
Acqua e beni comuni, appello di Alex Zanotelli
Pubblicato il 30 ott 2014
“Tra i tanti processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso all’acqua è il più criminale,” ha scritto l’attivista R. Lessio nel suo libro All’ombra dell’acqua. “Un progetto folle a cui possono credere solo persone profondamente malate , ammalate del nulla.”
E in questo paese sono tante le persone ‘ammalate del nulla’, che spingono di nuovo l’Italia verso la privatizzazione dell’acqua. E questo nonostante il Referendum (11-12 giugno 2011), quando 26 milioni di italiani hanno sancito che l’acqua deve essere tolta dal mercato e che non si può fare profitto su un bene così fondamentale .
A tutt’oggi il Parlamento italiano è stato incapace di rispondere a questa decisione popolare con un’appropriata legislazione. Eppure lo scorso anno 200 deputati hanno preparato un disegno di legge che non si riesce a far discutere in Parlamento. La ragione è che il governo Renzi sta perseguendo una devastante politica di privatizzazioni. Con “Sblocca Italia” e la “Legge di Stabilità”, Renzi offrirà incentivi agli enti locali che privatizzano i servizi pubblici. E’ il tradimento del Referendum!
Il governatore della Campania Caldoro ha fiutato bene questo clima e il 31 luglio ha fatto votare al Consiglio Regionale la finanziaria con due maxi-emendamenti: uno, sul condono edilizio e l’altro sulla privatizzazione dell’acqua. La Regione Campania affida così alle società operanti sul territorio, soprattutto alla GORI, non solo la gestione e distribuzione dell’acqua, ma anche la captazione e l’adduzione alla fonte. Per di più Caldoro ha deciso di costituire presso la giunta una Struttura di missione con grandi poteri sulla gestione dei servizi idrici, togliendoli agli enti locali.
Abbiamo reagito con forza come comitati acqua della Campania con una vivace campagna mediatica. Anche il governo ha impugnato il maxi-emendamento perché in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia. “Troveremo un’intesa con il governo”, ha replicato Caldoro, che è deciso a procedere sulla via della privatizzazione.
Tutto questo mette in pericolo l’ABC (Acqua Bene Comune) di Napoli , un comune che è passato da una gestione SPA ad un’Azienda Speciale, uno strumento che non permette di fare profitti .
Napoli è l’unica grande città in Italia che ha obbedito al Referendum ed ha dimostrato che si possono gestire i servizi idrici con un’Azienda Speciale. Lo sbaglio del sindaco De Magistris è stato che, nonostante le pressioni dei comitati, non ha “ messo in sicurezza”l’ABC . Così anche l’acqua di Napoli potrebbe capitolare alla spinta privatizzatrice di Caldoro.
A raccogliere i frutti di questa operazione di Caldoro sarà l’ACEA (Roma) di Caltagirone che si sta espandendo in Toscana e ora tenta di prendersi l’acqua del Meridione. L’ACEA detiene il 37% delle azioni della GORI , che ha una gestione molto contestata di 76 comuni dell’area vesuviana.
Al Nord sono in atto le stesse manovre di unificazione fra IREN (Torino-Genova) e A2a (Milano –Brescia) a cui guarda con interesse HERA (Emilia Romagna). Rischiamo così di avere una grande multiutility, che gestirà l’acqua del Nord.
Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è di una gravità estrema. E’ la negazione del Referendum. Davanti a questo scenario, mi viene spontaneo chiedermi:”Dov’è il grande movimento dell’acqua ? Dove sono i 26 milioni di italiani che tre anni fa hanno votato per la ripublicizzazione dell’acqua? Ma soprattutto dov’è la chiesa italiana, le chiese, le comunità cristiane su un tema così fondamentale come l’acqua, la Madre di tutta la vita sul pianeta Terra?” La chiesa si batte contro l’aborto, l’eutanasia e la pena di morte in nome del ‘Vangelo della Vita’, così deve oggi battersi per il diritto all’acqua come ‘diritto alla vita’ come afferma la teologa americana Christiana Peppard nel suo volume Just Water.
E’ questo il tempo opportuno per credenti e non , per riprendere con forza l’impegno per proclamare l’acqua diritto fondamentale umano.
Per questo chiedo a tutto il movimento per l’acqua pubblica di ricompattarsi e di rimettersi insieme sia a livello locale, regionale , nazionale ed europeo. Mettiamo da parte rancori e scontri e continuiamo a camminare insieme!
A livello regionale dobbiamo contrastare la spinta alla privatizzazione dell’acqua e opporci alle multiutilities.
A livello nazionale, dobbiamo fare pressione sul Parlamento italiano perché discuta subito la Legge sull’acqua , firmata da 200 parlamentari . E’ possibile che il movimento Acqua del Lazio si impegni a dei “sit-in” davanti a Montecitorio?Dobbiamo batterci contro le politiche del Governo Renzi contenute in “Sblocca Italia” e nella “Legge di Stabilità”, che spingeranno i Comuni a privatizzare i servizi pubblici .
A livello europeo, dobbiamo fare pressione sui parlamentari a Bruxelles, perché boccino il “Piano Acqua Europa 2027”, noto come “Water Blueprint” e contestino la Commissione Europea che si è rifiutata di prendere in considerazione l’iniziativa dell’ICE (Iniziativa dei cittadini europei ) sull’acqua ,che ha ottenuto oltre un milione e mezzo di firme in sette paesi.
A livello internazionale continuiamo a sostenere come movimento Acqua , il vasto movimento contro il
T-TIP(Partenariato Transatlantico per gli Investimenti e il Commercio tra USA e UE ) e il TISA (Trattato sui servizi pubblici sotto l’egida del WTO), che spingono verso la privatizzazione di tutti i servizi pubblici .
Infine , in un momento così grave, chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) di dichiarare che l’acqua è un diritto fondamentale , invitando tutte le comunità cristiane a impegnarsi a fianco del movimento per l’Acqua pubblica in Italia e a scrivere una lettera come quella del vescovo cileno Luis Infanti della Mora:”Dacci oggi la nostra Acqua Quotidiana “. ”La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile –scrive il vescovo Luis Infanti (che con il suo popolo ha impedito che l’ENEL costruisse 5 dighe in Patagonia)-quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria:gli esclusi! Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e sopratutto dell’acqua, possono essere legalmente padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietarie di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare.”
Alex Zanotelli
Napoli, 27 ottobre 2014
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Articolo di Marco Bersani sul manifesto:
http://ilmanifesto.info/acqua-e-beni-comuni-il-secondo-scalpo-di-renzi/
Attraverso la famigerata coppia normativa, formata dal decreto «sblocca Italia» e dalla legge di stabilità, il governo Renzi sta tentando di portare un secondo scalpo al tavolo dei rigoristi europei e al banchetto dei grandi interessi finanziari: i servizi pubblici locali, a partire dall’acqua.
Il disegno sotteso è quello di un processo di aggregazione/fusione che veda i quattro colossi multiutility attuali – A2A, Iren, Hera e Acea– già collocati in Borsa, fare man bassa di tutte le società di gestione dei servizi idrici, ambientali ed energetici, divenendo gli unici campioni nazionali, finalmente in grado di «competere» sui mercati internazionali.
Dietro la propaganda della riduzione del carrozzone delle società partecipate e dei costi della «casta» — problema reale, le cui soluzioni, se affidate ai cittadini e ai lavoratori dei servizi, andrebbero in direzione ostinata e contraria agli interessi delle lobby politico/finanziarie che dominano il paese– si cerca di mettere una pietra tombale sull’esito della straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011 e sul suo profondo significato di pronunciamento di massa contro le politiche liberiste e di affermazione del nuovo paradigma dei beni comuni.
Con lo «sblocca Italia» — piano di cementificazione devastante del paese, alla faccia delle lacrime di coccodrillo sul suo dissesto idrogeologico — si è imposto il concetto dell’unicità della gestione del servizio idrico dentro ogni ambito territoriale ottimale (Ato) in cui è diviso il territorio, buttando a mare il pre-esistente concetto di unitarietà della gestione, che permetteva di mantenere, integrandola, la pluralità delle gestioni esistenti in ogni territorio.
Se a questo si aggiunge il fatto che ogni regione sta ridisegnando gli ambiti, tendendo sempre più spesso a farli coincidere con l’intero territorio regionale, il risultato appare chiaro: al termine di questo processo, vi sarà un unico soggetto gestore per regione, e sarà giocoforza il pesce più grosso che annetterà tutti i pesci più piccoli. Rompendo definitivamente ogni legame con la territorialità dei servizi pubblici locali e la possibilità, se non di una gestione partecipativa, almeno di un controllo democratico affidato alle istituzioni locali.
In realtà, il disegno di fusione progressiva ha un preciso obiettivo: la valorizzazione finanziaria di società che, basandosi sulla redditività garantita dall’erogare servizi essenziali — e quindi a domanda rigida — e sull’enorme liquidità periodica garantita dalle tariffe, se dimensionate su un numero significativo di utenti-cittadini, possono produrre, una volta collocate dentro la rete delle grandi multiutility, un importante valore aggiunto sui mercati finanziari.
Ciò che prevede lo «sblocca Italia» è tuttavia solo la premessa di quanto disposto dalla legge di stabilità, che si prefigge il colpo finale per ogni idea di riappropriazione sociale dei beni comuni e di gestione partecipativa e priva di profitti da parte delle comunità locali.
Infatti, approfittando del progressivo strangolamento degli enti locali, scientificamente portato avanti negli anni attraverso i tagli dei trasferimenti e l’applicazione di un patto di stabilità interno che ha reso praticamente impossibile il mantenimento di ogni funzione pubblica e sociale (gli osannati «angeli del fango» della recente alluvione a Genova, altro non sono che ragazzi sanamente arrabbiati, i quali, avendo chiaro il totale stato di abbandono in cui sono lasciati dalle istituzioni, decidono di fare da sé) , il governo Renzi regala ai Sindaci il definitivo ricatto, togliendo dai parametri del patto di stabilità, quindi permettendo loro di spendere, una parte delle cifre ricavate dalla cessione di quote pubbliche delle società partecipate di servizi pubblici locali e rendendo nel contempo, ancor più onerosa, la scelta di una gestione pubblica degli stessi.
Si chiede ai sindaci, dunque, di mettere in vendita i beni comuni primari delle proprie comunità di riferimento, per consentire loro di mantenere uno straccio di funzionamento ordinario dell’ente locale
L’obiettivo delle élite politico-tecnocratiche dell’Ue è lo stesso di quando, dopo neppure un mese dalla proclamazione della vittoria referendaria, scrissero all’allora governo Berlusconi la famosa lettera di diktat, in cui il punto n. 26 chiedeva «cosa intende fare il suo governo per la privatizzazione dei servizi idrici nel Paese, malgrado l’esito del recente risultato referendario?».
L’obiettivo di Renzi è quello di dimostrare di essere l’unico capace di portare a termine un compito che nessun altro governo era sinora riuscito a fare.
Il compito del movimento per l’acqua e dei movimenti per i beni comuni è ancora una volta quello di dimostrare che indietro non si torna, riaprendo una forte mobilitazione territoriale e nazionale che sappia parlare a quella maggioranza di persone, intimorita dalla crisi ma non annichilita nella speranza, che votando «sì» al referendum ha suggerito la possibilità di un altro modello sociale, basato sulla riappropriazione dei beni comuni e sulla loro gestione partecipativa, democratica, territoriale.
E di far schierare i sindaci, costretti, oggi più che mai, a scegliere se essere l’ultimo terminale delle politiche rigoriste che dall’Ue ai governi nazionali precipitano sui beni comuni della popolazioni locali o se finalmente essere i primi rappresentanti del territorio e delle persone che lo abitano.
Renzi non è che il presente fine a se stesso, feroce e cinico come chi non conserva memoria e non immagina futuro. Alle donne e agli uomini dell’acqua, che un futuro non solo l’hanno chiaro ma lo pretendono per tutte e tutti, l’obiettivo di fermarlo.
* Forum italiano dei movimenti per l’acqua
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