
Millenovecentodiciassette
Pubblicato il 2 nov 2017
di Rino Malinconico
Fu assalto al cielo
due volte il cielo contro il Capitale.
Dico l’ottobre del millenovecentodiciassette.
Due volte contro il Capitale.
Quello sùbito spietato
di fornaci brucianti l’esistenza
e l’altro con l’incedere fiacco della storia
pur rivolto
ogni giorno al suo declino.
Ed in tal guisa veniva tratteggiato
dal grande vecchio con passione pura
che lo sguardo sforzava oltre il presente
oltre la legge angusta del valore
oltre il sordido mondo delle merci.
Or quell’assalto al cielo
muovevasi discorde da molte sue parole
dalle sonore voci dei fedeli
sullo sviluppo e sull’arretratezza.
Sul capitale
interamente chiamato al suo percorso
senza l’interruzione improvvida dei vinti
fin sulla soglia del suo forgiarsi pieno.
Ma più testardi molto più testardi i fatti
e le trincee e le crude casupole di fango
e di miseria.
Perciò fu assalto al cielo il diciassette.
Lì dove nessuno (quasi) immaginava.
Ottobre russo del millenovecentodiciassette.
Restò sconvolto veramente il mondo
dieci lunghi giorni
e dieci lunghi anni ancora.
Donne e uomini dall’idioma ignoto. E d’ogni colore.
Con tanti e tante che avviano il cammino
di qua di là dei mari
a piedi scalzi per disfatte strade.
Ed in quel vasto oceano di lotte
e nel mutarsi lancinante delle cose
l’umano desiderio dell’umano
come prato di marzo alla rugiada
trovava in se medesimo il retaggio.
Protendeva l’umano le sue braccia
ad una storia ruvida di fiati
or finalmente nuova.
Così ciascuno in cuore
già dolcemente con mano carezzava
il tempo amico e dolce che s’attende.
Fresca speranza fiorita al mattutino
senza ingiustizie senza più miserie.
Senza tormenti.
Un tempo di fratelli. E di sorelle.
E l’universo intero come patria.
Ma volontà non basta alla speranza
se il Capitale rialza le sue membra
e come Anteo
ritorna forte ad ogni sua caduta.
Rallenta il passo e cede
la spinta generosa del riscatto.
I sentieri s’affollano di croci
e tutto nuovamente si contrae
al punto fortunoso dell’inizio.
Cupo discende il gelo all’improvviso.
Mancano i ciocchi al fuoco del camino
e contro al freddo nero
sono i soviet ad ardere per primi.
Poi al gelido inverno non placato
pure avvampasi il legno più prezioso
l’idea che nostra patria amata
abbracciasse per sempre il mondo intero.
Santa e madre ridiventò la Russia allora.
Col suo piccolo padre di una volta
benedicente dall’alto sulla folla.
Bandiera lacerata
del millenovecentodiciassette:
come t’ho vista spersa lungo il secolo
tra quegli strappi insoluti del tuo cominciamento!
Incerta. Col fango addosso della dannazione
eppur testardamente grido di speranza.
Tu. Come sogno umano di una cosa
da gran tempo da troppo tempo attesa.
.
10 marzo 2017
(dalla raccolta In provvisorio approdo, Edizioni Melagrana 2017)
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