Lagarde (FMI), grande sponsor di Renzi

Lagarde (FMI), grande sponsor di Renzi

di Roberto Ciccarelli – da il manifesto

Il tour ita­liano del diret­tore del Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale (Fmi) Chri­stine Lagarde si è aperto ieri alla Boc­coni di Milano dove sono state cele­brate le virtù tau­ma­tur­gi­che del Jobs Act cele­brato come la «solu­zione» con­tro la disoc­cu­pa­zione gio­va­nile. La gros­so­lana arte della disin­for­ma­zione pra­ti­cata dagli organi della gover­nance glo­bale con­ti­nua ad eser­ci­tarsi sul «dua­li­smo» tra «insi­ders e outsi­ders» sul mer­cato del lavoro. Secondo l’Fmi la carta bianca al governo Renzi votata dal par­la­mento senza cono­scere i det­ta­gli dei decreti attua­tivi «è impor­tante per com­bat­tere que­sto dua­li­smo tra chi ha pro­te­zioni forti e pre­cari non tute­lati». La pie­tra filo­so­fale è il «con­tratto a tutele crescenti».

Que­sta sin­go­lare inven­zione raf­forza il dua­li­smo tra garan­titi e pre­cari (i primi hanno l’articolo 18, i secondi no) e vin­cola l’esigibilità dei diritti all’anzianità di ser­vi­zio del lavo­ra­tore oltre che alla domanda con­giun­tu­rale delle imprese. Il governo (per quanto se ne sa oggi) ha sta­bi­lito una para­dos­sale disci­plina per i licen­zia­menti: dopo un anno di lavoro chi viene licen­ziato per­ce­pirà una men­si­lità e mezzo, ma gli indu­striali vogliono pagare ancora di meno. In più rice­ve­ranno il regalo di 1,9 miliardi di euro fino al 2017 per la «decon­tri­bu­zione». Per uno sti­pen­dio medio di 22 mila euro lordi all’anno, le imprese avranno a dispo­si­zione dai 5 ai 16 mila euro. Dipende se licen­ziano subito il lavo­ra­tore o dopo tre anni. In altre parole, all’impresa è stato con­cesso di licen­ziare a pia­ci­mento e, alla sca­denza dei tre anni dei sus­sidi, per­ce­pirà un bonus da 16 mila euro. E poi assu­merà un altro lavo­ra­tore «a tutele cre­scenti» che licen­zierà al fine di otte­nere lo stesso bonus. E così via, all’infinito. Un affa­rone. Per l’imprenditoria assi­stita dallo Stato, non per i neo-assunti.

Tutto que­sto all’Fmi non basta e Lagarde oggi avrà l’occasione di dirlo in un ver­tice con Renzi a Roma. Ieri il diret­tore Fmi ha pero­rato davanti al gover­na­tore di Ban­ki­ta­lia Visco, al sin­daco di Milano Pisa­pia, e ad una schiera di ban­chieri e ammi­ni­stra­tori dele­gati un «cuneo fiscale più basso». Ha esi­bito i risul­tati di una ricerca del Fondo sul mer­cato del lavoro secondo il quale ripor­tare il cuneo fiscale sul lavoro nella media euro­pea potrebbe creare tra i 60 e i 130 mila posti di lavoro per i gio­vani. Rilan­ciare la cre­scita — una fenice che l’Fmi ha visto appa­rire e scom­pa­rire in que­sti anni nei suoi studi «scien­ti­fici» sulla crisi — «ridur­rebbe la disoc­cu­pa­zione gio­va­nile di 0,6%, circa 10 mila gio­vani potreb­bero tor­nare a lavorare».

Tra­dotto: il governo ita­liano deve can­cel­lare gli «alti livelli di pro­te­zione che non favo­ri­scono l’occupazione gio­va­nile» e fare ulte­riori elar­gi­zioni alle imprese. Non basta lo sconto sull’Irap per­ma­nente, e non basta nem­meno la cer­tezza che i gio­vani non ver­ranno mai «sta­bi­liz­zati». Biso­gna fare di più, il Jobs Act è solo l’antipasto. Lagarde ha inol­tre par­lato del «cini­smo» di chi denun­cia i «costi alti delle riforme» e ha esor­tato a continuarle.

Una con­si­de­ra­zione para­dos­sale pro­nun­ciata in nome dell’efferatezza, pro­ba­bil­mente. La legge dell’austerità resta la stessa: le per­dite sono di tutti, i gua­da­gni solo di qualcuno.

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto


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