Un fiume di denaro dalla Bce

Un fiume di denaro dalla Bce

di Antonio Sciotto – da il manifesto

È arri­vato il D-day, il giorno in cui Mario Dra­ghi lan­cerà il suo quan­ti­ta­tive easing, l’acquisto mas­sic­cio di titoli di stato e bond per far risa­lire l’inflazione e dare una mano alla crescita.Questo dal board Bce di Fran­co­forte, per­ché nel frat­tempo — sem­pre per oggi — è pre­vi­sto l’incontro tra Mat­teo Renzi e Angela Mer­kel a Firenze: e ieri i due capi di governo, entrambi inte­res­sati all’operazione Qe — ma in modi e con punti di vista diversi — hanno detto la loro.

Ma prima di tutto cer­chiamo di capire cosa sia il Qe: «quan­ti­ta­tive easing» signi­fica let­te­ral­mente «allen­ta­mento quan­ti­ta­tivo» e viene rite­nuto l’arma finale a dispo­si­zione della Banca cen­trale euro­pea dopo le misure extra su Abs e cove­red bond, o i maxi finan­zia­menti Ltro e Tltro. In sostanza, la banca si pone come inve­sti­tore sulla pro­pria eco­no­mia e diventa acqui­rente di beni (gene­ral­mente titoli di Stato) con denaro creato ex novo per sti­mo­lare la crescita.

Il Qe serve infatti a inon­dare il sistema di liqui­dità attra­verso l’acquisto mas­sic­cio di titoli di Stato e altre atti­vità finan­zia­rie dalle ban­che per immet­tere denaro fre­sco nell’economia euro­pea, incen­ti­vare i pre­stiti ban­cari verso le imprese e far cre­scere l’inflazione. La Bce potrebbe optare per un Qe ini­ziale da 500 miliardi lasciando la porta aperta a tran­che successive.

L’operazione dovrebbe creare in pochi mesi 1.000 miliardi di euro di moneta, con un con­se­guente deprez­za­mento dell’euro per via dell’aumento del quan­ti­ta­tivo in cir­co­la­zione, e quindi con la crea­zione di infla­zione. Altro effetto è l’abbassamento del costo dei pre­stiti: l’acquisto da parte della banca dovrebbe far aumen­tare la domanda dei titoli e, allo stesso tempo, ridurne i costi, faci­li­tando così l’accesso al credito.

Il Qe è uno stru­mento ampia­mente uti­liz­zato dalla Fede­ral Reserve, la banca cen­trale degli Stati Uniti, che dopo la crisi dei mutui sub­prime e il crack di Leh­man Bro­thers ha varato ben tre edi­zioni del pro­gramma. La Banca d’Inghilterra sta por­tando avanti sta­bil­mente un piano di acqui­sti da 375 miliardi di ster­line e la banca del Giap­pone ha recen­te­mente ampliato il pro­prio pro­gramma por­tan­dolo a 91 mila miliardi di yen.

Sono varie le ipo­tesi in campo: la Bce potrebbe lan­ciare un acqui­sto di 50 miliardi al mese, ini­ziando da marzo e fino al 2016, per circa un anno, ipo­tizza il Wall Street Jour­nal. Ma biso­gnerà capire almeno altri due ele­menti, a parte l’entità com­ples­siva dell’acquisto e la sua ripar­ti­zione in tran­che: 1) se si com­pre­ranno solo titoli di Stato, o se si sce­glierà invece un mix con bond pri­vati; 2) se si chie­derà alle ban­che cen­trali nazio­nali di cari­carsi almeno parte del rischio.

Pos­si­bi­lità ancora tutte aperte per­ché soprat­tutto la Ger­ma­nia — con la sua opi­nione pub­blica, la Bun­de­sbank e in parte anche la can­cel­liera Angela Mer­kel, solo ulti­ma­mente un po’ più ammor­bi­dita — ha fatto di tutto per fre­nare il pro­gramma di Dra­ghi. Temendo in sostanza che l’allentamento quan­ti­ta­tivo ser­visse ad alleg­ge­rire soprat­tutto i debiti dei paesi più in dif­fi­coltà, dando un mes­sag­gio di allen­ta­mento sulle poli­ti­che di rigore.

Per que­sto, ieri le posi­zioni espresse da Renzi e Mer­kel erano piut­to­sto distanti: si vedrà se la cena di lavoro pre­vi­sta sta­sera a Palazzo Vec­chio, con la can­cel­liera ospite del nostro pre­mier, e la per­ma­nenza a Firenze della lea­der tede­sca fino a domani, por­te­ranno qual­che punto di incontro.

«Rispetto l’indipendenza della Banca cen­trale euro­pea ma dovrebbe aiu­tare l’Europa a cam­biare», deve «dare il mes­sag­gio che l’Europa deve andare verso un nuovo cam­mino di cre­scita», ha detto ieri Renzi par­lando dal World Eco­no­mic Forum di Davos.

Di tono dif­fe­rente la dichia­ra­zione di Mer­kel: «La Bce è indi­pen­dente e io posso solo ripe­tere quello che ho già detto lunedì sera: come poli­tico, per me è impor­tante che sia evi­tato ogni segnale che possa essere per­ce­pito come un inde­bo­li­mento della neces­sità di cam­bia­menti strut­tu­rali e di una più stretta coo­pe­ra­zione politico-economica tra i paesi dell’eurozona».

L’attenzione è quindi pun­tata su quanto verrà deciso dalla Bce: quel che pare più certo, se non un effetto imme­diato sulla cre­scita, è l’impatto che avrà il Qe sull’inflazione e il deprez­za­mento dell’euro.

ANTONIO SCIOTTO

da il manifesto


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