Riforma delle procedure di “risanamento” finanziario degli Enti Locali: la montagna, nella migliore delle ipotesi, partorirà un nuovo topolino.

Riforma delle procedure di “risanamento” finanziario degli Enti Locali: la montagna, nella migliore delle ipotesi, partorirà un nuovo topolino.

Rosario Marra*

Premessa: cenni sullo stato dell’arte.

Nella legge di conversione del “decreto mille-proroghe”, si annuncia, con la pomposità tipica di questo Governo, una “complessiva riforma delle procedure di risanamento finanziario degli Enti Locali”;

successivamente, quest’obiettivo ricompare nella nota di aggiornamento al DEF 2018 dove tra i 12 disegni di legge collegati alla manovra di bilancio 2019-21 se ne indica uno “recante misure per il dissesto e il riequilibrio degli EE.LL.”.

Per marzo dovrebbe arrivare la bozza del ddl frutto d’un tavolo tecnico-politico con la presenza anche dell’ANCI e la sottosegretaria Laura Castelli[1], tuttavia le avvisaglie non sono buone perché, dalle notizie riportate dalla stampa, a sostituire le attuali procedure di dissesto e pre-dissesto dovrebbero essere “piani di risanamento costruiti ente per ente come accade oggi per la sanità regionale, curati da tavoli tecnici con Governo (MEF e Viminale) Corte dei conti e Amministratori”[2].

Qualora il modello sia effettivamente quello dei piani di “risanamento” sanitario non si comprende dove possa esserci un vero cambiamento di rotta.

 

a)      La montagna e il topolino: no al restyling, per una svolta effettiva.

I piani regionali di rientro dal disavanzo sanitario non sfuggono alla logica del commissariamento – come già avviene per l’attuale dissesto finanziario degli EE.LL. anche se nel caso dei piani regionali il meccanismo è di tipo sostitutivo e spesso si basa sull’intreccio tra la figura “ordinaria” del Presidente di Regione e quella “straordinaria” del Commissario ad acta[3] -  e ancora più importante è il fatto che non sfuggono alle politiche liberiste del pareggio di bilancio, anzi ne sono applicazione.

Ad es., nel caso della Campania il commissariamento è scattato nel 2009, oggi dal consuntivo 2017 emerge  un avanzo di gestione di 12,59 milioni di euro[4] e il dato non sarebbe per nulla negativo se non fosse per il …piccolissimo particolare…che anche nel caso della sanità campana il “risanamento” dei conti è stato pagato dai soliti noti con vari ospedali napoletani smantellati o ridimensionati (si vedano i casi dell’Ascalesi, Incurabili, San Gennaro, Pellegrini) o con presidi sanitari delle zone periferiche della Regione chiusi o fortemente ridimensionati (si vedano i casi di Agropoli, Sapri o Piedimonte Matese).

Non a caso, lo scorso anno fece scalpore il dato ISTAT in base al quale oltre 11 milioni di italiani rinunciano o rinviano le cure per motivi economici, a ciò si aggiunge il peggioramento della qualità del servizio con la piaga delle lunghe liste d’attesa.

Pertanto se non si cambia registro di politica economica con una svolta antiliberista si assisterà ad un nuovo retyling e anche eventuali e parziali cambiamenti in termini di maggiore autonomia per gli Enti Locali verranno prontamente controbilanciati da disposizioni restrittive, com’è avvenuto per la legge di  bilancio 2019 dove accanto al positivo sblocco degli avanzi di bilancio, in ottemperanza a precisi pronunciamenti della Corte Costituzionale, s’è contrapposto l’aumento degli accantonamenti sia per il Fondo crediti di dubbia esigibilità sia istituendone di nuovi come quelli relativi al “Fondo di garanzia per i debiti commerciali” o restringendo sensibilmente il periodo di restituzione delle “anticipazioni di liquidità”;

insomma s’è sbloccata una quota di risorse (gli avanzi) e se ne sono bloccate altre riconfermando l’ottica pro-ciclica e recessiva che guida da anni la finanza locale.

Altra direttrice su cui si muovono le procedure di “risanamento” finanziario è quella di anticipare il meccanismo di sorveglianza sulle criticità di bilancio e, in proposito, sono stati approvati di recente nuovi parametri d’individuazione della deficitarietà strutturale degli Enti[5].

In questo caso, non si tratta di un indirizzo negativo di per sé in quanto il miglioramento del “sistema di allerta” può avere, in linea di principio, anche aspetti positivi, tuttavia con le attuali politiche di bilancio significa soltanto anticipare la cura “greca” per gli EE.LL. in difficoltà col relativo aumento dei tributi comunali e taglio dei servizi.

La logica di anticipare l’individuazione delle situazioni di criticità finanziaria è, com’è noto, di derivazione europea e fa parte della strumentazione del “fiscal compact” che con un regolamento UE del 2013[6] prevede il “rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri della zona euro che si trovano o a rischio di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria”.

Questo tipo di logica è stata estesa, di recente, alle imprese in crisi col decreto attuativo della riforma fallimentare approvato definitivamente lo scorso gennaio dal Consiglio dei Ministri dove possono trovarsi anche spunti interessanti soprattutto in riferimento alla procedura del sovraindebitamento riguardante quelle attività imprenditoriali non sottoposte alla legge fallimentare.

Ciò significa che si potrebbe individuare la categoria degli “Enti sovraindebitati” accorpando gli attuali enti strutturalmente deficitari e quelli in pre-dissesto con l’intento di agire su una delle cause più importanti delle crisi finanziarie locali aggredendo quei meccanismi che mantengono i Comuni in una spirale da cui -soprattutto al Sud e in altre zone di crisi – non riescono ad uscire.

In tal senso il rafforzamento degli indicatori ministeriali sul debito all’interno dei nuovi parametri di deficitarietà non può e non deve significare un ulteriore “criminalizzazione” del disavanzo per renderlo funzionale alla privatizzazione dei servizi e alla vendita/svendita del patrimonio comunale.

Ciò rimanda anche ad una riconsiderazione del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti anch’ essa da anni sotto le maglie delle “regole” europee e in questo caso il problema non è soltanto di chiedere un azzeramento dei tassi d’interesse per gli EE.LL. ma anche quello dei tassi che il MEF paga alla Cassa che sono giunti a 149 miliardi di euro[7] riproponendo, in forme diverse, il meccanismo che c’è a livello europeo tra BCE, Stati e sistemi bancari nazionali.

Nel caso della CDP si tratterebbe di giungere a modifiche normative che prevedano, tra l’altro, l’uscita delle Fondazioni Bancarie dal capitale sociale.

 

b)      A mo’ di conclusioni

Le problematiche qui affrontate hanno senso se non vengono delegate al solo livello nazionale ma diventano parte anche del confronto e dell’iniziativa territoriale nella convinzione del fatto che la nuova contabilità “armonizzata” ha avuto un impatto particolarmente devastante proprio per gli Enti in crisi e occorrerà partire da una reale abrogazione dell’attuale normativa sul dissesto forzando tutte quelle disposizioni europee che svuotano nei fatti e non solo,[8] ogni autonomia all’interno delle politiche centralistiche di bilancio.

E’ ora che in un’area come quella napoletana si avvii una discussione sulla costituzione di una Rete metropolitana di coordinamento delle presenze antiliberiste all’interno dei Consigli Comunali insieme alle forze della sinistra d’alternativa e di Movimento, ciò anche in previsione dello scontro sul regionalismo differenziato la cui procedura prevede la formale consultazione degli Enti Locali perché ogni valutazione sull’attuazione dell’art. 116, 3° co., della Costituzione non può prescindere da una riforma del Testo Unico degli Enti locali che inneschi processi di riequilibrio finanziario e territoriale contro l’ulteriore configurazione di un Paese a due velocità.

 

*Segreteria provinciale di Napoli del PRC.



[1] Cfr. “IL SOLE-24 ORE” articolo di G. Trovati dal titolo: “Il Governo apre ai Sindaci su conti e riforma degli Enti”.

[2] Si veda la nota precedente.

[3] Ci sono stati casi in cui il Commissario ad acta  è stato il Presidente di Regione e altri in cui è stata una figura esterna all’organizzazione regionale.

[4] La fonte è il Ministero della Salute e scaturisce dalle verifiche 2018.

[5] Cfr. D.M. Interno di concerto col Ministro dell’Economia del 28/12/2018 contenete i nuovi parametri di deficitarietà per il triennio 2019-21.

[6] Regolamento del Parlamento e del Consiglio Europeo n. 472 del 21/5/2019

[7] Il dato è ripreso dalla pag. 15 dell’opuscolo “CDP e conti pubblici” dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani.

[8] Il riferimento è al fatto che ora anche formalmente si cerca di limitare l’autonomia degli Enti locali con le modifiche contenute nel progetto relativo alle procedure di notifica sui servizi che vuole rendere obbligatoria la preventiva approvazione da parte della Commissione europea delle decisioni locali sulle modalità di gestione dei servizi come parte dell’attuazione della direttiva Bolkstein

https://www.italia.attac.org/index.php/mercati-globali/direttiva-bolkestein/10861-direttiva-bolkestein-fermare-la-procedura-ue-di-notifica-preventiva-sui-servizi-pubblici-locali

 

 


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