I meritocratici

I meritocratici

Loredana Fraleone*

Quale sia il vento che tira sul sistema d’istruzione, lo si può vedere chiaramente dalla motivazione, data dal presidente del Consiglio Conte sulla nuova divisione tra ministero della Scuola e quello di Università e Ricerca. Secondo lui non “apparterrebbero alla stessa filiera” e avrebbero da affrontare problematiche diverse. Sembrerebbe un’argomentazione di buon senso, se non fosse che prende solo atto di una realtà che andrebbe invece profondamente cambiata.

Tutti i dati statistici mostrano come l’Italia sia scivolata agli ultimi posti in Europa e tra i paesi industrializzati, per numero di laureati e diplomati, con un aumento negli ultimi anni della “dispersione scolastica”, un eufemismo per dire che si abbandona sempre più la scuola per ragioni economiche e sociali.

La filiera ci dovrebbe essere e come, se venisse garantito il diritto allo studio, espressione relegata sempre più alle aspirazioni della prima Repubblica, che era vincolata al dettato costituzionale della garanzia dei diritti universali per tutte e tutti e alla “rimozione degli ostacoli….che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

L’espressione più diffusa anche in questo governo è invece la meritocrazia, intesa non come rilevazione di capacità particolari da sostenere, come prevede la Costituzione, ma come parametro unico su cui investire risorse economiche e culturali, al fine di creare gerarchie sempre più articolate in modo che ognuno sia in competizione con tutti gli altri.

I due nuovi ministri incaricati, dal presidente Conte, sono del tutto interni a questa logica, accompagnata da accenti corporativi, che sembrerebbero rivolti a tutelare i docenti della scuola come dell’Università, senza però entrare nelle questioni che ne rendono sempre più frustrante il lavoro. Almeno Fioramonti aveva parlato di sburocratizzazione, dal momento che sia nelle scuole che nelle Università i docenti debbono dedicare gran parte del proprio tempo di lavoro alla burocrazia inutile e dannosa.

Ma come si presenta l’asse culturale dei due nuovi ministri? La Azzolina parla apertamente di “educazione all’imprenditorialità”, che porterebbe fino all’estreme conseguenze l’asservimento della scuola all’impresa. Quanto allo Ius Culturae, altra cosa dallo Ius soli, che garantirebbe la cittadinanza a chi nasce in Italia senza altri requisiti, come avviene nei paesi civili, la neo ministra sembra ancora una volta prigioniera della meritocrazia, dal momento che dichiara, come riporta “l’Avvenire”: “dobbiamo integrare i bimbi che lo meritano”. Il suo collega Manfredi a proposito di Ricerca e Università parla di “qualità delle persone”, piuttosto che di qualità dell’organizzazione universitaria, che necessiterebbe di una vera e propria rivoluzione per rispondere sia ai criteri di selezione dei docenti, che ai bisogni degli studenti.

L’opposizione attacca Azzolina e Manfredi su storie poco chiare e discutibili del loro passato, come al solito evitando pronunciamenti su visioni che in realtà condividerebbero. So bene che c’è sempre chi invoca la prova dei fatti, come se le intenzioni non contassero niente. Credo sia necessario invece tenere conto delle intenzioni se si vuole contrastare tempestivamente certe politiche.

 

*Responsabile Scuola Università e Ricerca PRC/SE


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