Pensionati sotto zero

Pensionati sotto zero

di Antonio Sciotto – il manifesto

Impoveriti. L’inchiesta Spi Cgil e Ipsos sugli over 65. Un anziano su due (il 46%) dichiara di non riuscire ad arrivare a fine mese: deve rimandare i pagamenti, intaccare i risparmi o ricorrere a prestiti. Ben il 37% riduce i consumi alimentari, e tanti rinunciano alle cure

pen­sio­nati non ce la fanno. Arri­vare a fine mese è un’avventura epica, e gli asse­gni sono troppo bassi per reg­gere la sfida. Un nuovo rap­porto – que­sta volta dif­fuso dallo Spi Cgil – accende l’allarme rosso sulla fra­gi­lità sociale di tanta parte della popo­la­zione ita­liana, e gli over 65 risul­tano certo uno degli anelli più deboli. Sono ben il 46,2% (cioè quasi uno su due) gli anziani che si tro­vano costretti ogni mese a riman­dare paga­menti, a intac­care i risparmi, o a chie­dere pre­stiti (per­ché i risparmi, come si può imma­gi­nare, sono rima­sti in tasca a pochi).

Il ritratto del «nuovo povero» over six­ties emerge da una ana­lisi rea­liz­zata dallo Spi Cgil in col­la­bo­ra­zione con Ipsos su con­sumi e potere d’acquisto dei pen​sio​nati​.Il sin­da­cato gui­dato da Carla Can­tone da anni grida ina­scol­tato che sono sem­pre di più gli anziani che non rie­scono non solo ad arri­vare a fine mese, ma molto spesso a com­prare il cibo e i vestiti. Senza con­tare le cure medi­che, ormai per molti una vera chi­mera, tra tic­ket sem­pre più cari, liste di attesa che di fatto ti obbli­gano a ripie­gare nel pri­vato, far­maci fuori fascia garan­tita: e così molti scel­gono, o meglio sono costretti, a rinun­ciare a curarsi.

Tor­nando ai numeri dell’inchiesta Spi-Ipsos, si sco­pre che solo il 24,3% rie­sce a «passà la nut­tata», cioè a con­clu­dere il mese, con le sole pro­prie risorse, «senza troppi pro­blemi» ma spen­dendo quasi tutta la pen­sione. Men­tre il 29,5% arriva al 31 «senza alcun pro­blema» e rie­sce anche a rispar­miare qual­cosa. Beati loro, una fascia di bene­stanti che pare ridursi.

Eppure, per quanto in evi­dente dif­fi­coltà, i pen­sio­nati con­ti­nuano comun­que a svol­gere un ruolo stra­te­gico e piut­to­sto «clas­sico» nella fami­glia ita­liana, dive­nuto ancora più impor­tante con l’avvento della crisi: cer­cano comun­que di aiu­tare figli e nipoti che hanno perso il lavoro o che non rie­scono a tro­varlo: il 42,6% infatti sostiene eco­no­mi­ca­mente, magari anche solo ogni tanto, i pro­pri familiari.

Ma a cosa si è dovuto (o si è scelto di) rinun­ciare di più? Salta all’occhio il dato sui con­sumi ali­men­tari: ben il 37% dei pen­sio­nati inter­vi­stati dichiara di averli ridotti, numero ben più alto del 29% regi­strato nel resto della popo­la­zione. Ma, soprat­tutto (e come forse è natu­rale), si è ridotto lo svago: il 60% ha infatti ridotto viaggi e vacanze, il 59% risto­ranti, piz­ze­rie e bar, il 48% cinema, tea­tro e con­certi. Con evi­ta­bili riflessi, peral­tro, sull’economia di que­sti set­tori, che vede­vano comun­que nella popo­la­zione anziana un solido zoc­colo di con­su­ma­tori, ora in declino.

Ma a venire sacri­fi­cate sono anche le spese di vestia­rio: il 53% dei pen­sio­nati ha infatti deciso di ridurre le spese in abbi­glia­mento e accessori.

Par­ti­co­lar­mente signi­fi­ca­tivo è il caso delle spese per gio­chi e lot­te­rie, set­tore che sap­piamo essere (in molti casi, dob­biamo dire pur­troppo) un punto debole della popo­la­zione anziana: spesso peri­co­lo­sa­mente addic­ted alle slot machi­nes o ai «gratta e vinci». Anche in que­sto com­parto si regi­stra un calo del con­sumo (per il 24% degli inter­vi­stati), ma il 76% dei pen­sio­nati ha comun­que deciso di non rinun­ciarvi, spe­rando magari di risol­le­vare in que­sto modo le pro­prie sorti.

Oggi Cgil, Cisl e Uil scen­de­ranno in piazza per chie­dere di cam­biare la legge di sta­bi­lità: meno tasse per dipen­denti e pen­sio­nati attra­verso un aumento delle detra­zioni e una norma che destini auto­ma­ti­ca­mente le risorse pro­ve­nienti dall’evasione fiscale, dalla spen­ding review e dalle rendite.

La segre­ta­ria Spi Can­tone chiede «un tavolo di con­fronto, già isti­tuito ai tempi del governo Prodi, ma poi rimosso da Ber­lu­sconi e Monti». E piut­to­sto lati­tante anche sotto Letta: anche se ieri il governo si è impe­gnato a soste­nere un emen­da­mento che acco­glie in parte le richie­ste di riva­lu­ta­zione avan­zate dai sin­da­cati (sbloc­care gli aumenti fino agli asse­gni 6 volte il minimo). Richie­ste soste­nute dalle asso­cia­zioni Coda­cons, Adu­sbef e Federconsumatori.


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