Tortura, l’«acqua sporca» della storia americana

Tortura, l’«acqua sporca» della storia americana

di Luca Celada – da il manifesto

Ci sono voluti 5 anni, quasi quanti la durata uffi­ciale del regime durante il quale gli Stati Uniti hanno adot­tato la tor­tura come stru­mento di guerra, ma l’atteso rap­porto sulle «tec­ni­che di inter­ro­ga­to­rio poten­ziate» è infine stato reso pub­blico. Il docu­mento della com­mis­sione intel­li­gence del senato ha ria­perto una pra­tica che molti avreb­bero pre­fe­rito lasciare sepolta e sca­te­nato un vaso di Pan­dora di veleni ema­nanti dal capi­tolo più ver­go­gnoso della sto­ria con­tem­po­ra­nea americana.

In realtà il rap­porto com­pleto di oltre 6000 pagine rimane top secret ma il sunto di 582 pagine pub­bli­cato mar­tedì basta ampia­mente a con­fer­mare ciò che era comun­que già noto.

Nella rela­zione sono det­ta­gliate le tor­ture pra­ti­cate dalla Cia fra il 2002 e il 2008 a cen­ti­naia di pri­gio­nieri dete­nuti nella rete di «black sites», il gulag glo­bale di pri­gioni segrete ammi­ni­strate dai ser­vizi ame­ri­cani in paesi come Afgha­ni­stan, Tai­lan­dia, Roma­nia, Litua­nia e Polonia.

Il water­boar­ding, natu­ral­mente ma anche dete­nuti tenuti sve­gli per intere set­ti­mane, umi­liati, inca­te­nati nudi al sof­fitto per giorni, pestati, sot­to­po­sti a «cli­steri for­zati»; tutto l’orribile arma­men­ta­rio della tor­tura messo nero su bianco per la prima volta in un docu­mento uffi­ciale del senato. Il rap­porto rivela inol­tre il siste­ma­tico offu­sca­mento e il ripe­tuto occul­ta­mento di fatti e prove da parte della Cia gui­data all’epoca da Michael Hay­den, com­prese inter­cet­ta­zioni sui com­pu­ter dei mem­bri della com­mis­sione stessa venuti alla luce due anni fa e la rego­lare distru­zione di docu­menti elet­tro­nici dagli archivi di Langley.

Il pre­si­dente Obama, che aveva posto fine a que­ste pra­ti­che il giorno del suo inse­dia­mento, ha dichia­rato che «alcune delle azioni intra­prese sono state con­tra­rie ai nostri valori. Un pro­gramma pre­oc­cu­pante di tec­ni­che di inter­ro­ga­zione incom­pa­ti­bili coi prin­cipi della nostra nazione, inu­tili ai fini dell’antiterrorismo e con­tro­pro­du­centi per la nostra sicu­rezza nazio­nale (…) hanno gra­ve­mente dan­neg­giato la repu­ta­zione dell’America nel mondo». Allo stesso tempo la Casa bianca, che già due anni fa aveva escluso pro­ce­dure a carico di even­tuali respon­sa­bili, non ha certo age­vo­lato il rap­porto, un docu­mento che in realtà era pronto da almeno due anni ma che die­tro le quinte è stato oggetto di feroci lotte poli­ti­che. Alla fine il rap­porto è stato fir­mato dai soli com­po­nenti demo­cra­tici della com­mis­sione e dura­mente cri­ti­cato dai repub­bli­cani, che hanno accu­sato gli avver­sari di volersi avvan­tag­giare poli­ti­ca­mente con una «cac­cia alle stre­ghe» – ter­mine tanto più iro­nico dato l’elenco di orrori degni di Tor­que­mada elen­cati nel rapporto.

I sena­tori repub­bli­cani della com­mis­sione hanno sti­lato una rela­zione «di mino­ranza» e la stessa Cia ha rila­sciato un docu­mento di 120 pagine in cui rifiuta le con­clu­sioni e riba­di­sce la neces­sità e l’efficacia della tor­tura. Il sena­tore Saxby Cham­bliss , repub­bli­cano della Geor­gia anch’egli in com­mis­sione, si è dis­so­ciato, dichia­rando che «lo scopo prin­ci­pale è evi­den­te­mente quello di attac­care Bush». Il suo col­lega dell’Oklahoma, Jim Inhofe, ha aggiunto di rima­nere «for­te­mente a favore delle enhan­ced inter­ro­ga­tions». Fino all’ultimo la Cia ha ten­tato di cen­su­rare il testo nel nome della sicu­rezza nazio­nale e anche dall’amministrazione Obama non sono man­cate forti pres­sioni per ritar­dare o limi­tare il rap­porto. Fino a pochi giorni fa il Segre­ta­rio di stato John Kerry aveva chie­sto di ritar­darne la pub­bli­ca­zione per non «infiam­mare gli animi» in Medio Oriente. La pre­oc­cu­pa­zione però, come lo stato di allerta in cui sono state poste molte amba­sciate ame­ri­cane in Europa e Medio Oriente, è stata inu­tile, dato che le «sco­perte» del rap­porto — se ce ne sono — riguar­dano quasi solo il pub­blico di casa. Più che rive­lare fatti nuovi, infatti il rap­porto del senato si rivolge all’ignavia volen­tieri adot­tata dal paese men­tre il governo Bush/Cheney per­pe­trava cri­mini in suo nome, e all’amnesia col­let­tiva che ne è seguita.

Né si tratta plau­si­bil­mente , mal­grado il pub­blico strac­cia­mento di vesti, di un reso­conto del tutto esauriente.

È utile infatti ricor­dare che Dianne Fein­stein, rela­trice del rap­porto e sto­rica alleata di Cia e Nsa, siede nella com­mis­sione Intel­li­gence sin dal 2001, in piena epoca Bush, e quindi dif­fi­cil­mente può dirsi del tutto estra­nea ai fatti. Si spie­gano forse così i pas­saggi in cui si afferma che la Cia avrebbe tenuto all’oscuro dei fatti la Casa bianca fino al 2006, affer­ma­zione pale­se­mente risi­bile dato che già nel 2002 Bush e Che­ney com­mis­sio­na­rono ai legali della casa bianca i fami­ge­rati «tor­ture memos», memo­randa di sofi­smi giu­ri­dici con cui si «lega­liz­za­vano» il water­boar­ding e altre tor­ture come spia­ce­voli neces­sità esenti da leggi e trat­tati internazionali.

Allo scopo di legit­ti­mare la tor­tura, il governo della più potente demo­cra­zia occi­den­tale assem­blò allora una squa­dra spe­ciale di cui face­vano parte l’Attorney Gene­ral Alberto Gon­za­lez, il capo di gabi­netto di Che­ney David Adding­ton, Jay Bybee avvo­cato del mini­stero della Giu­sti­zia e il legale della Casa bianca John Yoo, autore dei «memos».

Il passo fatale dalla parte della cri­mi­nosa amo­ra­lità non sarebbe pro­ba­bil­mente stato pos­si­bile senza la con­ni­venza di tutto il sistema poli­tico com­presa la lea­der­ship demo­cra­tica. Una sbor­nia cri­mi­nale di cui il rap­porto è una ela­bo­ra­zione incom­pleta come dimo­stra il risalto dato all’«inaffidabilità» dell’intelligence pro­dotta dalle tor­ture. Come se una mag­giore effi­cienza dei sup­plizi li potesse invece giu­sti­fi­care, un’enormità a cui si è oppo­sto per­fino John McCain.

Il sena­tore capo dei fal­chi repub­bli­cani che in virtù degli anni pas­sati come pri­gio­niero di guerra in Viet­nam ha una cono­scenza pro­ba­bil­mente più intima della mate­ria di molti col­le­ghi, ha sug­ge­rito infatti che forse la tor­tura dovrebbe essere respinta a prescindere.

«Nes­suna nazione è per­fetta — ha eufe­mi­sti­ca­mente com­men­tato ancora Obama — ma una delle nostre forze è la volontà e capa­cità di affron­tare il nostro pas­sato e le nostre imper­fe­zioni per cam­biare. Spero che sapremo ora rele­gare que­sti errori dove appar­ten­gono – al passato».

Sen­ti­menti nobili ma anche fon­da­men­tal­mente diso­ne­sti, per­ché il rap­porto non foto­grafa un iso­lato errore del pas­sato quanto i primi fatali passi di una pro­gres­sive deriva della Cia da agen­zia di intel­li­gence a forza para­mi­li­tare extra­le­gale con poteri illi­mi­tati e scru­poli ine­si­stenti. Una pro­gres­sione affatto ter­mi­nata ma che pro­se­gue nella con­ce­zione di guerra segreta a base di ucci­sioni mirate e bom­bar­da­menti tele­co­man­dati così entu­sia­sti­ca­mente adot­tata dall’attuale amministrazione.

Tutto lascia sup­porre insomma che anche in futuro saranno neces­sari altri rap­porti come quello che, pur incom­pleto, ha messo ieri agli atti uno dei momenti più bui della sto­ria americana.

LUCA CELADA

da il manifesto


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