Ciao compagno giullare

Ciao compagno giullare

di Nando Mainardi
Di certo Dario Fo ha contribuito perché parolone con l’iniziale maiuscola – come ”Teatro” e ”Cultura” su tutte -  scendessero dal cielo e si confrontassero con la realtà di tutti i giorni. Non a caso Fo ha spesso e volentieri diviso il pubblico, la critica e le istituzioni, sia per le sue scelte artistiche sia per quelle più politico-personali. Nel 1962, ad esempio, scoppiò il caso “Canzonissima”: Fo e la Rame, chiamati a condurre la popolarissima trasmissione musicale della Rai, vennero cacciati dopo sette puntate. Anche se era la Rai un po’ più illuminata della stagione del centrosinistra (rispetto a quella degli anni Cinquanta), gli sketch dei due sulle manganellate della polizia contro gli operai in sciopero, contro la corruzione democristiana, sulla mafia, vennero considerati intollerabili. Fo e Rame vennero banditi dalle televisione di stato, al punto che quando Jannacci – in pieno ’68 – vuole cantare proprio a “Canzonissima” Ho visto un re, scritta da Fo, gli viene impedito. Ed è nella seconda metà degli anni Sessanta che Fo rompe con il circuito del “teatro borghese” e porta i suoi testi nelle case del popolo, nelle fabbriche occupate, nei teatrini di periferia e parrocchiali. Quella svolta è accompagnata da una decisa, ulteriore ed evidente politicizzazione dei suoi spettacoli: Fo diventa un commediografo militante a tutto tondo. Porta in scena Ci ragiono e canto, con il quale contribuisce fortemente alla riscoperta e alla valorizzazione della canzone popolare, a sfondo politico e sociale. A Fo interessa costruire un vero e proprio patrimonio culturale, storico ed ideologico da cui il movimento operaio possa attingere per affrontare meglio le sfide del presente. Nel 1969 è la volta del suo spettacolo più famoso: Mistero buffo. In questo caso Fo “reinventa” un medioevo in cui sfruttatori e sfruttati riproducono in modo piuttosto diretto lo schema della lotta di classe. Ovviamente il tutto è condito dal gusto per la farsa, per l’irrisione e lo sberleffo del potere. Così fa il giro del mondo Morte accidentale di un anarchico, ispirato direttamente all’omicidio di Pinelli ma in grado di rappresentare e smascherare – in modo più generale - i meccanismi repressivi e menzogneri del potere. Quello spettacolo è una delle tante dimostrazioni di quanto Fo fosse immerso nella realtà politica e sociale dell’Italia della fine anni Sessanta/inizio Settanta. Senza dubbio il riconoscimento più prestigioso, nella sua carriera, è stato il premio Nobel. E’ importante ricordare che la motivazione alla base del conferimento del Nobel citava proprio la sua arte giullaresca, fondata sullo sberleffo nei confronti dei potenti e sullo stare dalla parte dei diseredati e dei poveri. Anche in quel caso il mondo della cultura si divise: per diversi intellettuali italiani Fo, in fondo, era solo un guitto e non meritava un riconoscimento di tale grandezza. Per gran parte della sua vita Dario Fo è stato un militante della sinistra radicale, attivo e presente in tante battaglie e vertenze. Questo, nel provinciale mondo dello spettacolo italiano, gli ha precluso alcune strade. Tra queste, appunto, quella televisiva. Ma non è stato solo questo. E’ stata oggetto di polemiche la sua adesione da ragazzino alla Repubblica Sociale di Salò. Non fu certo quel “rastrellatore” di partigiani che la destra – in testa il giornale fascista “Candido”, diretto da Giorgio Pisanò – provò negli anni Settanta a dipingere. Ha fatto discutere, a sua volta, l’adesione di questi anni al Movimento Cinque Stelle. Forse era attratto dal fatto che un comico come lui avesse saputo animare un’organizzazione politica così popolare. Forse vedeva nei Cinque Stelle un anticorpo sufficientemente forte contro il potere. In ogni caso la grandezza di Fo non sta, ieri come oggi, nelle sue simpatie politiche. Sta nell’essere stato un grande giullare; sta nei suoi testi; sta nell’avere spiegato a milioni di persone – tra uno sghignazzo e l’altro – che irridere chi sfrutta è possibile, fa bene e può essere un buon inizio.   

dario-fo

Nando Mainardi della segreteria nazionale di Rifondazione Comunista è autore dei libri “Enzo Jannacci. Il genio del contropiede” e “La magnifica illusione” su Giorgio Gaber.


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