Acqua e beni comuni, appello di Alex Zanotelli

Acqua e beni comuni, appello di Alex Zanotelli

“Tra i tanti processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso all’acqua è il più criminale,” ha scritto l’attivista R. Lessio nel suo libro All’ombra dell’acqua. “Un progetto folle a cui possono credere solo persone profondamente malate , ammalate del nulla.”

E in questo paese sono tante le persone  ‘ammalate del nulla’, che spingono di nuovo l’Italia verso la privatizzazione dell’acqua. E questo nonostante il Referendum (11-12 giugno 2011), quando 26 milioni di italiani hanno sancito che l’acqua deve essere tolta dal mercato e che non si può fare profitto su un bene così fondamentale .

A tutt’oggi il Parlamento italiano è stato incapace di rispondere a questa decisione popolare con un’appropriata legislazione. Eppure lo scorso anno 200 deputati hanno preparato un disegno di legge che non si riesce a far discutere in Parlamento. La ragione è che il governo Renzi sta perseguendo una devastante politica di privatizzazioni. Con “Sblocca Italia” e la “Legge di Stabilità”, Renzi offrirà incentivi agli enti locali che privatizzano i servizi pubblici. E’ il tradimento del Referendum!

Il governatore della Campania Caldoro ha fiutato bene questo clima e il 31 luglio ha fatto votare al Consiglio Regionale la finanziaria con due maxi-emendamenti: uno, sul condono edilizio e l’altro sulla privatizzazione dell’acqua. La Regione Campania affida così alle società operanti sul territorio, soprattutto alla GORI, non solo la gestione e distribuzione dell’acqua, ma anche la captazione  e l’adduzione alla fonte. Per di più Caldoro ha deciso di costituire presso la giunta una Struttura di missione con grandi poteri sulla gestione dei servizi idrici, togliendoli agli enti locali.

Abbiamo reagito con forza come comitati acqua della Campania con una vivace campagna mediatica. Anche il governo ha impugnato il maxi-emendamento perché in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia. “Troveremo un’intesa con il governo”, ha replicato Caldoro, che è deciso a procedere sulla via della privatizzazione.

Tutto questo mette in pericolo l’ABC (Acqua Bene Comune) di Napoli , un comune che è passato da una gestione  SPA ad un’Azienda Speciale, uno strumento che non permette di fare profitti .

Napoli è l’unica grande città in Italia che ha obbedito al Referendum ed ha dimostrato che si possono gestire i servizi idrici con un’Azienda Speciale. Lo sbaglio del sindaco De Magistris è stato che, nonostante le pressioni dei comitati, non ha “ messo in sicurezza”l’ABC . Così anche l’acqua di Napoli potrebbe capitolare alla spinta privatizzatrice di Caldoro.

A raccogliere i frutti di questa operazione di Caldoro sarà l’ACEA (Roma) di Caltagirone che si sta espandendo in Toscana e ora tenta di prendersi l’acqua del Meridione. L’ACEA detiene il 37% delle azioni della GORI , che ha una gestione molto contestata di 76 comuni dell’area vesuviana.

Al Nord sono in atto  le stesse manovre di unificazione fra IREN (Torino-Genova) e A2a (Milano –Brescia) a cui guarda con interesse HERA (Emilia Romagna). Rischiamo così di avere  una grande multiutility, che gestirà l’acqua del Nord.

Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è di una gravità estrema. E’ la negazione del Referendum. Davanti a questo scenario, mi viene spontaneo chiedermi:”Dov’è il grande movimento dell’acqua ? Dove sono i 26 milioni di italiani che tre anni fa hanno votato per la ripublicizzazione dell’acqua? Ma soprattutto dov’è la chiesa italiana, le chiese, le comunità cristiane su un tema così fondamentale come l’acqua, la Madre di tutta la vita sul pianeta Terra?” La chiesa si batte contro l’aborto, l’eutanasia e la pena di morte in nome del ‘Vangelo della Vita’, così deve oggi battersi per il diritto all’acqua come  ‘diritto alla vita’ come afferma la teologa americana Christiana Peppard nel suo volume Just Water.

E’ questo il tempo opportuno  per credenti e non , per riprendere con forza l’impegno per proclamare l’acqua  diritto fondamentale umano.

Per questo chiedo a tutto il movimento per l’acqua pubblica di ricompattarsi e di rimettersi insieme sia a livello locale, regionale , nazionale ed europeo. Mettiamo da parte  rancori e scontri e continuiamo a camminare insieme!

A livello regionale dobbiamo contrastare la spinta alla privatizzazione dell’acqua e opporci alle multiutilities.

A livello nazionale, dobbiamo fare pressione sul  Parlamento italiano perché discuta subito la Legge sull’acqua , firmata da 200 parlamentari . E’ possibile che il movimento Acqua del Lazio si impegni a dei “sit-in” davanti a Montecitorio?Dobbiamo batterci contro le politiche del Governo Renzi contenute in  “Sblocca Italia” e nella “Legge di Stabilità”, che spingeranno i Comuni a privatizzare  i servizi pubblici .

A livello europeo, dobbiamo fare pressione sui parlamentari a Bruxelles, perché boccino il “Piano Acqua Europa 2027”, noto come “Water Blueprint” e contestino la Commissione Europea che si è rifiutata di prendere in considerazione l’iniziativa dell’ICE (Iniziativa dei cittadini europei ) sull’acqua ,che ha ottenuto oltre un milione e mezzo di firme in sette paesi.

A livello internazionale continuiamo a sostenere come movimento Acqua , il vasto movimento contro il

T-TIP(Partenariato Transatlantico per gli Investimenti e il Commercio tra USA e UE ) e il TISA (Trattato sui servizi pubblici  sotto l’egida del WTO), che spingono verso la privatizzazione di tutti i servizi pubblici .

Infine , in un momento così grave, chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) di dichiarare che l’acqua è un diritto fondamentale , invitando tutte le comunità cristiane a impegnarsi a fianco del movimento per l’Acqua pubblica in Italia e a scrivere una lettera come quella del vescovo cileno  Luis Infanti della Mora:”Dacci oggi la nostra Acqua  Quotidiana “. ”La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile –scrive il vescovo Luis Infanti (che con il suo popolo ha impedito che  l’ENEL  costruisse 5 dighe in Patagonia)-quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria:gli esclusi! Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e sopratutto dell’acqua, possono essere legalmente padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietarie di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare.”

Alex Zanotelli

Napoli, 27 ottobre 2014
—-

Articolo di Marco Bersani sul manifesto:

http://ilmanifesto.info/acqua-e-beni-comuni-il-secondo-scalpo-di-renzi/

Attra­verso la fami­ge­rata cop­pia nor­ma­tiva, for­mata dal decreto «sblocca Ita­lia» e dalla legge di sta­bi­lità, il governo Renzi sta ten­tando di por­tare un secondo scalpo al tavolo dei rigo­ri­sti euro­pei e al ban­chetto dei grandi inte­ressi finan­ziari: i ser­vizi pub­blici locali, a par­tire dall’acqua.

Il dise­gno sot­teso è quello di un pro­cesso di aggregazione/fusione che veda i quat­tro colossi mul­tiu­ti­lity attuali – A2A, Iren, Hera e Acea– già col­lo­cati in Borsa, fare man bassa di tutte le società di gestione dei ser­vizi idrici, ambien­tali ed ener­ge­tici, dive­nendo gli unici cam­pioni nazio­nali, final­mente in grado di «com­pe­tere» sui mer­cati internazionali.

Die­tro la pro­pa­ganda della ridu­zione del car­roz­zone delle società par­te­ci­pate e dei costi della «casta» — pro­blema reale, le cui solu­zioni, se affi­date ai cit­ta­dini e ai lavo­ra­tori dei ser­vizi, andreb­bero in dire­zione osti­nata e con­tra­ria agli inte­ressi delle lobby politico/finanziarie che domi­nano il paese– si cerca di met­tere una pie­tra tom­bale sull’esito della straor­di­na­ria vit­to­ria refe­ren­da­ria del giu­gno 2011 e sul suo pro­fondo signi­fi­cato di pro­nun­cia­mento di massa con­tro le poli­ti­che libe­ri­ste e di affer­ma­zione del nuovo para­digma dei beni comuni.

Con lo «sblocca Ita­lia» — piano di cemen­ti­fi­ca­zione deva­stante del paese, alla fac­cia delle lacrime di coc­co­drillo sul suo dis­se­sto idro­geo­lo­gico — si è impo­sto il con­cetto dell’unicità della gestione del ser­vi­zio idrico den­tro ogni ambito ter­ri­to­riale otti­male (Ato) in cui è diviso il ter­ri­to­rio, but­tando a mare il pre-esistente con­cetto di uni­ta­rietà della gestione, che per­met­teva di man­te­nere, inte­gran­dola, la plu­ra­lità delle gestioni esi­stenti in ogni territorio.

Se a que­sto si aggiunge il fatto che ogni regione sta ridi­se­gnando gli ambiti, ten­dendo sem­pre più spesso a farli coin­ci­dere con l’intero ter­ri­to­rio regio­nale, il risul­tato appare chiaro: al ter­mine di que­sto pro­cesso, vi sarà un unico sog­getto gestore per regione, e sarà gio­co­forza il pesce più grosso che annet­terà tutti i pesci più pic­coli. Rom­pendo defi­ni­ti­va­mente ogni legame con la ter­ri­to­ria­lità dei ser­vizi pub­blici locali e la pos­si­bi­lità, se non di una gestione par­te­ci­pa­tiva, almeno di un con­trollo demo­cra­tico affi­dato alle isti­tu­zioni locali.

In realtà, il dise­gno di fusione pro­gres­siva ha un pre­ciso obiet­tivo: la valo­riz­za­zione finan­zia­ria di società che, basan­dosi sulla red­di­ti­vità garan­tita dall’erogare ser­vizi essen­ziali — e quindi a domanda rigida — e sull’enorme liqui­dità perio­dica garan­tita dalle tariffe, se dimen­sio­nate su un numero signi­fi­ca­tivo di utenti-cittadini, pos­sono pro­durre, una volta col­lo­cate den­tro la rete delle grandi mul­tiu­ti­lity, un impor­tante valore aggiunto sui mer­cati finanziari.

Ciò che pre­vede lo «sblocca Ita­lia» è tut­ta­via solo la pre­messa di quanto dispo­sto dalla legge di sta­bi­lità, che si pre­figge il colpo finale per ogni idea di riap­pro­pria­zione sociale dei beni comuni e di gestione par­te­ci­pa­tiva e priva di pro­fitti da parte delle comu­nità locali.

Infatti, appro­fit­tando del pro­gres­sivo stran­go­la­mento degli enti locali, scien­ti­fi­ca­mente por­tato avanti negli anni attra­verso i tagli dei tra­sfe­ri­menti e l’applicazione di un patto di sta­bi­lità interno che ha reso pra­ti­ca­mente impos­si­bile il man­te­ni­mento di ogni fun­zione pub­blica e sociale (gli osan­nati «angeli del fango» della recente allu­vione a Genova, altro non sono che ragazzi sana­mente arrab­biati, i quali, avendo chiaro il totale stato di abban­dono in cui sono lasciati dalle isti­tu­zioni, deci­dono di fare da sé) , il governo Renzi regala ai Sin­daci il defi­ni­tivo ricatto, togliendo dai para­me­tri del patto di sta­bi­lità, quindi per­met­tendo loro di spen­dere, una parte delle cifre rica­vate dalla ces­sione di quote pub­bli­che delle società par­te­ci­pate di ser­vizi pub­blici locali e ren­dendo nel con­tempo, ancor più one­rosa, la scelta di una gestione pub­blica degli stessi.

Si chiede ai sin­daci, dun­que, di met­tere in ven­dita i beni comuni pri­mari delle pro­prie comu­nità di rife­ri­mento, per con­sen­tire loro di man­te­nere uno strac­cio di fun­zio­na­mento ordi­na­rio dell’ente locale
L’obiettivo delle élite politico-tecnocratiche dell’Ue è lo stesso di quando, dopo nep­pure un mese dalla pro­cla­ma­zione della vit­to­ria refe­ren­da­ria, scris­sero all’allora governo Ber­lu­sconi la famosa let­tera di dik­tat, in cui il punto n. 26 chie­deva «cosa intende fare il suo governo per la pri­va­tiz­za­zione dei ser­vizi idrici nel Paese, mal­grado l’esito del recente risul­tato referendario?».

L’obiettivo di Renzi è quello di dimo­strare di essere l’unico capace di por­tare a ter­mine un com­pito che nes­sun altro governo era sinora riu­scito a fare.

Il com­pito del movi­mento per l’acqua e dei movi­menti per i beni comuni è ancora una volta quello di dimo­strare che indie­tro non si torna, ria­prendo una forte mobi­li­ta­zione ter­ri­to­riale e nazio­nale che sap­pia par­lare a quella mag­gio­ranza di per­sone, inti­mo­rita dalla crisi ma non anni­chi­lita nella spe­ranza, che votando «sì» al refe­ren­dum ha sug­ge­rito la pos­si­bi­lità di un altro modello sociale, basato sulla riap­pro­pria­zione dei beni comuni e sulla loro gestione par­te­ci­pa­tiva, demo­cra­tica, territoriale.

E di far schie­rare i sin­daci, costretti, oggi più che mai, a sce­gliere se essere l’ultimo ter­mi­nale delle poli­ti­che rigo­ri­ste che dall’Ue ai governi nazio­nali pre­ci­pi­tano sui beni comuni della popo­la­zioni locali o se final­mente essere i primi rap­pre­sen­tanti del ter­ri­to­rio e delle per­sone che lo abitano.

Renzi non è che il pre­sente fine a se stesso, feroce e cinico come chi non con­serva memo­ria e non imma­gina futuro. Alle donne e agli uomini dell’acqua, che un futuro non solo l’hanno chiaro ma lo pre­ten­dono per tutte e tutti, l’obiettivo di fermarlo.

* Forum ita­liano dei movi­menti per l’acqua


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.