El Salvador. Un golpe con la scusa dei diritti umani

El Salvador. Un golpe con la scusa dei diritti umani

di Dieter Drüssel

 Lo scorso 13 luglio la Sezione Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia di El Salvador ha dichiarato incostituzionale la Legge di amnistia approvata dall’assemblea legislativa nel 1993. La citata legge era stata imposta dal partito Alianza Republicana Nacionalista (ARENA), allora al governo, cinque giorni dopo la pubblicazione del Rapporto della Commissione per la Verità delle Nazioni Unite sui crimini di guerra durante la guerra civile tra gli anni 1980 e 1992. L’ex-guerriglia del Fronte Farabundo Martí di Liberazione Nazionale (FMLN) aveva protestato energicamente senza risultati contro questa legge, in quanto essa costituiva una violazione degli accordi di pace firmati nel 1992. Essa, infatti, non solo dichiarava impunibili tutti i crimini contro l’umanità commessi durante la guerra, ma ha anche lasciato, fino ad oggi, prive di attuazione le «raccomandazioni» della Commissione per la Verità riguardo al perseguimento dei fatti orribili e al risarcimento delle vittime stabiliti negli Accordi di Pace.  

Il giorno successivo alla sentenza del tribunale costituzionale, Amnesty International ha espresso il proprio compiacimento: «Oggi è un giorno storico per i diritti umani in El Salvador (…)», ha dichiarato. Per l’Università Gesuita UCA, il «coraggio» della Corte «apre una nuova fase nella storia» del paese. Ovidio Mauricio González, del gruppo sui diritti umani Tutela Legal “María Julia Hernández”, ha parlato di «un’opportunità per la giustizia e la riconciliazione», argomentando che la Commissione per la Verità aveva esaminato migliaia di casi e che ora bisognerebbe investigare massacri dell’esercito come quelli di El Mozote e del Fiume Sumpul (1000 e 600 civili assassinati rispettivamente). L’accesso agli archivi storici di Tutela Legal, forse i più completi che esistono sui crimini commessi durante il conflitto, è stato ristretto al pubblico per una decisione dell’attuale arcivescovo conservatore di San Salvador. Il Tribunale Costituzionale ha avallato tale «privatizzazione» nonostante la protesta indignata delle vittime che avevano prestato la loro testimonianza alla Tutela di monsignor Romero, rappresentata oggi da González.

Rappresentanti di ARENA, dopo una prima reazione di costernazione, hanno affermato, a titolo individuale, che una sentenza della Corte Costituzionale è di esecuzione obbligatoria. Anche se ARENA aveva imposto la legge di amnistia e l’aveva difesa a cappa e spada fino al momento della sentenza, ad oggi non ha emesso alcun comunicato ufficiale. Alcuni ex ufficiali delle Forze Armate ritengono che l’abolizione della legge porterà ad una nuova guerra; i militari in servizio non si sono espressi pubblicamente, tranne il ministro della difesa, David Munguía Payés, che mette in guardia sulle possibili conseguenze destabilizzanti. Jean Elizabeth Manes, ambasciatrice statunitense presso la Repubblica di El Salvador, si è espressa in termini cauti e di «rispetto» della decisione dei magistrati.

Da parte sua, il FMLN il 15 luglio ha emesso un comunicato fortemente critico della decisione della Corte Costituzionale: «Denunciamo l’intenzionalità destabilizzante di un gruppo di giudici […] che cerca giorno dopo giorno di trasformarsi in un governo parallelo a quello legittimo e costituzionale; un governo di giudici […]. Riconosciamo, come abbiamo sempre fatto, il diritto delle vittime di conoscere la verità e pretendere la giustizia e il risarcimento come una strada verso la riconciliazione, espressa nello spirito del processo di Pace e degli accordi stabiliti nel 1992.» Il presidente Salvador Sánchez Cerén, da parte sua, ha dichiarato: «Abbiamo sempre mantenuto un chiaro impegno e solidarietà con le vittime del conflitto. Come abbiamo indicato reiteratamente, in occasione di altre risoluzioni di questa Corte, queste non affrontano i veri ed attuali problemi del paese, e lungi dall’aiutare a risolvere i problemi quotidiani dei salvadoregni, li acutizzano.»

romero1

Il meccanismo della manipolazione

La Corte giudica nella sua sentenza che la legge di amnistia è incostituzionale nella misura in cui esime dalla giustizia crimini di guerra e contro l’umanità non amnistiabili secondo la legge internazionale (Dichiarazione Americana sui Diritti Umani, Protocollo Addizionale alle Convenzioni di Ginevra, ecc.) vigente negli anni ’80 in Salvador. Pertanto, su questo punto ha accolto le critiche che il FMLN e le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso a partire dal 1993. Ma il problema è un altro; i magistrati trasformano radicalmente il Rapporto della Commissione per la Verità. Scrivono: «Si nota, in ognuno dei casi stabiliti nel rapporto della Commissione per la Verità, un denominatore comune: l’esistenza di diverse strutture di carattere militare, paramilitare e guerrigliero che – […] al di fuori di ogni legalità rispetto all’ordinamento giuridico vigente all’epoca del conflitto armato salvadoregno – hanno messo in atto gravi violazioni dei diritti fondamentali della popolazione. In tali strutture, è facilmente visibile una cupola o direzione dalla quale provenivano questi ordini e che esercitava il controllo delle attività dei subordinati»(pag. 28). La Corte insiste ripetutamente su questi «poteri di comando». Di notte tutti i gatti sono grigi, si dice da qualche parte. Partendo da questa equiparazione formale tra esercito e guerriglia per quanto riguarda l’aspetto operativo, si cerca di ottenere un’equiparazione in termini di responsabilità politica. La Commissione per la Verità ha attribuito il 5% dei 22.000 casi esaminati al FMLN e il 95% al regime. Questa differenza quantitativo-qualitativa è ridotta a zero dalla Corte senza alcuna giustificazione.  

I magistrati insistono anche, ripetutamente, sulla punibilità di reati non documentati nel rapporto, che sono spesso indicati come «altri di uguale o maggiore gravità ed importanza» (pag. 40). Per ragioni specifiche, nel rapporto non compare un reato commesso dalle forze guerriglierei, cosa che però non toglie al documento la sua normatività stabilita negli Accordi di Pace. La Commissione aveva all’epoca accesso esclusivo e privilegiato agli archivi e alle fonti delle due parti in conflitto, eppure la Corte attribuisce a casi «nuovi» non specificati lo stesso peso. Per evitare che l’apparato della giustizia sprofondi sotto una prevedibile valanga di processi possibili, i magistrati dispongono che venga stilata una lista di casi prioritari (pag. 39), senza indicare – per il momento – maggiori dettagli su tale lista: chi la elaborerà? Su quali basi? Seguendo quali criteri?, etc.

Un altro elemento inquietante è il seguente: «La nuova situazione che si apre con questa sentenza costituzionale mette in luce la necessità di una regolamentazione complementare finalizzata a una genuina transizione democratica verso la pace [… e] la garanzia di non ripetizione dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra» (pag. 34). Varie volte, la Corte si riferisce a una «giustizia transizionale» che inizia con la sua sentenza, 24 anni dopo la fine della guerra civile e mentre il FMLN è al governo (a quanto sembra considerato un governo «pre-transizionale»). L’atteggiamento della Corte si inquadra nel percorso attuale delle forze di destra che chiedono un «nuovo accordo di pace» che legittimi il modello neoliberale, modello combattuto punto per punto dal governo del Frente.

fmln golpe

Strumentalizzare le vittime

René Hernández Valiente, membro della Sezione Costituzionale nel periodo 1994-97 e rappresentante dell’estrema destra, è parte di quella sorta di «club» che gira intorno alla Sezione Costituzionale attuale. Su BBC Mundo ha espresso la propria soddisfazione: la sentenza «scuoterà la nostra società[…]. Ci sono state segnalazioni contro funzionari del governo attuale (…) certamente finiranno per essere colpiti.» Nel mirino vi sono il Presidente ed altri dirigenti del Frente. Riteniamo evidente che questa sentenza fa parte di una catena di sentenze della Corte Costituzionale che ha come fine la destabilizzazione del governo del FMLN (vedasi sotto). A questo scopo, persino sacrifici all’interno della destra tradizionale sembrano possibili; tra i minacciati vi è l’ex presidente Alfredo Cristiani, coinvolto nell’assassinio di due gesuiti durante l’offensiva guerrigliera del novembre 1989 (cfr. Funes: La oligarquía está dispuesta a sacrificar a Cristiani).

David Morales, della Procura per la Difesa dei Diritti Umani (PDDH), saluta l’abolizione della legge di amnistia come una «conquista» della lotta delle vittime, ma annuncia la creazione di un «meccanismo speciale di monitoraggio della sentenza. L’obiettivo di tale meccanismo sarà quello di accompagnare le vittime, ma anche di prevenire le possibili richieste opportuniste che si possano verificare per fini politici. Desidero solo […] che non vi siano attori con fini politici che vogliano attaccare i loro avversari con denunce infondate non suffragate da informazioni sufficienti». Lorena Peña, presidente del parlamento, ha espresso il concetto in modo meno diplomatico sulla sua pagina facebook: la sentenza «non apporta nulla al risarcimento delle vittime, le strumentalizza.»

Il portavoce del governo, Eugenio Chicas, si è rallegrato per l’abolizione della legge di amnistia, ma ha sottolineato il fatto che la «passività» della giustizia non si spiega unicamente con questa legge: «Esistono oltre 900 fascicoli processuali presso la Corte Suprema di Giustizia riguardanti gli stessi operatori di giustizia, che non vengono trattati. Questo genera impunità nel paese». La responsabile di questa «mora» è, in ultima istanza, la Sezione Costituzionale della Corte Suprema. Inoltre, già nell’anno 2002, l’allora Sezione Costituzionale aveva decretato la non vigenza della legge di amnistia per i crimini commessi tra il 1° giugno 1989 (inizio del governo di ARENA) e la fine della guerra, dato che un governo non poteva auto-amnistiarsi. Vari massacri, compreso quello dei gesuiti avrebbero pertanto dovuto essere indagati dalla procura e processati nei tribunali, se necessario con l’intervento della Sezione Costituzionale. Nulla di questo si verificò.  

Provocare divisioni

Vi sono settori che vogliono utilizzare la nuova sentenza per acuire le contraddizioni tra il governo e le Forze Armate, secondo Chicas, il quale ha affermato: «L’esercito attuale non ha niente a che vedere con quell’istituzione che ha commesso i crimini durante il conflitto armato. I responsabili sono cambiati». Un dirigente del FMLN ha commentato di recente: «Le forze armate hanno smesso di ballare alla musica di Washington». I vertici militari dell’epoca della guerra civile hanno perso da allora molto del loro peso politico, ma il perseguimento penale di ufficiali all’epoca subordinati ed ancora in servizio attivo potrebbe avere lo scopo di provocare un effetto di solidarietà all’interno dell’esercito, secondo valutazioni farabundiste. Non bisogna dimenticare che nel 2014 l’esercito ha dovuto rifiutarsi di aderire a un appello golpista dello sconfitto candidato presidenziale di ARENA.   

Due dei principali responsabili dei crimini di guerra e contro l’umanità continuano a passare inosservati: gli Stati Uniti e la oligarchia. Sulla sua pagina Facebook Lorena Peña ha scritto il 17 luglio: «L’oligarchia ha usato le [Forze Armate], i paramilitari ed ha finanziato gli squadroni. Proprio come riportato dall’allegato della Commissione per la Verità. Sono gli stessi che oggi stanno dietro alla Sezione Costituzionale.» Gli Stati Uniti avevano assunto la direzione generale della controguerriglia, senza trascurare «dettagli» come l’addestramento di esperti in tortura.

Il ricatto

Lo stesso giorno della sentenza sulla Legge di Amnistia, la Corte ha proseguito la sua strategia di strangolamento finanziario del governo: ha dichiarato incostituzionale un credito di $ 900 milioni approvato dall’Assemblea Legislativa. Il governo deve affrontare seri problemi finanziari dovuti al’ostruzionismo della destra in parlamento (dove per autorizzare quote del debito occorrono i 2/3 dei voti), e se per qualche motivo il meccanismo dell’ostruzionismo parlamentare non funziona si verifica l’intervento della Corte costituzionale. Questo alto tribunale ha via via decretato l’incostituzionalità di una serie di riforme moderate verso un sistema fiscale progressista, delle misure contro la frode fiscale e di una serie di entrate del governo (si veda l’analisi di Norma Guevara, capogruppo del FMLN: Perchè bloccare le finanze dello Stato?). E ancora nello stesso giorno, la Corte ha «sospeso» un aumento addizionale del 13% dei prezzi (bassi) dell’elettricità per il 30% dei maggiori consumatori di energia, un aumento che sarebbe servito per investimenti su fonti energetiche alternative al petrolio importato e al finanziamento delle sovvenzioni per il restante 70% dei consumatori. Il risultato è che, a quanto sembra, il governo tra pochi mesi si troverà nell’impossibilità di ottemperare ai suoi obblighi di pagamento (salari, debito, ecc.). Per approvare nuovi crediti (e senza chiedere l’intervento della Sezione Costituzionale) la destra vuole imporre una «ristrutturazione» feroce nel quadro di un accordo con il FMI.

«Con un colpo di penna…»

Una quarta sentenza, formalmente contenuta in quella precedentemente citata dei 900 milioni di dollari, ha stabilito che a partire da questo momento i parlamentari supplenti verranno aboliti come tali fino alle prossime elezioni parlamentari (una vera e propria destituzione), a partire dalle quali dovranno essere menzionati e segnati individualmente sulle schede elettorali. I supplenti da decenni a questa parte non vengono eletti in forma individualizzata ma inclusi nel pacchetto dei gruppi parlamentari eletti. Si prospettano molte difficoltà pratiche per l’Assemblea Legislativa fino al 2018, data la sua modalità di funzionamento (riunioni plenarie e di commissioni in quasi tutte le settimane dell’anno). Casi di forza maggiore potrebbero cambiare le proporzioni all’interno del parlamento, in particolare impedendo che il FMLN ottenga i due terzi richiesti per certe decisioni. La presidentessa dell’Assemblea ha sottolineato: «Non possiamo pensare di abbassare la testa mentre decidono di violare la Costituzione e di sopprimere il risultato di un processo elettorale che non riconoscono nonostante sia stato ottenuto con le loro regole. Nel caso del FMLN, non accettiamo questi colpi di stato tecnici che iniziano dai membri supplenti e che poi possono finire con situazioni più difficili per il paese [… I magistrati stanno] armeggiando per invalidare le elezioni con un colpo di penna». Con nove sentenze, la Corte aveva interferito nelle elezioni parlamentari del 2015 in modo drammatico, ma senza neanche menzionare alcun problema rispetto ai membri supplenti.

Golpe morbido o restaurazione attraverso la giustizia

L’agitazione legata al pacchetto di sentenze del 13 luglio arriva in un momento in cui il governo del FMLN sta ottenendo chiari risultati nella lotta contro la violenza brutale delle bande criminali nel paese. L’ambiente ha iniziato a cambiare, la gente inizia a sperare nella possibilità di vivere senza la pressione permanente della criminalità organizzata. La Corte Costituzionale fa quanto può per soffocare questa atmosfera nell’agitazione (parte dei 900 milioni di dollari sarebbero dovuti servire alla lotta contro la criminalità).

Per molte vittime di crimini contro l’umanità e di guerra, il desiderio di giustizia non consiste nel fatto che i criminali passino il resto della loro vita in un carcere. Piuttosto, un altro elemento che è stato presente dall’inizio non ha perduto minimamente la sua urgenza: l’urgenza di conoscere la verità sulle azioni oscure e torbide del regime. Sapere come sono morti i loro cari, dove sono sepolti, eccetera. E che i colpevoli non continuino a nascondersi dietro menzogne e falsità.

Lorena Peña, del FMLN, ha messo ben in chiaro in una intervista televisiva che quello che sta facendo il tribunale costituzionale è aprire la strada per una giustizia penale, ma non di tipo restaurativo: “La giustizia penale esige che ogni denunciante fornisca nome, testimone, luogo eccetera per documentare la sua denuncia. E questo per l’immensa maggioranza delle vittime sarà impossibile. Piuttosto, quello che posso credere è che qualche gruppo di esperti di ARENA abbia pensato di montare un caso, anche con testimoni falsi, contro qualche dirigente del FMLN o contro lo stesso presidente della Repubblica. E se la Sezione Costituzionale può destituire parlamentari eletti, magari finisce per destituire deputati o il Presidente stesso [...]. Io non mi pronuncio sull’abolizione della legge di amnistia perché si trattava di un guscio vuoto che ormai non aveva contenuto. [... La Corte] si pronuncia sulla legge di amnistia per cancellare il rapporto della Commissione per la Verità.”

Le vittime sono sostenute da un’iniziativa del presidente Sánchez Cerén, il quale promuove dal 23 luglio una legge di riconciliazione che «avrà come priorità il rispetto della vita umana e il risarcimento delle vittime», come ha detto il suo portavoce, Eugenio Chicas. Il segretario generale del Frente, Medardo González, a sua volta ha dichiarato che il FMLN “è sempre stato al fianco delle vittime, a fianco del popolo salvadoregno. Abbiamo chiesto che questa legge fosse dichiarata incostituzionale perché chiedevamo giustizia.” E perché ci sia giustizia, «riconciliazione e pace», ha proseguito, è necessaria la verità. “Il FMLN cerca una giustizia riparatrice, non come giustizia penale”.

Attacchi della Sezione Costituzionale

Nella misura in cui organizzazioni di vittime, chiese, partiti politici e altre forze si uniranno a questo sforzo di una riconciliazione basata sulla verità storica, si potranno contrastare gli scopi di scontro permanente e destabilizzatore della Sezione Costituzionale. In ogni caso, i prossimi mesi saranno di grande tensione. L’aggressività sistematica anti-FMLN dei mezzi di comunicazione dominanti, delle organizzazioni padronali, del partito ARENA e del Tribunale Costituzionale indica che non sono disposti a tollerare che il Frente porti a termine il suo mandato di governo, che arriva fino al 2019, con la possibilità di vincere altre elezioni se riesce a mantenere viva l’offensiva contro la violenza criminale nel paese e ad avanzare nella ricostruzione dell’economia nell’interesse della gente. Le forze antigovernative sono ovviamente incoraggiate dalla serie di vittorie reazionarie e in parte apertamente golpiste nel sud del continente. In vari importanti aspetti, la Corte Costituzionale è l’arma di punta in questo sforzo. La «dittatura dei giudici» ed altre espressioni oggi comuni hanno la loro origine nel fatto che questa Corte, fin dal primo trionfo elettorale del Frente a livello presidenziale nel 2009, ha messo in atto una politica di intromissione e sottomissione del parlamento e del governo sempre maggiore, facendosi scudo della sua qualità di «sentinella della Costituzione». I quattro magistrati, la metà dei quali eletti in violazione evidente della legalità sette anni fa, hanno destituito il loro stesso presidente, i presidenti ed altri membri del Consiglio Nazionale della Magistratura, della Corte dei Conti, del Tribunale Supremo Elettorale; hanno annullato importanti articoli della Costituzione che ostacolavano la loro particolare visione di «democrazia controllata» da loro; si sono autoproclamati, in aperta violazione della Costituzione, entità costituente e non solamente costituita, cioè si sono dati il potere di cambiare la Costituzione «interpretandola» a modo loro; dichiarano anticostituzionale una commissione parlamentare che avrebbe indagato il modo fraudolento in cui loro sono stati eletti nel 2009 dal parlamento uscente; annullano sempre più spesso decisioni del Parlamento e dell’Esecutivo; hanno cambiato totalmente il sistema elettorale concordato negli Accordi di Pace come uno tra gli elementi centrali (ma con il “difetto” di non aver impedito i trionfi elettorali del FMLN) e riducendo il Tribunale Supremo Elettorale, che la Costituzione stabilisce come massima autorità sulle questioni elettorali, a un’entità amministrativa controllata da loro (ora disconoscendo i membri supplenti che erano stati certificati dal Tribunale), eccetera.

È interessante un dettaglio: Florentín Meléndez, uno dei quattro magistrati golpisti, non ha evitato una forte impronta di populismo nel sostenere l’annullamento dei membri supplenti, quando ha dichiarato: “Per questo il popolo elegge i membri titolari, perché lavorino nelle commissioni e nelle sedute plenarie” ed altre cose simili; ovvero, usa gli «argomenti» che, ripetuti sui media e sulle «reti sociali», suscitano dubbi sui «deputati parassiti» etc., campagna che non esisteva quando la destra aveva il controllo totale dell’Assemblea. Al riguardo, Lorena Peña nella citata intervista osserva: «Se oggi eliminano i deputati supplenti dopo una campagna di screditamento in cui li si accusa di essere fannulloni, eccetera… questo non lo fanno senza motivo, preparano l’atmosfera per un golpe. Io ricordo che dicono che col ministro della Comunicazione, che era il sig. Sandoval, credo, che poi è stato nella OIE [servizio di intelligence]di ARENA– questo risulta dal rapporto della Commissione per la Verità – ricordo che fecero un gran dire sul fatto che i religiosi erano comunisti, che i religiosi erano agitatori, si fece una grande campagna e poi li assassinarono. Con i supplenti lo stesso, hanno fatto una grande campagna perché la gente dica: beh, che li mandino a casa!»

I maestri golpisti

Ma perché la Corte Costituzionale ha tanto potere? Quando la maggioranza del Parlamento cercò, nel 2011/2012, di ricorrere alla Corte Centroamericana di Giustizia per difendere le proprie prerogative, venne messo su un grande schiamazzo internazionale in «difesa dell’indipendenza della giustizia», promosso tra gli altri da parlamentari e mezzi d’informazione statunitensi e da organizzazioni che si ergono a protettrici dei diritti umani, con l’appoggio dell’ambasciata USA nel paese. Il FMLN e il parlamento cedettero per non acuire ulteriormente la crisi dei poteri statali. Quando, nello stesso anno 2012, Juan Orlando Hernández, all’epoca presidente del Parlamento e già uomo forte dell’Honduras, destituì i magistrati della Corte Costituzionale del suo paese per aver votato un’unica volta contro i suoi piani, la risposta della stessa «comunità internazionale» fu il silenzio assoluto. In Salvador, la Sezione Costituzionale è considerata molto vicina all’Ambasciata statunitense. E in effetti, se non avesse avuto il suo beneplacito, sarebbe impensabile che la Corte avesse potuto portare avanti per più di un anno le sue pretese «dissennate».

La resistenza

Ebbene, c’è un dettaglio importante, Nell’ultimo Foro di São Paulo (riunione di partiti latinoamericani di sinistra e centrosinistra) tenutosi lo scorso giugno in El Salvador, uno dei messaggi che veniva da tanti paesi era chiaro: non basta governare tecnicamente bene, bisogna unirsi alle lotte nella società. Il FMLN si è «imbevuto» di questo messaggio già nel suo congresso dell’anno scorso, e si nota una mobilitazione nelle strade maggiore che in passato. Effettivamente, in Salvador esiste una struttura partitica collaudata, legata a settori importanti del popolo, che non «si butta via» da un giorno all’altro. Questo le forze golpiste lo sanno e cercheranno di tenerne conto. La domanda è se ci riusciranno. Lo vedremo nei prossimi mesi, nei quali tutto indica che la lotta contro l’abolizione dei risultati elettorali (membri supplenti) stia per inasprirsi.

EL SALVADOR-SANCHEZ CEREN-CELEBRATION

Nota:

Nel 1990, sul fronte paracentrale delle FPL/FMLN, iniziò una purga di presunti infiltrati che finì in una carneficina di un gran numero di combattenti, finché il comando delle FPL, sotto la guida dell’attuale presidente Sanchez Seren, destituì la direzione di questo fronte, fece indagini sui fatti e giustiziò il principale responsabile del massacro. E’ difficile capire da fuori come sia stata possibile questa perversione militarista, indipendentemente dal fatto che il capo del Fronte fosse «paranoico» o coscientemente al servizio del regime. Tuttavia bisogna sottolineare due cose che differenziano la tragedia da tanti massacri perpetrati dall’altro lato: primo, il comando adottò misure drastiche; e secondo, i familiari delle/dei compagne/i assassinate/i rifiutarono di parlare di questo caso con la Commissione per la Verità. Nonostante il loro immenso dolore e la loro amarezza, la popolazione vittima non voleva addossare la responsabilità alla guerriglia in quanto tale. Non vi è nulla in comune tra la grandezza rivoluzionaria di questa gente sacrificata e la pochezza dei magistrati della Corte.

fonte: Rebelión Un golpe con discurso de derechos humanos

 Traduzione di Barbara Fiorellino

per aderire alla ‘brigata traduttori” mandare mail a traduttori@rifondazione.it


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.