
I sogni non si sequestrano, si colorano
Pubblicato il 15 nov 2013
Pensate ad una fabbrica ed immaginate che i padroni, per mero calcolo di profitto, la chiudano per portare la produzione laddove il lavoro “costa” meno. La fabbrica diventa scheletro, vuoto, ciò che un tempo produceva, grazie alla vita di chi vi lavorava, spento, chiuso. Ma lo scheletro, grigio e chiuso un giorno viene liberato e ridato alla vita da chi crede in un altro mondo possibile. Pensate che ora la proprietà recrimini ciò che ha abbandonato, magari perché il ritorno in vita potrebbe impedire una bella speculazione edilizia, una messa a bilancio di un plusvalore. Realizzate una sentenza del tribunale che impone il sequestro di quest’area ed il silenzio assordante di una giunta che ha nei cassetti la richiesta di sua variante urbanistica (residential, of course!), alla faccia dell’art.41 della Costituzione.
Questa non è solo un’immaginazione, ma la storia di un sogno. Questa è la storia di oltre 30 associazioni riunitesi nel Municipio dei beni comuni, i cui militanti quotidianamente insegnano italiano ai migranti, organizzano aree studio, riparano biciclette sensibilizzando ad una mobilità sostenibile con i critical mass, organizzo Mondiali Rebeldi, gestiscono gruppi di acquisto solidale sostenendo economie sostenibili, animano e giocano con bambini, proiettano i film di Cinemaltrove, trasmettono la webRadio (Roarr), si arrampicano sulle pareti della palestra popolare degli “equilibri precari”, e tante altre iniziative, ora senza uno spazio. Questa è anche la storia del sindaco della città di Pisa, Marco Filippeschi, e della sua giunta che in questi anni si è sottratta sistematicamente ad ogni confronto, anche quando mezza Italia si è mobilitata per chiedere a chi amministra la cosa pubblica sostenesse, in nome della legalità costituzionale, chi libera luoghi abbandonati dalla “ragion del profitto” per renderli alla collettività.
La Liberazione dell’ex-Colorificio Toscano non è che un passaggio. Rebeldia parte con l’occupazione degli stabilimenti ex-Etruria (2003), poi trasferisce le attività negli ex depositi CPT (2006) ed inizia a combattere con la sordità e la cecità di chi non è in grado di valorizzare l’enorme lavoro sociale, culturale e politico che sviluppa, ma guarda di buon occhio operazioni combattuto, così arriva lo sgombero dei locali di via Battisti per far partire i cantieri della Sesta Porta, ennesimo pasticcio in cui echeggiano termini assai noti, come project financing. Ancora senza uno spazio. Dunque Diritti nello spazio, nasce il Municipio dei beni comuni e la liberazione dell’ex Colorificio Toscano, abbandonato nel 2008 dall’attuale proprietà, la multinazionale JColors, diventa una lunga parentesi straordinaria che arriva ad oggi, facendo in pochi mesi passi da gigante.
Nonostante gli attivisti pisani continuino nella loro fama di Re Mida degli spazi sociali, trasformando in oro collettivo ogni luogo che occupano, la solfa del grigiore in cui operano non cambia. Chi ha calpestato la legalità costituzionale, dalla responsabilità sociale della libera impresa in giù, recrimina il possesso di un’area liberata dal grigiore dell’abbandono, rimessa in vita dalla socializzazione degli spazi, dalla progettazione delle attività, divenuto uno spazio per una comunità sottratto alla “ragion del privato”. Cadono nel silenzio decine e decine di appelli affinché il comune di Pisa si attivasse come mediatore, per evitare di porre fine a questa straordinaria esperienza, nemmeno l’uso della democrazia: l’impegno chiesto dal consiglio comunale al sindaco Filippeschi ed ottenuto a suon di voto unanime non ha smosso d’un millimetro l’immobilità dell’amministrazione pisana, tant’è che la sentenza di sgombero viene emessa, ed il 26 ottobre le forze dell’ordine impiegano 12 ore per far uscire tutti i militanti dell’ex-Colorificio liberato, in un clima di emozioni enormi, mentre da Palazzo Gambocorti, tutto tace, mentre l’assessore alla cultura (in questo caso la c minuscola è d’obbligo) fugge a gambe levate al passaggio del corteo degli “sgomberati” che raggiunge il presidio sotto il municipio.
Paradossi del nostro paese, mentre in Italia queste realtà vengono poste sotto sequestro, in Europa vengono chiamate per raccontare la loro esperienza. Così “Responding Together”, conferenza promossa dal Consiglio d’Europa con le più significative iniziative di cittadini europei volte alla riduzione della povertà, delle diseguaglianze e dello spreco di risorse umane e materiali, ha visto la partecipazione del Municipio dei beni comuni.
Questa è la storia di un sogno, e i sogni non si fermano. Il giorno del sequestro dell’ex-Colorificio il Municipio dei beni comuni libera la Mattonaia, complesso di proprietà comunale con 400 metri quadri di fondi commerciali e 1100 metri quadri di alloggi ed una piazza pubblica dietro la chiesa di San Michele in Borgo, lasciato nel totale abbandono in pieno centro città. L’apertura alla cittadinanza di uno spazio pubblico lasciato all’incuria ed alla sporcizia ed a rischio di svendita speculativa.
Questa è la storia di un sogno ed i sogni non si sequestrano, colorano l’orizzonte che traguardano, aiutano a progredire, a lottare, in un paese grigio, moribondo, dove il pessimismo della ragione si aggrappa all’ottimismo della volontà, utopistica. L’esperienza pisana è una delle speranze pratiche, di un modello sociale, economico ed ambientale compatibile, sostenibile, equo e giusto, ma soprattutto partecipato e condiviso nei tanti momenti di confronto che ha creato, dall’”United color of commons“, alla “Costituente dei beni comuni” fino a “Common propertis“, l’ultimo seminario nazionale sulla proprietà, la mercificazione dei beni comuni, la privatizzazione delle terre, il brevetto dei saperi.
Il 16 novembre, un fiume in piena inondi di colore Pisa, mentre sgorga dalla Val di Susa, da Gradisca, giù giù fino a Napoli, riempiendo di fiducia, di coraggio e di speranza, un’orizzonte che va costruito. Sogniamo utopie, perchè ci aiutano a camminare verso un orizzonte che cresce e se è vero che la bellezza salverà il mondo, ”diamo fuoco all’ovvietà, per accendere la bellezza“.
Rebelpainting. Beni comuni e spazi sociali. una creazione collettiva (!Rebeldia edizioni, 2012)
Gli spazi sociali si riconfigurano oggi come un nuovo laboratorio per la partecipazione, un “municipio dei beni comuni”, dove i cittadini possano tornare a incontrarsi, discutere e condividere scelte e percorsi sui problemi grandi e piccoli delle loro vite, dopo essere stati esclusi da quasi tutti i processi decisionali, riguardino essi la politica o il mercato, e dunque la profonda crisi che hanno innescato. Rebelpainting offre una riflessione a più voci sui fondamenti teorici e sul potenziale progettuale della restituzione alla collettività di un ex sito produttivo in stato di abbandono, indagando le ragioni che hanno determinato tale stato e ricostruendo la storia lunga quasi un secolo che quel luogo ha dietro di sé. Uno spazio sociale che può rappresentare il segno tangibile e vissuto da migliaia di persone di una direzione alternativa, non legata a un’idea aprioristica di sviluppo, bensì capace di rispondere a un piano urbano finalmente centrato sull’ecologia, sulla valorizzazione dell’esistente, sui bisogni dei cittadini. Rebelpainting: non solo un libro, ma la guida pratica a una fabbrica da colorare di nuovo, tutti insieme, per il bene comune.
Scritto con i contributi di Marco Barbato, Paolo Berdini, Cinzia Colosimo, Pierpaolo Corradini, Giusi Di Pietro, Stefano Gallo, Francuccio Gesualdi, Vittorio Gualtieri, Maria Rosaria Marella, Ugo Mattei, Fausto Pascali, Bruno Settis, Danilo Soscia, Mauro Stampacchia, Domenico Veneziano, Guido Viale.
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