La hora de los hornos in Venezuela

La hora de los hornos in Venezuela

di Atilio A. Boron

La hora de los hornos [1] in Venezuela

La dialettica rivoluzionaria fomentata dallo scontro di classe sta portando la crisi venezuelana al suo inesorabile destino. Le alternative sono solo due: il consolidamento ed il progresso della rivoluzione o la sua disfatta. L’offensiva spietata dell’opposizione – dai metodi criminali e dalle pretese antidemocratiche – trova appoggio nei governi conservatori della regione e negli ex governanti che gonfiano il loro petto a difesa dell’”opposizione democratica”, in atto in Venezuela, pretendendo dal governo di Maduro l’immediato rilascio dei “prigionieri politici”.  I media e “l’ambasciata” contribuiscono a dare risonanza a queste bugie. I criminali che incendiano gli ospedali infantili fanno parte di questa presunta legione democratica che lotta per mettere fine alla “tirannia” di Maduro. Sono gli stessi terroristi – possono essere definiti in altro modo?- che danno fuoco, distruggono, saccheggiano, assalgono e uccidono impuniti (poiché protetti dalle forze di polizia dei 19 municipi oppositori, dei 335 municipi del paese). Se la polizia bolivariana – disarmata dai tempi di Chávez – li mette in carcere, la destra e i suoi media, da delinquenti comuni li immolano a “prigionieri politici” e “ difensori della libertà”, come quelli che nel Salvador assassinarono a Monseñor Oscar Arnulfo Romero[2] e i gesuiti della UCA[3]; o come gli “oppositori” che isolarono il Nicaragua sandinista finanziati dall’operazione “Irán-Contras”[4] programmata e messa in atto dalla Casa Bianca.

 

Per riassumere quanto detto finora: in Venezuela è in atto una controrivoluzione che vuole conquistare le strade – come è già successo in diverse aree del paese – e dare vita, con boicottaggi di approvvigionamenti programmati e con una guerra economica, al caos sociale per la dissoluzione del paese e il fallimento della rivoluzione bolivariana. E’ più attuale che mai in Venezuela la riflessione di Karl Marx riguardo il decorso della rivoluzione francese del 1848. Nel suo celebre Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, descrivendo lo scenario parigino affermava che “nel mezzo di questa confusione inesprimibile e strepitosa di fusione, revisione, estensione di poteri, Costituzione, cospirazione, coalizione, migrazione, usurpazione e rivoluzione, il borghese ansimante grida come un pazzo alla sua Repubblica parlamentare“ davanti ad una fine terribile che il terrore sia senza fine”. Sarebbe un errore non prendere queste parole seriamente, perché questo è proprio quello che l’impero e i suoi seguaci stanno cercando di fare in Venezuela: far sì che il popolo accetti “una fine terribile” che metta fine ad “un terrore senza fine”. A questo proposito Washington applica la stessa strategia in diversi paesi: organizza l’opposizione e la trasforma nel germe della controrivoluzione, la finanzia economicamente e assicura l’appoggio mediatico e diplomatico, predispone armi, nomina i suoi leader, pianifica un agenda precisa e recluta mercenari e mal viventi che “fomentino il popolo” uccidendo, distruggendo, appiccando il fuoco e saccheggiando; tutto ciò mentre i loro principali dirigenti si fotografano con presidenti, ministri, con il Segretario generale della OEA[5] cosí come con altri agenti dell’impero. Lo stesso è accaduto con molto successo diversi anni fa in Libia, quando Washington e i suoi complici inventarono i “difensori della libertà” a Bengasi. La stampa onnipresente diffuse a gran voce questa falsità e la NATO fece ciò che era necessario. Il risultato finale ha portato alla distruzione della Libia, bombardata a più non posso per mesi, alla caduta e al linciaggio di Gheddafi, tra le grasse risate di una iena chiamata Hillary Clinton. In Venezuela si sta seguendo lo stesso iter, con bande armate che distruggono e uccidono chicchessia davanti ad un poliziotto indifeso.

 

L’offensiva imperialista contro Salvador Allende, negli anni settanta, fu un gioco da ragazzi rispetto alla ferocia inaudita dell’attacco al Venezuela. In Cile l’opposizione non arruolò bande criminali per andare nei quartieri popolari a sparare a più non posso e terrorizzare la popolazione, così come i governi dei paesi confinanti non organizzarono azioni di contrabbando e paramilitarismo e la stampa non era così infame ed efficace come quella attuale, che ha fatto della bugia la sua religione. Un paio di giorni fa hanno pubblicato delle foto di un giovane vestito con una divisa da combattimento che lanciava una molotov ad una camionetta della polizia e la scritta:  si parla  della “repressione” delle forze di sicurezza chaviste, quando erano quest’ultimi repressi dai rivoltosi”. La stessa stampa che si proclama indignata per una repressione che costò la vita a più di trenta persone, ma allo stesso tempo non riconosce che la maggior parte dei morti erano chavisti e che almeno 5 di questi, poliziotti bolivariani, sono stati uccisi dai “combattenti per la libertà”. Gli incendi, i saccheggi e gli assassini, l’incitamento e la commissione di atti sovversivi vengono spacciati come atti di comprensibile esaltazione di un popolo sottomesso ad una dittatura mostruosa, che curiosamente lascia che i suoi oppositori entrino ed escano dal paese a proprio piacimento, visitino i governi amici o istituzioni putrefatte come la OEA per richiedere che il paese venga invaso da truppe nemiche, facciano periodicamente dichiarazioni alla stampa, approvino la ferocia violenza, si riuniscano in un’assemblea nazionale che non è altro che una farsa, dispongano di un apparato mediatico fenomenale che mente come non è mai stato fatto prima, vadano in altri paesi ad appoggiare candidati dell’estrema destra alle elezioni presidenziali  senza che nessuno venga infastidito dalle autorità. Curiosa dittatura quella di Maduro! Tutte queste proteste e i suoi istigatori hanno un solo fine: garantire il trionfo della controrivoluzione e rinstaurare il vecchio ordine pre-chavista, grazie ad un caos programmato scientificamente da individui come Eugene Sharp e altri consulenti della CIA che hanno redatto diversi manuali di istruzione su come destabilizzare i governi. [6]

 

Il modello di transizione bramato dalla controrivoluzione venezuelana non è il “Patto della Moncloa”[7] né  tanto meno qualsiasi altro compromesso istituzionale, bensì la messa in atto rigorosa del modello libico. E naturalmente non hanno la minima intenzione di dialogare, nonostante le agevolazioni concesse. Chiedevano una costituente e quando l’hanno ottenuta hanno accusato Maduro di architettare un (auto) golpe di stato.

 

Violano la legalità istituzionale e la stampa imperialista li esalta come se fossero la quinta essenza della democrazia. Non sembra che la riabilitazione di Henrique Capriles[8] o addirittura la liberazione di Leopoldo López[9] possano far sì che una parte dell’opposizione accetti di mettersi a tavolino e intraprendere un dialogo politico per uscire dalla crisi percorrendo una via pacifica , questo perché il comando lo detiene l’area insurrezionale. La destra e l’impero sentono l’odore di sangue e vanno oltre, e le misure concilianti non farebbero altro che incoraggiare le azioni violente, anche se ammetto che la mia analisi potrebbe essere sbagliata.

Dal di fuori omuncoli come Luis Almagro[10] che riaffiorano coperti di sterco dalle fogne dell’impero orchestrano una campagna internazionale contro il governo bolivariano. E paesi che non hanno mai avuto una costituzione democratica nata dalla volontà popolare, come il Cile, hanno la presunzione di dare lezioni di democrazia al Venezuela, che ha una delle migliori costituzioni del mondo, per di più approvata da un referendum popolare.

Maduro non ha fatto altro che convocare una Costituente per evitare una guerra civile e la dissoluzione del paese. Se l’opposizione continuasse, nei prossimi giorni, a rifiutare questi gesti patriottici e democratici l’unica via da percorrere per il governo sarà quella di abbandonare l’eccesiva ed imprudente tolleranza avuta fin ora con gli agenti della controrivoluzione e scaricare su di loro tutto il rigore della legge, senza alcuna grazia.

L’opposizione non violenta sarà rispettata solo se rientra nelle regole del gioco democratico e nei limiti stabiliti dalla Costituzione, l’altra ala insurrezionale dell’opposizione dovrà essere repressa immediatamente senza clemenza. Il governo bolivariano ha avuto una pazienza infinita davanti ai sovversivi, che negli Stati Uniti sarebbero incarcerati dal 2014.

 

Leopoldo López, ad esempio, condannato al carcere a vita o alla pena capitale. Il suo peccato più grande è stato quello di essere troppo tollerante e generoso con chi voleva il trionfo della controrivoluzione a qualsiasi prezzo. Però quest’epoca è giunta al termine. La dialettica inesorabile della rivoluzione, con la logica implacabile della legge di gravità, impone al governo di reagire con tutta la forza dello stato per impedire in tempo la dissoluzione dell’ordine sociale, la caduta nell’abisso di una crudele guerra civile e il fallimento della rivoluzione.

Impedire questa “fine terribile” della quale Marx parlava davanti al “terrore senza fine”.

 

Intraprendendo questa serie di azioni il governo bolivariano potrà garantire la continuità del processo intrapreso da Chavez nel 1999, senza preoccuparsi delle grida fragorose della destra e dei suoi linguaggi mediatici che in tutti i modi da tempo mentono sulla rivoluzione  ne insulta i protagonisti.

Se il governo bolivariano, al contrario, barcollasse e cadesse nell’imperdonabile illusione che si possano placare i violenti con gesti patriottici o pregando sette Ave marie , il suo futuro ha inevitabilmente il volto della sconfitta, con due possibili scenari. Uno un po’ meno traumatico: fare la stessa fine del Sandinismo sconfitto “costituzionalmente” alle urne del 1989. Solo che il Venezuela ha ai suoi piedi un mare di petrolio mentre il Nicaragua no, e per questo bisognerebbe essere realisti e se i sandinisti sono tornati al governo, i chavisti non potrebbero fare lo stesso, 10 o 15 anni dopo un’eventuale sconfitta. No! Il trionfo della controrivoluzione renderebbe il Venezuela il 51esimo Stato degli Stati Uniti d’America e se Wasington ha dimostrato durante più di un secolo di non essere disposto ad abbandonare Porto Rico nemmeno tra mille anni, figuriamoci se fosse disposto ad abbandonare il Venezuela una volta che le sue pedine mettano fine al chavismo e si approprino del paese e del suo petrolio.

La rivoluzione bolivariana è sociale e politica, e non dimentichiamo, una lotta di liberazione nazionale. La sconfitta della rivoluzione si tradurrebbe nell’annessione informale del Venezuela agli Stati Uniti. Il secondo scenario possibile sarebbe quello peggiore: la messa in atto del modello libico. Incapaci di contenere e reprimere i violenti e di ristabilire l’ordine e una certa normalità economica si metterà fine alla rivoluzione bolivariana.

Non dimentichiamo che adesso il numero due del Comando Sur è un personaggio così eccessivo come Liliana Ayalde, ambasciatrice degli Stati Uniti in Paraguay e Brasile, in entrambi i paesi è stata l’artefice principale di ben due colpi di stato. Una donna di armi, ditemi a chi non tremerebbero le mani a lanciare le forze del Comando Sur contro il Venezuela per abbatterne il governo e come in Libia, far sì che un’infamata organizzata dalla CIA porti al linciaggio di Maduro, come accade con Gheddafi e con gli altri protagonisti della rivoluzione. La dirigenza bolivariana, l’operato di Chavez e la questione dell’emancipazione latinoamericana non meritano nessuno di questi due scenari, nessuno dei due avrebbe luogo se si rilanciasse la rivoluzione e si schiacciassero senza tanti complimenti le forze della controrivoluzione.

 

[1] La hora de los hornos: letteralmente l’ ora delle fornaci, è un film argentino realizzato nel 1968 dai registi Fernando “Pino” Solanas e Octavio Getino.

[2] Arcivescovo salvadoregno venne ucciso da un cecchino degli squadroni della morte (gruppi paramilitari dell’estrema destra).

[3] Ci si riferisce agli 8 martiri della Universidad Centroamerica assassinati il 16 Novembre 1989 da un plotone del battaglione Atlacatl delle forze armate salvadregne.

[4] L’operazione Irán-Contra, conosciuta anche come Irangate ha avuto luogo tra il 1985-1986, durante questa operazione sono state vendute dal governo statunitense, ai tempi sotto la dirigenza di Ronald Reagan, armi al governo iraniano quando quest’ultimo era nel pieno della guerra Iran-Iraq e finanziò il movimento Contra nicaragüense (movimiento armato creato e finanziato dagli Stati Uniti per attaccare il governo sandinista del Nicaragua, nel pieno della Rivoluzione nicaraguense.

[5] Organizzazione degli Stati americani

[6] Uno dei manuali (infami) più completi è scritto proprio da Eugene Sharp ed è Dalla Dittatura alla Democrazia, pubblicato a Boston dalla Albert Einstein Institution, una ONG riflesso della CIA. Sharp si considera l’inventore della teoria della “non violenza strategica”. Per comprendere questa teoria e per comprendere al meglio quello che sta succedendo in Venezuela vi consiglio fermamente di leggere questo libro e soprattutto l’appendice, dove l’autore enumera 197 azioni non violente, tre le quali si include la “forzatura dei blocchi economici”, “la falsificazione del denaro e dei documenti”, “l’occupazione e l’invasione” etc. Tutte azioni non violente come potete vedere.

[7] I patti della Moncloa (ottobre 1977) furono degli accordi presi dalle forze politiche per uscire dalla pesante crisi economica spagnola.

[8] Avvocato e politico venezuelano.

[9] Leader dell’opposizione venezuelana.

[10] Attuale Segretario dell’Organizzazione degli Stati americani.

Traduzione a cura di Giorgia Di Luca

articolo originale: http://www.atilioboron.com.ar/2017/05/venezuela-en-la-hora-de-los-hornos.html

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