
Se Raggi e 5 stelle diventano i nuovi palazzinari
Pubblicato il 13 feb 2017
di Vezio De Lucia
L’imprudenza di Paolo Berdini non può trasformarsi in un viatico per l’approvazione dello Stadio. Il progetto che va sotto il nome Stadio della Roma è forse la più grossa speculazione fondiaria tentata a Roma dopo l’Unità d’Italia.
Del milione di metri cubi previsti a Tor di Valle, lo stadio e le altre funzioni connesse alle attività sportive formano solo un segmento, meno del venti per cento, di un complesso immobiliare che comprende tre grattacieli alti più di duecento metri e altri edifici destinati ad attività direzionali, ricettive e commerciali senza rapporti con lo stadio, ma destinati a compensare il costo delle infrastrutture dichiarate necessarie per la funzionalità dell’insieme. Una specie di piccola Eur dove il piano regolatore prevede impianti sportivi con modeste cubature. Tutto ciò sarebbe consentito non da una legge sugli stadi, di cui ogni tanto si sente parlare, legge che non esiste, ma grazie a una norma inserita forzosamente e all’ultimo momento nella legge di stabilità del 2014 nell’ambito del tradizionale maxiemendamento e quindi approvato solo per volontà del governo con voto di fiducia.
E contro tutto ciò si sono energicamente battuti, durante l’amministrazione Marino, che aveva insensatamente deliberato l’interesse pubblico del progetto, il gruppo consiliare M5S e l’allora consigliera Virginia Raggi. Che non hanno cambiato idea in campagna elettorale. Per questa ragione, chi scrive questa nota non è stato il solo a votare per Virginia Raggi al ballottaggio per il sindaco nelle scorse elezioni amministrative, e ha votato Raggi soprattutto perché la determinazione contro lo stadio e la speculazione edilizia in generale era rafforzata dalla candidatura di Paolo Berdini ad assessore all’urbanistica, sicuro presidio contro il malaffare.
Tutto ciò sembra che non conti più nulla, più della coerenza e del rispetto per gli impegni presi (che pure furono rispettati a proposito delle Olimpiadi) contano il consenso di Totti e dei tifosi che un tempo l’Uisp (Unione italiana sport popolari) chiamava gli sportivi con il culo (nel senso che fanno sport stando seduti). Non conta nulla non sapere che fine fanno lo stadio Olimpico e il vecchio stadio Flaminio ormai vergognosamente abbandonato. Per non dire della difficoltà a negare lo stesso trattamento a una eventuale richiesta della Lazio o di altre società sportive. Contro lo stadio sono rimasti alcune associazioni ambientaliste, il benemerito comitato «Salviamo Tor di Valle» dal cemento e pochi altri.
Questo modo di fare politica si chiama trasformismo. Fu definita così la pratica politica sostenuta dal presidente del Consiglio Agostino De Pretis che, in un famoso discorso a Stradella nel 1882, si rivolse agli esponenti della destra affinché si trasformassero e diventassero progressisti. Da allora, il trasformismo, da De Pretis a Mussolini a Matteo Renzi al M5S, è diventata la più funesta malattia non solo della sinistra ma di tutta la politica italiana.
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