Medjugorie, la fabbrica delle sante illusioni

Medjugorie, la fabbrica delle sante illusioni

LA FABBRICA DELLE APPARIZIONI

di Giancarlo Bocchi

Altro che miracoli. Estremismo cattolico guerresco e un giro d’affari da 3 miliardi di euro. Il ruolo dei «francescani con il Rolex» e lo spettro delle pulizie etnico-religiose dietro il business delle apparizioni in Erzegovina. Che ora papa Bergoglio si prepara a smontare

Alla fine della guerra, nel dicembre del 1995, la Bosnia era distrutta, senza più attività produttive, con strade e infrastrutture in rovina e gran parte della popolazione senza lavoro.
Una sola attività aveva ripreso utili a ritmi vertiginosi. la “fabbrica di miracoli e apparizioni” della Madonna di Medjugorje, che divenne in breve tempo una specie di miniera d’oro.
Lunghe file di pullman provenienti da tutta Europa intasavano le strade malandate della Croazia e della Bosnia. Frotte di fedeli accorrevano nel paesetto dell’Erzegovina davanti a una chiesa color tortora, stretta tra due aguzzi campanili che se nelle intenzioni avevano voluto sfidare la levità dei minareti, riuscivano solo a ricordare il disegno di un bambino.
Dopo il sanguinoso conflitto che aveva provocato 100 mila morti, fatto tremare i governi europei e aperto una ferita planetaria e non più rimarginabile tra i credenti di diverse religioni, migliaia di cattolici, soprattutto stranieri, si accalcavano a Medjugorje per incontrare i veggenti e invocare l’apparizione della Gospa (la Madonna) che proprio in quei luoghi dilaniati dal feroce nazionalismo croato cattolico era incredibilmente chiamata “la Regina della pace” e si manifestava, secondo i veggenti, a orari fissi.
Nel 1995 alcuni dei sei veggenti originari, di prima della guerra, avevano defezionato, si erano trasferiti altrove, allontanandosi dai discussi francescani croato-bosniaci che fin dal 1981 amministravano la fabbrica delle apparizioni.
Con la guerra fratricida etnico-religiosa, erano resuscitati anche i fantasmi di un angoscioso passato, che aveva visto per protagonisti proprio i francescani di Bosnia e Croazia, l’Ordine che gestiva il tempio di Medjugorje.
Temprati e induriti da una guerra che durava da centinaia di anni, prima contro l’avanzare della chiesa ortodossa e poi contro l’impero ottomano e il diffondersi della religione musulmana, quei francescani avevano visto nella seconda guerra mondiale l’occasione per sterminare i nemici religiosi.
Si erano subito schierati con il dittatore ustascia Ante Pavelić, alleato di fascisti e nazisti, e avevano partecipato alla “pulizia etnico-religiosa”, alle conversioni forzate, alle deportazioni, alle stragi ordinate dagli ustascia e perfino al genocidio nel campo di sterminio di Jasenovac dove furono eliminati almeno 600 mila jugoslavi, serbi, ebrei, rom e dissidenti di altre etnie.
A Jasenovac il comandante delle squadre della morte era un frate francescano, Miroslav Filipović, detto “il satana nero”, che, condannato a morte alla fine della guerra per i crimini commessi, chiese di vestire per l’ultima volta il saio prima di essere fucilato.
Neanche altri esponenti del clero cattolico croato e bosniaco si opposero alle violenze degli ustascia, nell’inanità complice del Vaticano che riceveva a Roma addirittura delegazioni di ustascia e criminali di guerra. Lo storico Marco Aurelio Rivelli scrisse: “Quello attuato dalla dittatura di Pavelić, di forte impronta cattolica e sostenuta apertamente da tutte le strutture del cattolicesimo croato (episcopato, clero, ordini religiosi, francescani in particolare), fu un genocidio dalle esclusive connotazioni religiose, e i più colpiti furono gli “scismatici” serbo-ortodossi”.
Proprio il Vaticano, con la collaborazione dei francescani e del clero croato, alla fine della seconda guerra mondiale organizzò la “ratline”, chiamata come la corda, la “grisella”, che collegata alle sartie, permette ai topi la salita fino alla cima degli alberi dei velieri, l’ultimo rifugio durante un naufragio prima di essere inghiottiti dalle acque. Attraverso la “ratline” sfuggirono alla giustizia criminali nazisti e fascisti, con in testa Ante Pavelić. Riuscirono, passando per l’Italia, a sfuggire ai tribunali di guerra nascondendosi in Sud America, Stati Uniti e Medio Oriente. Il centro operativo della via di fuga, della “grisella”, era un monastero croato, San Girolamo degli Illiri, a poca distanza dai palazzi Vaticani, sulla sponda opposta del Tevere.
Anche il massimo esponente del clero cattolico croato, Alojzije Stepinac, restò in silenzio davanti all’orrore e anzi assicurò ad Ante Pavelić “sincera e leale collaborazione” tanto da meritare l’appellativo di “arcivescovo del genocidio”.
Malgrado i legami con Pavelić, il silenzio complice sui crimini commessi dal suo clero e tutte le ombre sul suo operato, Papa Wojtyła beatificò Alojzije Stepinac, considerandolo una vittima del governo comunista jugoslavo anziché un sostenitore dei fascisti ustascia e campione dell’estremismo religioso.
Ma lo sguardo obliquo del papa aveva forse anche un’altra spiegazione. La beatificazione di Alojzije Stepinac aveva permesso al Vaticano di rientrare in possesso, grazie a un accordo ratificato con l’allora presidente croato Franjo Tuđman, in occasione della visita del papa, delle proprietà immobiliari che il regime comunista aveva sequestrato alla chiesa nel dopoguerra, a causa della complicità criminale con gli ustascia.
Il monastero francescano di Siroki Brijeg, roccaforte ideologico-religioso del movimento ustascia e fulcro spirituale dei cattolici d’Erzegovina durante la seconda guerra mondiale, fu chiuso dal governo jugoslavo, ma intorno rimase per anni il focolaio dell’estremismo nazionalista cattolico.
Per questo, senza conoscere la storia dei francescani di Croazia, di Bosnia e l’intreccio di fanatismo religioso e interessi economici e politici che ne è originato, è difficile discernere anche solo nei contorni la costruzione di un fenomeno come la fabbrica delle apparizioni di Medjugorje.
In Erzegovina la comunità cattolica, circa 400 mila persone, era la più compatta e numerosa dell’interna nazione e diversamente dagli altri cattolici di Bosnia, che seguivano il clero Vaticano, era devotissima ai nazionalisti, secessionisti ed estremisti francescani.
Questi frati già alla metà degli anni ’70 entrarono in conflitto con i vertici della Chiesa per una questione di proprietà immobiliari legate a diverse parrocchie nella loro giurisdizione. Prevalsero e si tennero le parrocchie, ma il contrasto con la diocesi di Mostar (che ha la giurisdizione su Medjugorje) divenne insanabile.
A quel momento risalgono i primi segni del progetto delle apparizioni, come il ritrovamento di rosari di fabbricazione sconosciuta in vari luoghi intorno a Medjugorje. Benché più banali che misteriosi, i francescani li definirono segni premonitori o miracolosi.
Si arrivò così al 24 giugno 1981. Sei ragazzi dissero aver visto “una figura femminile luminosa sul sentiero che costeggia il Podbrdo”. Durante altre apparizioni i sei giovani veggenti, Ivanka Ivanković, Mirjana Dragićević, Vicka Ivanković, Ivan Dragićević, Jakov Čolo e Marija Pavlović, descrissero meglio la figura della presunta “Madonna”: “Tra i 18 e i 20 anni, snella, alta circa 165 cm. Il suo viso è lungo e ovale con capelli neri. Gli occhi sono azzurri con ciglia delicate, il naso è piccolo e grazioso e le guance sono rosee. Ha belle labbra rosse e sottili e il suo sorriso è di una gentilezza indescrivibile. Ha una semplice veste azzurro-grigia che scende liberamente verso il basso mescolandosi con la piccola nuvola biancastra su cui sta in piedi. Il suo velo è bianco e copre la testa e le spalle e scende anch’esso fino alla piccola nuvola. Ha una corona con 12 stelle dorate sulla testa”. Non serve certo un semiologo per capire che quella descrizione risente dell’iconografia classica e popolare tramandata da quadri e santini, ma date l’eco mondiale del fenomeno e la netta presa di distanza del Vaticano occorreva il suffragio scientifico.
Già alla metà degli anni ’80 alcuni medici e studiosi cattolici si impegnarono in sommarie quanto modeste indagini, nel tentativo di avvalorare l’intensa attività mariana di Medjugorje, difforme da quella che si era manifestata in luoghi di culto accreditati dal Vaticano come Fatima, Lourdes, Tepeyac.
Pressato da alcuni colleghi cattolici, iniziò gli studi e le ricerche sulle apparizioni di Medjugorje anche il professor Marco Margnelli, neurofisiologo, già braccio destro di Giulio Maccacaro alla rivista “Sapere”, ricercatore del CNR di Milano, del Karl Ludwig Institut fur Physiologie dell’Università di Lipsia e dell’Università del North Carolina.
Marco Margnelli era uno dei massimo esperti mondiali di stati della coscienza e di estasi e aveva studiato in profondità le relazione tra fenomeni mistico-religiosi e droghe naturali e sintetiche. Dopo la sua prima visita a Medjugorje, tornò in Italia con molti dubbi sui “francescani con il rolex” che gestivano l’attività proficua dei veggenti.
Il francescano Jozo Zovko, parroco di Medjugorje, era già stato arrestato più di una volta per “attentato alla sicurezza e all’unità dello Stato jugoslavo”. Mentre il frate più vicino ai veggenti, il loro “direttore spirituale”, padre Tomislav Vlašić, l’estensore materiale, per loro conto di quella che venne definita una lettera scritta dalla Madonna al Papa (poi smentita dai veggenti) era stato accusato dal vescovo di Mostar Zanic di essere l’ideatore delle apparizioni, ma aveva combinato ben di peggio. Era stato accusato di aver “divulgazione di dubbie dottrine, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza ad ordini legittimamente impartiti ed addebiti contra sextum” (ossia contro il sesto comandamento, che riguarda i peccati di natura sessuale, ovvero per aver messo incita una suora) ed era stato ridotto dal papa allo stato laicale con l’interdizione perpetua ad essere anche solo ospitato in un convento francescano.
Malgrado questo contorno ambiguo e opaco, Marco Margnelli era incuriosito da alcuni aspetti scientifici ancora da indagare, nati dallo studio dei veggenti. Disse in una intervista:”Mi irritava l’atteggiamento degli “esperti” dai quali i teologi orecchiavano le loro trattazioni, degli psichiatri o degli psicoanalisti che pontificavano paragoni e confronti tra deliri patologici ed esperienze estatiche, tra menti sane e menti malate senza mai avere visto un estatico da vicino o aver studiato una vera estasi.” Margnelli invece aveva studiato in India degli yogi che sapevano cambiare il loro stato fisiologico, far aumentare i battiti del cuore, aumentare la temperatura del corpo e controllare il dolore. Uno di loro gli aveva detto: “Si può arrivare a controllare tutto, corpo e mente ma che i veri prodigi si hanno quando si acquista il controllo del cervello.” Da neurofisiologo Margnelli voleva spiegare scientificamente “i prodigi” e non certo avventurarsi nella spiegazione di miracoli veri o presunti. Secondo lo scienziato “l’estasi era uno stato di coscienza”. Nulla che avesse una relazione con il soprannaturale. Era questo che cercava di dimostrare scientificamente .
Nella seconda metà degli anni ‘80, Marco Margnelli ritornò a Medjugorje insieme ad una numerosa equipe. Vennero svolte diverse indagini scientifiche e apparve chiaro agli studiosi che i veggenti erano in uno stato alterato di coscienza. Scrisse Margnelli: ”Una condizione che si può ottenere anche attraverso tecniche di meditazione, come l’auto-training, ma non in modo così profondo…” Margnelli lasciava aperta un porta per future indagini, ma le sue dichiarazioni vennero usate e distorte per consolidare la presunta veridicità delle apparizioni. Venne anche diffusa la falsa notizia “che il noto scienziato ateo Marco Margnelli si era convertito al cattolicesimo dopo aver conosciuto i veggenti”. In privato Margnelli ci rise sopra: “Questi sono matti”. Disse senza perdere altro tempo a smentire quegli oscuri manipolatori della verità. In quel periodo fu anche avvicinato da un misterioso personaggio, che sembrava più un agente segreto, anche se era un monsignore, responsabile di una delle strutture più misteriose del Vaticano specializzata nell’indagare e catalogare i fenomeni paranormali.
La questione di “Medjugorje” si era trasformata ormai in una guerra a sfondo politico oltre che religioso tra istituzioni cattoliche. Più aumentava il numero di pellegrini cattolici a Medjugorje (nove milioni registrati solo nel 1987), più si acuivano i contrasti tra la Chiesa e l’Ordine francescano. Per non consegnare alla Chiesa le parrocchie contese fin dagli anni ‘70, i francescani arrivarono perfino a murare l’ingresso delle chiese e addirittura sequestrarono per 15 giorni il loro più strenuo oppositore, il vescovo di Mostar.
Poco prima del definito disfacimento della Repubblica jugoslava, il 10 aprile 1991, i vescovi del paese, riuniti a Zara, emisero una dichiarazione congiunta su Medjugorje: “Sulla base di quanto finora si è potuto investigare, non si può affermare che abbiamo a che fare con apparizioni e rivelazioni soprannaturali”.
Anche frate Jozo Zovko, l’altra anima nera dei veggenti, venne sospeso dalle funzioni pastorali.
Nel 1992, con lo scoppio della guerra di Bosnia si esaurirono i pellegrinaggi, ma gli echi di notizie di fatti miracolosi, sapientemente amministrate dai francescani di Medjugorje vennero propagate sui mezzi di comunicazione.
Diffusero perfino una foto di un missile piantato davanti al santuario con la notizia che la Madonna ne aveva mutato la traiettoria salvando chiesa e i fedeli. Il fotoreporter Claudio Olivato che in quel periodo passò da Medjugorje, si reso conto che si trattava di una bufala, anche perché il missile non aveva minimamente scalfito il selciato davanti alla chiesa.
I francescani di Croazia e Bosnia, come già era accaduto durante la seconda guerra mondiale, durante la guerra di Bosnia, smentendo la loro “Regina della pace”, furono la punta di diamante dell’estremismo cattolico guerresco. Con la copertura di alcune associazioni umanitarie, come “Il Pane di Sant’Antonio” e la “Caritas di Ghedi”, (da non confondere con la Caritas italiana) si misero ad aiutare la loro fazione secessionista.
Il responsabile di queste attività era un frate croato, Bozo Blazevic, che smistava gli aiuti umanitari, ma anche altro, dal centro logistico della Caritas francescana di Spalato, diretta da padre Leonar Orec. Riguardo le attività misteriose del frate il giornalista Luca Rastello scrisse: “Il 29 maggio del 1993 un piccolo convoglio di un gruppo di volontari bresciani viene contattato a Spalato da Spomenka Bobas e padre Orec. Poiché vanno in Bosnia centrale, i religiosi li pregano di consegnare quattro pacchi a Vitez: con questa scusa li forniscono di documenti con il marchio del pane di sant’Antonio, un po’ come se firmassero l’ignara spedizione dei bresciani… Poche ore dopo, appena transitati da Gornji Vakuf, i cinque bresciani vengono intercettati da una banda di irregolari bosniaci che sequestra il carico e i documenti e uccide a freddo Fabio Moreni insieme a Sergio Lana e Guido Puletti.” Non si seppe mai cosa contenessero i 4 pacchi del frate Bozo Blazevic, ma il 22 dicembre 1993, a bloccare un altro convoglio umanitario fu il comandante Goran Cisic. Sotto i generi alimentari chiamati “aiuto umanitario” saltarono fuori lanciarazzi, mortai e altro. Due giornalisti italiani, Ettore Mo ed Eros Bicic, involontariamente testimoni dei traffici in corso vennero arrestati per qualche ora mentre il frate Blazevic, amico personale del presidente Tudjman, ripartì senza problemi.
Alla fine della guerra, le numerose e segrete attività dei francescani di supporto alle fazioni estremiste e secessioniste cattoliche, vennero ignorate dai tribunali locali, ma anche da quelli internazionali, e caddero nell’oblio.
Il grande business delle apparizione e dei miracoli di Medjugorje riprese a pieno ritmo senza più ostacoli.
Nel 1996 Tarcisio Bertone, allora segretario della Congregazione per la dottrina della Fede, in una lettera concluse che «i pellegrinaggi ufficiali a Medjugorje, intesa come luogo di autentiche apparizioni della Vergine, non possono essere organizzati né a livello parrocchiale, né diocesano». Ma lasciò aperte le porte al proficuo turismo religioso: “Ai pellegrinaggi a Medjugorje che si svolgono in maniera privata”
Qualcuno ha stimato stimato che dal 1981 al 2013, “l’ammontare totale delle spese turistiche prodotte a Medjugorje si sia aggirato intorno ai 2,85 miliardi di euro. Inoltre, valutando in circa 23 milioni i pellegrini arrivati nel paesino dell’Erzegovina negli anni presi in considerazione, le spese di viaggio ammonterebbero a quasi 8,5 miliardi di euro, per un giro d’affari mondiale di circa 11 miliardi di euro”. Non sappiamo se queste cifre sia esatte al centesimo, ma sono molto verosimili.
Alla fine degli anni ‘90, chi scrive incontrò il Prof. Marco Margnelli con l’idea di fare un documentario su Medjugorje. Lo conoscevo fin dagli anni ‘70 e ne apprezzavo le sue capacità e la sua rettitudine. L’incontrò durò parecchie ore. Margnelli nel corso degli anni aveva approfondito alcuni studi sull’ipnosi e sugli stati coscienza e aveva un’idea precisa sui veggenti. Ma il progetto documentaristico venne rimandato a causa dello scoppiò del conflitto in Kosovo e qualche tempo dopo il prof. Margnelli si ammalò gravemente. L’idea documentaristica venne abbandonata definitivamente ma ho ancora il nastro con quello che mi disse e ricordo la risposta che lo scienziato diede alla mia domanda se quello che i veggenti vedevano fosse un fatto sovrannaturale.
“Nessun miracolo… Si tratta di autosuggestione”. Rispose Margnelli in modo netto.
A distanza di quindici anni dalle ultime ricerche del prof. Marco Margnelli, tra poco la parola su Medjugorje passerà a Papa Bergoglio. Anche se in questi giorni è stata diffusa ad arte la notizia che “si rischia lo scisma (tra i croati) se sconfesserà le apparizioni della Madonna”, dopo aver fatto pulizia dei preti pedofili, dei monsignori affaristi, dello Ior e della finanza vaticana, quale sarà l’orientamento del Papa, che ha preso il nome di Francesco, con i francescani di Bosnia e la loro fabbrica delle apparizioni?
“La Madonna è madre! E ama tutti noi. Ma non è un capo ufficio della posta, per inviare messaggi tutti i giorni”. Ha detto qualche settimana fa riguardo le visioni quotidiane dei veggenti di Medjugorje.

Nella foto una strada di Mostar dopo una battaglia tra i cattolici e i musulmani della Bosnia Erzegovina

 

fonte: pagina fb di Giancarlo Bocchi  una versione ridotta del testo è stata pubblicata sabato 27 sul Manifesto


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.