Frédéric Lordon: appoggiare Mélenchon?

Frédéric Lordon: appoggiare Mélenchon?

Di seguito la trascrizione di una parte dell’intervista televisiva di Daniel Mermet a Frédéric LORDON del 21 gennaio scorso. Lordon è un filosofo ed economista francese, direttore di ricerca al Centre National de la Recherche Scientifique (Cnrs), ed è stato uno dei principali protagonisti e ispiratori del movimento Nuit Debout che ha affiancato la mobilitazione sindacale e gli scioperi contro la “riforma del lavoro” il Jobs Act di Holland in Francia lo scorso anno. Non era assolutamente scontato il suo apprezzamento per il candidato del Front de Gauche Jean -Luc Melenchon. 

 La sfida «Mélenchon»

 Frédéric: LORDON: Le prossime elezioni… è una faccenda bizzarra. Mi ispira sentimenti completamente diversi, questa prospettiva elettorale. Sentimenti molto contrastanti. Col passare degli anni – ed è da un po’ che ho smesso di votare – sono arrivato davvero a considerare che la finzione elettorale nell’ambito delle istituzioni della V Repubblica fosse una faccenda nulla o inesistente. E da un certo punto di vista, quello che è successo con Nuit Debout era l’espressione di questa disposizione d’animo. Giocare il gioco in queste istituzioni è una faccenda persa in partenza, o una faccenda totalmente priva di senso, ma la sola questione politica veramente pertinente da porre è la trasformazione delle istituzioni politiche, smettendo subito di avallarle con la nostra partecipazione.

E poi, contraddittoriamente, penso che si tratti di un’elezione senza precedenti. Penso che quest’elezione sollevi delle sfide politiche di un’intensità mai vista dal 1981 (e forse addirittura superiore), e che inoltre si annuncia di una violenza temibile. Allora, dove sono localizzate queste sfide che costituiscono, forse, la particolarità di quest’elezione? Là dove sorge una sfida, è intorno alla candidatura di Mélenchon.

Si possono avere tutte le riserve del mondo su Mélenchon, o sulla sua personalità o sul suo orientamento politico, ma c’è almeno una cosa, se guardiamo le cose con una certa distanza, che non si può non riconoscere, e cioè che è portavoce, per la prima volta da molto tempo, all’interno della sinistra, di una differenza significativa nel paesaggio dell’offerta politica. È non è cosa da poco.

Che ci sia una differenza significativa radicata nel paesaggio politico, questo lo si sa da molto tempo, è il Fronte Nazionale. Ma era evidentemente la sola a prosperare sotto l’indifferenza generale, questo va da sé. Ma in questo caso, per una volta, c’è una differenza che può attirare la nostra attenzione e quella di tutti coloro che si riconoscono autenticamente di sinistra. Sappiamo bene che viviamo una congiuntura molto particolare, nella quale proprio l’arrivo di questa differenza può produrre degli effetti. Questa congiuntura molto particolare è segnalata da un sintomo caratteristico, ovvero la confusione generale.

(…) I media fanno essi stessi grande confusione. Perché a forza di prendere fregature, il livello di contestazione aumenta e non possono non tenerne conto. Sono consapevoli che tutto quello che dicono è destinato a essere smentito, che tutti i candidati che supportano rischiano di finire nel precipizio, che i vincitori dei sondaggi finiranno come i perdenti, ecc. I media stessi cominciano a tenere un discorso sui media: “ohi ohi, non si smette mai di sbagliare.

lordon-nuit-debout-310316-e1460457126759

Lordon durante il movimento Nuit Debout

Il Partito Socialista, un astro morto.

Frédéric LORDON: su questo prendiamo Macron. Un altro segno di confusione: il ragazzo che si dice antisistema, che ha tutte le etichette del sistema, che scrive un libro che si intitola Révolution e che si presenta come il promotore del progressismo! La trappola è pronta. E quindi, in questa situazione, con dei gradi di libertà che si riaprono da tutte le parti, con delle idee che si abissano e altre che non decollano, può forse succedere qualcosa.

 Daniel MERMET: ovvero?

Frédéric LORDON: non so, perché non ho la sfera di cristallo. Non corro il rischio di sbagliarmi in queste condizioni. Non sono del tutto idiota!

Non parleremo del partito socialista, perché virtualmente esso non esiste più. Si agita in televisione, ma a me fa davvero pensare a quello che gli astronomi ci dicono a proposito della luce, cioè che ha viaggiato talmente a lungo che, nel momento in cui arriva a noi, l’astro che l’ha emessa era già morto nel momento in cui arriva a noi. Penso che siamo proprio in questo genere di osservazioni.

Daniel MERMET: c’è ancora luce che arriva!

Frédéric LORDON: fa un po’ brillare i nostri schermi, ma io ti posso già dire cosa accadrà dopo, ovvero nulla. E questa è la buona notizia del momento.

Daniel MERMET: Benoît Hamon non ha alcuna grazia ai tuoi occhi? io non l’ho trovato poi così male con i suoi piccoli oggetti: un vasetto in gres, una piccola abat-jour in macramè. Non ti ha commosso un po? Abbiamo piccoli oggetti politici, che non hanno un grand legame tra di loro, ma c’è molta buona volontà.

Frédéric LORDON: è emozionato come un piccolo animale che scomparirà anche lui. No, ma io non ho limiti alla compassione… sono forse un po’ mucca, ma appena.

È da tempo che penso che una delle grandi sfide per la sinistra sia arrivare ad operare questa conversione simbolica che riesca a privare il partito socialista dell’etichetta «sinistra». E mi sembra che noi abbiamo vissuto un quinquennato Hollande che invece di essere “rivoluzionario”, sarà stato realmente storico. Io penso veramente che questo quinquennato sia storico. È storico perché, precisamente, sarà riuscito in questa performance di convincere un numero sempre maggiore di persone del fatto che qualificare questo personale politico come “sinistra” fosse un errore enorme e che ora bisogna lavorare quasi psicologicamente per quelli che hanno creduto di sbarazzarsene.

Su questa storia di Hollande e dell’hollandismo, io ho sempre pensato che il lessico del “tradimento” fosse inadeguato. Si è detto più volte: “Hollande ha tradito. Ha tradito il discorso di Bourget!”. Ma io non penso che lo abbia tradito. Credo piuttosto che loro siano stati fedeli a loro stessi. Io aggiungo: evidentemente, ripercorrendo indietro gli anni, succedeva loro che a volte si facesse qualcosa di sinistra, una cosuccia qua e là, ma in realtà si trattava di uomini che erano sempre stati di destra, ma erano degli uomini di destra contrariati. 

Erano contrariati da una storia, eventualmente da qualche media che continuava a perseguitarli, ma da molto tempo erano di destra. E semplicemente quello che è successo è che col passare degli anni, si sono sbottonati sempre più, hanno finito per riportare a riva, sotto Hollande, tutte le controversie e, infine, hanno potuto essere loro stessi. Allora tu vedi, c’è un effetto di rivelazione molto potente.

Vorrei leggere una piccola cosa che ho trovato in un libro che vi consiglio, che si chiama Le Concert des Puissants [1], il Concerto dei potenti. È l’ultima produzione delle Raisons d’agir, Ragioni di agire, la collana di Bourdieu ed è stato realizzato da François DENORD e Paul LAGNEAU-YMONET. Si parla dei documenti che il PS pubblicava, e in particolare quelli del Partito socialista che venivano chiamati i “transcourant” di cui Hollande era un noto rappresentante. Questo svela e chiarisce tutto. Una volta che l’hai letto, hai capito tutto dei trent’anni successivi (il testo data del 1985). Allora ascoltate, ecco cosa scrivono i famosi transcourants:

«Il sempre più e il bisogno di assistenza non sono appannaggio di un gruppo sociale, ma sembrano essere l’oggetto di un certo consenso. L’eccesso di regolamentazione e di burocratizzazione non sono sempre il sintomo di un socialismo rampante, ma corrispondono più spesso a domande settoriali, alla necessità di protezione delle rendita e dei privilegi. Burocratizzazione e corporativismo: stessa battaglia. In un tale contesto, la deregolamentazione cambia campo. La generalizzazione delle pratiche concorrenziali diventa un’esigenza per la sinistra, per assicurare una maggiore mobilità sociale”.

Quindi là, a metà degli anni ’80, la matrice ideologica era formata. Evidentemente, urlare delle cose così sui tetti nel 1985 era un po’ complicato, quindi non possono che essere documenti interni al PS, alcuni pubblicati, ma poco letti. Trent’anni più tardi, abbiamo la legge Macron. E abbiamo il governo Valls-Hollande. Quindi il grande ciclo è completo, è tempo di chiuderlo.

 Daniel MERMET: Io credo di sentire i fischi che accompagnavano l’arrivo di Mitterand a Charléty nel giugno del 1968. Hanno sempre tradito, quelle persone hanno sempre tradito, è abitudine tra loro, e adesso lo stanno per fare nuovamente.

 Frédéric LORDON: sì

Prendere il potere per restituircelo.

Daniel MERMET: Allora, hai fiducia in Mélenchon? Lui è la sinistra? Perché io mi ricordo di un Lordon che diceva: “non possiamo fare nulla in una situazione tale, bisogna cambiare la situazione, bisogna ribaltare il tavolo, ecc”. All’improvviso, tu dici che forse, in questa situazione, si può fare qualcosa? E poi, visto che questo l’ho già sentito nel 2012 da alcuni nostri amici che dicevano “oggi alla urne, domani in strada! A Hollande gli metteremo pressione. Votiamo Hollande contro Sarkozy e dopo gli metteremo pressione.” Anche alcuni amici parlavano di “hollandismo rivoluzionario”, era di secondo grado ma è comunque stato detto. Un Lordon un po’ meno radicale del solito?

Frédéric LORDON: No, non preoccuparti. Sono sempre così diffidente e tuttavia confermo quello che ho detto poco fa. Penso che per la prima volta abbiamo una differenza significativa che è emersa, che ha preso il suo posto nell’offerta politica e che non possiamo ignorare. Non ignorare non vuol dire andarci con armi e bagagli. Non ho il gusto dell’adunata incondizionata, tu capisci, quindi all’occorrenza particolarmente…

Nel programma di Mélenchon troviamo “prendere il potere per restituircelo”. È il genere di promessa con la quale occorre essere metodologicamente cauti. Un mattacchione poco serio su internet ha scovato una locandina di Mitterand in occasione della campagna del 1981 le cui parole esatte erano: “vi restituirò il potere”. Stiamo ancora aspettando all’ufficio oggetti smarriti.

Daniel MERMET: E’ esattamente quello che ha detto anche Trump.

Frédéric LORDON: Ecco, esattamente: «Vi renderò il potere». Ho sempre una grande diffidenze nei confronti delle strategie che propongono di passare attraverso le istituzioni per cambiare le istituzioni. Quindi, guardiamo, ma guardiamo con cautela, e questo tanto più – come dirlo senza essere inutilmente cattivo – in quanto le istituzioni della V Repubblica corrispondono bene alla personalità di Mélenchon. Penso che non si troverà male, e poi ecco, sappiamo come accade: si arriva al potere, si ha un’agenda – quindi ammetto che la cosa comporti delle cose interessanti – e poi si comincia a metterle in pratica, e dopo si dice: “Ah, sì ma aspettate, la costituente sicuramente, si rifaranno le istituzioni, sì, sicuramente, ma non è la priorità, ci sono prima grandi riforme da fare, bisogna darci tempo” e poi dopo che gli abbiamo dato tempo di fare le riforme, occorre il tempo che ripaghi e poi…

Daniel MERMET: … E poi i tempi cambiano.

Frédéric LORDON: E poi i tempi cambiano, e poi cinque anni sono passati, Quindi questo diventa un problema. Quindi, come si può risolvere questo genere di contraddizione? Però tu l’hai detto in un modo un po’ piacevole e scherzoso, tuttavia io non credo ce ne siano altri. E’ che in effetti, non vedo altra soluzione a questo genere di difficoltà se non quella di riconoscere che, contrariamente a quello che succederebbe a qualunque altro presidente che verrà eletto, l’elezione di Mélenchon non sarebbe la fine del processo ma l’inizio, e l’inizio di un processo che includerà necessariamente delle strade estremamente impegnative.

 Tu dicevi: «La gente vota Hollande e dietro di lui verrà fatta pressione nelle strade», ma sarebbe stato necessario avere una personalità d’acciaio per scendere in strada con Hollande presidente. Perché lui non aveva niente da difendere in realtà, lui doveva solo cercare di non lasciarsi spogliare di un certo numero di cose che ancora ci restavano.

Sto per autocriticarmi, quando tu avevi passato la serata ai Métallos ??, tre anni fa, io avevo detto: “Hollande è peggio di Sarkozy, perché ha la stessa linea politica di Sarkozy, ma con l’anestesia in più”, e vedi, la maledizione del pentothal è stata sconfitta questa primavera. E questo è anche un segno di un quinquennato storico. E’ la prima volta che abbiamo un movimento sociale di questa ampiezza sotto un governo di “sinistra”, che di solito stronca radicalmente tutte le mobilitazioni che non siano quelle settoriali.

 Ma io penso che il compagno Mélenchon, se giunge al potere e se ha davvero intenzione di coniugare i fatti alle parole, si troverà a fronteggiare un’avversità formidabile, e cioè che il capitale in trent’anni si è accomodato e non ha per nulla l’intenzione di lasciarsi togliere tutte le libertà che ha conquistato e tutte gli agi che ha preso. Bisogna rendersi conto di quello che significa tornare a confrontarsi col capitale, sono delle battaglie politiche…

 Daniel MERMET: … E tu hai lavorato su Syriza, e tu hai lavorato a Podemos, e tu hai lavorato all’Europa…

Frédéric LORDON : Si ma bisogna immaginare il ministro delle Finanze di Mélenchon che si sorbisce la direzione del Tesoro e gli ispettori delle Finanze, ovvero tutta una tecnostruttura ostile, è davvero qualcosa e questo da solo, lo sappiamo bene d’altronde, le istituzioni sono spesso più forti che gli individui, e le assorbono per fagocitosi e le rinormalizzano, in due anni è tutto fatto!

Allora tanto per proteggerlo che per sorvegliarlo, bisognerà che l’elezione non sia l’inizio di un processo politico di  tutt’altra ampiezza che passi per delle mobilitazioni popolari. Allora si tratta di risvegliare i vecchi ricordi del Fronte popolare o che cosa?

Daniel MERMET: Ha funzionato.

Frédéric LORDON: E questo ha funzionato. E una configurazione che ha fatto le sue prove. Ma la mia speranza è che noi siamo più incitati tanto da avere il sentimento che stia succedendo qualcosa e che spetti a noi difenderla affinchè sia portata a compimento.

Mélenchon e l’Europa

Parlami un pò dell’Europa e di Mélenchon. Hai visto il suo progetto per l’Europa? Perlomeno si tratta di un campo sul quale hai lavorato, l’euro ecc… Sembra che lui dica “rinegozieremo i trattati” e poi eventualmente…

Frédéric LORDON: Ascolta, dopo aver enormemente tergiversato, dopo aver moltiplicato il rifiuto degli ostacoli ??? ho l’impressione… ma è sempre così, sono sempre e solo delle impressioni, dopodichè, sai come si dice, è un salto di fede. O gli si dà credito o non gliene si dà.

 Daniel MERMET: Questo significa prendere posizione.

 Frédéric LORDON: Si, può darsi. Dunque, dopo questa riunione che si è tenuta quasi un anno fa a Parigi, e che si chiamava Summit internazionale per il piano B, sembra che, dopo tanti giri di parole, Mélenchon abbia finito per stabilizzarsi su una sequenza chiamata «piano A/ piano B», per cui il piano A consiste nel mettere le carte in tavola con la Germania, con dietro un piano B che verrebbe attivato immediatamente se la Germania non dovesse accettare.

 Beh, se devo restare su questo livello di generalità, a costo di essere sempliciotti, trovo che questa sia una sequenza che non ha niente di eccezionale. In effetti, la minore tra le cose, mi sembra che sia piuttosto un’esigenza politica, quella di dire ai tedeschi e agli altri Stati membri dell’UE: “E’ impossibile continuare in queste condizioni e questi sono i cambiamenti che vogliamo, altrimenti ce ne andiamo.” E può darsi anche che non ce ne andremo da soli.

Il mio sentimento è che bisogna percorrere la sequenza dal piano A, è semplicemente per presa di coscienza, perché i risultati, a mio parere, sono giocati in anticipo. La Germania rifiuterà. Allora evidentemente, il grosso codicillo in questo ragionamento è di sapere quali saranno le trasformazioni che verranno chieste alla Germania. La cosa che mi sembra del tutto problematica nella posizione per esempio di Varoufakis, è che lo sento capace di accontentarsi delle piccole cose come un ribasso del debito, una piccola tolleranza in più per fare del deficit del budget, tre piccoli giri e poi se ne vanno.

Ora quello che è giusto esigere – e di esigere sine qua non – è una revisione completa, cioè un abbandono completo dei trattati, e la restituzione integrale, io sottolineo integrale, di tutte le disposizioni relative alle politiche economiche a un’assemblea autenticamente democratica, ossia un parlamento dell’euro da creare per esempio.

Ma resto sulla linea delle mie argomentazioni, questo parlamento dell’euro, lo possiamo benissimo fare sorgere in mezzo al niente, non funzionerà per una ragione estremamente semplice, ossia che un certo numero di paesi, prima fra tutti la Germania, rifiuterà che esso esista con le prerogative che ho appena detto. Ovvero che siano rimessi in discussione democratica parlamentare delle disposizioni che i tedeschi precisamente hanno tenuto come alla pupilla dei loro occhi di santificare nei trattati, precisamente perché esse non siano mai discusse. Quindi già il primo ostacolo non lo salteranno.

E a supporre che essi la saltano comunque, io penso che rifiuterebbero di essere messi in minoranza, cosa che è la legge della democrazia, su una delle loro disposizioni feticce. Immagina i tedeschi messi in minoranza sulla questione del ritorno della banca centrale nelle istituzioni della sovranità politica. Fine della banca centrale indipendente. Chi potrebbe immaginare di far ingoiare una cosa simile ai tedeschi allo stato attuale?

Ora vediamo bene che è attorno a questa sfida che si era abissata tutta la critica della sinistra sul trattato di Maastricht, attorno al trattato che stabiliva una Costituzione per l’Europa nel 2005, attorno alla questione della Banca centrale. Non solo quella, certo, ma in soprattutto quella come anomalia democratica patentata sulla quale o torniamo o non c’è più nulla da fare. Percorriamo la sequenza, ma a mio avviso la corsa è giocata in anticipo.

Quindi dopo bisogna sapere se un Mélanchon presidente sarà un presidente capace e allora in quel momento sarà una rottura storica. È un passo da compiere.

 Daniel MERMET: Appuntamento tra un anno. Immaginate – l’anno scorso eravamo là – tutto quello che è successo in un anno. Chi aveva previsto Trump il 21 gennaio scorso? Né Trump, né la Legge sul lavoro né il movimento la Nuit Debout…

Frédéric LORDON: Questo è tipico delle congiunture di crisi. È che tutto diventa estremamente fluido e i cambiamenti possono avvenire alla velocità della luce e in maniera irreversibile. Quindi forse dovremmo aspettarci delle sorprese?

traduzione di Laura Gualeni – brigata traduttori

testo originale in francese

melenchondebout


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.