Un’alternativa euromediterranea è possibile

Un’alternativa euromediterranea è possibile

di Pasquale Voza

L’importante invito di Norma Ran­geri ad una discus­sione libera e schietta su un’altra sini­stra pos­si­bile reclama impli­ci­ta­mente una cor­re­lata, radi­cale rifles­sione su un’altra Europa pos­si­bile (anche se – come ella dice – all’ordine del giorno non ci fosse la rivo­lu­zione, ma «un’idea di rifor­mi­smo di sini­stra in grado di per­sua­dere milioni di per­sone»). Ebbene, l’appello di Marco Revelli e Argi­ris Pana­go­pu­los a costruire «un sog­getto poli­tico dichia­ra­ta­mente anti­li­be­ri­sta dotato della forza per com­pe­tere per il governo del paese in con­cor­renza con gli altri poli poli­tici» non mi pare si fac­cia pie­na­mente carico di que­sta esi­genza di rifles­sione radicale.

Tale rifles­sione non può non pren­dere le mosse dal carat­tere dram­ma­tico e scon­cer­tante della vicenda greca. A ben guar­dare, Syriza, Tsi­pras, il popolo greco, viven­dolo sulla pro­pria pelle, hanno disve­lato il carat­tere fero­ce­mente tota­li­ta­rio dell’Unione Euro­pea, il suo con­fi­gu­rarsi come una vera e pro­pria «gab­bia d’ acciaio» (come è stato detto), rispetto alla quale l’impotenza del governo greco, comun­que la si declini, com­muove e fa sgo­mento. Ciò, da un lato, pone l’esigenza di un pro­cesso di costru­zione di una forte sini­stra euro­me­di­ter­ra­nea, dall’altro reclama la neces­sità di ri-pensare in radice la forma-governo nel tempo sto­rico in cui l’unica forma che s’impone ine­lut­ta­bil­mente è invece quella della governance.

Per inciso: se l’ordine dei pro­blemi è que­sto, mi paiono insuf­fi­cienti, troppo al di qua di tali pro­blemi, alcuni pas­saggi ‘solari’, scon­tati, come, ad esem­pio, la cri­tica («mai più!») ad una sini­stra frutto di aggre­ga­zioni pat­ti­zie e poli­ti­ci­sti­che del pas­sato (dall’Arcobaleno a Rivo­lu­zione civile ecc); o come l’adozione di for­mule quali sini­stra gover­na­tiva o di governo, che, se ave­vano (o hanno) un senso tutto polemico-ideologico nel lin­guag­gio ven­do­liano e di Sel per desi­gnare la distanza da una sini­stra testi­mo­niale, mino­ri­ta­ria, di oppo­si­zione ecc. ecc., fuori di quel lin­guag­gio risul­tano futil­mente prive di con­si­stenza in rela­zione alla com­ples­sità ine­dita del pro­blema del governo all’interno della gab­bia d’acciaio euro­pea, e in rela­zione – vor­rei dire più in gene­rale – a quella che Pierre Dar­dot e Chri­stian Laval chia­mano la «nuova ragione del mondo», cioè l’attuale razio­na­lità neo-liberista, dotata di una forza, di una per­va­si­vità bio-politica (cioè di governo pro­fondo delle vite), e, per que­sta via, capace di repri­mere, di con­tra­stare in radice la pos­si­bi­lità stessa della costi­tu­zione poli­tica della sog­get­ti­vità, dei sog­getti dell’antagonismo e del conflitto.

Un altro accenno: una discus­sione sul pro­blema teorico-politico del governo oggi (anch’essa utile, a mio avviso, al per­corso di rifles­sione e di pro­po­ste pro­mosso dal mani­fe­sto e dalla sua diret­tora) dovrebbe misu­rarsi con la dia­let­tica alto-basso, in cui tende a “tra­sfi­gu­rarsi” oggi la lotta di classe, e con quella che Laclau chiama la «ragione popu­li­sta» (e che trova in Ame­rica Latina delle pecu­lia­ris­sime decli­na­zioni). Come è stato osser­vato (Bene­detto Vec­chi, il mani­fe­sto, 24 luglio 2015), Pode­mos in Spa­gna si pone il com­pito di «inven­tare poli­ti­ca­mente il popolo» attraverso un dispo­si­tivo del governo, capace di svol­gere una fun­zione “universale”.

Insomma, sì, c’è vita a sini­stra, soprat­tutto se la sini­stra, lot­tando con­tro la con­danna alla fram­men­ta­zione, con­tri­buendo a costruire pro­cessi e movi­menti di lotta, ver­tenze, con­flitti, rende almeno visi­bile un’alternativa alla gab­bia del governo inteso come pura con­danna a un governo nella gabbia.

fonte: il manifesto


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