Parole chiave che illuminano lo scrigno opaco del presente

Parole chiave che illuminano lo scrigno opaco del presente

di Stefano Petrucciani

“Marx revival” di Marcello Musto, per Donzelli. Il libro raccoglie contributi di studiosi che illustrano le parole chiave del «Moro», indicando il contributo che può ancora dare alla comprensione del nostro tempo. Da «Comunismo» a «Marxismi» e «Lotta di classe»

C’è nell’aria un grande ritorno di Marx? Tra coloro che sono disposti a scommetterci è in prima fila Marcello Musto studioso italiano che insegna a Toronto e che al pensatore di Treviri ha dedicato moltissimi lavori. La sua ultima fatica è la cura di un grosso volume intitolato proprio Marx revival (Donzelli, pp. 470, euro 30). Si tratta di un’impresa che si può a buon diritto definire eccezionale.

Il libro infatti raccoglie più di venti contributi nei quali i maggiori studiosi di Marx a livello globale ne illustrano le principali parole chiave, componendo un quadro ricchissimo e attualizzante del contributo che egli può ancora dare alla comprensione del nostro tempo. Le voci di questo lessico sono tutte sollecitanti: da «Comunismo», scritta dallo stesso Musto, a «Marxismi», redatta niente meno che da Immanuel Wallerstein; da «Democrazia» (Ellen Meiksins Wood) a «Lotta di classe» (Alex Callinicos); da «Stato» (Bob Jessop) a «Migrazioni» (Pietro Basso); senza dimenticare «Colonialismo» (di Mezzadra e Samaddar), «Rivoluzione» (di Michael Löwi), «Nazionalismo» (di Kevin Anderson). Non mancano neppure lemmi più di attualità come «Ecologia» (di John Bellamy Forster) ed «Eguaglianza» di genere (di Heather A. Brown).

VI È UNA COMUNE ispirazione che lega le voci qui ricordate e tutte le altre che compongono il volume: l’intento, scrive Musto nella prefazione, è quello di presentare «un Marx molto diverso da quello dogmatico, economicista ed eurocentrico che a lungo ha dominato la scena». Questo approccio è reso possibile non solo dalla qualità dello sguardo che gli autori gettano sul pensatore di Treviri.

Importante è anche il fatto che, grazie alle nuove edizioni filologicamente accurate che stanno vedendo la luce da alcuni anni (nel contesto della nuova Mega), i testi di Marx possono finalmente essere letti in modo più preciso, libero dal condizionamento derivante dal fatto che molti di essi (dai Manoscritti del 1844 all’Ideologia tedesca, fino ai libri secondo e terzo del Capitale) non erano mai stati licenziati per la stampa dall’autore; erano stati invece «confezionati» dai curatori delle edizioni postume in modo rispondente alle loro prospettive di lettura e al clima ideologico dell’epoca.

LEGGERE MARX in modo più aderente e accurato significa anche depurarlo da tante tesi che gli erano state attribuite ma che non gli appartenevano davvero.
Ma il volume non vuole solo farci riscoprire un Marx più fresco e originario, libero da tutte le incrostazioni che gli si erano depositate addosso. Persegue anche l’ambizioso obiettivo di mostrare che molte delle sue idee non sono affatto invecchiate, e servono ancora per comprendere aspetti decisivi del mondo contemporaneo.

BASTI LEGGERE, a questo proposito, la voce «Capitalismo» scritta da Michael R. Krätke. Marx ha individuato molte tendenze di sviluppo del capitalismo che si sono clamorosamente confermate; e non ha mai sostenuto, argomenta Krätke, quella legge del progressivo «immiserimento» del proletariato che gli è stata erroneamente attribuita. Non esclude affatto che le retribuzioni dei lavoratori possano aumentare.
Mostra però, come molti studi recenti hanno comprovato, che «le disuguaglianze sociali ed economiche tra capitalisti e lavoratori (e anche la dipendenza e la soggezione dei lavoratori al dominio del capitale, quindi la disuguaglianza del potere sociale) aumenteranno nel corso dello sviluppo capitalista».

Conformemente all’intento critico che lo ispira il volume ospita anche contributi nei quali i limiti delle analisi marxiane vengono messi in luce senza reticenza. Nel saggio dedicato al lemma «Proletariato», per esempio, Marcel van der Linden mostra come Marx abbia peccato di unilateralità concentrandosi sulla figura del lavoratore «libero» come essenziale per il capitalismo.

È CHIARO INVECE che il capitale si è sviluppato anche o soprattutto sfruttando il lavoro schiavistico e «servile, e non certo libero» come poteva esserlo la classe operaia inglese.
Marx non ha neppure potuto cogliere appieno, per van der Linden, la capacità del capitalismo di «incorporare il proletariato», sia sul piano politico, sia, soprattutto, attraverso l’espansione dei consumi.

Non si può dire però che a Marx la questione della futura «società dei consumi» sia rimasta del tutto estranea. In un interessantissimo passo dei Grundrisse ricordato da van der Linden egli nota infatti che il capitale ricorre a tutti i mezzi per stimolare gli operai al consumo, per «dare nuove attrattive alle sue merci», per «convincerli a crearsi nuovi bisogni». E aggiunge questa lucidissima considerazione: «È proprio questo lato del rapporto tra capitale e lavoro che è un momento essenziale di incivilimento, sul quale si basa la giustificazione storica, ma anche la forza attuale del capitale».

Se lo si legge senza paraocchi, insomma, Marx ci riserva ancora qualche sorpresa.

da il manifesto, 17 dicembre 2019

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