Genova 2001, le vittime attendono ancora le scuse dallo Stato

Genova 2001, le vittime attendono ancora le scuse dallo Stato

di Vittorio Agnoletto

In un Paese nor­male non ci sarebbe nulla per cui ral­le­grarsi: chi è con­dan­nato, deve espiare una pena; ed è altret­tanto ovvio che tutti i cit­ta­dini siano uguali di fronte alla legge.

Non è così in Ita­lia, dove l’impunità è troppo spesso stata garan­tita a coloro che indos­sano una divisa, soprat­tutto quando i reati com­messi sono con­tro donne e uomini che mani­fe­stano per la difesa della democrazia.

Per que­ste ragioni sto­ri­che non deve pas­sare sotto silen­zio la deci­sione dei magi­strati che il 31 dicem­bre hanno arre­stato per fatti con­nessi alla «macel­le­ria mes­si­cana» della Diaz, tre dei poli­ziotti più alti in grado pre­senti a Genova durante il G8. Sono stati con­dan­nati agli arre­sti domi­ci­liari ed è stata rifiu­tata la loro richie­sta di essere inviati ai ser­vizi sociali.

Tutto il cir­cuito main­stream ha evi­tato di darne noti­zia; tanto più che Spar­taco Mor­tola, Gio­vanni Luperi e Fran­ce­sco Grat­teri non sono poli­ziotti qua­lun­que. Già nel 2001 rico­pri­vano inca­ri­chi di mas­sima impor­tanza: il primo capo della Digos geno­vese, il secondo ex diri­gente dell’Ucigos e Fran­ce­sco Grat­teri che era il numero tre della poli­zia ita­liana con la non velata aspi­ra­zione di diven­tarne il capo. Men­tre i magi­strati li inqui­si­vano, i super­po­li­ziotti veni­vano pro­mossi ad inca­ri­chi sem­pre più impor­tanti con l’approvazione bipar­ti­san del Par­la­mento. Nes­suno ha mai sen­tito la neces­sità, nem­meno dopo le con­danne di primo e secondo grado, di rimuo­verli dai loro inca­ri­chi; non è que­sta un’eccezione, infatti ci risulta che ad oggi la poli­zia non abbia avviato alcun pro­ce­di­mento interno nei con­fronti dei non pochi poli­ziotti con­dan­nati. Sono tutti ancora rego­lar­mente in sevi­zio, tranne quelli con­dan­nati dai magi­strati all’interdizione ai pub­blici uffici.

La deci­sone dei magi­strati è stata pos­si­bile pro­prio per l’indipendenza dal potere poli­tico che la Costi­tu­zione garan­ti­sce alla magi­stra­tura. Certo, l’arresto avviene a quasi dodici anni dai fatti, ma….meglio tardi che mai. Agli arre­sti domi­ci­liari reste­ranno per pochi mesi, gran parte della pena è stata can­cel­lata dal prov­vi­den­ziale indulto del 2006 ma le deci­sione del tri­bu­nale è comun­que impor­tante per­ché prova, tra mille dif­fi­coltà, a riba­dire un prin­ci­pio fon­da­men­tale: non ci sono zone fran­che, non ci sono impu­nità garan­tite dalla divisa che si indossa.

Le vit­time della Diaz stanno ancora aspet­tando da dodici anni una parola di scuse dalle nostre isti­tu­zioni; che finora non c’è stata. L’ultima occa­sione l’ha persa, pro­prio poche ore dopo gli arre­sti, nel discorso di fine anno, colui che dovrebbe rap­pre­sen­tare la nostra Costi­tu­zione cal­pe­stata e sospesa nelle gior­nate geno­vesi. Eppure aveva a dispo­si­zione ben più di una let­tera invia­ta­gli in que­sti lun­ghi anni da chi chie­deva che lo Stato si assu­messe le pro­prie respon­sa­bi­lità per la «macel­le­ria mes­si­cana». Ma si sa, ci sono let­tere e let­tere, alcune si pos­sono citare, altre è più sag­gio ignorarle.


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