ROSA VIVE

ROSA VIVE

di Alec Hudson e Paul Buhle

Il pensiero rivoluzionario di Rosa Luxemberg continua a ispirare i movimenti anticapitalisti di oggi e certamente è un riferimento fondamentale per Rifondazione Comunista. Dalla rivista americana Jacobin un’intervista allo storico Paul Buhle curatore di una graphic novel dedicata a Rosa Luxemburg che speriamo esca presto anche in edizione italiana.

Rosa Luxemberg è un’anomalia nella sinistra marxista. Leader rivoluzionaria il cui pensiero è stato abbracciato da marxisti-leninisti, da anarchici e persino da socialisti democratici anticomunisti, la sua influenza sul pensiero politico è aumentata nell’era post guerra fredda. Nata a Zamosc da una famiglia borghese ebrea si fece strada tra i ranghi del nascente movimento socialdemocratico in Germania.

Dopo aver assistito ai moti rivoluzionari del 1905-7  nell’impero russo (di cui la Polonia era parte in quel periodo),  sviluppò una visione del socialismo fortemente antiparlamentare, sostenendo che solo attraverso l’autorganizzazione democratica rivoluzionaria di massa della classe operaia si poteva trascendere il capitalismo.

Le sue visioni rivoluzionarie antiparlamentari la portarono non solo a lasciare il partito socialdemocratico tedesco per fondare la Lega Spartachista ma anche al suo omicidio per mano dei paramilitari di destra che lavoravano al servizio del governo socialdemocratico eletto nel gennaio del 1919.

Con la sua morte la Luxemburg divenne una delle più iconiche e venerate figure della sinistra europea, una rivoluzionaria il cui pensiero anticipava i tempi e che continua a guidare i movimenti per l’abolizione del capitalismo.

La nuova biografia grafica “Red Rosa” scritta da Kate Evans e edita da Paul Buhle, esplora il modo in cui la Luxemburg sviluppò i suoi ideali rivoluzionari mentre lottava contro la leadership tedesca del partito Socialdemocratico che disprezzava il suo zelo rivoluzionario ed il suo rifiuto del percorso parlamentare verso il socialismo.

L’attivista, con base a  Chicago,  Alec Hudson ha parlato con Buhle, per la rivista “Jacobin”, per capire la formazione della Luxemburg, come il suo lavoro si sia diffuso nel mondo e perchè lei rimane una delle più importanti marxiste del XX secolo.

 

Anche se la Luxemburg al giorno d’oggi è ricordata come marxista rivoluzionaria, trascorse la maggior parte della sua vita politica nel Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Quale era la struttura ideologica del SPD, perchè il partito si orientò verso quell’ideologia più riformista che la Luxemburg rifiutò e perchè votò a favore dell’entrata in guerra nel 1914?

L’SPD, partito storico del socialismo, nel 1914 alla vigilia della guerra era il partito più grande del parlamento tedesco ed il più grande partito di sinistra al mondo. Il successo elettorale più o meno costante dalla legalizzazione generava un senso di ineluttabilità ed anche di profonda ansietà per il timore che gli equilibri si rompessero, anche se il successo era considerato più o meno assicurato, nel lungo termine.

Parlare di rivoluzione in termini che non fossero di paziente educazione e di elezioni era considerato pericoloso. Per i socialisti votare contro i crediti di guerra significava veramente rompere gli equilibri, una cosa quasi impensabile, anche per coloro che si sapeva essere cocciutamente contrari alla guerra.

In “Red Rosa” si presta molta attenzione a come la Luxemburg avesse sviluppato il suo concetto di sciopero rivoluzionario di massa dopo aver osservato gli operai in sciopero a Varsavia all’indomani dell’ondata rivoluzionaria del 1905-7. Che cosa la distingueva dagli altri pensatori socialdemocratici dell’epoca?

Il mio vecchio mentore C.L.R.James (autore de I giacobini neri) ha cercato di chiarire soprattutto un punto. La rivoluzione poteva nascere solo dal basso e avrebbe attinto le forze dall’inferiore più inferiore, l’operaio massa.

Insisteva anche, come Lenin, che lo stato esistente non poteva portare al socialismo, al contrario, doveva essere sostituito.

L’ondata di scioperi di massa, 1905-7, persuase Rosa Luxemburg a rivedere l’intero processo rivoluzionario ed in questo senso si dice che abbia portato avanti il punto di vista di Marx sulla trasformazione sociale come questione di dinamiche della classe operaia piuttosto che di successo elettorale circoscritto o iscrizione al sindacato. Lei anticipò di molto la minaccia di Lenin nel 1917 di unirsi ai Soviet anzichè al partito bolscevico, se necessario.

 

In Red Rosa Evans enfatizza particolarmente l’importanza dell’opera della Luxemburg del 1913 “L’accumulazione di capitale” che, lei dice, presagiva la globalizzazione analizzando il potere economico in un sistema politico imperialistico. Perchè questa analisi è cosi eccezionale per l’epoca?

L’idea di “oppressione nazionale” era praticamente proibitaa nella Seconda Internazionale anche se ribellioni di un tipo o di un altro continuavano ad aver luogo nelle colonie. Rosa non capiva o, piuttosto, scacciava la “questione nazionale” ma aveva una bruciante visione delle cause del crescente conflitto.

Insieme a pochi altri preziosi teorici di vario tipo, Rosa calcolò in termini marxisti le implicazioni dell’espansione capitalista sulla terra (colonizzata). Come spiega in modo appropriato Kate Evans , e che i lettori più interessati troveranno largamente articolata nella nuova traduzione di “L’accumulazione di capitale“, l’analisi economica più straordinaria di Rosa fu che il capitalismo non era diretto verso una crisi senza speranza come predicavano tanti marxisti contemporanei.

Piuttosto, se scarsamente o per niente combattuto, avrebbe devastato tutto il pianeta, programmando il “sottosviluppo” attraverso il saccheggio delle risorse naturali, trasformando l’ecologia esistente in luoghi commercializzabili, e schiacciando completamente le popolazioni nel processo. Proprio come avviene adesso.

I leader della Seconda internazionale, convinti che industria e proletariato sarebbero sorti sicuramente nelle colonie, non capirono questo discorso e, con la loro mentalità, forse non potevano adottarlo concettualmente senza dover rinunciare troppo alla loro visione del mondo.

Lenin, cosi come alcuni dei precedentemente discepoli del socialista americano Daniel DeLeon – l’ebreo sefardita nato a Curacao che, per un breve periodo, aveva insegnato storia anti-imperialista latino americana alla Columbia durante gli anni ‘80 dell’Ottocento – si aggrappavano ad un punto di vista più largo, sostenendo vigorosamente le rivolte. Lo stesso fece uno sparuto gruppo di socialisti olandesi, influenzati dal comportamento dei colonizzatori olandesi ma anche dalle loro visioni anarco-socialiste eterodosse.

E’ affascinante notare, nel 2016 nel centenario della Rivolta di Pasqua in Irlanda, che anche  il martire dell’epoca  James Connolly avesse elaborato nel suo scritto “Il lavoro nella storia irlandese”, una teoria sull’arretratezza dell’economia, della cultura e della classe operaia irlandese, senza alcuna formazione ufficiale. L’idea di ciò che sarebbe stato chiamato “sottosviluppo” era nell’aria ma non era vista bene.

Il collasso della Seconda Internazionale, l’attenzione che si sposta sulle agitazioni del mondo coloniale crearono, quasi inevitabilmente, nuove intuizioni. Lasciate che aggiunga che, nella mia gioventù generazionale negli anni ’60, non solo i conservatori ed i liberali ma anche i socialdemocratici orientati verso la Guerra fredda dall’Europa agli USA continuarono a sostenere le idee della Seconda Internazionale. Rimasero ostinatamente affezionati all’eredità del colonialismo quando, almeno fino al 1970, condannavano il ritiro statunitense dal Vietnam.

 Si sa che la Luxemburg criticò il trattato riformista di Eduard Bernstein “I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia” nel suo lavoro “Riforma sociale o Rivoluzione” che proponeva la classica nozione marxista di rifiutare un’evoluzione verso il socialismo attraverso politiche elettorali. Comunque recentemente il teorico socialista Erik Olin Wright ha sostenuto che le alternative al capitalismo sono più varie che non semplicemente riformare e rovesciare il capitalismo, ad esempio  l’idea di erodere il capitalismo con nuove istituzioni.

Queste sono veramente nuove tattiche anticapitaliste o sono semplicemente la prosecuzione del sistema riformista?

 Lasciami rispondere in un modo che si collega alla storia urbana radicale di Madison, Wisconsin,  luogo che sia io che il Professor Wright chiamiamo casa. Negli anni ’70 c’erano migliaia di attivisti là quando il movimento si stava esaurendo sull’onda della fine della guerra in Vietanam. Essi organizzarono dozzine di cooperative, si iscrissero in migliaia (specialmente nelle coop alimentari) e predicavano il vangelo di cercare di vivere in modo diverso in attesa di un cambiamento sociale più vasto.

Entro il 1980, però, il potere del capitale spazzò via la municipalità di sinistra ed anche il giornale gestito dagli operai creato dagli scioperanti un paio di anni prima. Rimase un forte sentimento riformatore nella città ma di fatto era stato  addomesticato dai limiti della contro-cultura economica e dall’arrivo del reaganismo.

Sforzi di vario tipo per impedire il controllo delle grandi imprese, resuscitati dal movimento “Rivolta del Wisconsin” del 2011, hanno valore e rimangono importanti. Affrontano veramente il capitale? Non più di tanto.

 

La Luxemburg è diventata una figura internazionale della sinistra anticapitalista ma la sua influenza si è espansa globalmente anche in nazioni occupate da poteri imperiali, in particolare a Ceylon (prima che diventasse Sri Lanka). Come mai lei, una teorica europea, diventò un’importante figura globale dello standard marxista?

 Innanzitutto Ceylon fu un po’ un colpo di fortuna. I trozkisti giocarono un ruolo importante nella lotta per la liberazione nazionale, una cosa insolita se non sconosciuta nel terzo mondo, nelle generazioni precedenti l’indipendenza.

Inoltre l’impatto di Rosa probabilmente divenne più forte dopo che fu raggiunta  l’indipendenza nazionale e, in tutto il mondo, i limiti degli antiquati progetti socialisti e comunisti diventarono più evidenti. Nella postfazione a “Red Rosa” faccio notare che gli scioperi di massa politici negli anni ’80 in Sudafrica spinsero alcuni della sinistra a leggere attentamente i suoi scritti ma l’influenza del partito comunista sudafricano era cosi forte che solo dopo la divisione del potere e la caduta del blocco orientale il leader di lunga data comunista Joe Slovo iniziò a parlare dell’importanza del contributo di Rosa. I limiti del partito e della visione antiquata degli “stadi” erano ormai chiari.

 E’ problematico parlare in generale dei movimenti di tutto il mondo, ma nella mia esperienza, gli studenti nel corso degli anni 1960-’80, più delle organizzazioni dei lavoratori o dei membri di particolari partiti di sinistra, hanno posto Rosa in una più ampia comprensione della storia del socialismo e della sua importanza persistente. Occupy e i movimenti associati sono parsi portare la sua opera più vicino all’ attenzione del pubblico nuovamente. L’interesse continua a crescere, con i movimenti anti-austerità in testa.

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 In che modo l’eredità della Luxemburg è riuscita ad evolversi fino ad essere rivendicata dalle persone e dai gruppi di sinistra dai socialdemocratici ai comunisti agli anarchici?

 Come suggerito nella postfazione a “Red Rosa“, in Germania negli anni ’20 si discusse del suo lascito per essere poi scartato, per ordine di Stalin, nel 1931. Dopodiché divenne quasi una provincia speciale del trozkismo i cui leader guardavano con indispettita possessività alle rivendicazioni rivali (per lo più di anarchici e socialisti di sinistra). Bisogna dunque essere riconoscenti ai trozkisti per aver continuato a far circolare i suoi opuscoli.

Stranamente negli anni ’60 una cerchia di socialdemocratici rivendicava Marxism vs Leninism come testo totemico anticomunista, e, nemmeno troppo indirettamente, una difesa del loro supporto alla guerra del Vietnam. Questo gesto cinico rispecchiava le pretese su Rosa della Germania orientale, con gli arresti, durante le celebrazioni di gennaio per gli omicidi di  Rosa e Karl Leibknecht, di chiunque mostrasse poster non approvati.

Una riflessione più approfondita merita la complessità dell’adozione  di lunga data da parte del movimento giovanile del partito socialdemocratico tedesco di Rosa come santa. Ma sono certamente il partito Die Linke e la Fondazione Rosa Luxemburg di oggi che hanno le credenziali appropriate per poterla rivendicare come propria (non che desiderino monopolizzarne la memoria o il significato).

 

 Cosa credi lei penserebbe della situazione odierna della sinistra americana  e delle sfide dei socialisti e delle loro organizzazioni?

 A quasi cento anni dalla sua morte molto è cambiato, il senso di sicurezza di un futuro socialista è diminuito cosi tanto a causa della crisi ecologica  che sarebbe meglio per noi non riflettere troppo sul fatto che, per esempio, avrebbe considerato Bernie Sanders o persino Jeremy Corbyn come tè annacquati ed i loro movimenti troppo timorosi e tolleranti nei confronti del capitalismo. D’altra parte Rosa credeva nell’organizzazione di massa e le piacevano poco i gesti divisivi settari.

Il femminismo socialista? Gli ideali sarebbero stati allettanti ma l’idea di un movimento separato, no. E cosi via. La sua fede nella classe operaia occidentale sarebbe stata scossa man mano che le sue speranze per i popoli delle ex colonie aumentavano.

Mi piace pensare che, durante la mia vita, C.L.R.James abbia rimodernato al meglio Rosa anche quando non si è reso conto di farlo. Cosi come le analogie tra le idee di Rosa e la visione degli Industrial Workers of The World questo è, probabilmente, il soggetto di cui parlare un’altra volta.

 articolo originale:

https://www.jacobinmag.com/2016/01/rosa-luxemburg-paul-buhle-clr-james-reform-revolution-german-spd/

traduzione di Stefania Martini – brigata traduttori

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Nella nostra biblioteca on line trovate vari testi di e su Rosa Luxemburg: http://www.rifondazione.it/formazione/?p=149

 


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