Corridoio Interoceanico prima citato. Anche l’”austerità repubblicana” ha suscitato proteste e contrarietà da parte del settore dell’insegnamento superiore, di quello della cultura e di alcuni ricercatori e scienziati, che hanno visto diminuire una parte delle loro risorse. Questa contrarietà è il risultato di un calo reale nel bilancio delle università, che già si trovavano in una situazione drammatica. Dal punto di vista del governo, anche le università hanno funzionato per anni con una gestione non sempre trasparente, con favoritismi e storno di fondi. Il bilancio universitario dunque, non aumentando e tenendo conto dell’inflazione sommata ai deficit esistenti, di fatto diminuisce. La stessa situazione si verifica nel settore della cultura che, oltre a vedere i propri bilanci congelati dopo molti anni di trascuratezza da parte dei governi precedenti, si è trovato con una riduzione reale delle risorse del 26%.

I sindacati dei professori, il Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione, di origine priista, e la sua dissidenza di sinistra, il Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione, che si erano opposti alla riforma dell’istruzione votata ai tempi di Enrique Peña Nieto, hanno continuato a battersi per l’abogazione completa. Dopo lunghi negoziati una nuova legge è stata adottata e accettata dai sindacati. Di fatto, alcuni rappresentanti del CNTE sono stati eletti alla Camera dei deputati nel 2018 nelle liste di MORENA.

La lotta contro il furto massiccio di combustibile ha portato allo scoperto un affare che associava autorità locali, responsabili della compagnia nazionale PEMEX, agenti di polizia e organizzazioni criminali. Questa attività, chiamata “huachicoleo” o “ordeña”, consiste nel furto di benzina e diesel direttamente dagli oleodotti che percorrono alcune regioni del Paese o dai magazzini di PEMEX e il suo costo arriva a 3 miliardi di dollari, una fortuna la cui perdita ha indebolito ancora di più PEMEX. Secondo il Presidente López Obrador questa attività è stata ridotta del 95%. Si tratta di una vittoria di grande importanza dal momento che a fine 2018 vi erano 12.500 prelievi clandestini di combustibile, dove si rubavano 15 milioni di litri al giorno.

Un’imprenditoria che occupa il vuoto politico lasciato dall’opposizione

Le resistenze più forti sono quelle che oppone l’imprenditoria, che nei vecchi tempi fece parte di quella che López Obrador ha chiamato “la mafia del potere”, che univa potere economico e potere politico, favoritismi, corruzione, impunità… Oggi i grandi imprenditori dimostrano che non solo non si sono rassegnati al cambio di regime, ma che continuano a organizzarsi per indebolire e far cadere il governo prima della fine del mandato. Le organizzazioni imprenditoriali stanno occupando il vuoto creato con la sconfitta schiacciante sofferta dai partiti tradizionali PRI e PAN e dallo stesso PRD, che non si è allontanato dalle sue alleanze con la destra più rancida.

Ė importante sottolineare che, con il tempo, una parte importante per il suo peso economico si è avvicinata al nuovo governo per le ragioni che saranno descritte più sotto.

Durante la campagna per le elezioni presidenziali le organizzazioni padronali messicane, ma anche alcuni rappresentanti del capitale straniero, come è stato il caso del Presidente di BBVA (Banco Bilbao Vizcaya Argentaria), sono stati attivamente coinvolti in un tentativo per impedire l’elezione di López Obrador. Questa offensiva comprese una campagna mediatica che associava il candidato di MORENA alla violenza, al chavismo, al castrismo, al ritorno agli anni del “desarrollismo” colpevole, secondo loro, della crisi del debito. Una volta eletto López Obrador, le organizzazioni padronali, il Consiglio Coordinatore Imprenditoriale (CCE), la Confederazione Padronale della Repubblica (COPARMEX), la Camera Nazionale dell’Industria della Trasformazione (CANACINTRA) e altre minori hanno dovuto accettare l’evidenza dell’appoggio popolare di massa al nuovo Presidente, ma non hanno mai perso la loro combattività e hanno risposto colpo su colpo alle misure portate avanti dal nuovo governo.

L’annullamento del progetto di costruzione del nuovo aeroporto internazionale di Città del Messico, in cui avevano investito miliardi di dollari, ha dato avvio a una campagna di rifiuto che ha cercato di mobilitare la società messicana. López Obrador ha risposto denunciando l’affidamento di questo megaprogetto ad alcuni investitori grazie a criteri di vicinanza politica e a favoritismi. Ha proposto una consultazione della popolazione della regione che ja appoggiato la sua decisione. Questa consultazione diede inizio a un’ulteriore battaglia, in cui l’imprenditoria sosteneva che non si poteva consultare una cittadinanza priva di conoscenze tecniche per poter decidere. Alla fine il governo ha imposto la sua decisione, gli investitori sono stati indennizzati dal governo e un nuovo progetto di aeroporto internazionale è in corso di costruzione da parte dell’esercito messicano sui terreni di quella che era una base militare a 45 km da Città del Messico, con l’associazione di alcuni dei capitali legati al progetto di Peña Nieto.

Le politiche di “austerità repubblicana” del nuovo governo, che hanno imposto l’abbandono di molti altri progetti affidati all’iniziativa privata da Peña Nieto, hanno portato le organizzazioni padronali al “punto di fusione” e l’indignazione è aumentata con la lotta decisa contro l’evasione fiscale, che il governo sta portando avanti con buoni risultati, insieme alla decisione di bloccare le vecchie pratiche di condono dei debiti delle grandi imprese con il fisco. L’imprenditoria ha denunciato la nuova politica di “terrorismo fiscale” e ha sostenuto che la perdita di “fiducia” degli imprenditori e il clima di “incertezza” creato dal governo scoraggiano gli investimenti.

Il recupero del denato stornato dalla corruzione e recuperato grazie alla lotta contro la frode fiscale dovrebbe bastare, secondo il Presidente López Obrador, per finanziare buona parte della trasformazione in Messico. L’ammontare di questo denaro è enorme: la corruzione costa 20 miliardi di euro e secondo un elenco ufficiale 15 grandi contribuenti devono al Servizio di Amministrazione Tributaria (SAT) – tra debiti, multe e maggiorazioni – un totale di 2 miliardi di euro.

Un altro motivo di indignazione per il padronato è stata la politica energetica del governo, che ha bloccato la privatizzazione di PEMEX e della Compagnia Federale dell’Elettricità. La riforma energetica votata dal governo di Enrique Peña Nieto non è stata abrogata dal nuovo governo e i contratti e gli appalti che erano stati firmati con capitali privati sono stati rispettati, anche se nessuna nuova concessione è stata o sarà fatta al capitale privato. PEMEX e la CFE sono due Pilastri prioritari del piano di sviluppo dell’attuale governo. L’obiettivo non è solo fermare lo smantellamento che accompagnava la loro privatizzazione, ma rendere il Messico un Paese che produce combustibili ed energia per il proprio consumo. Le politiche di abbandono in cui si trovavano hanno avuto come conseguenza che questo Paese, produttore di petrolio, deve importare il 60% dei combustibili consumati.

Lo scorso mese di maggio, come conseguenza della diminuzione del consumo di energia elettrica dovuta alla pandemia di Covid-19, è stato reso noto un “Accordo per garantire l’efficienza, l’affidabilità, la continuità e la sicurezza del sistema elettrico nazionale”, che tra altre misure sospende tutte le operazioni realizzate da investitori privati in installazioni eoliche e fotovoltaiche. La reazione di condanna della decisione governativa, da parte delle confederazioni padronali dell’industria e dei rappresentanti dell’Unione Europea, del Canada e degli Stati Uniti, è stata immediata. Con questa decisione il governo rifiuta di sobbarcarsi i costi che questa attività implica per la CFE, che è obbligata a comprare l’elettricità prodotta dal settore privato, realizzando inoltre forti investimenti per appoggiarla. Lo scontro non ha niente di episodico: si tratta di uno scontro con i grandi capitali che stavano partecipando allo smantellamento del settore pubblico dell’energia e alla sua privatizzazione, facendosi scudo della legge energetica votata ai tempi di Peña Nieto. López Obrador ha accusato direttamente le compagnie straniere, tra cui Iberdrola, di attuare il saccheggio del Paese. Oltre all’appoggio padronale, le compagnie hanno ricevuto l’appoggio di sette governatori appartenenti all’opposizione PRI, PAN e PRD, appoggio che politicizza lo scontro e lo iscrive in una contrapposizione tra il progetto di trasformazione di López Obrador e le forze che lottano per tornare al potere.

Le politiche di accesso universale alla salute e a farmaci gratuiti hanno rivelato la complicità tra le amministrazioni corrotte di alcuni centri sanitari e alcuni ospedali e le compagnie distributrici di medicinali. Quattro compagnie servivano da intermediarie, monopolizzando la vendita di farmaci a beneficio di 10 grandi farmaceutiche internazionali, lasciando da parte le 1.500 compagnie che producono in Messico. Due di queste distributrici controllavano da sole il 40% della distribuzione di medicinali.

Questi contratti sono stati annullati e il governo ha stabilito rapporti diretti con le imprese produttrici di farmaci per rifornire i centri sanitari. Si è prodotta allora una penuria di farmaci, organizzata dalle compagnie colpite e dalle direzioni degli ospedali, penuria che è stata senza dubbio accentuata per effetto della riorganizzazione del sistema sanitario. Questa penuria è stata anche un ulteriore pretesto perché l’opposizione attaccasse il governo che “metteva in pericolo la vita dei pazienti”.

La mancanza di investimenti nel primo anno di governo di López Obrador può essere interpretata come la prima risposta del padronato alla sua elezione. In questo primo anno l’economia non è cresciuta e non sono aumentati i posti di lavoro, situazione di cui la destra ha approfittato per denunciare l’”incompetenza” del governo. Il problema è che in questo contesto neppure le politiche di appoggio ai più poveri, agli anziani e ai giovani si sono tradotte in una nuova dinamizzazione dell’economia. Contemporaneamente, nonostante i colpi ricevuti e le grida d’allarme, le classi dominanti hanno potuto trarre beneficio dalla stabilità del valore del peso e in fondo valutano positivamente le politiche di austerità, che riducono i costi di funzionamento dell’apparato statale, e il controllo dell’inflazione. Dal canto suo López Obrador non ha smesso di criticare e denunciare la “mafia del potere”, rispondendo agli attacchi senza lasciarsi intimidire. Constatando gli scarsi risultati economici del primo anno di governo ha adottato un atteggiamento più conciliante verso l’imprenditoria, i cui investimenti rappresentano il 75% del Pil.

Utilizzando i buoni uffici di Alfonso Romo, capo del’Ufficio della Presidenza e grande imprenditore dell’agroindustria, López Obrador ha organizzato un riavvicinamento al settore imprenditoriale; ci sono stati incontri ad alto livello ed è stato creato un tavolo di negoziato con le imprese con cui esistevano forti contrasti. Ha limato gli attriti con Carlos Slim, uno degli uomini più ricchi del mondo e principale investitore del progetto respinto di costruzione dell’aeroporto internazionale di Città del Messico.

Il suo discorso si è fatto più conciliante. “Non abbiamo nessuna divergenza, nessun problema con il settore imprenditoriale, al contrario ci siamo sforzati di avere ottimi rapporti e apprezzo molto che i rappresentanti degli imprenditori stiano attuando con grande responsabilità”, ha affermato nell’agosto 2019.

Facendogli eco, Carlos Slim ha annunciato il suo appoggio nel novembre dello stesso anno. Ha approvato la sua strategia e ha spiegato perché il primo anno di mandato non era preoccupante, dal momento che il governo “ha adottato una politica volta a eliminare le spese eccessive e un piano di austerità, è stata diminuita l’alta burocrazia e abbiamo un governo più sobrio e più austero”.

Nel dicembre 2019 Carlos Slim ha elogiato di nuovo le politiche di López Obrador, che “ha mantenuto una disciplina fiscale, ha evitato l’aumento del costo del debito pubblico, ha diminuito l’inflazione e si è sforzato di aumentare il salario minimo”. In questa stessa occasione Slim ha presentato, su richiesta di López Obrador, l’Accordo Nazionale su Investimenti e Infrastrutture”, che getta le basi di una nuova collaborazione tra il governo e il Consiglio Coordinatore Imprenditoriale che riunisce sette grandi organizzazioni padronali.

Questo accordo prevede investimenti in infrastrutture equivalenti al 5% del Pil. In tre anni si porteranno a termine 147 progetti, sostenuti dai capitali privati con l’appoggio del governo, in logistica, manifattura, energia e turismo. Questi investimenti rappresentano 45 miliardi di dollari e riguardano direttamente la regione meridionale, dove si collocano il Progetto Tren Maya e lo sviluppo delle telecomunicazioni, di gasdotti, strade, ferrovie, porti, aeroporti, energia, turismo e salute che verranno attuati senza indebitamento da parte del Paese.

Quello che sembrava essere il principio di un nuovo patto tra la “Quarta Trasformazione” e il padronato è stato sul punto di deragliare in diverse occasioni. I dirigenti della CCE sono tornati alle loro lamentele abituali all’inizio del 2020 e il piano che López Obrador ha annunciato per affrontare la crisi economica in arrivo con la crisi sanitaria del Covid-19 ha provocato nuovi distanziamenti dal governo.

Covid-19, strategia per una crisi economica e sanitaria e organizzazione dell’opposizione

In un Paese dove la metà della popolazione vive nella povertà e dove il sistema sanitario si è andato degradando durante i 40 anni di neoliberismo, la pandemia da Covid-19 potrebbe avere conseguenze molto gravi. Ancora più gravi su quella metà della popolazione che vive di economia informale e che deve uscire a lavorare ogni giorno per poter mantenere la famiglia. Ci sono ancora zone del Paese dove l’accesso all’acqua è difficile o quasi impossibile e dove le condizioni igieniche sono più che precarie. La fame comincia a mostrarsi in alcune zone del Paese e si vedono sorgere associazioni di cittadini che portano alimenti e appoggio. Alcuni gruppi dell’opposizione si sono uniti in questo aiuto e fanno lavoro politico indebolendo gli appoggi dei più poveri al Presidente López Obrador.

Il modo in cui il governo messicano ha affrontato la pandemia è stato attaccato fin dal principio dalla destra. Certo López Obrador si è mostrato diverse volte lento e male informato sull’importanza di questa pandemia. Ha colpito l’opinione pubblica il modo in cui rispose alle domande della stampa che mettevano in discussione la maniera in cui proseguiva i suoi giri per la provincia, abbracciando e baciando i sostenitori e i loro figli. López Obrador ingenuamente mostrò di fronte alle telecamere lo scapolare e gli amuleti che questo o quell’altro ammiratore gli avevano regalato. L’episodio può sembrare senza importanza, ma senza dubbio è costato in credibilità al Presidente di fronte a una parte della popolazione cosciente dell’importanza del problema e della necessità di un comportamento esemplare da parte del Presidente della Repubblica.

Nel momento in cui la crisi sanitaria si profilava in modo serio López Obrador, sicuramente ben consigliato dalla sua équipe e dal sottosegretario per la Prevenzione e la Promozione della Salute Hugo López-Gatell, ha assunto un atteggiamento diverso, più pedagogico, e soprattutto sono state adottate misure per mobilitare il settore sanitario, misure per affrontare la crisi economica e misure per mitigare gli effetti che poteva avere sulla popolazione più povera. Per López Obrador il “coronavirus è venuto a precipitare la crisi del neoliberismo”. Più di quarant’anni di neoliberismo hanno lasciato un sistema sanitario molto colpito dall’abbandono, dalla diminuzione di risorse e dalla corruzione.

Le previsioni sul calo drastico dell’attività economica del Paese mostrano una caduta di almeno il 4% del Pil; alcune previsioni sono arrivate a parlare dell’8% o più. Il governo ha chiesto alle imprese di mantenere posti di lavoro e salari nonostante la quarantena e la diminuzione dell’attività. Anche se era consentito solo il funzionamento delle imprese indispensabili, un certo numero di esse (il 15% secondo il Ministero del Lavoro) non ha rispettato la consegna e ha obbligato i dipendenti a presentarsi al lavoro. Nelle maquiladoras situate nella zona di frontiera si sono registrati un gran numero di casi e di morti a causa del Covid-19.

La maggior parte delle misure adottate sono state destinate a proteggere i più poveri, dando priorità ai programmi sociali e ai grandi progetti di infrastruttura, in particolare al nuovo aeroporto internazionale, alla costruzione di raffinerie e al Tren Maya, progetti che permetteranno la creazione di un gran numero di posti di lavoro e che costituiscono i Pilastri del piano di sviluppo a medio e lungo termine del Paese.

Il governo ha anticipato il pagamento di quattro mesi delle pensioni per anziani e per bambini e bambine con handicap; sono stati messi a disposizione delle piccole imprese 450.000 crediti in aggiunta ai 356.000 già esistenti; è stato aumentato a 200.000 il numero di posti di lavoro del programma “Seminando vita” e, oltre ai prezzi garantiti di mais, riso, grano, fagioli e latte, è stato esteso il programma di appoggio ai contadini. Sono state aumentate le risorse destinate all’accesso all’acqua potabile, alla raccolta dei rifiuti e al drenaggio delle acque e 50.000 alloggi in più sono stati programmati nelle zone marginali di 51 municipi.

Nel settore sanitario è stata portata a termine la costruzione di 72 ospedali che il governo precedente aveva lasciato nell’abbandono e sono stati contrattati 45 tra medici e infermieri. L’esercito e la marina nazionale con i loro ospedali, ospedali da campo e personale medico fanno parte del dispositivo per fronteggiare la pandemia.

Contemporaneamente sono stati eliminati dieci sottosegretariati, disponendo verso altre destinazioni lo stipendio dei funzionari pubblici, e l’appannaggio degli alti funzionari è stato ridotto del 25%.

L’opposizione e le organizzazioni padronali hanno reagito con forza quando è stata concessa al Presidente della Repubblica la facoltà di procedere per decreto per modificare la legge di bilancio, decisione che è servita da pretesto per lanciare una campagna che denuncia l’accaparramento di tutti i poteri da parte di López Obrador. Di nuovo è stata sollevata l’accusa di “tentazioni autoritarie” da parte del Presidente, che “sta portando il Paese al comunismo”.

Le organizzazioni padronali hanno allora preteso appoggi del governo per le imprese, una moratoria nel pagamento delle imposte e il ricorso all’indebitamento. Un paradosso da parte di quanti si erano sempre opposti ai sussidi e agli appoggi del governo. La risposta di López Obrador è stata un netto rifiuto a ogni possibilità di un nuovo indebitamento del Paese e al condono dei debiti delle imprese al fisco. Ha respinto anche la proposta di una moratoria al pagamento delle imposte delle imprese. Al contrario, López Obrador ha ricordato come, dopo la crisi finanziaria del 1994, le banche furono salvate grazie al “Fondo di Protezione del Risparmio” (FOBAPROA) il che significò l’indebitamento massiccio del Paese: 20 miliardi di pesos venti anni fa e un miliardo in interessi. Il salvataggio bancario costò l’equivalente del 14% del Pil. I messicani continuano a pagare questo debito e secondo le previsioni continueranno a pagarlo almeno fino al 2070.

Per mantenere la fiducia nel Paese – ha dichiarato recentemente il Presidente – per non provocare una crisi, per rispettare gli accordi abbiamo deciso di continuare a pagare gli interessi di questo debito… io che sono stato sempre contro il FOBAPROA. Devo inviare dall’anno scorso il bilancio alla Camera e devo considerare 40 miliardi di pesos (2 miliardi di dollari) di interessi all’anno; non continueremo su questa strada”.

Non possiano fare un trattamento di favore a quanti hanno possibilità economiche essendoci in Messico tanta povertà”, ha dichiarato López Obrador e ha preteso il pagamento delle imposte, tanto necessarie proprio per affrontare la crisi, e il pagamento delle somme dovute per evasione fiscale.

Nonostante le misure adottate, si manifestano le insufficienze del sistema sanitario, soprattutto la mancanza di mezzi di protezione per il personale medico. 11.394 lavoratori del settore della salute sono stati contagiati e di questi 149 sono morti (il 21% del totale dei colpiti nel Paese) per mancanza di mezzi di protezione. Il governo si è mobilitato per importare 2000 respiratori dagli Stati Uniti e il Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia ha annunciato che sarebbero stati fabbricati 500 respiratori alla settimana a partire dal mese di maggio. Un ponte aereo è stato istituito tra Cina e Messico, attraverso il quale sono arrivati già dieci voli con materiale e 590 medici cubani si sono sparsi nel Paese per appoggiare i colleghi messicani.

Il 31 maggio c’erano 9930 persone morte in tutto il Paese. Le regioni più colpite sono Città del Messico e la zona metropolitana e la Baja California. Uno studio dell’Università Nazionale indica che si potrebbe arrivare a oltre 37.000 morti in ottobre.

Dopo aver tentato di appoggiarsi sulle dichiarazioni poco opportune del Presidente López Obrador, l’opposizione e i media vicini alle sue posizioni hanno tentato di far cadere il sottosegretario alla Salute Hugo López-Gatell prima accusandolo di incompetenza, poi mettendo in dubbio la sua strategia per affrontare il virus e poi accusandolo di nascondere il numero reale di contagiati e morti. Si è arrivati all’estremo in cui quotidiani dello Stato di Chihuahua hanno pubblicato in prima pagina foto di mucchi di cadaveri in sacchi neri. Queste foto sono risultate scattate in Ecuador.

Quello che più potrebbe danneggiare la buona immagine del governo sono le accuse di corruzione. La campagna stampa di discredito ha sicuramente già fatto breccia nell’opinione pubblica, con l’accusa lanciata da una deputata del PAN contro il figlio del direttore della CFE Manuel Bartlett, che avrebbe venduto 20 ventilatori all’Istituto della Sicurezza Sociale a prezzi maggiorati e avrebbe stipulato 11 contratti senza gara ufficiale. Anche il Ministero dell’Energia è bersaglio di attacchi. Secondo il quotidiano “Reforma” amici e “compari” del Ministero avrebbero ottenuto contratti per predisporre i terreni destinati alla costruzione della raffineria di Dos Bocas, uno dei grandi progetti lanciati da López Obrador. In tutti e due i casi il Presidente ha difeso l’integrità dei suoi ministri, ma grazie a queste campagne il dubbio si è insinuato. Gli antecedenti di Manuel Bartlett non giocano a suo favore: fu ministro dell’Interno ai tempi del Presidente de La Madrid e ministro dell’Istruzione ai tempi di Salinas de Gortari, prima di abbandonare il PRI e passare all’opposizione appoggiando la candidatura alla presidenza di López Obrador nel 2006.

L’opposizione ha visto in questa congiuntura la possibilità di organizzarsi. I partiti politici non appaiono direttamente alla testa di questa mobilitazione, ma lasciano il protagonismo a organizzazioni che possono proclamarsi appartenenti alla società civile. Alcuni, come il gruppo FRENA (Fronte Nazionale anti-AMLO) composto da una destra estrema legata a settori imprenditoriali del nord del Paese, chiedono la rinuncia del Presidente e hanno organizzato 41 carovane, che hanno sfilato in macchina in diversi punti del Paese. Questo gruppo sta cominciando fin da ora la sua campagna per vincere la consultazione revocatoria prevista per il marzo 2022.

Altri, come alcuni intellettuali e accademici che continuano a essere fedeli all’antico potere, si organizzano con la prospettiva delle prossime elezioni parziali del 2021 (legislative e governatori). Questa opposizione fa campagna affermando che López Obrador sta concentrando troppo potere, più di quello che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, e che la sua gestione della crisi sanitaria del Covid-19 “è criminale”. Approfittando delle difficoltà del settore sanitario, della paura e dell’incertezza del Paese questi personaggi partecipano alla campagna che cerca di radicare un’immagine di inettitudine, incompetenza e irresponsabilità di López Obrador e del suo governo.

Tra questi si trovano Héctor Aguilar Camín, vicino al PRI, e lo storico Enrique Krauze, vicino alla destra panista. Per Aguilar Camín, il Presidente sta portando avanti una rivoluzione “che vuole cancellare tutto e incominciare di nuovo”. Secondo lui la revoca del mandato non può essere vinta, ma le elezioni del 2021 possono indebolire il governo, preparando così una vittoria nelle presidenziali del 2022. Il suo calcolo non è tanto sbagliato. Di fatto i disaccordi e i conflitti che stanno avvenendo all’interno di MORENA possono essere determinanti. Occupato nelle sue liti interne, il movimento sta abbandonando la presenza sul territorio, lasciando senza organizzazione la base e senza la presenza di un discorso che politicizzi la cittadinanza.

Conclusione

Si tratta ora di catalogare Andrés Manuel López Obrador e la sua politica. Ė di sinistra? Ė populista? Ė un priista nel fondo? Per rispondere bisogna tenere conto di quello che il politico ha fatto e detto per giungere alla presidenza della Repubblica e di quello che il Presidente eletto dice e fa. Tenendo conto di questo si potrebbe dire che López Obrador è un liberale progressista come lo furono Benito Juárez, Francisco Madero e Venustiano Carranza. Un liberalismo che difende uno Stato forte, che mostra attaccamento verso la democrazia e il diritto e che ha un forte orientamento sociale. Da qui la priorità data alla lotta contro la povertà. “Prima i poveri” è il suo motto, in un quadro in cui lo Stato gioca tutto il suo ruolo dirigente. López Obrador tende ad apparire moralizzatore con i suoi appelli a rafforzare la famiglia garanzia di solidarietà e con il suo modo di esigere onestà da parte dei funzionari dello Stato. López Obrador considera il popolo “saggio”, “mai in errore”, ma contrariamente al Presidente Lázaro Cárdenas non fa appello all’organizzazione dei lavoratori. Preferisce appellarsi alla responsabilità di ciascuno ed è così che individualizza i benefici dei programmi sociali. Al tempo stesso, dopo aver attaccato i grandi imprenditori, parte della “mafia del potere”, si è reso conto che avrebbe dovuto contare su di loro e sulle loro risorse per far funzionare l’economia. Ha acconsentito a non rinazionalizzare PEMEX e la CFE, ma ha bloccato la privatizzazione e la concessione di contratti rispettando quelli già firmati. L’imprenditoria sta al gioco per non essere esclusa dalla realizzazione delle grandi opere, dove stanno partecipando capitali esteri come la parastatale cinese China Comunications Construction Company e la China Railway Construction Corporation, ma non le dispiacerebbe vedere López Obrador perdere la maggioranza nel 2021 o vederlo perdere la consultazione revocatoria del 2022.

Il popolo messicano ha votato in modo massiccio per Andrés Manuel López Obrador per farla finita con il regime di corruzione, abusi e impunità. Il Presidente ha avviato una serie di cambiamenti con l’obiettivo di smantellare le istituzioni del regime priista e per farlo ha dovuto procedere in maniera che può sembrare drastica. Allo smantellamento non segue sempre con lo stesso ritmo la creazione di nuove istituzioni, possono così apparire mancanze e cattivi funzionamenti e le critiche non mancano. Nonostante questo i sondaggi mostrano che la fiducia nel Presidente López Obrador continua ad essere maggioritaria. Sicuramente quello che potrebbe intaccare questa fiducia sono i possibili casi di corruzione che apparissero in seno al governo. Per esempio l’attribuzione di alcune grandi opere pubbliche è stata criticata dalla stampa senza che finora sia stata provata una violazione alla legge. Ci sono stati casi come l’”invito diretto” che il governo ha fatto alla Banca Azteca perché emettesse “carte del welfare”, dove depositare gli aiuti per i beneficiari dei programmi sociali. Il problema è che questa banca ha ottenuto tale emissione “per invito diretto” da parte delle autorità e senza gara pubblica. La banca è proprietà di Ricardo Salinas Pliego, uno degli uomini più ricchi del Paese e uno degli imprenditori che hanno appoggiato il candidato López Obrador. L’argomento che è stato fatto valere è che Banca Azteca è l’unica banca commerciale presente in tutto il Paese e il Ministero del Tesoro ha spiegato che “non c’è stata gara pubblica perché i contratti di servizi finanziari non sono soggetti alla legge sulle acquisizioni, essendo contratti commerciali”. L’atto dunque è legale, ma la vicinanza di Salinas Pliego a López Obrador suscita sospetti in una cittadinanza che ha imparato a diffidare di ogni prossimità tra potere politico e potere economico.

Le mobilitazioni dello scorso 31 maggio del gruppo FRENA sono state deboli e hanno raccolto solo alcune centinaia di persone, che hanno sfilato nelle loro auto in diverse città del Paese. La manifestazione ha dimostrato la debolezza di questa opposizione estrema che chiede la rinuncia di López Obrador. Il resto dell’opposizione attende la sua ora preparando le elezioni parziali del 2021, che rinnoveranno la Camera dei deputati. In 15 Stati si eleggeranno i governatori e verranno eletti anche nuovi Congressi locali e i governi di alcuni municipi. Questa elezione avrà un carattere nazionale e sarà la prima prova del fuoco per le forze della Quarta Trasformazione che si giocano la maggioranza.

La maniera in cui il governo guiderà l’uscita dalla pandemia di Covid-19 e l’efficacia con cui affronterà la crisi economica che si profila saranno decisive in queste elezioni. Conterà anche il livello di insicurezza e di violenza nel Paese. Per il momento uno dei pochi sondaggi pubblicati attribuisce a MORENA il 18 % delle preferenze elettorali (aveva il 46% nel 2019), al PAN il 10% e al PRI il 10%; gli indecisi rappresentano il 60%.

Giugno 2020

*Obey Ament, analista internazionale, franco-messicano

Traduzione di Nicoletta Manuzzato

Obey Ament, analista internazionale, franco-messicano

Obey Ament, analista internazionale, franco-messicano


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